Di
Diagnostica
ti microbiologica
i
bi l i
„
Diagnostica diretta
„
Trova e identifica l’agente
„
„
Isolamento e identificazione Æ
Dimostrazione
Dimost a ione della p
presenza
esen a di ssuoi
oi prodotti
p odotti specifici
spe ifi i
„
„
„
„
Tossine
Antigeni
Acidi nucleici
Di
Diagnostica
ti indiretta
i di tt
„
Cercare le prove di una risposta immunitaria
specifica in atto
„
„
„
Aumento del titolo anticorpale verso antigeni specifici
dell’agente causale
Reperto di anticorpi ad alto titolo
Reperto di anticorpi della classe IgM, o di anticorpi IgA, o
a bassa avidità
Isolamento e identificazione
Per l’isolamento, il laboratorio:
Potrà partire da un materiale normalmente sterile:
S
Sangue,
liliquor, tessuti
t
ti interni,
i t i versamenti
ti
articolari, …
Terreni non selettivi
… o da materiale normalmente microbico:
Essudati su mucose
mucose, tamponi nasali,
nasali cutanei,
cutanei
faringei, feci; …
Terreni selettivi
AVIDITA’
AVIDITA DELLE Ig
„
„
„
„
„
L’ avidità
idità di un anticorpo
ti
neii confronti
f
ti di un antigene
ti
è
espressa dalla capacità che ha l’anticorpo stesso di formare
con l’antigene
l antigene legami stabili
Nelle fasi iniziali dopo una stimolazione antigenica primaria
si evidenziano anticorpi
p a bassa avidità
Il grado di avidità aumenta progressivamente nel tempo ed
è sinonimo di maturazione della risposta immune
Indici di BASSA AVIDITÀ per le IgG sono da ascrivere ad
infezione di tipo primario in fase acuta o recente
Indici di ALTA AVIDITÀ indicano assenza di infezione
primaria in atto o recente.
Prelievo
Campioni orooro-faringei
Liquido
q
pleurico
p
Sangue
Urine
Campioni ostetrici
Escreato o lavaggio bronchiale
Liquido peritoneale
Liquido cefalo rachidiano
T
Tappe
per lla di
diagnostica
ti microbiologica
i
bi l i
E
Esame
di tt
diretto
Isolamento e coltura
Saggi biochimici per l’identificzione
Antibiogramma
Ricerca anticorpale
((diagnosi
g
sierologica)
g )
Esame diretto
„
Osservazione al microscopio
p
„
Colorazione
Morfologia delle colonie
Aspetto
p
macroscopico
p
„ Aspetto microscopico (100x)
„
Colorazione
di Gram
ZIEHL-NEELSEN o acido resistenza
L’acido resistenza è una proprietà dei micobatteri.
Una volta colorati non si decolorano con soluzioni alcool
alcoolacide (ROSSI) che sono al contrario in grado di decolorare
gli altri batteri (BLU).
(
)
tutti g
Isolamento e coltura
„
Crescita in vitro e identificazione
dell’agente
g
infettivo
Identificazione
Ureasi
„
„
Alcuni micobatteri sono in
grado di idrolizzare l’urea
LL’avvenuta
avvenuta idrolisi è
indicata dal viraggio di un
idoneo indicatore
„
3 giorni
Riduzione del tellurito
„
La capacità di ridurre il tellurito di potassio
a tellurio metallico si evidenzia dalla
formazione di un p
precipitato
p
nero
„
10 giorni
positivo
negativo
Saggio della catalasi
Chiave diagnostica
utile per un
orientativo
i t ti
riconoscimento dei
principali generi di
enterobatteri
Antibiogramma
„
Test p
per l’individuazione degli
g antibiotici
nei confronti dei quali il nostro isolato è
sensibile e/o resistente.
