Linguistica applicata
Semantica e pragmatica in
prospettiva interculturale
Parte settima –
NSM: applicazioni
Il problema della “traducibilità” dei
significati
Obiettivo del NSM: fornire un linguaggio di rappresentazione delle
diversità language-specific e culture-specific dei concetti e dei significati:
“there are good reasons to believe that every language has words available
for the basic human concepts, and that everything that can be expressed at
all can be expressed by combining those basic concepts in the right way.
In this sense—but only in this sense—anything that can be said in one
language can be translated, without a change of meaning, into other
languages. Complex and culture-specific concepts such as those
encapsulated in the Russian words dusa, sud'ba, or glasnost' can be
defined in terms of the basic concepts, and the definitions can be
translated into the English version of the metalanguage, as they can be
translated into its Japanese, Chinese, Pitjantjatjara, or Ewe versions.”
(Wierzbicka 1992: 20)
Il problema della “traducibilità” dei
significati
I primitivi semantici rappresentano in quest’ottica dei “building
blocks” che permettono di costruire significati complessi. La presenza di
termini lessicalizzati che esprimono significati complessi in una data
lingua mostra la presenza e la salienza di quel concetto in una data
cultura:
If every language, has, so to speak, some 'one-element words' from the
'alphabet of human thoughts', expressing those basic concepts, every
language has also a vast repertoire of complex concepts ('many-element
words'), which constitute culture-specific configurations of the elementary
building blocks and provide clues to culture-specific ways of thinking. I do
not claim, needless to say, that the absence of a word from a language
proves the absence of the corresponding concept, or the inability to form
this concept. But the presence of a word proves the presence of the
concept, and, moreover, its salience in a given culture (Wierzbicka 1992:
21)
Il problema della “traducibilità” dei
significati
La semantica in prospettiva interculturale può essere quindi
concepita come lo studio integrato degli aspetti universali e
della variazione linguistica e culturale del significato:
Aspetti universali: primitivi semantici; identificano ciò che ci
accomuna, nell’ottica della linguistica cognitiva per cui
“languages are the best mirror of the human mind”.
Aspetti non universali: concetti complessi, parafrasabili
attraverso i primitivi semantici (e le molecole semantiche);
rappresentano ciò che ci divide, e che è specifico di ciascuna
lingua e cultura, nell’ottica della linguistica cognitiva per cui
“languages are the best mirror of human cultures”.
Un’applicazione: il concetto di mind
L’etnologia e l’antropologia hanno spesso considerato dei concetti culturespecific come punti di partenza nell’analisi delle differenze tra le culture.
Un approccio basato sul NSM è in grado di superare il rischio di
etnocentrismo o anglocentrismo, spesso inconsapevolmente presente negli
studi di linguistica antropologica.
Un concetto particolarmente fortunato nello studio delle diversità culturali
è il concetto di mind: spesso si compara la “mente” occidentale con la
“mente” orientale, o con la “mente” primitiva, senza accorgersi che il
concetto stesso di mind è specifico di una cultura, quella anglosassone, ed
è un concetto complesso, che deve preliminarmente essere spiegato e
parafrasato.
In quest’ottica, una filosofia o antropologia della mente non può che
essere una filosofia o antropologia della “persona”, perché il concetto di
“persona” è un primitivo semantico, mentre il concetto di “mente” non lo
è.
Un’applicazione: il concetto di mind
Mind è un concetto culture-specific che in NSM può essere definito
così:
mind
one of two parts of a person
one cannot see it
because of this part, a person can think and know
Nella storia dell’inglese, però, il concetto di mind non è sempre
stato lo stesso:
The mind that would be happy, must be great (Young, “Night
thoughts”,
Night IX, 1.1378)
The flash and outbreak of a fiery mind (Shakespeare, Hamlet, II, 1)
Un’applicazione: il concetto di mind
Nell’inglese di oggi gli aggettivi che troviamo in co-occorrenza con
mind non sono fiery o happy, ma, semmai, inquisitive, brilliant.
Espressioni come ignoble mind, innocent mind, noble mind suonano
piuttosto datate per un parlante inglese di oggi.
Quello che è avvenuto nel corso dei secoli è un mutamento nel
concetto di mind, che ha comportato una compartimentalizzazione dei
vari aspetti del concetto di persona. Nell’ambito di questa
compartimentalizzazione, la sfera morale (noble, ignoble, ecc.) è stata
considerata di pertinenza del cuore (heart) o dell’anima (soul), e non
più della mente (mind), dalla quale sono stati esclusi tutti gli aspetti
che hanno a che fare con la vita interiore di un individuo. Questa
“scissione” o “compartimentalizzazione” tra le sfere della vita della
persona (sfera morale, vita interiore, intelletto) è un prodotto
culturale, e non può essere adottata come parametro universale di
analisi delle culture “altre”.
