RIFORMA DEL TITOLO V DELLA COSTITUZIONE-ART

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Introduzione
1 Le norme di Legge costituzionale e (non) che regolano il passaggio di un comune da
una regione ad un’altra
1.1 Leggi della Costituzione (artt. 5 e 132)
1.2 La norma applicativa della Costituzione (Legge n. 352 del 25 Maggio 1970)
1.3 Profili problematici della Legge 352 e sentenza della Corte Costituzionale n.
334/2004
1.4 Profili problematici del passaggio ad una Regione a statuto speciale: il caso di
Noasca
1.5 Profili problematici: la presunta incostituzionalità del quorum ex art. 132
Costituzione
1.6 Il Disegno di Legge Costituzionale del 17 Aprile 2007
3
6
6
8
10
14
17
19
2 Comuni che hanno intrapreso l’iniziativa: cronistoria
2.1 I primi casi e gli esiti degli sviluppi parlamentari
2.2 I casi più recenti
23
23
26
3 Il caso di Cortina d’Ampezzo
3.1 Storia dell’evoluzione amministrativa e politica del territorio ladino in oggetto
3.2 Tappe cha hanno portato al referendum
3.3 Il passaggio alla Provincia Autonoma di Bolzano: quali privilegi?
3.4 Attori coinvolti
3.5 Le posizioni degli attori e le loro dinamiche di relazione
a) Attori istituzionali
b) Attori non istituzionali
c) Attori politici
3.6 Scenari futuri
3.7 Ultimi sviluppi
27
28
35
41
46
49
50
63
66
67
68
4 Conclusioni
69
Bibliografia
71
Sitografia
75
INTRODUZIONE
Questo lavoro prende in considerazione alcune conseguenze, politiche e costituzionali,
della riforma della Costituzione Repubblicana in senso federalista, avvenuta con
l’approvazione della Legge Costituzionale n. 3 del 2001. Gran parte di questa riforma è
rimasta inattuata per l’incapacità di predisporre adeguati strumenti legislativi:
una
situazione
in
parte
determinata
dagli
interessi
politici
variabili
delle
differenti maggioranze parlamentari. Nei casi in cui è stata data attuazione
alla riforma, sono stati poi spesso gli enti locali - comuni, province e
regioni - a non utilizzare pienamente le nuove competenze ad essi assegnate.
In
particolare
previsto
è
rimasto
totalmente
dall’articolo
119
inattuato
della
il
federalismo
Costituzione,
fiscale,
più
volte
all’ordine del giorno nei programmi dei partiti e delle diverse maggioranze
parlamentari.
La
richiesta
delle
regioni
ha
per
oggetto
un’autonomia
impositiva e di gestione che prescinda dalla dipendenza dai trasferimenti
statali,
non
più
sufficienti
per
gli
enti
territoriali.
La
tesi
centrale
di
questo lavoro è che il mancato raggiungimento dell’autonomia fiscale sia
stata
la
causa,
richieste,
da
appartenenza
in
alcune
parte
dei
con
una
zone
d’Italia,
Comuni,
di
confinante,
del
consistente
cambiare
la
seguendo
la
aumento
propria
delle
Regione
procedura
di
prevista
dall'articolo 132 comma 2 della Costituzione. In particolare lo strumento
del
referendum
territori
popolare
confinanti
godono,
oltre
culturali,
di
permanenza
in
con
che
è
le
di
stato
utilizzato
Regioni
statuto
maniera
speciale,
a
favore
delle
consistenti
privilegi
fiscali
riassumibili
loco
tributi
riscossi
dei
tutele
a
in
sul
consistente
che
minoranze
con
territorio
ancora
nei
oggi
linguistiche
una
della
e
maggiore
regione
in
questione. Una sorta di «scorciatoia» dagli esiti incerti, una «possibilità»
per aprirsi una porta verso i territori dove il federalismo fiscale è già un
fatto.
3
In quest’ottica ho preso in considerazione il caso di Cortina d’Ampezzo e di
due comuni del Bellunese ad essa limitrofi (Livinallongo del Colle di Lana e
Colle Santa Lucia). Un territorio ricco, ma che pure ha grossi problemi di
finanziamento da parte della Regione Veneto e dello Stato e che si confronta
quotidianamente
confinante
con
i
privilegi
Provincia
e
Autonoma
le
facilitazioni
di
Bolzano,
di
cui
godono,
cittadini
e
nella
imprese.