Di
Diagnosi
i sierologica
i
l i
I test sierologici misurano la risposta anticorpale
sierica del paziente in seguito ad una infezione.
infezione
„
„
„
„
„
I principali sono:
Saggi
gg di agglutinazione
gg
Reazione di fissazione del complemento
ELISA o saggio immunoenzimatico
Immunofluorescenza diretta e indiretta
Western blot
Applicazioni
pp
p
pratiche
dell’immunologia
TITOLO ANTICORPALE
Le prove sierologiche forniscono dati quantitativi sul contenuto in
anticorpi la cui concentrazione può quindi venire espressa come
anticorpi,
titolo anticorpale, ovvero l'ultima diluizione del siero che ancora
provoca la reazione visibile con una concentrazione fissa del
corrispondente antigene.
Es.:: se un siero
Es
siero, usato in diluizioni a raddoppio (1:10,
(1:10 1:20,
1:20 1:40,
1:40
ecc.), produce l'agglutinazione di un antigene sino alla diluizione
1:640, ma non causa più la reazione alla diluizione successiva
(1:1280), si dice che il suo titolo agglutinante è 1:640 (640 unità
à
agglutinanti per unità di volume).
Titolo anticorpale
„
„
Concentrazione
di anticorpi nei
confronti di un
particolare
antigene
Ultima diluzione
del siero che
provoca reazione
p
visibile con []
fissa antigene
g
Figure 18.5
TITOLO ANTICORPALE
- titolo anticorpale specifico ha grande valore applicativo per la
diagnosi
g
delle malattie infettive
- un quadro solo parziale dello stato immunitario del soggetto.
- le differenti prove sierologiche rilevano infatti tipi di anticorpi
diversi:
per specificità (diretti vs antigeni differenti del
microrganismo);
per proprietà biologiche (anticorpi fissanti il
complemento o anticorpi neutralizzanti)
neutralizzanti).
Sono diversi i fattori che possono interferire ed alterare o modificare la qualità
del siero o del plasma sanguigno, e quindi condizionare i risultati delle prove
sierologiche: contaminazioni microbiche, emolisi e temperatura. Per
evitarli è indispensabile rispettare alcune regole durante il prelievo di sangue,
la sua conservazione e il trasporto al laboratorio.
DIAGNOSTICA SIEROLOGICA
Informazioni diagnostiche e prognostiche, attraverso il rilievo
della p
presenza nel siero, di elevate concentrazioni di anticorpi
p che
reagiscono specificamente con una preparazione di laboratorio
allestita con il microrganismo sospetto,
con suoi antigeni o con suoi prodotti.
prodotti
Un titolo anticorpale estremamente elevato, oppure la presenza di
un buon titolo di quegli anticorpi che scompaiono rapidamente
dopo una malattia, fanno supporre un ruolo attivo del
corrispondente microrganismo,
microrganismo che quindi è da ritenere il
responsabile della sintomatologia osservata.
Il più delle volte, però, la diagnosi sierologia deve essere basata
sulla comparsa di una variazione del titolo anticorpale nel corso
di una malattia: si esaminano pertanto contemporaneamente
due campioni di siero.
siero
i
acuto, prelevato
l
ill più
ù precocemente possibile
b l dall'inizio
d ll'
della sintomatologia clinica;
siero convalescente, dopo 2
2-3
3 settimane dal precedente.
La comparsa di anticorpi
L
ti
i prima
i
non rilevabili,
il
bili oppure un
aumento del titolo di almeno 4 volte fra i due campioni di siero,
sono da considerare indicativi di infezione recente.
Identificazione virus
„
„
Effetto citopatico
Test sierologici
„
„
„
Individuazione anticorpi vs virus
Anticorpi per identificare virus in test di
neutralizzazione,, emoagglutinazione
gg
virale e WB.
