documento - Sacra Arcidiocesi Ortodossa d`Italia e Malta

ACCADEMIA ANGELICA-COSTANTINIANA
DI LETTERE ARTI E SCIENZE
Studi
sull’Oriente Cristiano
La chiesa bizantina Porta Panagià
e la santa casa di Loreto.
Il ruolo della famiglia bizantina degli
Angelo Ducas Comneno di Tessaglia e di Epiro
Haris Koudounas
Estratto
18 1
Roma 2014
la chiesa bizantina porta panagià1
e la santa casa di loreto.
Il ruolo della famiglia bizantina
degli Angelo Ducas Comneno2
di Tessaglia e di Epiro
Haris Koudounas
Questo articolo è il risultato di ricerche, prima durante e dopo la pubblicazione del libro “MP213 Tokyo Salonicco il volo della Verità”3, dove parlo
anche del nesso che secondo me esiste, fra i due luoghi di fede [fig. 1]. Il mio
vuole essere solo un tentativo di fornire delle ulteriori notizie e documentazione per far luce su un argomento importante che riguarda la storia sulla Traslazione della Santa Casa di Loreto.
È infatti opportuno evidenziare alcuni importanti collegamenti tra la
chiesa bizantina “Porta Panagià” situata a Pili nella regione di Trikala in Tessaglia e la Santa Casa di Loreto; tra il documento notarile Cartularium Culisanense, custodito presso la Biblioteca Statale di Montevergine in Provincia
di Avellino, e le due antiche monete bizantine trovate a Loreto, sotto le Sante
Pietre. È inoltre importante comprendere il ruolo che hanno avuto Giovanni I
Angelo Ducas Comneno, Sevastocrator e Despota di Tessaglia4, figlio illegitti Παναγία è un attributo di Maria, che significa Tutta Santa.
Αγγέλων Δούκα Κομνηνών της Θεσσαλίας και της Ηπείρου.
3
Ancona, Sbc Edizioni, 2013.
4
Nel XIII° sec. la parte Nord Ovest della Tessaglia come anche le località della Grande Vlachia, erano organizzate secondo il sistema chiamato “della provvidenza” da parte del Despotato
dell’Epiro (Cfr. Ν. Γ. Ζιάγκος, Φεουδαρχική Ήπειρο και Δεσποτάτο της Ελλάδας. Συμβολή στον Νέο
Ελληνισμό, Αθήνα 1974, v. anche D. M. Nicol, The Despotate of Epiros 1267-1479. A Contribution to the History of Greece in the Middle Ages, Oxford 1984; E. Chrysos, The Despotate of
Epirus, (Proceedings of the International Symposium “The Despotate of Epirus”, Arta, 27-31 May
1990), Arta, Mousikophilologikós sýllogos Artēs “o Skouphás”, [1992].
1
2
169
mo di Michele II Angelos Comneno; Elena Angelo Ducas Comneno, duchessa di Atene, figlia di Giovanni I; Ithamar Angelo Comneno, cugina di Elena e
principessa d’Epiro; Niceforo I Angelo Comneno, padre di Ithamar, Desposta
dell’Epiro e figlio legittimo di Michele II Angelo Comneno.
Cartularium Culisanense
Oggi si è in possesso solo di una copia autentica ottocentesca del Cartularium Culisanense e alcuni storici hanno espresso delle perplessità sull’autenticità del documento. Personalmente appoggio la tesi formulata da padre Giuseppe Santarelli che nel suo articolo “A proposito del foglio 181 del Cartularium
Culisanense”5 e del libro “La Santa Casa di Loreto”6 sostiene l’autenticità del
documento. Afferma che “l’ipotesi del trasporto dei materiali della Santa Casa
di Nazareth a Loreto ad opera della famiglia bizantina Angeli ‒ attestato dagli
introvabili documenti vaticani ‒ resta in piedi anche senza il f. 181 del Cartularium, come d’altronde era stato proposto dal sottoscritto in un saggio del
19847, prima della scoperta del f. 181. Questo, comunque, da ritenersi autentico, getta luce su alcuni particolari dell’evento”8.
Prendo atto della tesi contraria del prof. Andrea Nicolotti che sul suo articolo: “Su alcune testimonianze del Chartularium Culisanense, sulle false origini
dell’Ordine Costantiniano di santa Sofia e su taluni documenti conservati presso
l’Archivio di Stato di Napoli”9, dove conclude: “Tutte queste ipotesi mancano al
momento di un puntuale riscontro, ragion per cui la questione rimane in sospeso, e al momento non mi sentirei di sposare definitivamente questa o quella
soluzione”10.
Infine do atto al parere di Yves-Marie Bercé, professore emerito di storia
alla Sorbona di Parigi e autore di un notevolissimo studio su Lorette aux XVI°
et XVII°11, tradotto in lingua italiana dall’Editrice Controvento di Loreto nel
2012 (Loreto nel XVI e XVII secolo) che scrive: “Le donazioni che nel chartularium riguardano eventualmente le origini della devozione lauretana, sono dei
fatti storicamente verificabili”.
