Disfunzione diastolica e insufficienza cardiaca diastolica

Vol. 98, N. 7-8, Luglio-Agosto 2007
Pagg. 407-416
Disfunzione diastolica e insufficienza cardiaca diastolica
Giuliano Rossi
Riassunto. Studi clinici ed epidemiologici hanno indicato che dal 30 al 50% dei pazienti
con insufficienza cardiaca congestizia presenta una frazione di eiezione ventricolare sinistra nei limiti della norma; questa condizione è definita insufficienza cardiaca diastolica. La definizione, la fisiopatologia, la sintomatologia, la diagnosi e il trattamento di
questa forma di insufficienza cardiaca sono brevemente discussi.
Parole chiave. Disfunzione diastolica, frazione di eiezione ventricolare sinistra, insufficienza cardiaca congestizia, insufficienza cardiaca diastolica, insufficienza cardiaca sistolica.
Summary. Diastolic dysfunction and diastolic heart failure.
Clinical and epidemiological population-based studies have showed that about 30 to
50% of patients with congestive heart failure have a preserved left-ventricular ejection
fraction. This condition is defined as diastolic heart failure. The definition, pathophysiology, symptomatology, diagnosis and treatment of diastolic heart failure are briefly summarized.
Key words. Congestive heart disease, diastolic dysfunction, diastolic heart failure, leftventricular ejection fraction, systolic heart failure.
Introduzione
Studi epidemiologici e clinici hanno indicato che
una percentuale, variabile dal 30 al 50 %, di pazienti con insufficienza cardiaca congestizia (ICC)
presenta una normale (≥50%) frazione di eiezione
ventricolare sinistra (LVEF1 secondo l’acronimo
d’uso internazionale: “left ventricular ejection fraction”). In queste circostanze si parla di “insufficienza cardiaca diastolica” (ICD) per distinguerla
dall’insufficienza cardiaca “sistolica” (ICS) caratterizzata da LVEF ridotta1.
Quando a queste anomalie si associano quadri
di congestione venosa o di edema polmonare, si
può parlare di ICD3-5. Pertanto, mentre il termine di DD si riferisce a un’anomalia delle proprietà meccaniche del ventricolo sinistro, che è
presente nella quasi totalità dei pazienti con
ICC6,7, il termine di ICD si riferisce a una sindrome clinica, che si può osservare in pazienti con
insufficienza cardiaca, ma con LVEF nei limiti
della norma4,6,7,7bis,8.
Epidemiologia
Con il termine di disfunzione diastolica (DD) si
fa riferimento a un’anomalia della distensibilità, del rilasciamento e del riempimento del
ventricolo sinistro in corso di diastole, indipendentemente dalla normalità o meno della LVEF
e dalla presenza o dall’assenza di sintomi di insufficienza cardiaca2.
Queste alterazioni si possono osservare in soggetti asintomatici, ma con ipertrofia ventricolare
sinistra ipertensiva che, all’ecocardiografia, presentano una normale LVEF, ma con anomalo riempimento del ventricolo sinistro1.
Primario Medico f.r., Ospedale San Filippo Neri, Roma.
Pervenuto il 28 febbraio 2007.
La prevalenza dell’ICD è più elevata nei soggetti di età superiore ai 65 anni, nei diabetici, negli ipertesi e nelle donne8-10. La morbilità per ICD
è simile a quella per ICS10,10bis, come sono simili le
cause che favoriscono la comparsa di scompenso
cardiaco: ipertensione non controllata, fibrillazione atriale, ischemia miocardica, insufficienza renale, anemia, farmaci antiinfiammatori non steroidei, incontrollato apporto sodico, mancata collaborazione del paziente11,12. Per quanto riguarda la
mortalità, i dati disponibili fino a pochi anni fa10,
che indicavano una mortalità per ICD tra il 5 e
l’8% contro il 10-15% per ICS, hanno subìto, negli
anni più recenti, una revisione.
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Recenti Progressi in Medicina, 98, 7-8, 2007
Questa ha indicato che la sopravvivenza dei pazienti con ICD è simile a quella dei pazienti con ICS
10bis,11-13
e che dall’11 al 15% dei soggetti di oltre 65
anni di età con DD, anche senza ICD, va incontro,
entro 5 anni, a insufficienza cardiaca9,10,10bis.
Secondo recenti ricerche, queste analogie tra
ICD e ICS per quanto concerne prognosi e mortalità sarebbero in gran parte da attribuire alla frequente presenza di alterazioni della funzione sistolica, dimostrabile mediante ecocardiografia tessutale (vedi in seguito) in pazienti con ICD e, per
quanto con minore frequenza, anche con DD6,14-16.
È stato, inoltre, rilevato che queste analogie prognostiche tra ICD e ICS possono essere dovute al
tempo relativamente lungo (5 e più anni) necessario affinché una DD iniziale evolva in uno stadio
avanzato, allorquando la pressione telediastolica
ventricolare sinistra determini una condizione di
insufficienza cardiaca7bis.