Acidi nucleici
„
„
RFLP ((poliformismi
poliformismi
lif
i i della
d ll lunghezza
l
h
dei
d i
frammenti di restrizione)
restrizione)
PCR
Antigeni
A
i
i eterofili:
fili presentii contemporaneamente neii tessutii
di individui di specie diverse, nonché su alcuni microrganismi, e
che reagiscono quindi con lo stesso anticorpo.
Es.: gli anticorpi prodotti contro il virus che causa la
mononucleosi
l
i infettiva
i f tti cross-reagiscono
i
con un antigene
ti
presente sugli eritrociti di pecora. Pertanto il rilievo di un titolo
elevato di anticorpi
p che agglutinano
gg
i globuli
g
rossi di pecora
p
fornisce una valida diagnosi di mononucleosi infettiva.
Nel bovino, cross-reattività degli anticorpi tra gli antigeni di
Brucella abortus e gli antigeni di alcuni ceppi di Yersinia
enterocolitica; nel gatto, invece, gli anticorpi anti-virus della
peritonite infettiva (FIP) cross-reagiscono con il virus della
gastroenterite trasmissibile del suino (TGE).
Le reazioni sierologiche vengono anche impiegate per
identificare i microrganismi, o direttamente nei tessuti infetti o
dopo isolamento in laboratorio. Per tali finalità devono essere
disponibili adatti sieri iperimmuni o anticorpi monoclonali (che
reagiscano cioè specificamente solo con il patogeno che
cerchiamo). Il tipo di reazione che si può osservare, facendo reagire
un antigene con lo specifico anticorpo, dipende soprattutto dallo
stato fisico dell'antigene:
• se l'antigene
l antigene è una proteina solubile, la reazione
tra opportune proporzioni di antigene e di anticorpo
esita nella formazione di complessi insolubili,
causandone
d
la
l precipitazione.
i it i
• se l'antigene è invece presente sulla superficie
di elementi corpuscolari
p
((es. batteri o eritrociti),
),
avremo l'agglutinazione.
Test sierologici
„
„
Test diretti per individuare l’antigene dal
campione del soggetto
Test indiretti p
per individuare gli
g anticorpi
p
nel siero del soggetto
Test sierologici
„
„
„
„
„
„
„
A l ti
Agglutinazione:
i
antigeni
ti
i particolati
ti l ti
Emoagglutinazione:
gg
Agglutinazione
gg
di RBCs
Precipitazione: antigeni solubili
Tecnica
T
i anticorpianticorpi
i
i-fluorescenza:
fl
anticorpi
i
i
legati
g al fluorescente
Fissazione del complemento: RBCs fungono
da indicatori
Neutralizzazione: inattiva tossina o virus
ELISA: l’indicatore è l’enzima perossidasi.
Reazione di precipitazione
„
Antigeni
solubili con
antico pi
anticorpi
Figure 18.3
Reazioni di agglutinazione
„
„
Antigeni possono
essere:
Su cellule
(agglutin. diretta)
Attaccate a sfere
di lattice (agglutin.
indiretta o
passiva)
Figure 18.4
Precipitazione e agglutinazione
„
„
Precipitazione: antigeni in soluzione
(provetta, gel di agar,
immunoelettroforesi).
immunoelettroforesi)
Agglutinazione: antigeni in sospensione
(provetta milk ring test,
(provetta,
test
emoagglutinazione).
Emoagglutinazione
„
„
Emoagglutinazione attiva: antigeni di
gruppo sanguigno.
Emoagglutinazione passiva: a.tannico per
globuliglobuli
l b li-antigene.
ti
Emoagglutinazione
„
„
Emoagglutinazione coinvolge
agglutinazione di RBCs.
Emoagglutinazione virale inibisce test per
anticorpi attraverso l’abilità degli anticorpi
di prevenire virus da RBCs agglutinanti.
agglutinanti
Figure 18.7
Reazione di Neutralizzazione
„
Elimina l’effetto dannoso di un virus o di
una
u a esotossina
esotoss a
Sieroneutralizzazione virale
„
„
Senza anticorpi: infezione e lisi cellulare
Con anticorpi: siero neutralizza virus
Test: Piastra multiwell a 96: cell.,
cell virus e
siero a [] a raddoppio (1:4, 1:8, 1:16, etc.)