Mensile del Santuario di Loreto, n. 1 Gennaio 2013, 25.
Edizioni La Santa Casa, 20064.
7
La Traslazione della Santa Casa di Loreto, 108-114.
8
Mensile del Santuario di Loreto, n. 1 Gennaio 2013, 26.
9
Giornale di storia n° 8 (2012), 1-18.
10
Ivi, 18.
11
Parigi, Edizioni della Sorbona, 2011.
5
6
170
Il Cartualarium Culisanense (f. 181), del settembre 1294, si riferisce non
all’Ordine Costantiniano Angelico, ma alla cancelleria degli Angiò di Napoli o
di Taranto, oppure alla cancelleria degli Angelo Comneno dell’Epiro. Si tratta
di un elenco di beni dotali, per il matrimonio di Ithamar12, figlia del Despota
dell’Epiro Niceforo I con il principe di Taranto Filippo II13. In questo elenco, nel secondo paragrafo, si legge: “sanctas petras ex domo Dominae Nostrae
Deiparae Virginis ablatas”(1) (“le sante pietre portate via dalla Casa di Nostra
Signora, la Vergine Madre di Dio”).
Pili
Il piccolo centro di Pili si trova nella Grecia centrale, nella regione di Trikala, a 48 Km. dalla località di Meteora, famosa per i monasteri costruiti in
cima delle rocce, dichiarato Patrimonio dell’Umanità [fig. 2]. L’antico nome di
PILI (Porta) si riferisce alla sua posizione geografica e strategica, quale ingresso
verso i pittoreschi paesini di Aspropotamos e di Arta, unico collegamento tra
l’Epiro e la Tessaglia. Si trova, infatti, all’ingresso di un imponente passaggio
formato da due montagne Koziakas ed Itanos. Durante il periodo bizantino
Pili si chiamava “Grandi Porte” mentre nel periodo dell’invasione Turca è diventata “Grande Porta”. Incontriamo le prime notizie del nome “Grandi Porte”
nel XIII sec. con la costruzione del monastero bizantino. Di grandissima importanza è il ponte di pietra a forma di arco costruito nel 151414 che si trova
1 km. ad ovest di Pili. Questo ponte era l’unico, fino il 1936, che collegava la
valle tessalica con tutta la località di Aspropotamos.
Nel 1283 il Sevastocrator Giovanni I Angelo Comneno costruì il grandioso monastero delle “Grandi Porte”. La lettera sotto sigillo del Patriarca Antonio IV nell’anno 1393, conferma l’esistenza di grandissime proprietà terriere
del monastero e di una popolosa comunità.
Il monastero bizantino Porta Panagià
Costruito sopra un antico tempio greco, accanto al fiume Portaikos o
Portiatis, all’ingresso di Aspropotamos15 [fig. 3], era sin nell’antichità un luo Chiamata anche Tamara o Margherita o Caterina, principessa d’Epiro.
Quartogenito figlio del re Carlo II Angiò.
14
Από τον Άγιο Βησσαρίωνα (da parte di S. Bessarione).
15
Il primo riferimento scritto della parola Aspropotamos (fiume bianco) riferito al fiume
Acheloos, lo troviamo nel manoscritto del 1336 chiamato “ordinanza imperiale” (χρυσόβουλο) con
sigillo dell’imperatore bizantino Andronico III Paleologo custodito nella biblioteca del monastero Dousiko. Nel documento, tra le proprietà terriere dell’Episcopato di Steghi, viene nominato il
12
13
171
go di fede e di preghiera, oggi è uno dei più importanti monumenti di storia
bizantina della Grecia. Il Santo Monastero chiamato inizialmente “Monastero
della Theotókos16 inattaccabile delle Porte Grandi”17, aveva la chiesa dedicata alla
Panagià (Tutta santa). Durante l’epoca bizantina era un ricco monastero costruito con la tecnica architettonica chiamata dei tetti a croce (stavrepistegi)18.
Il monastero è stato costruito nel 1283 dal Sevastocrator Giovanni I Angelo Comneno Ducas, figlio illegittimo del Despota dell’Epiro Michele II Ducas Angelo Comneno. Sia l’anno di costruzione, sia il fatto della costruzione
per opera di Giovanni I si ricavano da un documento dell’anno 1788, custodito nella chiesa di S. Panteleimon sul Monte Athos, ms. 793 19.
In pochi anni, soprattutto nel periodo prima della morte di Giovanni I, il
monastero, diventa importante luogo di fede e di pellegrinaggio, e la sua fama
supera i confini della Tessaglia.
La chiesa bizantina “Porta Panagià”, viene caratterizzata dalla basilica speciale a tre navate con il tetto a croce. È importante sottolineare che per il visitatore questa chiesa presenta una caratteristica esclusiva. Non è solo la sua
architettonica particolare, ricca di conche, incurvature e svolte, linee e disegni
che cattura lo sguardo. Sono anche la ricchezza dello scolpito, dell’intarsiato,
la decorazione a mosaico esistente, elementi salvati dalle distruzioni del tempo, dagli incendi, dalle varie scialbature. Gli elementi morfologici e costruttivi
sono caratteristici dell’architettura del Despotato dell’Epiro20.