Nel primo capitolo, dopo una ricognizione storica sul federalismo americano
ed
europeo,
possibili.
ho
passato
in
Successivamente
ho
rassegna
analizzato
i
diversi
le
tipi
varie
di
federalismo
proposte
italiane
di
riforma federale dello Stato, fino ad arrivare alla Legge Costituzionale n. 3
del 2001, soffermandomi sulle sue priorità e sulle diverse problematiche di
attuazione. Viene quindi preso in considerazione il disegno di legge per
l¹attuazione
del
federalismo
fiscale,
approvato
dal
Consiglio
dei
Ministri
del 28 Giugno 2007 ma non ancora approvato dal parlamento. Al termine del
capitolo
vi
è
un
breve
accenno
alle
zone
extradoganali,
i
cosiddetti
«paradisi fiscali».
Nel secondo capitolo ho svolto un approfondimento giuridico sulle norme costituzionali
e
di
delle
legge
province
ordinaria
da
una
che
regione
regolano
all’altra.
il
passaggio
Ho
poi
dei
Comuni
affrontato
tre
e
profili
problematici emersi nell’applicazione della normativa in vigore e richiamati
dalla giurisprudenza costituzionale: la richiesta delle delibere di appoggio ai Consigli
Comunali, gli statuti speciali e il cambio di regione e l’incostituzionalità del quorum.
Al termine del capitolo mi sono soffermato sul disegno di legge, discusso e non ancora
approvato
alla
I
Commissione
Affari
Costituzionali
della
Camera
dei
Deputati, il cui scopo è disincentivare il ricorso, sempre più frequente, a questo tipo di
procedura.
Nel terzo capitolo sono indicati i diversi comuni che hanno intrapreso, dal
2005 in poi, il percorso per il trasferimento da una regione all'altra,
indicando
a
che
punto
dell’iter
si
trovano
o
gli
esiti
finali.
Nel quarto capitolo ho analizzato il caso di studio di Cortina d’Ampezzo,
che
viene
Ladini
analizzato
come
fattore
nei
di
suoi
diversi
omogeneità
risvolti:
culturale
tra
la
storica
l’area
in
presenza
oggetto
dei
e
i
4
territori del vicino Alto Adige; le tappe che hanno portato al referendum
svoltosi il 28-29 ottobre 2007; le dinamiche
di relazione
tra i diversi
attori,
al
anche
istituzionali
e
politici,
dalla
neutralità
confronto
aspro;
i cambiamenti posti in essere nel caso di un effettivo passaggio di Cortina
d’Ampezzo alla Provincia Autonoma di Bolzano.
Uno scenario che ha suscitato interessanti dinamiche di politics locali e ha aperto un
ventaglio di possibili opzioni giuridiche nei confronti dei territori richiedenti, senza
provocare
però
un
significativo
dibattito
sul
palcoscenico
politico
nazionale. Questo è il focus su cui si riflette nell’ultima parte di questo
lavoro.
5
1 LE NORME DI LEGGE COSTITUZIONALE E (NON)
CHE REGOLANO IL PASSAGGIO DI UN COMUNE DA
UNA REGIONE AD UN’ALTRA
1.1 LEGGI DELLA COSTITUZIONE (ARTT. 5 e 132)
La Costituzione nei suoi principi generali garantisce e promuove gli enti locali.
Nell’articolo 5 infatti si dice che: «La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e
promuove le autonomie locali» Le regioni sono gli enti locali più giovani; previste dalla
Costituzione del 1947 vengono effettivamente riconosciute nel 1970. Comuni e
Province erano già esistenti. Per i confini l’Assemblea Costituente si basò su quelli
previsti dalla geografia dell’epoca senza escludere la possibilità di una loro revisione.
In questo articolo non si parla specificatamente della possibilità di cambiare i confini
regionali ma è però ben chiara la volontà dei costituenti di valorizzare le autonomie
locali.
