Di Diagnostica ti microbiologica i bi l i Diagnostica diretta Trova e identifica l’agente Isolamento e identificazione Æ Dimostrazione Dimost a ione della p presenza esen a di ssuoi oi prodotti p odotti specifici spe ifi i Tossine Antigeni Acidi nucleici Di Diagnostica ti indiretta i di tt Cercare le prove di una risposta immunitaria specifica in atto Aumento del titolo anticorpale verso antigeni specifici dell’agente causale Reperto di anticorpi ad alto titolo Reperto di anticorpi della classe IgM, o di anticorpi IgA, o a bassa avidità Isolamento e identificazione Per l’isolamento, il laboratorio: Potrà partire da un materiale normalmente sterile: S Sangue, liliquor, tessuti t ti interni, i t i versamenti ti articolari, … Terreni non selettivi … o da materiale normalmente microbico: Essudati su mucose mucose, tamponi nasali, nasali cutanei, cutanei faringei, feci; … Terreni selettivi AVIDITA’ AVIDITA DELLE Ig L’ avidità idità di un anticorpo ti neii confronti f ti di un antigene ti è espressa dalla capacità che ha l’anticorpo stesso di formare con l’antigene l antigene legami stabili Nelle fasi iniziali dopo una stimolazione antigenica primaria si evidenziano anticorpi p a bassa avidità Il grado di avidità aumenta progressivamente nel tempo ed è sinonimo di maturazione della risposta immune Indici di BASSA AVIDITÀ per le IgG sono da ascrivere ad infezione di tipo primario in fase acuta o recente Indici di ALTA AVIDITÀ indicano assenza di infezione primaria in atto o recente. Prelievo Campioni orooro-faringei Liquido q pleurico p Sangue Urine Campioni ostetrici Escreato o lavaggio bronchiale Liquido peritoneale Liquido cefalo rachidiano T Tappe per lla di diagnostica ti microbiologica i bi l i E Esame di tt diretto Isolamento e coltura Saggi biochimici per l’identificzione Antibiogramma Ricerca anticorpale ((diagnosi g sierologica) g ) Esame diretto Osservazione al microscopio p Colorazione Morfologia delle colonie Aspetto p macroscopico p Aspetto microscopico (100x) Colorazione di Gram ZIEHL-NEELSEN o acido resistenza L’acido resistenza è una proprietà dei micobatteri. Una volta colorati non si decolorano con soluzioni alcool alcoolacide (ROSSI) che sono al contrario in grado di decolorare gli altri batteri (BLU). ( ) tutti g Isolamento e coltura Crescita in vitro e identificazione dell’agente g infettivo Identificazione Ureasi Alcuni micobatteri sono in grado di idrolizzare l’urea LL’avvenuta avvenuta idrolisi è indicata dal viraggio di un idoneo indicatore 3 giorni Riduzione del tellurito La capacità di ridurre il tellurito di potassio a tellurio metallico si evidenzia dalla formazione di un p precipitato p nero 10 giorni positivo negativo Saggio della catalasi Chiave diagnostica utile per un orientativo i t ti riconoscimento dei principali generi di enterobatteri Antibiogramma Test p per l’individuazione degli g antibiotici nei confronti dei quali il nostro isolato è sensibile e/o resistente. Di Diagnosi i sierologica i l i I test sierologici misurano la risposta anticorpale sierica del paziente in seguito ad una infezione. infezione I principali sono: Saggi gg di agglutinazione gg Reazione di fissazione del complemento ELISA o saggio immunoenzimatico Immunofluorescenza diretta e indiretta Western blot Applicazioni pp p pratiche dell’immunologia TITOLO ANTICORPALE Le prove sierologiche forniscono dati quantitativi sul contenuto in anticorpi la cui concentrazione può quindi venire espressa come anticorpi, titolo anticorpale, ovvero l'ultima diluizione del siero che ancora provoca la reazione visibile con una concentrazione fissa del corrispondente antigene. Es.:: se un siero Es siero, usato in diluizioni a raddoppio (1:10, (1:10 1:20, 1:20 1:40, 1:40 ecc.), produce l'agglutinazione di un antigene sino alla diluizione 1:640, ma non causa più la reazione alla diluizione successiva (1:1280), si dice che il suo titolo agglutinante è 1:640 (640 unità à agglutinanti