Un codice nascosto?
All’interno della chiesa ci sono le due icone del Cristo e della Madonna
che presentano tuttavia una particolarità. In tutto il mondo bizantino l’icona
della Madonna è a sinistra rispetto a quella del Cristo; in questa chiesa l’ordine
è invertito [fig. 4]. Il professore di archeologia Anastasios Orlandos ha stabi-
Monastero della Theotòkos, “Εν τω Ασπροποτάμω” (“All’interno di Aspropotamos”) v. J. Koder
– F. Hild, Tabula Imperii Byzantini, Band 1: Hellas und Thessalia, Vienna, Verlag der Österreichischen Akademie der Wissenschaften, 1976, p. 117, nn. 1, 2 e 3.
16
Θεοτόκος (Madre di Dio).
17
Ιερά Μονή της Θεοτοκου της Ακαταμαχήτου των Μεγάλων Πυλων.
18
Il monastero però, è stato distrutto negli anni dell’invasione Turca; oggi esiste solo l’abbazia
dedicata alla Madonna.
19
Nota del manoscritto del Monastero di Dousiko, che si trova presso la Biblioteca Nazionale
di Atene.
20
Cfr. S. Mamaloukos, The Chronology of the exonarthex of the Porta Panagia in Thessaly,
in I. Stevovic ed., Symmeikta. Collection of Papers dedicated to the 40th Anniversary of the Institute for Art History, Faculty of Philosophy, University of Belgrade 2012, 237-250.
172
lito che la fattura delle due icone risale all’anno 1285, addebitando il lavoro
allo stesso artista che ha realizzato i mosaici della cupola del monastero della
Parigoritissa21 della città di Arta. Sempre il prof. A. Orlandos in uno suo studio dell’anno 193522, fa dei riferimenti per una galleria che si trovava sotto la
chiesa, nella parte occidentale che è stata distrutta completamente. Lo storico
greco N. Chatzizogidis (anno 1894) scrive anche lui, dell’esistenza di diverse
gallerie e di un locale chiamato gynaikonitis23, distrutto anche questo, mentre
tra quello che rimane delle gallerie si evince, che erano irrorate da ruscelli e
fonti d’acqua fredda. Riferimenti per l’acqua fredda che usciva da una fonte24
e guidava ad una scala, ne fa menzione anche il A. Arvanitopoulos nell’anno
1911.
Ma questo monastero portava anche un altro nome: “Ακαταμάχητου Θεοτόκου των Μεγάλων Πυλών”, che vuol dire: “Theotòkos invincibile (imprendibile,
inattaccabile) delle Porte Grandi”. Si tratta di un nome molto importante dato
proprio da Giovanni I, che in quel periodo era Despota di Tessaglia. Era davvero questo monastero un posto ideale e sicuro, che nessuno poteva attaccare
e dove poter conservare le Sante reliquie che in quel monastero erano depositate?
Le “sante reliquie” di Porta Panagià
Ma erano davvero depositate lì le Sante reliquie? Una importantissima
notizia sul ruolo del monastero bizantino la fornisce D. Sofianos nel suo libro
“Il chirografo sinodale (1381-1382) del metropolita di Larissa, di nome Neilos25
per il monastero delle Grandi Porte”, dove dice: “Il venerabile monastero delle
Grandi Porte dedicato alla Madonna, Madre di Dio, a Lei che è al di sopra di
ogni purezza, che è stato reso importante con le Sante Reliquie e con le tante
proprietà terriere, donate dai fondatori santi e da tutti gli altri devoti” 26. Troviamo quindi conferma che esistevamo le sante reliquie. Ma quali?
Consolatrice.
Η Πόρτα Παναγία της Θεσσαλίας, in Αρχείο Βυζαντινών Mνημείων Ελλαδος Ι(1935).
23
Luogo esclusivamente per donne in preghiera. Χατζηζογίδης, εκδόσεις Θεσσαλικά
“Εστία” 1894.
24
Acqua santa.
25
Il documento è firmato da Nilo, metropolita di Larissa, esarca della seconda Tessaglia e di
tutta la Grecia, Giovanni Ouresis Paleologo, Neofito monaco, Macario monaco e grande padre
del monastero di Meteora, Giacomo monaco del monastero di Agios Nikolaos, Damiano Vescovo
di Capua e di Fanari, Cesare, Pietro Epikernis (titolo bizantino per uno che aveva tante proprietà),
Teodoro Sevastopoulos Epikernis, Nicola segretario.
26
Trikalinà 10 (1990), 26. Il corsivo è mio.
21
22
173
L’epigrafe con la frase palindroma. un altro codice?
Forse la verità ed il significato enorme di questa chiesa dedicata alla Madonna chiamata “Inattaccabile” da Giovanni I, a mio avviso, lo troviamo cercando di interpretare l’unica epigrafe27, che si trova sul muro del transetto della
chiesa, nella zona nord. Questa è incisa su una piastra (fig. 6) di dimensione
0,40 x 0,25 ad una altezza di 9 metri circa dal suolo. Le parole di questa epigrafe, come evidenzia anche l’archeologo Orlandos, sono “stranamente” scritte
inversamente, con una scrittura speculare28. L’epigrafe dice: “Εκ βάθρων σώον,
πάναγνε, στόμεν δόμον, πονυμα ιερόν”(2).