Fisiopatologia
La disfunzione diastolica è caratterizzata
da alterazioni delle proprietà elastiche e del
rilasciamento del ventricolo sinistro che lo
rendono più rigido, compromettendo il normale riempimento durante la diastole7,7bis. In
queste circostanze la curva che indica il rapporto
tra pressione ventricolare diastolica e volume
ventricolare diastolico è deviata in alto a sinistra.
Si riducono pertanto la compliance e il riempimento ventricolare, mentre la pressione ventricolare diastolica aumenta7. Nei pazienti con ICD
l’aumento della rigidità del ventricolo sinistro favorisce la comparsa di edema polmonare che, in
questi pazienti, è diretta conseguenza del notevole aumento della pressione ventricolare, che si
può verificare anche con modesto e perfino assente aumento del volume ventricolare1,10. In tali condizioni entrano in gioco alcuni fattori di rischio, particolarmente frequenti negli anziani,
come ipertensione sistemica e rigidità delle grandi arterie, che compromettono il rilasciamento e/o
la compliance del ventricolo sinistro4,17.
In questi pazienti il ventricolo sinistro non è in
grado di accogliere un adeguato volume di sangue
durante la diastole a una normale pressione ventricolare diastolica e a volume sufficiente a mantenere
una gittata cardiaca adeguata. Sono pertanto presenti ridotta gittata e ridotta portata, nonostante
una normale LVEF, ed è anche diminuita la capacità
di accrescere la portata durante lo sforzo1,7. La ridotta tolleranza allo sforzo, che a volte può essere
presente anche in pazienti con DD e in assenza di insufficienza cardiaca, è dovuta alla ridotta compliance polmonare causata dall’aumento della pressione
venosa polmonare, con conseguente aumento del lavoro respiratorio, che può dar luogo a dispnea. All’intolleranza allo sforzo contribuisce inoltre la riduzione della portata cardiaca, che è inadeguata alla richiesta determinata dallo sforzo; ciò provoca
affaticamento sia della muscolatura volontaria respiratoria, che di quella del tronco e degli arti7.
L’ICD si distingue dall’ICS perché in quest’ultima è presente un rimodellamento eccentrico del
ventricolo sinistro, con aumento del volume telediastolico, modesto aumento dello spessore della
parete ventricolare sinistra, diminuzione del rapporto tra massa e volume del ventricolo sinistro e
tra spessore della parete e raggio della cavità ventricolare e con riduzione della LVEF. Per contro
nell’ICD è presente un rimodellamento ventricolare concentrico, con volume tele-diastolico normale
o quasi normale, aumento dello spessore della parete ventricolare, aumento del rapporto tra massa
e volume del ventricolo e di quello tra spessore della parete ventricolare e raggio della cavità ventricolare e con LVEF conservata16.
È possibile osservare pazienti con ICD associata a ICS; in questi casi sono presenti anomalie del
rapporto pressione/volume in corso di sistole, con
riduzione della LVEF, della gittata cardiaca e del
lavoro cardiaco; inoltre si osservano alterazioni
della parte diastolica del rapporto pressione/volume ventricolare. A questi eventi fisiopatologici consegue aumento della pressione ventricolare diastolica che indica l’associazione tra ICD e ICS7.
Questa associazione può anche manifestarsi con
lieve riduzione della LVEF e con lieve aumento del
volume tele-diastolico, ma con notevole aumento
della pressione tele-diastolica; in questi casi il rapporto pressione/volume in diastole è aumentato e
tale aumento riflette la ridotta compliance ventricolare che indica la disfunzione diastolica1,7.
L’osservazione clinica di alcuni pazienti con insufficienza cardiaca e LVEF conservata ha indotto
a porre in discussione il ruolo della disfunzione diastolica in questa condizione5. Si tratta per lo più di
anziani con ipertensione e/o coronariopatie, tutte
condizioni connesse con ipertrofia miocardica che
possono contribuire alla rigidità ventricolare5,16. È
stato rilevato che in queste circostanze ha importanza la valutazione del rapporto tele-diastolico tra
pressione e volume del ventricolo sinistro (EDPVR:
“end-diastolic pressure/volume ratio”) la cui curva,
come accennato in precedenza, è ritenuta caratteristicamente deviata in alto e a sinistra in condizioni di disfunzione diastolica5,16. Questo aspetto
dell’EDPVR è in realtà presente in varie condizioni cardiovascolari, come ischemia miocardica acuta, cardiomiopatia ipertrofica o restrittiva, che sono caratterizzate da notevole riduzione delle dimensioni ventricolari, pur non essendo presenti in
molti pazienti con insufficienza cardiaca e LVEF
conservata5,16. Inoltre recenti studi sul valore dell’EDPVR in pazienti con ICD non hanno fornito risutati uniformi, perché a volte hanno mostrato deviazione verso ridotto volume ventricolare, a volte
valori normali e a volte perfino deviazione verso un
volume aumentato; tutto ciò in maniera simile a
quanto si può osservare misurando il rapporto telesistolico tra pressione e volume ventricolare (ESPVR; “end-systolic pressure/volume ratio”)18. È stato pertanto ipotizzato che differenti meccanismi
possano condurre all’insufficienza cardiaca nei pazienti con LVEF conservata.
