IL TERZO PRINCIPIO DELLA
TERMODINAMICA
Lezioni d'Autore
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Punti critici (I)
Raccogliendo il vapore di un liquido in un
contenitore molto resistente e mantenendolo
a temperatura costante si può osservare,
aumentando la pressione, la formazione di
liquido con la presenza del caratteristico
menisco a separare le due fasi. La
condensazione ottenuta per il solo aumento
della pressione, non avviene però a tutte le
temperature. Al di sopra di un valore critico
la sola compressione non può più trasformare
il sistema nelle due fasi.
Punti critici (II)
In un piano di
Clapeyron, l’equilibrio
vapore-liquido è
descritto da una serie
punti raggruppati in
zone di colore diverso
a seconda dello stato
di aggregazione del
fluido mentre le curve
in rosso sono esempi
di isoterme. Al
crescere della
temperatura la loro
forma si avvicina a
quella delle iperboli
che caratterizzano il
comportamento del
gas perfetto.
Punti critici (III)
Nelle vicinanze
della temperatura
critica (molto
variabile da
sostanza a
sostanza, per il
diossido di
carbonio ad
esempio essa è di
circa 31 °C) il
fluido mostra
improvvisamente
un aspetto
lattiginoso a
causa della
diffusione della
luce, un
fenomeno noto
come opalescenza
critica.
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Punti critici (IV)
La spiegazione
microscopica di basa sulla
formazione di fluttuazioni
che portano al
comportamento collettivo di
un gran numero di
molecole. La sostanza può
essere pensata suddivisa in
domini di dimensioni lineari
confrontabili con la
lunghezza d’onda della luce
contenenti miliardi di
molecole pronte ad agire
come singole entità.
Punti critici (V)
L’emergere sul piano macroscopico di proprietà
caratteristiche del livello microscopico è
estremamente vistoso alle basse temperature.
Con l’elio liquido si osservano fenomeni di
superfluidità in cui l’elio scorre attraverso forellini
microscopici apparentemente senza attrito o si
muove, in alcuni tratti, nel verso opposto rispetto
a quello determinato dalla sola gravità.
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Punti critici (VI)
Altre transizioni di fase assai vistose sono quelle tipiche
dei superconduttori in cui le sostanze (metalli a
temperature di pochi kelvin oppure “composti ceramici” a
temperature di decine o centinaia di kelvin) mostrano
valori della resistività pressoché nulli evidenziando
comportamenti di levitazione in prossimità di magneti
permanenti (il cosiddetto effetto Meissner dovuto
all’espulsione del campo magnetico all’interno del
superconduttore).
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Alcune tappe della criogenia (I)
Alla fine dell’Ottocento, si
realizzano notevoli miglioramenti
delle tecniche criogeniche
(compressori, tecnologia del
vuoto, tubi capillari, termometri a
resistenza, thermos, apparati in
cascata) capaci di portare alla
liquefazione dell’idrogeno
( realizzata da James Dewar della
Royal Institute di Londra nel
1898) alla liquefazione dell’elio nel
laboratorio di fisica dell’Università
di Leida di Heike Kamerlingh
Onnes nel 1908 e …...
Alcune tappe della criogenia (II)
…. infine alla scoperta, nello stesso laboratorio,
della superconduttività di alcuni metalli nel 1911.
Andamento della resistenza in funzione della
temperatura
Alcune tappe della criogenia (III)
Nel 1912 Walther Hermann Nernst elabora
una nuova versione del suo teorema del
calore con l’enunciato è impossibile
realizzare una macchina termica capace di
raffreddare una sostanza sino alla
temperatura dello zero assoluto. La strada
verso lo zero assoluto, il limite
irraggiungibile secondo la versione di Nernst
del terzo principio, per molti anni si ferma
nello studio dell’isotopo dell’elio più presente
in natura (l’elio 4).
Alcune tappe della criogenia (IV)
Alla temperatura di 2,1768 l’elio mostra il
fenomeno della superfluidità (il valore della
viscosità crolla verso il valore zero) con
proprietà macroscopiche assai singolari come
l’effetto fontana realizzato da John F. Allen e
Harry Jones nel 1938. I due fisici utilizzano
un bulbo riempito di polvere aperto sul fondo
(dove pesca all’interno dell’elio liquido) e con
una piccola apertura nell’altra estremità.