per unità di volume). Titolo anticorpale Concentrazione di anticorpi nei confronti di un particolare antigene Ultima diluzione del siero che provoca reazione p visibile con [] fissa antigene g Figure 18.5 TITOLO ANTICORPALE - titolo anticorpale specifico ha grande valore applicativo per la diagnosi g delle malattie infettive - un quadro solo parziale dello stato immunitario del soggetto. - le differenti prove sierologiche rilevano infatti tipi di anticorpi diversi: per specificità (diretti vs antigeni differenti del microrganismo); per proprietà biologiche (anticorpi fissanti il complemento o anticorpi neutralizzanti) neutralizzanti). Sono diversi i fattori che possono interferire ed alterare o modificare la qualità del siero o del plasma sanguigno, e quindi condizionare i risultati delle prove sierologiche: contaminazioni microbiche, emolisi e temperatura. Per evitarli è indispensabile rispettare alcune regole durante il prelievo di sangue, la sua conservazione e il trasporto al laboratorio. DIAGNOSTICA SIEROLOGICA Informazioni diagnostiche e prognostiche, attraverso il rilievo della p presenza nel siero, di elevate concentrazioni di anticorpi p che reagiscono specificamente con una preparazione di laboratorio allestita con il microrganismo sospetto, con suoi antigeni o con suoi prodotti. prodotti Un titolo anticorpale estremamente elevato, oppure la presenza di un buon titolo di quegli anticorpi che scompaiono rapidamente dopo una malattia, fanno supporre un ruolo attivo del corrispondente microrganismo, microrganismo che quindi è da ritenere il responsabile della sintomatologia osservata. Il più delle volte, però, la diagnosi sierologia deve essere basata sulla comparsa di una variazione del titolo anticorpale nel corso di una malattia: si esaminano pertanto contemporaneamente due campioni di siero. siero i acuto, prelevato l ill più ù precocemente possibile b l dall'inizio d ll' della sintomatologia clinica; siero convalescente, dopo 2 2-3 3 settimane dal precedente. La comparsa di anticorpi L ti i prima i non rilevabili, il bili oppure un aumento del titolo di almeno 4 volte fra i due campioni di siero, sono da considerare indicativi di infezione recente. Identificazione virus Effetto citopatico Test sierologici Individuazione anticorpi vs virus Anticorpi per identificare virus in test di neutralizzazione,, emoagglutinazione gg virale e WB. Acidi nucleici RFLP ((poliformismi poliformismi lif i i della d ll lunghezza l h dei d i frammenti di restrizione) restrizione) PCR Antigeni A i i eterofili: fili presentii contemporaneamente neii tessutii di individui di specie diverse, nonché su alcuni microrganismi, e che reagiscono quindi con lo stesso anticorpo. Es.: gli anticorpi prodotti contro il virus che causa la mononucleosi l i infettiva i f tti cross-reagiscono i con un antigene ti presente sugli eritrociti di pecora. Pertanto il rilievo di un titolo elevato di anticorpi p che agglutinano gg i globuli g rossi di pecora p fornisce una valida diagnosi di mononucleosi infettiva. Nel bovino, cross-reattività degli anticorpi tra gli antigeni di Brucella abortus e gli antigeni di alcuni ceppi di Yersinia enterocolitica; nel gatto, invece, gli anticorpi anti-virus della peritonite infettiva (FIP) cross-reagiscono con il virus della gastroenterite trasmissibile del suino (TGE). Le reazioni sierologiche vengono anche impiegate per identificare i microrganismi, o direttamente nei tessuti infetti o dopo isolamento in laboratorio. Per tali finalità devono essere disponibili adatti sieri iperimmuni o anticorpi monoclonali (che reagiscano cioè specificamente solo con il patogeno che cerchiamo). Il tipo di reazione che si può osservare, facendo reagire un antigene con lo specifico anticorpo, dipende soprattutto dallo stato fisico dell'antigene: • se l'antigene l antigene è una proteina solubile, la reazione tra opportune proporzioni di antigene e di anticorpo esita nella