G. Rossi: Disfunzione diastolica e insufficienza cardiaca diastolica
Questi pazienti possono essere divisi in due
gruppi in base ai valori di pressione arteriosa e alla misura ecocardiografica delle dimensioni e della
funzione del ventricolo sinistro18.
Il primo gruppo comprende pazienti con valori
pressori normali; ventricolo sinistro di volume normale o ridotto; in queste circostanze la funzione sistolica, valutata con la misura dell’ESPVR, è nei limiti normali, mentre l’EDPVR mostra la curva deviata in alto e a sinistra, caratteristica della
disfunzione diastolica. In questi pazienti l’anomalia
diastolica riduce la pressione ventricolare sistolica, la
gittata cardiaca e la portata cardiaca, mentre la pressione arteriosa è normale oppure anche diminuita3,18.
Il secondo gruppo comprende pazienti con insufficienza cardiaca e LVEF conservata, che presentano una storia di ipertensione, con valori di
funzione sistolica simili a quelli normali, ma con
aumento della massa del ventricolo sinistro e con
aumento – e non già con diminuzione – del volume
ventricolare sinistro tele-diastolico. In queste condizioni aumentano la pressione di riempimento
ventricolare e la pressione arteriosa, mentre la
LVEF rimane conservata3,18.
I risultati di questi studi hanno indotto a ritenere che la deviazione in alto e a sinistra della curva dell’EDPVR possa non rappresentare il fattore principale nella fisiopatologia dell’insufficienza cardiaca con LVEF conservata nei pazienti
con ipertensione, ma che altri fattori abbiano un
ruolo importante in queste condizioni, come insufficienza renale, obesità, anemia, etc18,19.
È stata inoltre prospettata l’ipotesi che nei pazienti con insufficienza cardiaca e LVEF conservata
possano non esistere consistenti anomalie delle proprietà intrinseche della diastole, anche se il rilasciamento ventricolare e la velocità di flusso ventricolare possano essere ridotti e possa essere aumentata la rigidità del ventricolo20. A questo riguardo è
stato osservato che nell’ICC con LVEF conservata
hanno un ruolo rilevante alcuni fattori non diastolici, quali l’anomala risposta della frequenza cardiaca allo sforzo, la ridotta vasodilatazione periferica che contribuisce alla riduzione della perfusione
miocardica e la ridotta riserva contrattile del miocardio20bis. Pertanto è stato ipotizzato che l’aumento di pressione ventricolare presente nell’insufficienza cardiaca con LVEF conservata sia in realtà la
causa e non la conseguenza dell’anomalia della funzione diastolica5 e che l’insufficienza cardiaca con
LVEF conservata non sia soltanto una “malattia
della diastole”, ma anche una condizione patologica
caratterizzata da rigidità ventricolare sistolica e arteriosa che si riflette sia sul riempimento ventricolare che sull’eiezione ventricolare, spiegando, fra
l’altro, la variabilità dei valori pressori in molti di
questi pazienti e la loro sensibilità ai diuretici5,15.
Queste osservazioni hanno consigliato a preferire
al termine di ICD quello più generale e descrittivo di
“insufficienza cardiaca con frazione di eiezione ven-
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tricolare sinistra conservata” 5,11-13,20bis, per indicare
una condizione che si osserva più frequentemente in
anziani, i quali spesso hanno anche ipertensione e/o
intolleranza glicidica e/o diabete, e/o obesità e/o ipertrofia ventricolare sinistra e/o fibrosi miocardica, tutte condizioni che possono far parte di una sindrome
metabolica e che possono compromettere il rilasciamento del ventricolo sinistro e accrescerne la rigidità4,7bis. I pazienti che si trovano in questa situazione possono presentare una limitata riserva cardiaca
che accentua l’anomalia diastolica e può accrescere la
domanda di ossigeno da parte del miocardio6.
Etiopatogenesi
Le cause di DD e di ICD sono molteplici:
quelle più frequenti sono riportate in tabella 1.
I meccanismi patogenetici mediante i quali queste
cause provocano alterazioni della funzione diastolica,
del rilasciamento e del riempimento ventricolare riguardano la struttura e la funzione dei cardiomiociti e
della matrice extracellulare e l’intervento di fattori neuroumorali ed endoteliali7.
