2.1. Curve e superfici

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1. Curve e superfici
La equazioni di Maxwell descrivono tutte le proprietà del campo elettrico e del campo magnetico e costituiscono,
quindi, il modello fisico dell’elettromagnetismo classico.
Le equazioni di Maxwell possono essere scritte in due forme alternative: la forma locale e quella integrale. Le
equazioni in forma locale sono equazioni differenziali alle derivate parziali. Questa formulazione è molto importante
nella soluzione di problemi complessi, ma l’interpretazione fenomenologica è difficile. Le equazioni del formalismo
integrale contengono invece integrali di linea e integrali di superficie. Il vantaggio di questo formalismo è nel fatto che
le equazioni possono essere interpretate in termini della geometria delle linee di campo; come capì per primo Faraday,
la rappresentazione delle linee di campo rende molto più semplice la comprensione dei fenomeni elettromagnetici.
In particolare, nelle equazioni in forma integrale entrano in gioco integrali di linea e integrali di superficie. In termini
formali, si può dire che il dominio di integrazione sarà in alcuni casi una curva, in altri una superficie. Occorre allora
ricordare poche, ma importanti, definizioni e proprietà di questi enti geometrici.
Curve aperte e curve chiuse
Conosciamo già gli integrali di linea, perché il lavoro si calcola come integrale di linea del vettore forza. Nelle
equazioni di Maxwell compaiono gli integrali di linea dei campi, ma l’operazione matematica è la stessa. Le
osservazioni seguenti, dunque, non sono nuove, ma riepilogano concetti già espressi precedentemente.
Il dominio di integrazione di un integrale di linea è una curva orientata, che può essere aperta o chiusa.
Nelle curve aperte si distingue il primo estremo, A, e il secondo estremo, B. Il verso di
percorrenza positivo è orientato da A verso B. Ad esempio, si incontra l’integrale di linea su
B
r
una curva aperta quando si calcola il lavoro L AB = F ⋅ ds .
∫
A
Le curve chiuse hanno invece il primo estremo coincidente col secondo. Anche le curve
chiuse devono essere orientate, scegliendo in modo arbitrario il verso di percorrenza positivo.
La scelta di questo verso può essere considerata analoga alla scelta del verso positivo
dell’asse delle x nei problemi unidimensionali: è una scelta arbitraria, che si fa per motivi di
comodo. In fisica, le curve chiuse vengono anche dette cicli o circuiti. Per questo motivo, un
integrale condotto su una linea chiusa prende il nome di circuitazione.
r
r
Ad esempio, la circuitazione della forza F sulla curva chiusa Γ si indica col simbolo F ⋅ ds
∫
r
e rappresenta il lavoro compiuto da F quando il punto materiale compie un giro su Γ.
Γ
La misura delle curve
La lunghezza è la misura della curva. Il calcolo della lunghezza procede in questo modo:
a) Si divide la curva in piccoli archi, in modo che ciascun arco sottenda uno spostamento elementare. Sommando i
moduli degli spostamenti elementari, si trova la lunghezza di una spezzata che approssima la curva.
b) Si considera poi il limite in cui la partizione della curva diventa sempre più fitta: ogni arco avrà lunghezza
infinitesima, mentre aumenta il numero di archi da considerare. Nel limite, la lunghezza della spezzata è pari alla
lunghezza della curva, e si scrive:
N
l = lim
N →∞
∑ ∆s = ∫ ds
i
i =1
Γ
Attenzione a non confondere questi gli integrali l =
∫ ds
e ∆s =
Γ
r
∫ ds .
Γ
Il primo dà la lunghezza della curva; il secondo va interpretato come somma
dei vettori spostamento elementare, e dà quindi il vettore spostamento totale
r
∆s = AB . Per una curva chiusa, visto che A e B coincidono, d s = 0 .
∫
Γ
Superfici aperte e superfici chiuse
Anche le superfici possono essere classificate in aperte o chiuse.
Le superfici chiuse dividono lo spazio in due regioni: la regione interna e la regione
esterna. Le due regioni non sono connesse: se si vuole unire con una curva Γ il punto
A, che si trova all’interno, con il punto B, che si trova all’esterno, Γ sicuramente deve
passare attraverso la superficie. Esempi di superficie chiusa sono la superficie sferica,
la superficie di un cubo, ecc.
Le superfici aperte, invece, non distinguono lo spazio in regioni sconnesse. Due
punti qualunque, non appartenenti alla superficie, possono sempre essere uniti da una
curva che non attraversa la superficie stessa. Esempi di superfici aperte sono il
cerchio, il rettangolo, la superficie sferica privata di una calotta (cioè, bucata!), ecc.
Le superfici aperte sono caratterizzate dalla presenza di un orlo, cioè di una curva
chiusa che le delimita. Le superfici chiuse, ovviamente, non hanno orli.
La misura delle superfici
Un simbolo identificativo comune per le superfici è Σ. Con un piccolo abuso di notazione, useremo lo stesso per
indicare la misura delle superfici, cioè l’area.
Si consideri ora la partizione di una superficie in piccole parti. A ciascun elemento della
partizione si può associare una piccola superficie piana, di area ∆Σ. Sommando queste
aree, si ottiene un valore approssimato dell’area della superficie. Il valore corretto si ha
nel limite in cui la partizione diventa sempre più fitta:
N
Σ = lim
N →∞
∑ ∆Σ = ∫ dΣ
i
i =1
Σ
Il vettore elemento di superficie
Alle piccole superfici piane si può associare il vettore elemento di superficie ∆Σ . Questo vettore
ha modulo pari a ∆Σ ed è perpendicolare al piano. Indicando col simbolo n̂ il versore normale, si
ha quindi:
∆Σ = ∆Σ n̂
Ovviamente, se S è una superficie piana, tutti i vettori ∆Σ hanno la stessa direzione; altrimenti, in ciascun punto andrà
considerata una diversa direzione n̂ .
In linea di principio, il versore n̂ può sempre assumere uno dei due versi opposti.
Per un piccolo elemento di superficie, non c’è nessun motivo di preferenza: le
scelte sono entrambe lecite e perfettamente equivalenti.
La situazione cambia se si considera una superficie chiusa. In questo caso è
possibile distinguere i due versi, perché uno punta verso l’interno e l’altro verso
l’esterno. Tradizionalmente, si assume come positivo il verso della normale
uscente. Questa convenzione geometrica è universalmente accettata; in
particolare, è inclusa nelle equazioni di Maxwell. Le convenzioni geometriche si
possono sempre cambiare, perché non sono leggi della natura, ma dobbiamo fare
attenzione: chi decidesse di cambiare questa convenzione dovrebbe riscrivere le
equazioni di Maxwell e tutti i libri di elettromagnetismo!
Nel caso delle superfici aperte, si adotta una convenzione diversa. Si sceglie in
modo arbitrario il verso positivo della normale uscente; successivamente, la
regola della mano destra fissa il verso di percorrenza positivo dell’orlo.
Alternativamente, se si fissa prima il verso positivo dell’orlo, resta fissato il verso
della normale positiva. Anche questa scelta è frutto di una convenzione puramente
geometrica e non è una legge della natura; ma anche in questo caso, è importante
considerare che le equazioni di Maxwell sono scritte in base a questa regola, e se
la si volesse cambiare le equazioni andrebbero riscritte.
Si può cambiare verso delle normale? Sì, a patto di cambiare anche il verso di
percorrenza positivo dell’orlo. Attenzione: si deve sempre usare la mano destra!
Il
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