Un’applicazione: il concetto di mind
This victory of mind over soul, combined with the shift in
the meaning of mind, witnesses the birth of a new kind of
dualism in English 'ordinary ways of thinking', a dualism
devoid of religious and moral connotations and
reflecting the supreme value placed in modern AngloSaxon culture on rational thinking and knowing, rather
than on other aspects of the human person. To put it
rather crudely, a human being used to be thought of as
composed of a body and a transcendental, moral,
emotional, 'inscrutable' soul and has now come to be
thought of as composed instead of a body and an
intellect. (Wierzbicka 1992: 46)
Un’applicazione: il concetto di destino
--- Un concetto presente in diverse culture, ma con
declinazioni specifiche in ciascuna di esse, è il concetto di
destino. Si dice tuttavia che un concetto simile sia assente in
ebraico e in molte lingue australiane. Ad esempio, i dyirbal
credono che a manipolare gli eventi della vita di un individuo
siano quelle che chiamano clever people (che corrispondono,
grosso modo, agli antenati).
--- Quando si analizzano le visioni del destino in varie
culture, emerge chiaramente che il costrutto concettuale
corrispondente al nostro “destino” (o all’inglese destiny) non
è un costrutto universale, ma un costrutto culture-specific,
nato e sviluppatosi in una società e in una cultura specifiche.
Un’applicazione: il concetto di destino
--- Il concetto tedesco Schicksal, ad esempio, assieme al concetto
lessicalizzato nell’ aggettivo schicksalbedingt (traducibile,
approssimativamente, come “dovuto al destino”) hanno
connotazioni diverse da quelle dell’inglese destiny.
--- Ad esempio schicksalbedingt si può dire delle malattie ereditarie
incurabili, ma non dei talenti ereditari, e questo dimostra
l’orientamento negativo del concetto di Schicksal. Il termine
Schicksal, inoltre, non si combina mai con aggettivi come ‘happy’ o
‘easy’.
--- Inoltre, il concetto di Schicksal non ha connotazioni di casualità
come il concetto inglese o italiano: una frase come Gestern hat uns
Schicksal zufallig zusammen gefuhrt (ieri per caso il destino ci ha
uniti) non suona naturale a un orecchio tedesco.
Un’applicazione: il concetto di destino
Una parafrasi in NSM di Schicksal:
Un’applicazione: il concetto di destino
Prendiamo i concetti italiani di destino e sorte: questi
concetti sono piuttosto diversi dal concetto tedesco di
Schicksal e anche piuttosto diversi tra loro:
--- seguire il proprio destino / *seguire la propria sorte
--- il giudice che deciderà la sorte dell’imputato / ??il
giudice che deciderà il destino dell’imputato
--- essere padrone del proprio destino / *essere
padrone della propria sorte
--- le scelte di Obama determineranno il destino (?la
sorte) di milioni di persone nel mondo
Un’applicazione: il concetto di destino
The distinction between things that ‘happen’ (sorte) and things that ‘can happen’
(destino) attempts to capture the sense of openness and possibilities inherent in
destino but not in sorte. The phrase ‘one after another’ attempts to capture the
linear conception of life. The phrase ‘1 imagine I know that someone wants it’
endows destino with an imaginary intentionality and with potential meaning.
Un’applicazione: le emozioni
Cominciamo da un esempio, un’emozione particolare per la quale il
polacco ha un suo verbo specifico (difficilmente traducibile in
italiano: agognare, desiderare ardentemente, sospirare, vagheggiare,
avere nostalgia; o in inglese: feel homesick, long, miss, pine, ecc.):
Un’applicazione: le emozioni
Un’applicazione: le emozioni
Un’applicazione: le emozioni
No word = no feeling?
There are countless human emotions that can be perceived as
distinct and recognisable. Possibly, all these emotions can be,
better or worse, expressed and described in words—in any
human language. But each language has its own set of readymade emotion words, designating those emotions that the
members of a given culture recognise as particularly salient.
Presumably, these language-specific sets overlap and,
presumably, the closer two cultures are, the greater the overlap
between their respective sets of emotion words (Wierzbicka
1992: 124)
Le differenze nel lessico delle emozioni, però, corrispondono
a profonde differenze nel modo di concepirle e nei modelli
culturali ad esse connessi.
Un’applicazione: le emozioni
In older Polish, this word designated a kind of vague
sadness, as the related Russian word toska does even now.
Apparently, it was only after the partitions of Poland at the
end of the eighteenth century, and especially after the
defeat of the Polish uprising of 1830 and the resulting
‘Great Emigration’, that this word developed its present
meaning of, roughly, ‘sadness caused by separation’. When
one considers that after that time the best and most
influential Polish literature started to develop abroad,
among the political exiles, and that it became dominated by
the theme of nostalgia, it is hard not to think of the
emergence of the new meaning of the word tęsknota as a
reflection of Poland’s history and the predominant national
preoccupations (Wierzbicka 1992: 125).
Un’applicazione: le emozioni
La salienza di un concetto in una data cultura è
storicamente determinata e può essere utilizzata per
descrivere lo specifico di una cultura.
Non esistono emozioni “universali”: esistono solo
sovrapposizioni parziali (più o meno ampie) tra emozioni
diverse lessicalizzate in parole diverse di lingue diverse.
similarities and differences in the labelling and
conceptualisation of emotions cannot be assessed
without rigorous semantic analysis, and without a
language-independent semantic metalanguage
(Wierzbicka 1992: 134)