L’Orlandos l’ha tradotta in greco moderno:“Πάναγνε (Θεοτόκε),
ανεγείρομεν εκ βάθρων τον σωτήριόν Σου οίκον, έργον ιερόν” (“Per Te, Madre di
Dio, che sei pura al massimo grado, innalziamo dalle fondamenta la Tua casa
salvata, opera sacra”).
Da un’analisi più approfondita dell’epigrafe è possibile avere due traduzioni:
a) “Per Te, Theotòkos, che sei pura al massimo grado, innalziamo (in fila
orizzontale) la Tua casa, opera sacra, che è parte salvata dalle fondamenta”.
b)Per Te, Theotòkos, che sei pura al massimo grado, dalle fondamenta salvate, posizioniamo (in fila orizzontale le pietre), opera sacra”.
Sia nella traduzione della trascrizione del prof. Orlandos che nelle mie
possiamo considerare alcuni aspetti comuni che, secondo me, rappresentano
un importante collegamento tra la chiesa bizantina Porta Panagià e le Sante
reliquie della Santa Casa di Loreto:
a)Sicuramente Giovanni I, aveva scelto quel posto, per porre (posizionare)
una parte di una casa salvata, oppure di una casa salvata fatta di pietre
sacre, che venivano poste orizzontalmente in serie;
b) Quel posto era dedicato alla Madonna che secondo lui rappresentava il
massimo della purezza;
c)Chiamò quel posto luogo sacro: “Monastero delle Grandi Porte, dell’ inattaccabile Theotòkos”.
A mio avviso, si fa riferimento a quella parte dell’insieme della Santa Casa di
Nazareth che era già stata portata in salvo prima della distruzione di Nazareth.
Probabilmente dell’anno 1289.
Documentazione concessa da parte del Prof. Vasileios Panagos (Pili, Trikala, Tessaglia).
27
28
174
Si tratta della stessa parte della Santa Casa di Nazareth, oggi custodita presso la
basilica di Loreto?
Da notare che nelle due frasi: “sanctas petras ex domo Dominae Nostrae
Deiparae Virginis ablatas”29 (1) e “Εκ βάθρων σώον, πάναγνε, στόμεν δόμον, πονυμα ιερόν”30 (2) troviamo alcuni elementi in comune:
1. usano la stessa parola domus e δόμος 31;
2. parlano della Panaghia Theotòkos;
3. parlano di opera sacra (pietre sacre).
4. Mentre nella frase (2) le sante pietre vengono “innalzate” (στόμεν), nella frase (1) le sante pietre vengono “portate via”(ablatas) . Questo è possibile
perché come vedremo in seguito, Giovanni I che fu probabilmente “il custode
delle Sante Reliquie”, muore effettivamente nell’anno 128932 e quindi entro il
1291 le sante reliquie vengono portate via33. Il 9 maggio 1291, come vuole la
tradizione lauretana, la Camera della Vergine giunse nell’Illiria34 (Tersatto in
Croazia) ed in quell’anno, il 1°giugno 1291, comincia anche il negoziato per
il matrimonio di Ithamar con Filippo II, matrimonio che è poi stato celebrato
probabilmente a L’Aquila il 13 agosto 129435. È probabile, quindi, che il riferimento nel f. 181 del Chartularium Culisanense riguarda cronologicamente
proprio questo fatto.
Chartularium Culisanense f. 181.
Epigrafe di Porta Panagià.
31
Vuol dire casa o parte di casa o casa madre.
32
Prima del mese di marzo (Cfr. Η ΠΟΡΤΑ ΠΑΝΑΓΙΑ, Porta Panagià, edizione I.M. Dousikou 2007).
33
Da alcune ricerche effettuate nelle Province dell’Illiria Bizantina con particolare attenzione
alla confinante zona di Aspropotamos provincia Romana dell’Antico Epiro, si nota che la Tessaglia, in epoca proto-bizantina come anche l’Antico Epiro, erano Province sotto l’Amministrazione
dell’Illiria (v. B. Bavant, Le province: XI. L'Illirico, in Il mondo bizantino, Vol. I: L'Impero romano
d'Oriente (330-641), Torino, Einaudi, 2007, 420-426; Koder - Hild, Tabula Imperii Byzantini,
Band 1: Hellas und Thessalia, cit.
34
Dal 1246 fino il 1268 l’Epiro che conteneva anche la zona dell’Illiria si trasforma in Despotato d’Epiro, cominciando a relazionarsi con l’Italia, i rapporti amichevoli che saranno costanti
fino il 15° secolo. Supererà la conflittualità con il Despotato di Nicea, finendo il 1265, di instaurare una nuova relazione tra l’Epiro e Bisanzio, questo anche tramite il matrimonio del Despota
dell’Epiro Michele Niceforo con la nipote dell’Imperatore, Anna Paleologa Cantacuzeno, mentre
i despoti dell’Epiro continuavano a sostenere la loro indipendenza sia da Bisanzio che dagli Italiani (D. M. Nicol, The Last Centuries of Byzantium 1261-1453, Cambridge University Press,
1993, 202).