Alcune tappe della criogenia (V)
Riscaldando la
polvere,
illuminandola,
si provoca un
flusso dell’elio
liquido opposto
al flusso di
calore creando
una sorta di
piccola fontana
zampillante di
elio liquido
Alcune tappe della criogenia (VI)
Nel 1947 Samuel Cornette Collins del MIT
realizza un liquefattore standard per l’elio,
ma solo nel 1972 i laboratori criogenici
scoprono la superfluidità dell’isotopo
dell’elio di massa atomica 3 a temperature
inferiori a 0,002 K, facendo un salto di tre
ordini di grandezza rispetto alla transizione
lambda dell’elio 4. Dal 2000, grazie ai due
isotopi dell’elio e allo studio delle proprietà
termodinamiche, sono adottati riferimenti
standard per le temperature che vanno da
0,0009 K a 5 K.
Alcune tappe della criogenia (VII)
Ma cosa si conosce oggi per temperature
inferiori a quelle caratteristiche dei due isotopi
dell’elio?
Con tecniche di raffreddamento laser, iniziate
negli anni novanta, si sono realizzati gas
ultrafreddi a temperature via via decrescenti
fino a raggiungere valori inferiori a 1 nK.
A tali temperature il gas mostra le sue
caratteristiche quantistiche (condensazione di
Bose Einstein) con un comportamento
coerente che soddisfa l’altro enunciato del
terzo principio della termodinamica
riconducibile a Planck: in prossimità dello zero
assoluto l’entropia del sistema tende a zero.
Il gas di Bose Einstein (I)
In termodinamica il gas ideale è per certi
versi l’equivalente del punto materiale o
del corpo rigido per la meccanica.
È troppo difficile descrivere in modo
esatto le variazioni di pressione,
temperatura e volume di un gas reale e
cerco di approssimare il comportamento
di qualsiasi gas con un’equazione valida
nel limite delle basse densità.
Cosa succede allora quando il gas non è
più rarefatto ad esempio nel dominio delle
basse temperature?
Il gas di Bose Einstein (II)
Il modello microscopico-statistico può
essere utile sia per rendere una nuova
equazione più vicina al comportamento
reale di gas. Non solo. Assumendo valida
per l’entropia del gas alle basse
temperature il valore zero proposto da
Planck si pone il problema di dedurre
statisticamente un’equazione per
l’entropia dei gas ideali valida in ogni
intervallo di temperatura.
Il gas di Bose Einstein (III)
Per effettuare questo tipo di calcolo si deve
decidere se le particelle siano distinguibili o
indistinguibili. Negli anni ’20 dapprima Fermi e
poi Dirac esplicitano la statistica quantistica
delle particelle di gas distinguibili, mentre
Bose e Einstein indipendentemente tracciano
la statistica di quelle indistinguibili. Oggi
sappiamo che tutte le particelle sono bosoni o
fermioni e le due statistiche hanno pari
dignità. Inoltre, sperimentalmente è possibile
studiare gas di atomi a temperature
ultrabasse per verificare l’andamento verso lo
zero previsto dal terzo principio della
termodinamica e da entrambe le statistiche
quantistiche dei gas ideali.
Il gas di Bose Einstein (IV)
Nel 1995 Eric A. Cornell, Carl E. Wieman
al Joint Institute for Laboratory
Astrophysics di Boulder e Wolfgang
Metterle al Massachusetts Institute of
Technology realizzano campioni di gas
monoatomico di atomi di sodio ad alta
densità e ultrafreddi impiegando il
raffreddamento laser e trappole
magnetiche.
Il gas di Bose Einstein (V)
Il gas a temperature bassissime mostra una
transizione di fase, detta condensazione di
Bose Einstein, in cui una frazione
considerevole degli atomi del gas si avvicina
allo stato ad entropia zero.
Raffreddamento laser per raggiungere la temperatura
critica
Il gas di Bose Einstein (VI)
La spiegazione del fenomeno è
riconducibile al dualismo onda corpuscolo.
Dalle considerazioni di de Broglie degli
anni venti la lunghezza d’onda
caratteristica del pacchetto d’onda di una
particella avente quantità di moto mv è
data dall’espressione ldB=h/mv. Intorno
a un valore della temperatura prossimo
alla temperatura critica le densità degli
atomi diventano così elevate che tale
lunghezza è confrontabile con la distanza
media tra due particelle e i pacchetti
d’onda iniziano a sovrapporsi.
Il gas di Bose Einstein (VII)
Un numero consistente di atomi si accumula nello
stato di energia più basso (le particelle sono
indistinguibili e “condensano” tutte nello stesso
stato).
Condensazione di Bose Einstein
Il gas di Bose Einstein (VIII)
Teoricamente abbassando ulteriormente
la temperatura esse raggiungono lo
stesso stato con una unica onda di
materia caratteristica di tutto l’insieme
statistico, caratterizzato da S=0 in
accordo all’equazione S=k lnW con W=1.
Nell’impossibilità pratica di giungere allo
zero assoluto solo una percentuale
macroscopica di gas subisce la
condensazione caratteristica delle
particelle indistinguibili descritta dalla
statistica di Bose Einstein.
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