+ colorazione
l
i
dopo
d
5 giorni
i i
Fissazione del complemento
Fissazione del complemento
Figure 18.9.2
I
Immunofluorescenza
fl
diretta
di tt
I
Immunofluorescenza
fl
indiretta
i di tt
ELISA ((direct))
Enzyme--Linked Immunosorbent Assay
Enzyme
ELISA ((indirect))
Enzyme--Linked Immunosorbent Assay
Enzyme
Test sierologici
Figure 18.13
PROVE
DI ISOLAMENTO
PROVE DI ISOLAMENTO
I virus possono moltiplicarsi solo in animali, in
embrioni o in colture cellulari in vitro.
L isolamento di virus a scopo diagnostico è indicato solo
L’isolamento
quando non è possibile ricorre ad altri mezzi, oppure
quando:
- è presente una malattia ad andamento epidemico che
coinvolge molti soggetti di un allevamento e che non
risponde ad alcuna terapia antibiotica;
- è presente una malattia di tipo vescicolare che potrebbe
estendersi rapidamente a tutti gli animali dell’allevamento
e ad
d altri
lt i allevamenti
ll
ti (afta
( ft epizootica/stomatite
i
ti / t
tit
vescicolare);
- cc’è
è il sospetto che si tratti di una zoonosi (encefaliti
equine, rabbia).
PROVE DI ISOLAMENTO
Inoltre l’isolamento è indicato nell’ambito di studi epidemiologici:
• per l’incidenza negli allevamenti e la distribuzione geografica di
una certa infezione:
• per determinare ll’efficacia
efficacia di programmi dì vaccinazione;
• in caso di sintomatologia sospetta dopo la somministrazione di
un vaccino;
• finalizzata
f l
a uno specifico
f
patogeno o a una gamma molto
l
ristretta, perché in genere i virus sono molto esigenti rispetto al
substrato di crescita.
PROVE DI ISOLAMENTO
Spesso il tentativo di isolamento dà esito negativo non è corretto escludere immediatamente l’eziologia virale
della patologia, in quanto possono essersi verificate diverse
situazioni:
- il virus nel campione è presente in bassa concentrazione
o ha necessità di adattarsi al substrato;
- si è in presenza di un virus che, pur replicandosi, non
produce effetto citopatico o la morte dell’embrione.
Ricerca degli antigeni (immunofluorescenza e/o
emoassorbimento);
- il substrato non è sensibile a quel particolare virus;…
PROVE DI ISOLAMENTO
- ci possono essere nel campione anticorpi neutralizzanti,
i ibit i virali
inibitori
i li (INF),
(INF) che
h ostacolano
t
l
la
l replicazione
li i
del
d l virus
i
pur
essendo il substrato sensibile;
- l’inoculum è tossico o contaminato da batteri e il substrato ne
viene danneggiato, impedendo di conseguenza la replicazione
del virus.
virus
- il virus isolato è casualmente presente, ma non è il
responsabile della patologia in atto; viceversa, l’ospite è un
portatore sano del virus stesso.
- valutare attentamente la patogenicità del ceppo in questione,
cercando eventuali markers molecolari di patogenicità (l’enzima
timidino-chinasi dell’Aujeszky), oppure inoculando il
virus in un animale sensibile.
Uova embrionate
Uova fertili di pollo o di altri volatili
L’uovo embrionato trova impiego:
• a scopo diagnostico (isolamento primario di virus da materiale
patologico,
t l i
titolazione
tit l i
d
deii virus
i
e degli
d li anticorpi
ti
i specifici),
ifi i)
• per ottenere grandi quantità di virus (allestimento di vaccini,
analisi biochimiche).