35
Probabilmente in questa data fu solo proclamato. Altre fonti indicato che è stato celebrato a Napoli, mentre quasi tutti gli studiosi indicano come data il mese di Settembre 1294 (G.
Schlumberger, C. Horf, J. Lognon, J. A. Buchon). Tuttavia non ci è nota la fonte su cui fondano
tale data (cfr. Santarelli, La Santa Casa di Loreto, 268).
29
30
175
5. Analizzando l’epigrafe greca, ci rendiamo conto che siamo davanti ad
una descrizione ancora più dettagliata: “Che la casa o parte della casa è stata
salvata”.
Questo progetto di salvataggio lo poteva concludere, portandolo a termine, Giovanni I, in qualità di Despota di Tessaglia e grande condottiero. Infatti
egli era a conoscenza già da tempo, che i musulmani avrebbero attaccato la
Terra Santa; pertanto, offrì i suoi contatti ed appoggi, per facilitare il trasporto
delle Sante Pietre che ha posizionato in un luogo chiamato “inattaccabile”: il
monastero di Porta Panagià.
Le Sante Pietre sono state portate via e trasportate via mare, salpando dal
porto di Accon (Acri) prima che questo venisse bloccato, cosa accaduta poi
realmente il 18 maggio 1291, quando Accon cadde in mano dei musulmani.
Ritengo inoltre che chi pensava di salvare le Sante Reliquie di Nazareth si fosse
mosso molto tempo prima e quindi ancora prima dell’arrivo, il 15 marzo 1291,
dell’esercito musulmano ad Accon. Infine Giovanni I si sarebbe servito del ducato di Atene, dove regnava sua figlia Elena, come terra sicura per trasportare
le pietre in Tessaglia.
Giovanni I Angelos Ducas Comneno
Ma chi era veramente il Sevastocrator Giovanni I Angelo Ducas Comneno? E perché ha scelto, da grande condottiero e stratega qual era, di diventare un monaco nell’ultimo anno della sua vita? Forse perché gli era accaduto
qualcosa di importante che gli ha fatto capire la prova e l’importanza enorme
di quello che lui custodiva? Era forse diventato proprio “il custode delle Sante
Reliquie”?
Oggi sappiamo che la sua tomba si trova all’interno del monastero di Porta Panagià ed è visibile e visitabile.
Giovanni era comandante dell’esercito, Despota di Nea Patra36 (Ipati) e
Sevastocrator di Tessaglia. Era figlio illegittimo, ma riconosciuto, del Despota
dell’Epiro, Michele II Ducas Angelo Comneno e di Gagrini o Gangrena37 nel
periodo in cui sua moglie Teodora38 di Arta, si era allontanata da lui.
In seguito alla morte di Michele II, il suo despotato è stato diviso tra i
due suoi figli: il primogenito Niceforo I Angelo Comneno ed il più piccolo
36
I Franchi chiamavano Giovanni Lapatrias da Nea Patra, la capitale che egli aveva costruito
per amministrare i suoi possedimenti.
37
In greco Γαγγρηνή.
38
Michele II Angelo Ducas Comneno si è sposato nel 1230 con Teodora, figlia del sebastocrator Giovanni Petraleifas.
176
appunto Giovanni I. Questi ha avuto tutta la Tessaglia ed i luoghi ove oggi si
trova la regione di Sterea Ellada ad est di Etolia ed Acarnania fino il golfo di
Corinto (compreso). Poi tutta la terra da Galaxidi fino all’Olimpo. Ha regnato
dal 1268 fino il 1289.
Giovanni I (“il bastardo”, come anche lo chiamavano), era sposato con
Taronita. Fonda la capitale a Nea Patra (Ipati) e amministra in maniera autonoma il suo Stato tessalico39. Personalmente era proprietario di una vasta
estensione di terra ad ovest della Tessaglia, la quale diventa ancora più grande
dopo il matrimonio con la figlia dell’Arconte Taronà40 (chiamata Grande Vlachia). Per il suo desiderio di estensione si è trovato a scontrarsi con la dinastia
dei Paleologi. L’imperatore Michele VIII Paleologo, per avere buoni rapporti
con lui, ha dato in matrimonio suo nipote Andronico Tarcaniotis alla figlia di
Giovanni. Però la guerra non è mai cessata e le spedizioni del Paleologo contro
la Tessaglia furono respinte con successo, addirittura generando grandi perdite
all’esercito bizantino.
Giovanni I con il suo fratellastro Niceforo I si allearono con il Carlo I
d’Angiò, re di Sicilia per combattere contro i bizantini41.