Più specifico su questo tema è l’articolo 132, secondo comma della costituzione
recentemente modificato dalla legge costituzionale n. 3/2001.
La precedente formulazione prevedeva che: «Si può, con referendum e legge della
Repubblica, sentiti i consigli regionali, consentire che Province e Comuni, che ne
facciano richiesta, siano staccati da una Regione ed aggregati ad un'altra». Questa
norma non specificava in modo chiaro le modalità per poter realizzare questo tipo di
iniziativa; il novellato articolo 132 specifica invece che: «Si può, con l'approvazione
della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del
Comune o dei Comuni interessati espressa mediante referendum e con legge della
Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che Province e Comuni, che ne
facciano richiesta, siano staccati da una Regione ed aggregati ad un'altra».
Un elemento comune ad entrambe le formulazioni è il ruolo delle regioni che vengono
soltanto «sentite». La conseguenza è che pur essendo il territorio un elemento
costitutivo delle regioni, non è nella loro disponibilità. Il che costituisce un aspetto
significativo della debolezza istituzionale della loro posizione. Per contro è sempre
necessario il referendum che coerentemente con l’articolo 5 della Costituzione
6
riconosce alla comunità quello che viene negato all’ente: l’essere cioè ogni variazione
territoriale subordinata al loro consenso. Infine la norma lega comuni, province e
regioni perchè la variazione territoriale è legata alle richieste dei comuni e delle
province.
7
1.2 LA NORMA APPLICATIVA DELLA COSTITUZIONE
(LEGGE 352 DEL 25 MAGGIO 1970)
Le norme della legge 25 Marzo 1970 disciplinano le modalità di distacco-aggregazione
di un comune da una regione all’altra.
La parte che riguarda l’argomento qui trattata è regolamentata dal titolo III riguardante
il referendum per la modificazione territoriale delle regioni previsti dall’articolo 132
della Costituzione.
L’articolo 42 disciplina che la richiesta di aggregazione di comuni e province ad altra
regione deve essere corredata di deliberazioni, identiche nell’oggetto da parte di consigli
comunali e provinciali dei comuni o province che richiedono il distacco. Oltre a ciò alla
richiesta devono essere allegate le deliberazioni di appoggio di tanti consigli comunali e
provinciali che rappresentino almeno un terzo della regione dalla quale è proposto il
distacco delle predette province o comuni.
Inoltre deve essere corredata delle deliberazioni, identiche nell’oggetto, rispettivamente
di tanti consigli comunali e provinciali che rappresentino almeno un terzo della
popolazione della regione alla quale si propone che i comuni o le province siano
aggregati.
Queste dichiarazioni che devono avere ad oggetto il medesimo referendum e devono
essere depositate presso la cancelleria della Corte di Cassazione dal delegato effettivo o
dal delegato supplente.
L’articolo 43 prevede che la Corte di Cassazione verifica l’effettiva presenza delle
deliberazioni suddette e la generale coerenza con l’articolo 132 della Costituzione.
L’ordinanza che dichiara la legittimità della proposta di referendum sottoposta viene
comunicata immediatamente al Presidente della Repubblica, al Ministro dell’Interno e
al delegato. L’eventuale dichiarazione d’illegittimità è affissa all’albo della Corte di
Cassazione e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.
L’articolo 43 prevede che il referendum venga indetto con decreto del Presidente della
Repubblica su deliberazione del Consiglio dei Ministri entro tre mesi dalla
dichiarazione di legittimità della richiesta. Il referendum può svolgersi nei tre mesi
successivi ma si può aspettare anche di più per farlo coincidere con altri referendum
8
previsti dall’articolo 138 della Costituzione1. Il referendum è indotto nel territorio dei
comuni o delle province che vogliono cambiare regione ma può anche essere indetto nei
territori a cui i suddetti comuni/province vogliono aggregarsi.
Hanno diritto al voto tutti gli iscritti nelle liste elettorali dei comuni compresi nei
territori interessati.