Le alterazioni morfofunzionali dei cardiomiociti consistono in anomalie dell’omeostasi degli ioni calcio, che
possono essere dovute ad anomalie dei canali per il calci, presenti nel sarcolemma, che modulano l’afflusso e
l’efflusso di questi ioni nel citosol oppure anche ad alterata ricaptazione del calcio nel reticolo sarcoplasmatico
o ad anomalie del processo di fosforilazione delle proteine implicate nell’omeostasi del calcio sarcoplasmatico,
come fosfolambam, calmodulina e calciosequestrina21.
Nell’ICD la funzione diastolica è compromessa anche
a causa delle alterazioni delle proteine che costituiscono
i filamenti contrattili implicati nel rilasciamento ventricolare, come miosina nel filamento spesso e actina nel filamento sottile. In questo processo hanno anche un ruolo le alterazioni di proteine modulatrici, come tropomiosina e troponina T, C e I7,22.
Inoltre, nell’ICD è alterata l’idrolisi dell’ATP, necessaria per la separazione della miosina dall’actina e degli
ioni calcio dalla troponina C e per la captazione del calcio nel reticolo sarcoplasmatico7,22.
Nella DD è stato osservato un incremento della concentrazione di ADP e di fosfato inorganici con aumento del
rapporto ADP/ATP; queste anomalie compromettono l’equilibrio energetico necessario per la funzione diastolica23.
Alla disfunzione diastolica contribuiscono anche anomalie a livello molecolare di alcune proteine del citoscheletro dei cardiomiociti24,25; fra queste hanno rilevanza le modificazioni del rapporto tra isoforme della titina. È, questa, una proteina di grande peso molecolare
che si estende dalla linea Z fino al centro del filamento
spesso, contribuendo alla rigidità del miocardio ventricolare. In condizioni normali la compliance del ventricolo sinistro in corso di diastole aumenta grazie alla fosforilazione della titina da parte della protein-chinasi A,
che dà luogo a diminuzione della rigidità del miocardio
ventricolare. In condizioni di alterata funzione diastolica sono state osservate modificazioni del rapporto tra
due isoforme della titina (N2B e N2BA) con prevalenza
dell’isoforma N2B, che è più rigida dell’isoforma
N2BA21,26 e che contribuisce alla riduzione del rilasciamento ventricolare27.
Queste ricerche a livello molecolare sui meccanismi
patogenetici delle alterazioni della funzione diastolica
hanno consentito di identificare le differenze esistenti tra
ICD e ICS nel comportamento dei cardiomiociti.
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Recenti Progressi in Medicina, 98, 7-8, 2007
Tabella 1 - Cause di disfunzione ventricolare diastolica.
1. Ipervolemia
– sovraccarico iatrogenico di volume
– insufficienza cardiaca congestizia nefrogena
– anemia
– cirrosi
– tireotossicosi
– beri-beri
– fistola artero-venosa
– prolungata bradicardia inappropriata
2. Riduzione funzionale del riempimento ventricolare
– ipertensione ventricolare: cardiomiopatia ipertrofica, ipertensione arteriosa, stenosi aortica
– ischemia miocardica acuta e cronica
– diabete mellito
– età avanzata
– obesità
3. Riduzione anatomica del riempimento ventricolare
– endocardio: fibrosi endomiocardica
– miocardio: cardiomiopatia restrittiva, processi infiltrativi
– pericardio: pericardite costrittiva
4. Abbreviato riempimento diastolico
– tachicardia prolungata (rilasciamento o riempimento ventricolare poco compromesso senza perdita di contributo atriale al riempimento ventricolare)
– fibrillazione atriale (con rapida risposta ventricolare e con perdita del contributo atriale al riempimento ventricolare)
5. Associazione delle cause precedentemente descritte
(da: Vasan RS, Levy D. Defining diastolic heart failure: a call for standardized diagnostic criteria. Circulation 2000; 101: 2118).
È stato confermato che i cardiomiociti dei pazienti con
ICD presentano un più grande diametro e una più elevata densità di miofibrille rispetto ai cardiomiociti dei pazienti con ICS; inoltre, a pari lunghezza del sarcomero,
nell’ICD i cardiomiociti, stimolati, mostrano una forza
passiva maggiore e una più elevata sensibilità agli ioni
calcio26.
Nella DD e nell’ICD le alterazioni della matrice extracellulare interessano il collageno fibrillare dei tipi I e
III e riguardono la quantità, la distribuzione e i rapporto
tra collageno I e II27bis. Inoltre nella patogenesi delle alterazioni della funzione diastolica hanno rilevanza: 1) l’aumentata sintesi del collageno, dovuta all’intervento del
pre-carico e dell’effetto di fattori neuroumorali, in particolare del sistema renina-angiotensina-aldosterone, del
sistema nervoso simpatico e di fattori di accrescimento, 2)
le anomalie del metabolismo del collageno determinate
dalle metalloproteinasi7,25. Queste alterazioni si traducono in aumento dei livelli sierici di propeptide carbossiterminale del procollageno I e di propeptide amino-terminale del procollageno III, con tendenza all’aumento anche del propeptide amino-terminale del procollageni I, e
sono in rapporto con l’entità della disfunzione diastolica
rappresentando, inoltre, un importante fattore favorente
la fibrosi e quindi la rigidità miocardica25bis.