Le Monete Bizantine – Il Trasporto Della Santa Casa
Il Despotato di Epiro costituiva il fulcro dei piani di Carlo II d’Angiò, re
di Napoli: in effetti buoni rapporti con questo paese erano il presupposto per
poter conservare i possedimenti greci degli Angiò. Quindi nel giugno 1291 il
re ordinò al principe d'Acaia Fiorenzo di Hainaut e a Pierre de l'Isle di negoziare il matrimonio tra Filippo II Principe di Taranto, suo quartogenito, e la
principessa d'Epiro Ithamar, figlia di Niceforo I.
Fino all’anno 1289, Giovanni I, era il Despota della Tessaglia, comandante
militare e grande condottiero. Nel 1287 sua figlia Elena, cugina di Ithamar,
dopo la morte del marito Guglielmo I de la Roche diventa duchessa di Atene e
dopo lo sposalizio con Ugo di Brienne, eredita la baronia di Caritena.
Cfr. Χρ. Ντάμπλιας, Η Θεσσαλία ως ανεξάρτητο κράτος (1266/67-1289/90). Η διακυβέρνησή της από τον Ιωάννη Κομνηνό Δούκα, κτήτορα της Μονής της Πόρτας Παναγιάς Τρικάλων (La Tessaglia con stato indipendente (1266/67-1289/90). La sua amministrazione da Giovanni Comneno
Ducas, fondatore del Monastero Porta Panagià di Trikala), in Trikalinà 30 (2010), 152.
40
Cfr. I. Sokolov, Θεσσαλικό ημερολόγιο, Μεγάλοι και μικροί Γαιοκτήτες στην Θεσσαλία στην
περίοδο των Παλαιολόγων (Diario tessalico. Grandi e piccoli proprietari di terre in Tessaglia nel periodo dei Paleologi), vol. 27, p. 65.
41
L’anno 1279 viene firmato l’accordo ufficiale tra Carlo I e Niceforo, cfr. D. Nicol, The
relations of Charles of Anjou with Nicephorus of Epirus, in Studies in Late Byzantine History and
Prosopography, London, Variorum Reprints, 1986, V.
39
177
Durante gli scavi archeologici nel sottosuolo della Santa Casa di Loreto
(1962-1965) fra tutte le monete rinvenute, se ne sono trovate due con la scritta
“Gui Dux Atenes” e la figura di una croce, mentre nel rovescio la dicitura“de Clarencia” e la figura di un castello [fig. 5]. Si trattava due tornesi42 di Guido II de
la Roche, duca di Atene (1287-1308), ora conservati nell’Archivio Storico della
Basilica Lauretana43. Sappiamo che Guy (Guido II), era figlio di Elena Angelo
Comneno e che le due monete sono databili con sicurezza 1287-1308, il periodo
del ducato ateniese di Guido44.
Come prima ho scritto, nell’anno 1287 Elena, la figlia di Giovanni I, diventa duchessa di Atene-Thiva-Livadia-Nauplio-Argo e Salamina. Era discendente della dinastia dei Ducas, degli Angeli e dei Comneno. Prima del suo
matrimonio con il potente Gugliemo I de la Roche, aveva la più aristocratica
discendenza. Diventa duchessa con suo figlio (Guy II de la Roche nato l’anno
1280) ancora minorenne (aveva 7 anni quando divenne Duca di Atene). Data
la sua minore età, inizialmente fu posto sotto la reggenza di sua madre, Elena
Angelo Comneno, che fu obbligata a sottomettersi a Isabella di Villehardouin,
Principessa di Acaia, nel dicembre 1289.
È probabile che in quel periodo (1288-1291) avvenne lo spostamento
delle Sante Pietre. La presenza delle ritrovate monete del Ducato di Atene a
Loreto, testimonia un eventuale passaggio attraverso il Ducato. Il ritrovamento
delle monete del Ducato di Atene a Loreto sta a dimostrare che le sacre pietre
sono transitate per il Ducato, dopo essere arrivate via mare dal porto di Acri
(Palestina).
È importante qui riportare la seguente riflessione: Guglielmo I de la Roche, sposò Elena, figlia di Giovanni I, nell’anno 1275 e fu signore di Livadia
nel 1263, mentre nel periodo 1280-1287 era duca d’Atene e balivo della Morea
negli anni 1285-1287. Sappiamo anche che Guido II de la Roche, figlio di Elena, governò dagli inizi del 1294 fino il 5 ottobre 1308, data della sua morte.
Il periodo quindi più significativo per lo spostamento delle Sante Reliquie è il
periodo 1288-1294 e siccome Elena nel 1291 sposa Ugo di Brienne, conte di
Lecce e balivo di Atene, deduco che l’unico periodo che Elena poteva curare e
proteggere l’eventuale spostamento delle Sante Reliquie dal ducato di Atene al
Despotato di Tessaglia, era il periodo 1288-1289, che coincide probabilmente
sia con l’epigrafe a Porta Panagià, sia con il desiderio del suo padre di diventare
monaco.
Nome italianizzato della moneta di Tours in Francia.
Cfr. Santarelli, La Santa Casa di Loreto, 219.
44
Cfr. G. Schlumberger, Numismatique de l’Orient Latin, Paris 1878, 340, tav.13 n.10,
Nuovi Contributi archeologici, 84.