Secondo l’articolo 45 l’ufficio centrale per il referendum costituito preso la Corte di
Cassazione procede alla somma dei risultati. La proposta viene approvata se i voti
attribuiti alla risposta affermativa superano la maggioranza degli elettori iscritti nelle
liste del territorio interessato. Il risultato del referendum viene pubblicizzato a tutti gli
enti interessati e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Nel caso di approvazione della
richiesta referendaria, il ministro dell’interno deve presentare al parlamento, entro 60
giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, un disegno di legge costituzionale
come previsto dall’articolo 132 della Costituzione.
Se la proposta referendaria viene rigettata, questa non può essere rinnovata prima che
siano trascorsi 5 anni.
L’articolo 46 dispone la formula con la quale avviene la promulgazione della legge
ordinaria prevista dall’articolo 132 (2° comma) della Costituzione. La legge approvata
dal parlamento viene promulgata dal Presidente della Repubblica. La legge viene poi
inserita nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica Italiana.
1
revisione costituzionale
9
1.3 PROFILI PROBLEMATICI DELLA LEGGE 352 E
SENTENZA
DELLA
CORTE
COSTITUZIONALE
N.
334/2004
L’avvio della procedura referendaria si è però reso impossibile a causa della
sopraccitata legge 352 del 25/05/1970.
Questa legge ha considerato come «popolazioni interessate» le intere popolazioni delle
regioni coinvolte nel procedimento di distacco – aggregazione e non solo quelle del
singolo ente proponente. Essa ha impedito per più di trent’anni l’ottenimento del
referendum per il cambio di regione.
I primi due esempi di comuni che hanno richiesto l’aggregazione ad un’altra Regione
sono rinvenibili nella prima metà dello scorso decennio.
Il Comune di Chieuti sito in Provincia di Foggia chiese con deliberazione consigliare
del 10 Dicembre 1990 di poter svolgere il referendum per il passaggio dalla Regione
Puglia alle Regione Molise, all’interno del Comune di Campobasso.
Questa richiesta fu dichiarata illegittima da parte dell’ufficio centrale per il referendum
in quanto non era stata corredata delle deliberazioni «di appoggio» alla richiesta
referendaria degli enti locali delle regioni coinvolte.
Il secondo tentativo è rinvenibile nel 1993 quando il Comune di Gallo Matese, sito in
Provincia di Caserta, con deliberazione consigliare del 19 Agosto 1993 chiese il
distacco dalla Regione Campania e l’aggregazione alla Regione Molise, all’interno della
Provincia di Isernia. L’ufficio centrale per il referendum, dichiarò illegittima questa
richiesta perchè, come nel caso precedente, non era stata corredata dalle deliberazioni di
appoggio degli enti locali delle regioni interessate alla variazione territoriale.
Contemporaneamente l’ufficio centrale dovette rispondere all’intervento ad adiuvandum
nel procedimento sulla legittimità del referendum messa in atto dall’Unione dei Comuni
italiani per cambiare Regione2 e del Comune di Gosaldo (BL). Questo intervento ebbe
lo scopo di rimettere gli atti alla Corte Costituzionale per la palese illegittimità di alcune
norme disciplinanti la legge 352. L’ufficio centrale rispose di non poter accogliere
l’eccezione perchè «pur agendo con forme giurisdizionali, dal punto di vista sostanziale
2
http://www.comunichecambianoRegione.org
10
non ha natura giurisdizionale» pur avendo più volte affermato di essere legittimato a
sollevare questioni di legittimità costituzionale3.
Il terzo tentativo di un ente locale di cambiare Regione è quello di San Michele al
Tagliamento sito in Provincia di Venezia per il distacco dalla Regione Veneto e
l’aggregazione alla Regione Friuli-Venezia Giulia all’interno della Provincia di
Pordenone.