Anche fattori neuroumorali possono alterare la funzione diastolica. È stato osservato che l’attivazione prolungata del sistema renina-angiotensina-aldosterone dà
luogo ad aumento della rigidità miocardica.Per contro
l’inibizione di questo sistema con ACE-inibitori può ridurre queste alterazioni, probabilmente per azione diretta sui cardiomiociti28,29.
Altro fattore neuroumorale al quale è stata attribuita importanza nella patogenesi dell’ICD è il peptide natriuretico cerebrale (BNP: “brain natriuretic peptide”),
che è secreto dai ventricoli in risposta all’aumento di volume e di pressione ventricolari e il cui aumento in circolo
è in rapporto con il riempimento diastolico dimostrato
dall’ecocardiografia30 e con lo stress di parete ventricolare in tele-diastole (EDWS: “end-diastolic wall stress”)31.
Nella patogenesi dell’ICD hanno inoltre rilevanza
fattori endoteliali, come sarebbe dimostrato dell’osservanzione che gli ACE-I, che sono donatori di ossido nitrico, possono ridurre la pressione e il volume del ventricolo sinistro, con deviazione verso destra del rapporto pressione/volume ventricolare sinistro e riduzione
della rigidità ventricolare7.
L’endotelio è implicato nella patogenesi della DD anche con l’iperespressione del gene per l’endotelina, osservata nel ratto con ipertrofia miocardica evolvente
verso l’ICD29.
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G. Rossi: Disfunzione diastolica e insufficienza cardiaca diastolica
Tabella 2 - Differenze tra insufficienza cardiaca sistolica e insufficienza cardiaca diastolica.
Parametri
ICS
ICD
Anamnesi
– coronariopatie
– ipertensione
– diabete
– valvulopatie
– dispnea parossistica
+++
++
++
++++
++
++
++++
++
–
+++
Esame obiettivo
– cardiomegalia
– toni cardiaci ovattati
– galoppo S3
– galoppo S4
– ipertensione
– insufficienza mitralica
– rantoli polmonari
– edemi
– distensione delle vene giugulari
+++
++++
+++
+
++
+++
++
+++
+++
+
+
+
+++
++
+
++
+
+
Radiografia del torace
– cardiomegalia
– congestione polmonare
+++
+++
+
++
Elettrocardiogramma
– ipertrofia ventricolare sinistra
– onda Q
– basso voltaggio
+++
++
+++
+
+
+
++
++
++
++++
++++
+
++
–
Ecocardiogramma
– ipertrofia ventricolare sinistra
– dilatazione del ventricolo sinistro
– ingrandimento dell’atrio sinistro
– riduzione dell’LVEF
(da Giverts MM, Colucci WS, Braunwald E. Clinical assessment of heart failure. In: Braunwald E, Zipes DP, Lippy P. Heart disease.
A textbook of cardiovascular medicine. Saunders, Philadelphia 2001.
ICD = insufficienza cardiaca diastolica
ICS = insufficienza cardiaca sistolica
Diagnosi
In linea generale la diagnosi di ICD e la sua differenziazione dall’ICS non possono fondarsi su
anamnesi, esame obiettivo, elettrocardiogramma, radiografia standard del torace e sintomatologia, poiché i ragguagli forniti da questi elementi non presentano significative differenze
tra le due forme di insufficienza cardiaca7. Tuttavia, a volte, alcuni aspetti dell’anamnesi, dell’esame obiettivo e alcuni dati strumentali possono presentare peculiarità utili alla diagnosi
differenziale (tabella 2)3.
L’ecocardiografia ha un ruolo fondamentale
nella diagnosi di ICD, perché consente di misurare l’LVEF e di escludere una valvulopatia aortica o
mitralica o una pericardite costrittiva, che possono
associarsi a un quadro di insufficienza cardiaca
con LVEF conservata3.
Per la diagnosi di ICD è utile l’ecocardiografia
Doppler, che consente di misurare la velocità del
flusso transmitrale e di valutare la componente E,
che indica il riempimento diastolico ventricolare
iniziale (“early”); è così possibile valutare il rapporto E/A (A: riempimento atriale: “atrial”), che
può variare secondo la gravità della anomalia della funzione diastolica; pertanto un rapporto E/A
che si colloca tra 0,75 e 1,50 (cioè un rapporto definito “pseudonormale”) è caratteristico delle forme più lievi di DD, mentre un rapporto E/A inferiore a 0,75 si osserva nelle forme più gravi32.
Le modificazioni di questi parametri, rivelate
dell’ecocardiografia anche in fase asintomatica di
DD33, indicano la situazione della funzione diastolica e possono assumere significato prognostico1.