42
43
178
Sin dal 1294 i pellegrini in Palestina45 testimoniano l’esistenza solo della
Grotta ma non dei 3 muri della casa46 (da sottolineare che la casa della Madonna
è oggi formata dalla Grotta e dalle fondamenta a Nazareth mentre a Loreto ci
sono solo i tre muri senza le fondamenta (vedi fig. 7).
La casa di Maria venne abbattuta nel 1263 ad opera del luogotenente del
sultano Bajbars ed i tre muri sono stati salvati, perché protette nella cripta,
sotto la basilica (fig. 7).
In questo modo, probabilmente, le Sante Pietre che componevano i tre
muri della dimora della Vergine, sono arrivate nel Ducato di Atene tramite
uno dei porti47 del Ducato di Atene, sotto il regno di Elena e successivamente
vennero spostate via terra a Pili, al monastero bizantino di Porta Panagià. Sottolineo che questa via fu più che sicura, grazie all’aiuto di Elena duchessa di
Atene, una via sicura verso il Despotato di Tessaglia dove governava suo padre
Giovanni I. Il passaggio delle Sante Reliquie poteva essere assicurato fino alla
destinazione, sia perché territorialmente era tutto sotto controllo dalla “famiglia Angelo Comneno”, sia perché gli “oggetti preziosi” di cui Elena curò il
trasporto, avevano al loro interno, le monete della famiglia (di suo figlio Guy
de La Roche Angelo Comneno).
Spesso, nei secoli passati, le monete inserite nelle fondamenta di simili siti,
soprattutto sacri, stavano ad indicare l’epoca della loro costruzione e talora anche i protagonisti della stessa; in questo caso si ha riferimento della famiglia
Angelo Comneno dell’Epiro-Tessaglia, discendenti dagli imperatori di Costantinopoli, alla quale appartenevano tanto Ithamar, figlia di Niceforo I, despota
dell’Epiro, quanto Elena, madre di Guy de La Roche e figlia di Giovanni I
della Tessaglia.
Dopo la morte del Sevastocrator Giovanni I e nel periodo 1289-1294,
le Sante Reliquie sono probabilmente passate ai suoi figli maschi48 insieme ai
beni e alle proprietà terriere del monastero di “Porta Panagià”, compresa l’egemonia della Tessaglia e della Grande Vlachia.
I suoi figli hanno ereditato lo stesso il titolo di Sevastocrator, ma entro breve tempo, molti beni e proprietà terriere, soprattutto della località di
45
Ricoldo di Montecroce, pellegrino a Nazaret nel 1288-1289 e Nicolò da Poggibonsi del
1387.
46
Nicolò da Poggibonsi nel suo libro “d’Oltremare” del 1347, descrive la Casa come scomparsa e la Grotta come esistente. Solo dopo il 1291 e precisamente nel 1335 con Giacomo da Verona
nel suo “Liber peregrinationis”, nel 1347 con Nicolò e nel 1411 con un certo Fra’ Federico risulta
esplicitamente che l’abitazione della Vergine a Nazareth, durante la loro visita, era costituita dalla
sola Grotta, cfr. Santarelli, La Santa Casa di Loreto, 96-97.
47
Argos, Nauplio, Salamina.
48
Costantino, secondogenito, e Teodoro, terzogenito, che aiutò suo fratello a governare.
179
Aspropotamos49, sono passati al loro zio, Niceforo I Angelo Comneno. Per lo
sposalizio di sua figlia Ithamar e per la dote promessa ed accordata, fu poi lui o
persone vicine a lui, ad organizzare lo spostamento delle Sante Reliquie che secondo alcune fonti hanno avuto come destinazione l’Illyria50, oppure, secondo
altri sono arrivate al mare Adriatico dal porto di Arta. Questa seconda ipotesi
è valida, perché l’unica strada esistente in quel periodo per Arta e successivamente per il mare, che collegava la Tessaglia con L’Epiro era proprio la strada
che partiva da Pili.
A supporto di questo il prof. Asteris Koukoudis scriveva in merito alla ripartizione della proprietà dopo la morte di Giovanni I: “I suoi figli presto hanno
abbandonato, siccome le proprietà terriere erano concesse come dote della loro
cugina Ithamar a Filippo di Taranto degli Angiò. Nel 1294-95, i due fratelli, ma
anche la loro sorella, che era vedova del Duca di Atene, sembra che hanno dichiarato sottomissione al Carlo II di Napoli, padre di Filippo collegandosi così
strettamente con l’autorità latina” 51.
L’ultimo periodo di Giovanni I
Nel 1289 muore Giovanni I, che viene sepolto nel monastero bizantino
“Porta Panagià”. Sopra la sua tomba esiste ancora oggi, dall’epoca della fondazione della chiesa, una immagine dove Giovanni viene guidato da un angelo
verso la Madonna che tiene Gesù bambino [fig. 8]. Anche sua moglie è diventata monaca con il nome Ipomonì52, costruendo un altro monastero (il monastero della Eleousa Likousadas), nella città allora chiamata: Fanari di Karditsa53. Oggi quel monastero è del tutto distrutto. Ma perché Giovanni I che
era Sevastocrator e Despota di Tessaglia e che amministrava una così grande
estensione di terre, ha costruito il monastero di Porta Panagià a Pili? Perché
lì o non in qualche altro luogo? Perché non per esempio vicino alla capitale
49
È da notare che nel 1296 Tommaso Angeli, figlio di Niceforo e fratello di Ithamar, succedendo il padre nel despostato d’Epiro, fra i vari pomposi titoli, assunse anche quello di “conte di
Achelòos” (Aspropotamos), v. Santarelli, La Santa Casa di Loreto, 275.