L’ufficio centrale per il referendum chiamato a pronunciarsi in merito dichiarava
manifestamente infondata la dedotta questione di legittimità costituzionale poiché «la
Costituzione, nel disciplinare l’istituto del referendum, lascia al legislatore ordinario
ampi margini di discrezionalità con riguardo alla regolamentazione del rito di avvio e di
svolgimento delle consultazioni referendarie, sicché le disposizioni da detto legislatore
adottate al riguardo non possono essere sospettate di illegittimità costituzionale quando
non risulti che esse siano suscettibili di importare irragionevoli e non facilmente
superabili ostacoli alla promozione ed al corso delle iniziative referendarie»4 ed
escludendo che la modifica dell’art. 132, c. 2, Cost. intervenuta con la Legge
costituzionale n. 3 del 2001, abbia comportato una abrogazione della dell’articolo 42
della legge 352 del 25/05/1970, per cui «non risultano ravvisabili quella incompatibilità
fra i due testi legislativi ovvero quella integrale nuova regolamentazione di materia
disciplinata da norme precedenti che, a termini dell’art. 15 delle disposizioni sulla legge
in generale, sono richieste affinché possa configurarsi la abrogazione tacita di una
legge», senza minimamente soffermarsi sul concetto di popolazioni interessate al
referendum.
A sostegno di questa tesi l’Ufficio sviluppa 2 elementi che dovrebbero cancellare il
dubbio sulla Ragionevolezza dell’articolo 42:
1) Vengono richieste così tante deliberazioni di entrambe le regioni affinché il
referendum sia fortemente voluto, altrimenti sarebbe un costo inutile.
2) Se la richiesta del referendum è giustificata, non ci dovrebbero essere difficoltà ad
ottenere le deliberazioni di appoggio di entrambe le regioni.
Con questa ordinanza l’ufficio centrale impegnava il Comune entro tre mesi a
presentare le delibere di appoggio, il 29 Gennaio 2003 il delegato consegnò le delibere
3
si vedano: Ufficio centrale ordinanza del 25 maggio 1978, in “Foro Italiano”, 1978, I, 1616, 1618, 1620;
25 settembre e 6 ottobre 1980, id., 1980, I, 2633; 2 dicembre 1980, in “Giurisprudenza costituzionale”,
1980, I, 1700; 15 dicembre 1980, id., 1980, I, 1674
4
ordinanza del 26 novembre-5 dicembre 2002 (Pres. Trojano, Rel. Paolini),
11
di 11 Comuni e 2 Province Del Friuli Venezia Giulia (le province vennero
inspiegabilmente escluse dal conto). L’ufficio centrale dispose che dovevano essere
consegnate ancora le delibere di appoggio del territorio della Regione che chiedeva il
distacco.
In data 26 marzo 2003 il delegato del Comune di San Michele al Tagliamento
depositava alla Corte costituzionale il ricorso per conflitto di attribuzione contro il
Parlamento per il mancato adeguamento della Legge n. 352 del 1970 al testo
dell’articolo 132, c. 2 della Costituzione chiedendo alla Consulta di sollevare avanti a sé
la relativa questione di legittimità costituzionale.
In data 14 maggio 2003 il delegato del Comune di San Michele al Tagliamento
depositava nella cancelleria dell’Ufficio centrale per il referendum 58 delibere comunali
e Provinciali della Regione Friuli-Venezia Giulia e 4 delibere comunali della Regione
Veneto, chiedendo una proroga dei termini per l’acquisizione di ulteriori delibere
comunali del Veneto. L’Ufficio centrale per il referendum con l’ordinanza del 28-30
maggio 2003, accoglieva la richiesta e concedeva una proroga inderogabile per il
deposito delle delibere al 30 settembre 2003.
In data 30 settembre 2003 il delegato del Comune di San Michele al Tagliamento
depositava nella cancelleria dell’Ufficio centrale per il referendum 30 delibere
comunali, pari al 3,7% della popolazione della Regione Veneto, e quindi inferiori
ancora al terzo delle popolazioni interessate, chiedendo la sospensione del giudizio sulla
legittimità della richiesta referendaria in attesa della decisione della Corte costituzionale
sull’ammissibilità del conflitto di attribuzione depositato.
Con l’ordinanza del 13-25 Novembre 2003 n. 343, dichiarava inammissibile il conflitto
di attribuzione: «nonostante la pur significativa riforma dell’art. 132, secondo comma,
della Costituzione introdotta dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, l’Ufficio
centrale per il referendum ha ritenuto di affermare la manifesta infondatezza della
proposta questione di legittimità costituzionale»5 prendendo così posizione a favore
dell’illegittimità costituzionale delle norme citate.
5
Cit.in http://www.cortecostituzionale.it/ita/attivitacorte/pronunceemassime/massime/schedaMS.asp?