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Per ottenere la misura diretta della velocità di
modificazione della lunghezza del miocardio, al
fine di valutare il rilasciamento e la pressione di
riempimento del ventricolo sinistro, è utilizzata
l’ecocardiografia Doppler “tessutale”, che permette di misurare questi parametri in maniera accurata e indipendentemente dalle condizioni di precario16.
Sono state recentemente proposte nuove tecniche non invasive di ecocardiografia color-Doppler
che consentono di misurare, indipendentemente
dalla situazione di precarico, la velocità di propagazione del flusso transmitralico, permettendo anche di distinguere tra un rapporto E/A pseudonormale (vedi in precedenza) e uno normale e di valutare questi parametri anche in pazienti con
fibrillazione atriale. Con questa tecnica e avvalendosi della modalità “tessutale”, è inoltre possibile
misurare i vettori di contrazione del miocardio
ventricolare35.
La conferma della diagnosi di ICD si ottiene con
il cateterismo cardiaco che permette di valutare la
pressione di riempimento del ventricolo sinistro; in
genere si ricorre a questa tecnica quando vi è il sospetto di ischemia miocardica oppure in caso di rapida insorgenza di insufficienza cardiaca1.
Le difficoltà che spesso si presentano nel riconoscimento di una ICD e nella sua differenziazione dall’ICS, anche a motivo dei molti aspetti clinici simili e della non rara e variabile associazione
tra le due forme di insufficienza cardiaca, hanno
indotto a proporre alcune linee guida per la diagnosi di ICD.
L’European Study Group on Diastolic Heart
Failure propone che per confermare la diagnosi di
ICD si debbano verificare tre condizioni: 1) sintomi
e/o segni di insufficienza cardiaca congestizia, 2)
funzione sistolica ventricolare sinistra normale o
soltanto di poco ridotta e 3) dimostrazione di alterazione del rilasciamento, della distensibilità e del
riempimento del ventricolo sinistro e della rigidità
sistolica35.
Vasan et al. 36 ritengono che la diagnosi di
ICD sia applicabile ai pazienti che non hanno
un’insufficienza cardiaca dovuta a valvulopatie,
cuore polmonare e a sovraccarico di volume. Pertanto, secondo questi autori, con l’esclusione delle suddette condizioni, si può parlare di ICD “definita” quando: 1) vi sia definita evidenza di insufficienza cardiaca congestizia, 2) vi sia
obiettiva evidenza di normale funzione sistolica
ventricolare sinistra (LVEF ≥50%) non in prossimità di episodi di insufficienza cardiaca e 3)
mancanza di conclusive informazioni sulla funzione ventricolare diastolica. Gli autori sottolineano l’importanza di identificare i fattori che
possono condurre a sospettare una ICD, quali:
marcato aumento della pressione arteriosa durante un episodio di insufficienza cardiaca, ipertrofia del ventricolo sinistro senza modificazioni
della motilità della parete ventricolare, identificata all’ecocardioografia, tachiaritmia con conse-
guente riduzione del periodo di riempimento diastolico, aggravamento a seguito di infusione venosa anche di piccole quantità di liquido e, infine, miglioramento clinico in risposta a terapia
diretta verso la causa della disfunzione diastolica (riduzione della pressione e della frequenza
cardiaca e ripristino dell’attività atriale)37.
L’American College of Cardiology (ACC) e l’American Heart Association (AHA) ritengono che
la diagnosi di ICD si debba basare sulla presenza
di sintomi e/o segni di insufficienza cardiaca in
pazienti che all’ecocardiografia presentano normale LVEF in assenza di anomalie valvolari38.
L’ACC e l’AHA hanno confermato questi criteri in
recenti linee guida per la diagnosi e la terapia
dell’insufficienza cardiaca dell’adulto, sostenendo
che una definitiva diagnosi di ICD può essere posta quando il rilasciamento ventricolare diastolico è rallentato, in associazione al reperto di elevata pressione di riempimento del ventricolo sinistro, in un paziente con volume e contrattilità
ventricolari normali e in assenza di anomalie valvolari, come stenosi aortica e insufficienza mitralica. ACC e AHA ritengono che, in queste circostanze, ogni sforzo debba essere compiuto per
escludere altre condizioni che si presentano in
maniera simile39.
In base a quanto è noto sul ruolo del BNP
nella patogenesi dell’ICD (vedi in precedenza)29,30 la misura del livello plasmatico di questo
peptide è stata proposta nella diagnosi di ICD al
fine di distinguerla da altre cause di dispnea e
da altre condizioni di anomalo riempimento ventricolare e di insufficienza cardiaca40. Senonché
l’eterogeneità dei livelli di BNP osservati nei pazienti con insufficienza cardiaca ha dato luogo a
risultati non univoci; infatti alcuni soggetti presentano normali livelli di BNP pur avendo una
LVEF nettamente ridotta, mentre altri, con ICD
e quindi con normale LVEF, presentano elevati
livelli analogamente a pazienti con ICS. Queste
discrepanze sono state attribuite a differenti livelli di pressione ventricolare tele-diastolica e
differente intensità dell’EDWS (vedi in precedenza)41.