50
Dopo la caduta di Costantinopoli l’Albania, Durazzo e tutti i territori al di sotto di essa,
hanno fatto parte del Despotato d’Epiro greco. Il Despota d’Epiro Teodoro Angelo-Comneno
ha costruito il castello di Durazzo, quindi nel 1372 è subentrata la Casa francese degli Angiò che
hanno utilizzato Durazzo come sede del Regnum Albaniae.
51
Α. Κουκούδης, Η μεγάλη Βλαχία και η βυζαντινή Δημοκρατία του 13ου -14ου αιώνα, Ιστωρ 2009;
P. Magdalino, Tradition and Transformation in Medieval Byzantium, Aldershot 1991, 36-37.
52
In greco Pazienza.
53
Località Loxada.
180
del suo stato-territorio che si chiamava Nea Patra (Ipati)? Qual era questa sua
relazione segreta con Porta Panagià?
I documenti che testimoniano l’importanza del monastero bizantino Porta Panagià
Sappiamo da diverse fonti che questo monastero delle “Grandi Porte”
chiamato Porta Panagià, aveva un immenso patrimonio di beni e di terreni. Il
prof. Vasileios Panagos scrive: “I suoi territori comprendevano fiumi, montagne, paesi e località estese. Moltissimi altri monasteri ed abbazie, erano sotto la
sua giurisdizione. Era in quel periodo il più importante monastero di culto e
di fede come indicato nel documento ufficiale del 1336 chiamato «ordinanza
imperiale», (χρυσόβουλο) con il sigillo dell’imperatore bizantino Andronico III
Paleologo custodito nella biblioteca del monastero Dousiko [fig. 9]. Questa ordinanza, convalida la precedente dell’imperatore Andronico II Paleologo, che
fu scritta tra il 1283 e 1288. In quel documento si cita che «Porta Panagià
si chiamava delle Grandi Porte, che la Madonna veniva chiamata Inattaccabile
e che Porta Panagià era il Primo Monastero Venerabile” 54. Nell’ordinanza si fa
riferimento, altresì, alle enormi proprietà terriere del monastero (acquisite anche attraverso concessioni) e alla grande quantità di ricchezze e oblazioni. Ne
è testimonianza un documento giurato del despota Michele Gavriilopoulos del
giugno 1342, che oggi è custodito presso la biblioteca del monastero di Varlaam a Meteora.
In un altro documento con il sigillo del Patriarca Antonio IV del 1393, che
è custodito nel monastero di Dousiko, viene dichiarato che dopo il 1393 tutti
i beni ed i territori del monastero Porta Panagià, sono passati al monastero di
Dousiko, perché nel periodo 1381-1393 il monastero delle “Grandi Porte” è stato distrutto ed i monaci si sono trasferiti al vicino monastero di Dousiko.
L’analisi dei fatti e dei documenti di supporto rafforzano la mia teoria in
base alla quale il monastero di Porta Panagià ha custodito le pietre della Santa
Casa di Nazareth, per un limitato periodo di tempo.
Viene quindi messo in evidenza il ruolo della famiglia bizantina degli Angeli Ducas Comneno nella Traslazione della Santa Casa di Loreto a seguito della
donazione delle Sacre Pietre per il matrimonio di Ithamar55 con Filippo II.
Il prof. Vasileios Panagos storico e ricercatore di Pili.
Perrat Ch. – Longnon J., Actes relatifs à la principauté de Morée (1289-1300), Paris
1967, p. 39 (21), p. 53 (41).
54
55
181
Fig. 1. Il monastero di Porta Panagià e l’interno della Santa Casa di Loreto.
Figura 2. Pili (regione di Trikala – Tessaglia. 48 km. da Meteora).
182
Figura 3. Mappa della region, (da Chatzigaki Alexios, “Atti storici - Aspropotamos di Pindos”, Atene 1961, 66.
Figura 4. Le due icone bizantine invertite.
183
Figura 5. Tornesi di Guido II de la Roche, duca di Atene.
Figura 6. Testo speculare dell’epigrafe. (Riportata anche l’inversione del testo).
184
Fig.7 (Santarelli, La Santa Casa di Loreto, 137 disegno 35) Assonometria con la struttura venerata a Loreto (S. Casa) davanti alla Grotta di Nazareth, compresa
la ricostruzione ideale della Domus ecclesia (da N. Monelli, La Santa Casa di Loreto, 87).
Figura 8. Affresco sopra la tomba di Giovanni I.
185
Figura 9. Ordinanza Imperiale del 1336 (edizione I.M. Dousiko "Porta Panagià").
186