)
Risulta ancora il metodo più sensibile e pratico per l’isolamento
dei virus influenzali aviari e di altri virus dei volatili,
volatili nonché per
l’identificazione degli Orthopoxvirus.
La p
particolare struttura dell’uovo embrionato consente l’impiego
p g di
diverse tecniche di inoculazione, a seconda delle esigenze del
virus che si vuole coltivare.
Uova embrionate
L’inoculazione viene generalmente eseguita tra il 5° e il 14°
giorno di incubazione.
1. Embrione vitale e in sviluppo regolare: con speciali lampade
“sperauovo”
sperauovo a raggi UV,
UV che consentono di controllare
l’integrità dei vasi sanguigni della membrana corion-allantoidea
e le dimensioni dell’embrione.
2. Inoculazione sulla membrana corion-allantoidea
si effettua su embrioni di 10-12 giorni di età.
3 Si crea una camera d
3.
d’aria
aria artificiale alfine di scollare la
membrana corion-allantoidea dalla membrana testacea: si
perfora il guscio in due punti, uno in corrispondenza della
camera d’aria
d’ i e l’altro
l’ l
nella
ll zona equatoriale
i l dell’uovo.
d ll’
4. Mediante una cannula di gomma si opera una aspirazione dal
foro aperto in corrispondenza della camera d’aria
d aria - entrerà aria
dal foro nella zona equatoriale, scollando così le due
membrane.
Uova embrionate
per la
l crescita dei
d virus
Uova embrionate
Attraverso questa apertura, vengono depositati 0,1/0,2 ml di
sospensione virale direttamente sul corion
corion-allantoide.
allantoide
Dopo chiusura dei fori con gomma o paraffina, le uova
vengono nuovamente poste a incubare per un certo periodo:
quando l’embrione viene a morte sulla membrana corionallantoidea si osservano le lesioni che appaiono come
alterazioni macroscopiche circoscritte (pocks o pustole).
pustole)
Sito ideale per la crescita dei virus erpetici, dei
poxvirus e del virus del cimurro del cane.
Dal momento che si può assumere che ciascun pock si formi in
seguito alla replicazione di una singola particella virale, è
possibile anche di titolare con una certa precisione i virus e i
sieri
i i contenenti
t
ti anticorpi
ti
i specifici.
ifi i
Colture cellulari
Lo sviluppo
pp delle tecniche di allestimento di colture cellulari è
iniziato con l’avvento degli antibiotici (ca 60 anni fa) che hanno
reso possibile il controllo delle contaminazioni da batteri. La
crescita batterica infatti sottrae materiale nutritivo alle cellule
cellule,
produce cataboliti tossici, impedisce il metabolismo cellulare e,
quindi, distrugge la coltura stessa.
P llo stesso motivo,
Per
i
è necessario
i lavorare
l
in
i condizioni
di i i di
sterilità, durante le manualità richieste per l’allestimento e
l’utilizzo delle tessuto-colture;; tuttavia,, l’uso di antibiotici,,
addizionati al terreno di coltura, rende meno frequenti le
contaminazioni stesse.
Inoltre, le colture cellulari rappresentano attualmente il substrato
più largamente utilizzato per l’allestimento di vaccini.
Colture cellulari
Con il termine g
generico di “colture di tessuto” si intendono cellule,, tessuti
od organi provenienti da animali e mantenuti o fatti sviluppare in vitro per
oltre 24 ore. Più precisamente le colture di tessuto o d’organo sono espianti
di tessuto o di frammenti d’organo le cui cellule sono rimaste aggregate,
conservando l’architettura e la funzionalità originarie; le colture di cellule,
invece, sono ottenute da sospensioni cellulari allestite disgregando
meccanicamente o chimicamente i tessuti.
Tra queste, possiamo distinguere:
d
le
l colture
l
primarie (linee
(l
cellulari
ll l
primarie); le colture semi-continue (linee cellulari diploidi); le colture
continue (linee stabilizzate).