formazione di complessi insolubili, causandone d la l precipitazione. i it i • se l'antigene è invece presente sulla superficie di elementi corpuscolari p ((es. batteri o eritrociti), ), avremo l'agglutinazione. Test sierologici Test diretti per individuare l’antigene dal campione del soggetto Test indiretti p per individuare gli g anticorpi p nel siero del soggetto Test sierologici A l ti Agglutinazione: i antigeni ti i particolati ti l ti Emoagglutinazione: gg Agglutinazione gg di RBCs Precipitazione: antigeni solubili Tecnica T i anticorpianticorpi i i-fluorescenza: fl anticorpi i i legati g al fluorescente Fissazione del complemento: RBCs fungono da indicatori Neutralizzazione: inattiva tossina o virus ELISA: l’indicatore è l’enzima perossidasi. Reazione di precipitazione Antigeni solubili con antico pi anticorpi Figure 18.3 Reazioni di agglutinazione Antigeni possono essere: Su cellule (agglutin. diretta) Attaccate a sfere di lattice (agglutin. indiretta o passiva) Figure 18.4 Precipitazione e agglutinazione Precipitazione: antigeni in soluzione (provetta, gel di agar, immunoelettroforesi). immunoelettroforesi) Agglutinazione: antigeni in sospensione (provetta milk ring test, (provetta, test emoagglutinazione). Emoagglutinazione Emoagglutinazione attiva: antigeni di gruppo sanguigno. Emoagglutinazione passiva: a.tannico per globuliglobuli l b li-antigene. ti Emoagglutinazione Emoagglutinazione coinvolge agglutinazione di RBCs. Emoagglutinazione virale inibisce test per anticorpi attraverso l’abilità degli anticorpi di prevenire virus da RBCs agglutinanti. agglutinanti Figure 18.7 Reazione di Neutralizzazione Elimina l’effetto dannoso di un virus o di una u a esotossina esotoss a Sieroneutralizzazione virale Senza anticorpi: infezione e lisi cellulare Con anticorpi: siero neutralizza virus Test: Piastra multiwell a 96: cell., cell virus e siero a [] a raddoppio (1:4, 1:8, 1:16, etc.) + colorazione l i dopo d 5 giorni i i Fissazione del complemento Fissazione del complemento Figure 18.9.2 I Immunofluorescenza fl diretta di tt I Immunofluorescenza fl indiretta i di tt ELISA ((direct)) Enzyme--Linked Immunosorbent Assay Enzyme ELISA ((indirect)) Enzyme--Linked Immunosorbent Assay Enzyme Test sierologici Figure 18.13 PROVE DI ISOLAMENTO PROVE DI ISOLAMENTO I virus possono moltiplicarsi solo in animali, in embrioni o in colture cellulari in vitro. L isolamento di virus a scopo diagnostico è indicato solo L’isolamento quando non è possibile ricorre ad altri mezzi, oppure quando: - è presente una malattia ad andamento epidemico che coinvolge molti soggetti di un allevamento e che non risponde ad alcuna terapia antibiotica; - è presente una malattia di tipo vescicolare che potrebbe estendersi rapidamente a tutti gli animali dell’allevamento e ad d altri lt i allevamenti ll ti (afta ( ft epizootica/stomatite i ti / t tit vescicolare); - cc’è è il sospetto che si tratti di una zoonosi (encefaliti equine, rabbia). PROVE DI ISOLAMENTO Inoltre l’isolamento è indicato nell’ambito di studi epidemiologici: • per l’incidenza negli allevamenti e la distribuzione geografica di una certa infezione: • per determinare ll’efficacia efficacia di programmi dì vaccinazione; • in caso di sintomatologia sospetta dopo la somministrazione di un vaccino; • finalizzata f l a uno specifico f patogeno o a una gamma molto l ristretta, perché in genere i virus sono molto esigenti rispetto al substrato di crescita. PROVE DI ISOLAMENTO Spesso il tentativo di isolamento dà esito negativo non è corretto escludere immediatamente l’eziologia virale della patologia, in quanto possono essersi verificate diverse situazioni: - il virus nel campione è presente in bassa concentrazione o ha necessità di adattarsi al substrato; - si è in presenza di un virus che, pur replicandosi, non produce effetto citopatico o la morte dell’embrione. Ricerca degli antigeni (immunofluorescenza e/o emoassorbimento); - il substrato