Trattamento
Il trattamento dell’ICD mira ad attenuare la
sintomatologia e intervenire sulle cause della
malattia3,32, Pertanto è necessario ridurre la
congestione polmonare, riducendo il volume diastolico ventricolare sinistro, mantenendo la contrazione atriale e riducendo la frequenza cardiaca al fine di prolungare la durata della diastole3.
È necessario, inoltre, indirizzare la terapia verso le cause più frequenti di ICD, come ipertensione e ischemia miocardica1,3.
G. Rossi: Disfunzione diastolica e insufficienza cardiaca diastolica
413
Particolare attenzione va rivolta al controllo
della tachicardia, che è scarsamente tollerata da
questi pazienti, perché accresce la richiesta di ossigeno da parte del miocardio e riduce la perfusione coronarica favorendo la comparsa di ischemia
anche in assenza di ostruzione coronarica; inoltre
l’aumento della frequenza cardiaca, abbreviando
la durata della diastole, determina un incompleto
rilasciamento del ventricolo nell’intervallo tra i
battiti, con conseguente aumento della pressione
ventricolare diastolica rispetto al volume diastolico1,3,7.
anche in pazienti con ICD43. Per contro, nell’ICD
non è consigliato l’uso di calcio-antagonisti diidropiridinici (nifedipina) per la possibilità di tachicardia riflessa43.
In linea generale, i farmaci adoperati nella terapia dell’ICD sono quelli usati dell’ICS,
ma va segnalato che, al momento attuale, non vi
sono stati studi clinici controllati sulla terapia dell’ICD, ove si eccettui lo studio CHARM (Candesartan in Heart Failure Assessment of Reduction in
Mortality and morbidity)42.
L’esperienza clinica ha indicato l’utilità degli
inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina I in angiotensina II (ACE-I) e dei bloccanti
del recettore per l’angiotensina (ARB) nel trattamento dell’ICD. Gli ACE-I riducono l’ipertrofia ventricolare sinistra, accrescono il rilasciamento ventricolare, migliorando il riempimento
diastolico e la tolleranza allo sforzo; inoltre questi farmaci consentono di ridurre la fibrosi miocardica con conseguente miglioramento della funzione diastolica1,44.
In particolare, gli ARB hanno mostrato di ridurre la massa ventricolare, migliorando la tolleranza allo sforzo e la qualità di vita in ipertesi con
disfunzione diastolica17,43.
I diuretici sono utili nell’ICD perché riducono la pressione di riempimento del ventricolo sinistro. Tuttavia si deve tenere presente che questi pazienti possono trovarsi in una situazione di
dipendenza dal pre-carico, per cui è richiesta una
più elevata pressione di riempimento ventricolare per ottenere una adeguata portata cardiaca45.
Pertanto, nell’ICD, i diuretici sono adoperati a
dosaggi minori di quelli impiegati nell’ICS e, in
genere, quando si deve controllare una ipertensione che potrebbe provocare un aggravamento
dell’insufficienza cardiaca. A questo proposito è
stato osservato che questi pazienti tollerano la
sospensione della furosemide senza pericolo di
congestione polmonare e con miglioramento dei
valori pressori46.
I bloccanti dei recettori beta-adrenergici
sono spesso adoperati nell’ICD. Questi farmaci,
anche attraverso la riduzione della tachicardia,
possono incrementare il riempimento ventricolare e ridurre le richieste di ossigeno da parte del
miocardio, con riduzione dell’ipertensione, regressione dell’ipertrofia ventricolare, riduzione
della produzione di renina e controllo dell’ischemia1,43. Va rilevato che, mentre nel trattamento
dell’ICS le dosi iniziali dei beta-bloccanti adrenergici sono basse e vengono gradualmente aumentate in base alla tolleranza del paziente, nella terapia dell’ICD le dosi possono essere aumentate più rapidamente3,7,32.
Per quanto riguarda i calcio-antagonisti, le
osservazioni riportate in letteratura non consentono, al momento attuale, di trarre conclusioni definitive. In effetti, questi farmaci possono ridurre
l’ipertrofia ventricolare sinistra e migliorare il
riempimento diastolico passivo; i calcio-antagonisti non diidropiridinici (verapamil e diltilazem),
attraverso l’azione cronotropa negativa, possono
prolungare la diastole e incrementare il riempimento ventricolare diastolico; questi farmaci sono
adoperati per migliorare la sintomatologia e la tolleranza allo sforzo nella cardiomiopatia ipertrofica che è caratterizzata da disfunzione diastolica e
Nell’ICD possono essere adoperati gli antialdosteronici perché possono contrastare l’effetto
di stimolo alla deposizione di collageno e pro-fibrotico esplicato dall’aldosterone e possono migliorare la funzione diastolica indipendentemente dal loro effetto sulla pressione arteriosa e sulla massa
ventricolare44.