Comando=LET&NoMS=28106&TrmT=&TrmL=
12
Successivamente l’Ufficio centrale per il referendum dichiarava non manifestatamente
infondata le questione di legittimità costituzionale e la rimandava alla Corte
Costituzionale.
La Corte Costituzionale, con sentenza 10-17 Novembre 2004, n. 334 dichiarava
l’illegittimità costituzionale dell’articolo 42, comma 2, della Legge n. 352 del 1970,
circa le deliberazioni di appoggio, ritenendo che tale norma «già appariva non conforme
all’originaria formulazione del capoverso dell’art. 132 Cost. […] in quanto accordava (e
vincolava) l’iniziativa referendaria ad organi non previsti»6. Inoltre, sanciva che il
referendum si riferisce soltanto ai cittadini degli enti locali direttamente coinvolti nel
distacco e non delle due Regioni coinvolte nel procedimento, come prevedeva l’art. 44,
c. 3, II periodo, della Legge n. 352 del 1970.
Non servono più quindi le deliberazioni di appoggio di tanti consigli comunali o
provinciali che rappresentino almeno un terzo del rimanente territorio dal quale i
suddetti comuni o province si vogliono staccare. Parimenti non vengono più richieste le
deliberazioni di appoggio di tanti consigli comunali o provinciali rappresentanti almeno
un terzo del territorio della Regione alla quale comuni o province si vogliono aggregare.
Entrambe le regioni interessate trovano congrua tutela nel parere obbligatorio che esse
devono dare sulla legge dello stato che, a seguito di referendum con esito positivo,
viene proposta dal Governo al Parlamento.
6
Cit.in «»http://www.cortecostituzionale.it/ita/attivitacorte/pronunceemassime/pronunce/schedaDec.asp?
Comando=RIC&bVar=true&TrmD=&TrmDF=&TrmDD=&TrmM=&iPagEl=1&iPag=1
13
1.4 PROFILI PROBLEMATICI DEL PASSAGGIO AD UNA
REGIONE A STATUTO SPECIALE: IL CASO DI NOASCA
Il piccolo Comune di Noasca (Torino), sito nella Regione Piemonte ha attivato la
procedura per cambiare Regione ed annettersi alla Regione Valle D’Aosta. Le ragioni
della scelta vengono identificate in motivi di carattere storico ed economico. A fronte di
questa istanza la giunta regionale valdostana ha attivato il canale giurisdizionale, a
tutela della sua integrità territoriale. La giunta regionale ha ritenuto che l’articolo 132
non trova applicazione per quanto riguarda le regioni a statuto speciale. Per questo
motivo ha sollevato un ricorso per conflitto di attribuzione nei confronti della Corte
Costituzionale avverso alla procedura referendaria del piccolo Comune piemontese,
dichiarando che non spetta allo stato la modifica del territorio della Regione Valle
d’Aosta ma ciò è di competenza dello statuto speciale della Regione in questione.
L’esecutivo della Regione Valle d’Aosta fa rilevare alla Corte che i confini del territorio
regionale sono garantiti dalla legge 26 Febbraio 1948 che prevede che il territorio
comprende «le circoscrizioni dei comuni ad esso appartenenti alla data delle entrata in
vigore della presente legge»7 e rimanda all’elenco dei 74 comuni presente nel D. L. Lgt.
7 Settembre 1945 n. 545.
La Consulta è stata quindi chiamata ad esprimersi a proposito della legittimità del
referendum dichiarata dall’ufficio centrale per il referendum, della deliberazione del
Consiglio dei ministri che ha approvato il decreto di indizione del suddetto referendum
e del decreto del Presidente della Repubblica di fissazione della data del referendum. La
giunta ha chiesto la sospensione dei suddetti atti impugnati anche perchè il referendum
avrebbe rischiato di essere improduttivo di effetti ed avrebbe causato un impegno
finanziario privo di effetti.
La Consulta ha rigettato la linea interpretativa della giunta valdostana ribadendo che
l’articolo 132 si applica indistintamente a tutte le regioni elencate nell’articolo 131 e
quindi anche a quelle a statuto speciale mediante l’individuazione di «procedure che
coinvolgono tutti i diversi organi e soggetti indicati dalle norme costituzionali come
attori necessari nei differenziati procedimenti».