non è sensibile a quel particolare virus;… PROVE DI ISOLAMENTO - ci possono essere nel campione anticorpi neutralizzanti, i ibit i virali inibitori i li (INF), (INF) che h ostacolano t l la l replicazione li i del d l virus i pur essendo il substrato sensibile; - l’inoculum è tossico o contaminato da batteri e il substrato ne viene danneggiato, impedendo di conseguenza la replicazione del virus. virus - il virus isolato è casualmente presente, ma non è il responsabile della patologia in atto; viceversa, l’ospite è un portatore sano del virus stesso. - valutare attentamente la patogenicità del ceppo in questione, cercando eventuali markers molecolari di patogenicità (l’enzima timidino-chinasi dell’Aujeszky), oppure inoculando il virus in un animale sensibile. Uova embrionate Uova fertili di pollo o di altri volatili L’uovo embrionato trova impiego: • a scopo diagnostico (isolamento primario di virus da materiale patologico, t l i titolazione tit l i d deii virus i e degli d li anticorpi ti i specifici), ifi i) • per ottenere grandi quantità di virus (allestimento di vaccini, analisi biochimiche). ) Risulta ancora il metodo più sensibile e pratico per l’isolamento dei virus influenzali aviari e di altri virus dei volatili, volatili nonché per l’identificazione degli Orthopoxvirus. La p particolare struttura dell’uovo embrionato consente l’impiego p g di diverse tecniche di inoculazione, a seconda delle esigenze del virus che si vuole coltivare. Uova embrionate L’inoculazione viene generalmente eseguita tra il 5° e il 14° giorno di incubazione. 1. Embrione vitale e in sviluppo regolare: con speciali lampade “sperauovo” sperauovo a raggi UV, UV che consentono di controllare l’integrità dei vasi sanguigni della membrana corion-allantoidea e le dimensioni dell’embrione. 2. Inoculazione sulla membrana corion-allantoidea si effettua su embrioni di 10-12 giorni di età. 3 Si crea una camera d 3. d’aria aria artificiale alfine di scollare la membrana corion-allantoidea dalla membrana testacea: si perfora il guscio in due punti, uno in corrispondenza della camera d’aria d’ i e l’altro l’ l nella ll zona equatoriale i l dell’uovo. d ll’ 4. Mediante una cannula di gomma si opera una aspirazione dal foro aperto in corrispondenza della camera d’aria d aria - entrerà aria dal foro nella zona equatoriale, scollando così le due membrane. Uova embrionate per la l crescita dei d virus Uova embrionate Attraverso questa apertura, vengono depositati 0,1/0,2 ml di sospensione virale direttamente sul corion corion-allantoide. allantoide Dopo chiusura dei fori con gomma o paraffina, le uova vengono nuovamente poste a incubare per un certo periodo: quando l’embrione viene a morte sulla membrana corionallantoidea si osservano le lesioni che appaiono come alterazioni macroscopiche circoscritte (pocks o pustole). pustole) Sito ideale per la crescita dei virus erpetici, dei poxvirus e del virus del cimurro del cane. Dal momento che si può assumere che ciascun pock si formi in seguito alla replicazione di una singola particella virale, è possibile anche di titolare con una certa precisione i virus e i sieri i i contenenti t ti anticorpi ti i specifici. ifi i Colture cellulari Lo sviluppo pp delle tecniche di allestimento di colture cellulari è iniziato con l’avvento degli antibiotici (ca 60 anni fa) che hanno reso possibile il controllo delle contaminazioni da batteri. La crescita batterica infatti sottrae materiale nutritivo alle cellule cellule, produce cataboliti tossici, impedisce il metabolismo cellulare e, quindi, distrugge la coltura stessa. P llo stesso motivo, Per i è necessario i lavorare l in i condizioni di i i di sterilità, durante le manualità richieste per l’allestimento e l’utilizzo delle tessuto-colture;; tuttavia,, l’uso di antibiotici,, addizionati al terreno di coltura, rende meno frequenti le contaminazioni stesse. Inoltre, le colture cellulari rappresentano attualmente il