Colture primarie (linee cellulari primarie)
Sono quelle ottenute direttamente da un organo o da un tessuto,
preferibilmente prelevato da un animale molto giovane o da un feto o un
embrione: la ragione è che le cellule in questi casi sono meno differenziate
e si moltiplicano più facilmente di quelle prelevate da un organismo maturo.
L’organo deve essere privato della capsula connettivale; quindi si frammenta il
parenchima della corticale. I singoli frammenti vengono poi sottoposti a
trattamento enzimatico immergendoli in una soluzione di tripsina mantenuta a
37°C in agitazione continua.
Il liquido diventa gradatamente torbido, arricchendosi in cellule, staccatesi dal
frammento e separate fra loro per azione dell’enzima; le cellule vengono
recuperate mediante filtrazione su garza sterile, raccolte in un matraccio
mantenuto a 40°C e SFB per fermare l’azione della tripsina.
A questo punto, ai frammenti rimasti viene aggiunta nuova tripsina, e si ripete
ll’operazione
operazione più volte fino a completa disaggregazione dei frammenti stessi.
stessi
La sospensione cellulare così ottenuta viene sottoposta a centrifugazione e il
pellet viene risospeso in adatto terreno di coltura in modo da ottenere una
concentrazione di 8 x 105~106 cellule/ml e distribuito in appositi contenitori
(piastre, fiasche, provette, ecc.). I contenitori sono posti a 370 C in incubatore,
umidificato e in atmosfera di aria contenente il 5% di CO2
umidificato,
CO2.
Colture cellulari
„
Colture cellulari per la crescita dei virus
virus.
„
Linee di cellule continue possono essere
mantenute all’infinito.
„
„
La densità delle cellule nelle colture primarie è un fattore critico per
la loro crescita: al di sotto di un certo limite, infatti, le cellule non
riescono a moltiplicarsi, verosimilmente perché necessitano di
scambi diretti di metaboliti attraverso la membrana.
Infatti, dopo che le cellule hanno aderito al fondo della piastra,
incominciano a moltiplicarsi sino a occupare tutta la superficie
disponibile, costituendo in tal modo quello che viene definito
monostrato
t t confluente.
fl
t A questo
t punto,
t lla moltiplicazione
lti li i
cessa
e, se le cellule non vengono sub-coltivate, il monostrato degenera e
muore, in un tempo variabile a seconda del tipo cellulare e delle
condizioni di crescita (20-30
(20 30 passaggi).
C lt
Colture
continue
ti
(linee
(li
stabilizzate)
t bili
t )
Si tratta
t tt di lilinee cellulari
ll l i che
h possono essere coltivate
lti t senza limite
li it di numero di
passaggi, in quanto hanno subìto una trasformazione che le rende più adatte
alla crescita in vitro.
Il loro patrimonio cromosomico è,
è infatti,
infatti alterato rispetto al normale
normale, e viene
definito genericamente aneuploide. L’aspetto delle cellule è generalmente di
tipo epitelioide: cellule rotondeggianti ma con scarsa tendenza a formare
foglietti simil-epiteliali.
simil epiteliali
Spesso le linee continue sono derivate da tessuti tumorali che, di per sé, sono
già alterati rispetto a quelli normali e dotati di una maggiore capacità di
crescita in vitro. Infatti, la prima linea cellulare stabilizzata è stata ottenuta, nel
1952, da un carcinoma epidemoide della cervice umana.
Attualmente sono a disposizione di ciascun laboratorio numerosissime linee
continue, sia “normali”, sia derivate da tessuti cancerosi dell’uomo e di molte
specie animali. Tra queste soprattutto di mammiferi e di volatili.