Nei pazienti con ICD isolata non trovano indicazione i preparati digitalici, perché possono incrementare la contrattilità miocardica e il consumo di ossigeno, riducendo inoltre la clearance del
calcio intracellelulare in corso di diastole e compromettendo il rilasciamento ventricolare diastolico7. Tali preparati sono, a volte, adoperati in questi pazienti per brevi periodi, quando si deve ridurre la frequenza cardiaca in caso di fibrillazione
atriale o di flutter, oppure in caso di edema polmonare7,43. A questo proposito è stato osservato che in
pazienti ambulatoriali con ICD di moderata gravità e con ritmo sinusale, l’aggiunta di digossina a
diuretici e ACE-I, al fine di ridurre la tachicardia,
non ha avuto influenza sull’incidenza dei ricoveri
ospedalieri e sulla gravità della malattia47.
Recentemente è stato segnalato che le statine
consentono di prolungare la sopravvivenza di pazienti con ICD, analogamente a quanto segnalato in pazienti con ICS48,49. Si ritiene che le statine possano asplicare un benefico effetto sull’ICD
riducendo l’ipertrofia e la fibrosi del ventricolo sinistro e l’eventuale ipertensione, incrementando
la distensibilità delle arterie attraverso il miglioramento della funzione endoteliale e la regressione dell’aortosclerosi; si otterrebbe pertanto una diminuzione del post-carico ventricolare
sinistro con aumento della perfusione coronarica
e miglioramento del rilasciamento ventricolare e
della funzione diastolica; infine le statine possono esplicare un effetto positivo sul rimodellamento ventricolare e un effetto antinfiammatorio
e antiossidante50.
414
Recenti Progressi in Medicina, 98, 7-8, 2007
Negli ultimi anni sono state proposte nuove
strategie terapeutiche per i pazienti con ICD51.
In base a quanto è noto sugli effetti cardiovascolari dei prodotti terminali di glicazione avanzata (AGE: “advanced glycation end-products”) è stato sperimentato l’alagebrium: una molecola di recente identificazione che ha la proprietà di rompere
i legami degli AGE con le proteine è che si è dimostrata attiva nel ridurre la rigidità delle grandi arterie, rallentando la velocità dell’onda pulsatoria,
migliorando la distensibilità del ventricolo sinistro
e riducendo la massa ventricolare51,52.
Un altro farmaco recentemente studiato nell’ICD è il caldaret (MCC 135), che agisce a livello
molecolare sulla captazione degli ioni calcio nel reticolo sarcoplusmatico53.
Un diverso criterio terapeutico proposto nell’ICD è rappresentato dall’uso di sistemi (“devices”) che sono sempre più diffusamente adoperati
nell’ICS come sistemi di assistenza o sostegno (“assist”) ventricolare con tecniche di pacing mono- biventricolari51.
Nel sistema Levram VAD, proposto da Landsberg54 il sangue del paziente non viene immesso
dal ventricolo sinistro nell’aorta, come nei sistemi in
uso nell’insufficienza ventricolare, ma dal ventricolo nel device durante la diastole, per essere reimmesso nel ventricolo sinistro durante la sistole. In
tal modo si migliora la funzione sistolica potenziando la fase di eiezione e la gittata cardiaca, mentre la
funzione diastolica viene migliorata riducendo il carico sul ventricolo sinistro soltanto durante la diastole e migliorando per conseguenza il riempimento
ventricolare; questo sistema dovrebbe essere particolarmente utile nelle forme più gravi di ICD54.
Un altro sistema di assistenza ventricolare consiste nel trasferire l’energia esplicata nella contrazione ventricolare sistolica al riempimento ventricolare diastolico utilizzando un’apparecchiatura
elastica autoespandente che viene collocata sulla
superficie del ventricolo sinistro, ottenendo così
una forza che può ridurre la pressione di riempiemnto ventricolare senza influenzare la funzione
sistolica. Con questo sistema si mira a ridurre la
rigidità del ventricolo sinistro, accumulando energia durante la contrazione ventricolare, che poi
viene restituita come forza elastica per ripristinare la normale lunghezza del ventricolo a riposo51.
Infine, nel trattamento dell’ICD, come del resto
in altre condizioni cardiovascolari, sono stati proposti interventi di terapia genica e cellulare mirando soprattutto a modificare l’equilibrio degli ioni calcio e delle proteine che sono impegnati nel rilasciamento ventricolare diastolico51.
Nonostante le molte difficoltà che questi studi
presentano e i limitati successi finora ottenuti, si
ritiene che i miglioramenti delle tecniche di queste
terapie, nella selezione dei vettori e nelle conoscenze in questo campo potranno in futuro consentire di avvalersi di nuove modalità di trattamento anche nei pazienti con ICD.
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Prof. Giuliano Rossi
Via Otricoli, 42
00181 Roma
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