substrato più largamente utilizzato per l’allestimento di vaccini. Colture cellulari Con il termine g generico di “colture di tessuto” si intendono cellule,, tessuti od organi provenienti da animali e mantenuti o fatti sviluppare in vitro per oltre 24 ore. Più precisamente le colture di tessuto o d’organo sono espianti di tessuto o di frammenti d’organo le cui cellule sono rimaste aggregate, conservando l’architettura e la funzionalità originarie; le colture di cellule, invece, sono ottenute da sospensioni cellulari allestite disgregando meccanicamente o chimicamente i tessuti. Tra queste, possiamo distinguere: d le l colture l primarie (linee (l cellulari ll l primarie); le colture semi-continue (linee cellulari diploidi); le colture continue (linee stabilizzate). Colture primarie (linee cellulari primarie) Sono quelle ottenute direttamente da un organo o da un tessuto, preferibilmente prelevato da un animale molto giovane o da un feto o un embrione: la ragione è che le cellule in questi casi sono meno differenziate e si moltiplicano più facilmente di quelle prelevate da un organismo maturo. L’organo deve essere privato della capsula connettivale; quindi si frammenta il parenchima della corticale. I singoli frammenti vengono poi sottoposti a trattamento enzimatico immergendoli in una soluzione di tripsina mantenuta a 37°C in agitazione continua. Il liquido diventa gradatamente torbido, arricchendosi in cellule, staccatesi dal frammento e separate fra loro per azione dell’enzima; le cellule vengono recuperate mediante filtrazione su garza sterile, raccolte in un matraccio mantenuto a 40°C e SFB per fermare l’azione della tripsina. A questo punto, ai frammenti rimasti viene aggiunta nuova tripsina, e si ripete ll’operazione operazione più volte fino a completa disaggregazione dei frammenti stessi. stessi La sospensione cellulare così ottenuta viene sottoposta a centrifugazione e il pellet viene risospeso in adatto terreno di coltura in modo da ottenere una concentrazione di 8 x 105~106 cellule/ml e distribuito in appositi contenitori (piastre, fiasche, provette, ecc.). I contenitori sono posti a 370 C in incubatore, umidificato e in atmosfera di aria contenente il 5% di CO2 umidificato, CO2. Colture cellulari Colture cellulari per la crescita dei virus virus. Linee di cellule continue possono essere mantenute all’infinito. La densità delle cellule nelle colture primarie è un fattore critico per la loro crescita: al di sotto di un certo limite, infatti, le cellule non riescono a moltiplicarsi, verosimilmente perché necessitano di scambi diretti di metaboliti attraverso la membrana. Infatti, dopo che le cellule hanno aderito al fondo della piastra, incominciano a moltiplicarsi sino a occupare tutta la superficie disponibile, costituendo in tal modo quello che viene definito monostrato t t confluente. fl t A questo t punto, t lla moltiplicazione lti li i cessa e, se le cellule non vengono sub-coltivate, il monostrato degenera e muore, in un tempo variabile a seconda del tipo cellulare e delle condizioni di crescita (20-30 (20 30 passaggi). C lt Colture continue ti (linee (li stabilizzate) t bili t ) Si tratta t tt di lilinee cellulari ll l i che h possono essere coltivate lti t senza limite li it di numero di passaggi, in quanto hanno subìto una trasformazione che le rende più adatte alla crescita in vitro. Il loro patrimonio cromosomico è, è infatti, infatti alterato rispetto al normale normale, e viene definito genericamente aneuploide. L’aspetto delle cellule è generalmente di tipo epitelioide: cellule rotondeggianti ma con scarsa tendenza a formare foglietti simil-epiteliali. simil epiteliali Spesso le linee continue sono derivate da tessuti tumorali che, di per sé, sono già alterati rispetto a quelli normali e dotati di una maggiore capacità di crescita in vitro. Infatti, la prima linea cellulare stabilizzata è stata ottenuta, nel 1952, da un carcinoma epidemoide