Colture semi-continue (l.cell.diploidi)
Si tratta di linee cellulari che possono essere mantenute vitali per 30-80
30 80
passaggi, senza che subiscano alterazioni del patrimonio genetico diploide,
pur verificandosi una certa selezione di cellule diverse a ogni passaggio. In
particolare, si sono rivelati molto utili i fibroblasti di embrioni umani, che
mantengono la diploidia fino al 500 passaggio.
E’ pertanto possibile congelare un’aliquota di cellule a ogni passaggio, e
riutilizzarla q
quando se ne presenta
p
la necessità,, con la certezza di avere
ancora la sensibilità desiderata.
Infatti il patrimonio cromosomico diploide è una caratteristica molto
vantaggiosa quando si vogliano utilizzare le cellule per il primo isolamento
dei virus, in quanto rappresentano un substrato molto simile a quello
naturale e, quindi, sensibile alla quelli derivati da tumori delle cellule
mieloidi o linfoidi, crescono normalmente con questa caratteristica; altri
possono essere mantenuti artificialmente in sospensione mediante
agitazione dei recipienti.
Identificazione del virus isolato
Una volta ottenuto l’isolamento
l isolamento del virus,
virus questo deve essere
identificato: per raggiungere questo scopo si può ricorrere a tecniche
diverse. Si può ricorrere anche in questo caso alla microscopia
elettronica: una interessante alternativa alle metodiche descritte in
precedenza è la cosiddetta Grid Celi Culture Technique (GCCT) che
consiste nel coltivare il virus in colture cellulari allestite direttamente sui
vetrini
i i per elettromicroscopia.
l
i
i
L’osservazione può essere poi condotta dopo semplice colorazione
negativa, immunoelettronmicroscopia o altre tecniche. In questo modo è
più probabile riuscire a osservare il virus eventualmente isolato, senza
dovere ricorrere a procedure di ultracentrifugazione o altre tecniche per
ottenerne la concentrazione.
Molto utilizzate sono le tecniche sierologiche, attraverso
l’impiego di sieri iperimmuni o anticorpi monoclonali
specifici.
ifi i Il vantaggio
t
i dei
d i metodi
t di sierologici
i l i i è che
h
l’identificazione di un certo isolato può essere portata, se
necessario, sino alla definizione del sierotipo.
Molto adatta a questo scopo, come nel caso della ricerca
diretta degli
g antigeni
g
virali,, è l’immunofluorescenza.
Tuttavia nel laboratorio di virologia sono frequentemente
impiegate metodiche più “mirate”, quali la inibizione
della emoagglutinazione
gg
o dell’emo-adsorbimento e,,
soprattutto, la sieroneutralizzazione, per la loro alta
specificità nella caratterizzazione dei sierotipi.
Identificazione del virus isolato
In certi casi si può ricorrere alla identificazione di un virus in coltura attraverso la
dimostrazione (ed eventualmente la quantificazione) di un suo enzima specifico:
ad esempio la trascrittasi inversa nel caso dei retrovirus. Infine, è possibile
identificare un isolato ricorrendo alle tecniche molecolari (sonde molecolari e
PCR).
Titolazione dei virus
T i h che
Tecniche
h sii basano
b
sull rilievo
ili
di alcune
l
loro caratteristiche fisiche, chimiche o biologiche.
„
Titolazione fisica
I virioni
i i i possono essere riconosciuti
i
i ti all
microscopio elettronico e contati, mescolandoli
con un numero noto di particelle di lattice ed
eseguendo un conteggio proporzionale su
singole gocce della miscela.
miscela Tuttavia non è
possibile differenziare in questo modo le
particelle infettive da quelle
p
q
che non lo sono.
Inoltre tale tecnica è piuttosto indaginosa e,
quindi, di scarso impiego nella pratica.
Titolazione biologica:
valutazione
l t i
dell’infettività
d ll’i f tti ità
„
Metodo delle placche secondo Dulbecco
prodotte dal virus su un
Conta delle lesioni p
monostrato sensibile.