della cervice umana. Attualmente sono a disposizione di ciascun laboratorio numerosissime linee continue, sia “normali”, sia derivate da tessuti cancerosi dell’uomo e di molte specie animali. Tra queste soprattutto di mammiferi e di volatili. Colture semi-continue (l.cell.diploidi) Si tratta di linee cellulari che possono essere mantenute vitali per 30-80 30 80 passaggi, senza che subiscano alterazioni del patrimonio genetico diploide, pur verificandosi una certa selezione di cellule diverse a ogni passaggio. In particolare, si sono rivelati molto utili i fibroblasti di embrioni umani, che mantengono la diploidia fino al 500 passaggio. E’ pertanto possibile congelare un’aliquota di cellule a ogni passaggio, e riutilizzarla q quando se ne presenta p la necessità,, con la certezza di avere ancora la sensibilità desiderata. Infatti il patrimonio cromosomico diploide è una caratteristica molto vantaggiosa quando si vogliano utilizzare le cellule per il primo isolamento dei virus, in quanto rappresentano un substrato molto simile a quello naturale e, quindi, sensibile alla quelli derivati da tumori delle cellule mieloidi o linfoidi, crescono normalmente con questa caratteristica; altri possono essere mantenuti artificialmente in sospensione mediante agitazione dei recipienti. Identificazione del virus isolato Una volta ottenuto l’isolamento l isolamento del virus, virus questo deve essere identificato: per raggiungere questo scopo si può ricorrere a tecniche diverse. Si può ricorrere anche in questo caso alla microscopia elettronica: una interessante alternativa alle metodiche descritte in precedenza è la cosiddetta Grid Celi Culture Technique (GCCT) che consiste nel coltivare il virus in colture cellulari allestite direttamente sui vetrini i i per elettromicroscopia. l i i L’osservazione può essere poi condotta dopo semplice colorazione negativa, immunoelettronmicroscopia o altre tecniche. In questo modo è più probabile riuscire a osservare il virus eventualmente isolato, senza dovere ricorrere a procedure di ultracentrifugazione o altre tecniche per ottenerne la concentrazione. Molto utilizzate sono le tecniche sierologiche, attraverso l’impiego di sieri iperimmuni o anticorpi monoclonali specifici. ifi i Il vantaggio t i dei d i metodi t di sierologici i l i i è che h l’identificazione di un certo isolato può essere portata, se necessario, sino alla definizione del sierotipo. Molto adatta a questo scopo, come nel caso della ricerca diretta degli g antigeni g virali,, è l’immunofluorescenza. Tuttavia nel laboratorio di virologia sono frequentemente impiegate metodiche più “mirate”, quali la inibizione della emoagglutinazione gg o dell’emo-adsorbimento e,, soprattutto, la sieroneutralizzazione, per la loro alta specificità nella caratterizzazione dei sierotipi. Identificazione del virus isolato In certi casi si può ricorrere alla identificazione di un virus in coltura attraverso la dimostrazione (ed eventualmente la quantificazione) di un suo enzima specifico: ad esempio la trascrittasi inversa nel caso dei retrovirus. Infine, è possibile identificare un isolato ricorrendo alle tecniche molecolari (sonde molecolari e PCR). Titolazione dei virus T i h che Tecniche h sii basano b sull rilievo ili di alcune l loro caratteristiche fisiche, chimiche o biologiche. Titolazione fisica I virioni i i i possono essere riconosciuti i i ti all microscopio elettronico e contati, mescolandoli con un numero noto di particelle di lattice ed eseguendo un conteggio proporzionale su singole gocce della miscela. miscela Tuttavia non è possibile differenziare in questo modo le particelle infettive da quelle p q che non lo sono. Inoltre tale tecnica è piuttosto indaginosa e, quindi, di scarso impiego nella pratica. Titolazione biologica: valutazione l t i dell’infettività d ll’i f tti ità Metodo delle placche secondo Dulbecco prodotte dal virus su un Conta delle lesioni p monostrato sensibile.