7
Cit. in
http://it.wikisource.org/wiki/L.cost._26_febbraio_1948,_n._4,_Statuto_speciale_per_la_Valle_d'Aosta
14
Tale interpretazione era già stata ribadita dalla Corte Costituzionale nella sentenza n.
334 del 2004 che aveva confermato l’applicabilità dell’articolo 132 intendendo
garantire il pieno diritto di autodeterminazione delle collettività locali e in particolare al
singolo Ente locale direttamente interessato al passaggio che ora è l’unico a doversi
pronunciare attraverso il referendum.
Inoltre la consulta afferma che il procedimento previsto dall’articolo 50 dello statuto
speciale della Valle d’Aosta che tratta il tema della revisione, non può produrre effetti
su due regioni e in questo caso sulla Regione Piemonte.
La Corte si sofferma anche sugli squilibri etnico-linguistici che si potrebbero venire a
creare con un’incontrollata possibilità di aggregazione. La protezione però, secondo la
Corte non si realizza solo con l’ordinamento speciale delle regioni ma con le fonti
statali ordinarie e costituzionali.
Infine circa il presunto diritto di partecipazione del Presidente della Regione Valle
d’Aosta alla seduta del Consiglio dei ministri nel quale è stata approvata l’indizione del
referendum, la Consulta ha dichiarato tale censura infondata in quanto il contenuto è
vincolato a seguito dell’accertamento della legittimità della richiesta referendaria da
parte delle Corte di Cassazione. Per la Costituzione l’unico ente interessato in tale fase
iniziale di distacco/aggregazione è la collettività locale, la Regione è coinvolta in una
fase successiva.
Il referendum presso il Comune di Noasca si è svolto l’8 e 9 Ottobre 2006 dando esito
positivo. Infine il Presidente della Giunta regionale valdostana ha annunciato che
ricorrerà contro la deliberazione del Consiglio dei ministri con cui è stato approvato il
disegno di legge costituzionale da presentare alle camere, perchè questo sarebbe stato
adottato senza aver fatto partecipare il Presidente della Regione Valle D’Aosta alla
seduta e senza aver atteso il parere consultivo della suddetta regione che stava
attendendo la definizione del contenzioso presentato dinnanzi alla Corte Costituzionale.
Altra tematica riguardante l’annessione ad una regione a statuto speciale è quella se sia
o meno necessario il ricorso di una legge costituzionale e non semplicemente ordinaria.
Il tema è stato affrontato per la prima volta in occasione della presentazione del disegno
di legge conseguente al referendum svoltosi presso il Comune di Lamon e riguardante il
passaggio dal Veneto al Trentino-Alto Adige.
15
Il Governo ha ritenuto necessario procedere alla presentazione di un disegno di legge
costituzionale perchè la questione in oggetto rappresentava una variazione territoriale di
una regione ad autonomia differenziata.
Abbiamo visto e vedremo quanto siano numerosi i comuni che hanno attivato la
procedura di distacco/aggregazione verso le regioni a statuto speciale e in particolare dal
Veneto al Trentino-Alto Adige, che pur facendo valere ragioni storico-culturali e socioeconomiche, subiscono l’enorme disparità di trattamento rispetto alle vicine Regioni
autonome.
Il Governo ha risposto a questo disagio con la norma dell’articolo 6 comma 7 del
Decreto Legge del 2 Luglio 2007, n. 81 convertito in Legge 3 Agosto 2007, n. 127, che
ha varato il fondo per le aree territoriali svantaggiate confinanti con le regioni a statuto
speciale, con un valore che l’articolo 35 del Decreto Legge 1 Ottobre 2007, n. 159, ha
fissato in 20 milioni di euro per l’anno 2007.
1.5
PROFILI
PROBLEMATICI:
LA
PRESUNTA
INCOSTITUZIONALITA’ DEL QUORUM EX ART. 132
COSTITUZIONE
16
L’articolo 45 della Legge n. 352 del 1970 prevede che il quorum richiesto ai fini della
variazione territoriale è identificabile nel voto favorevole della maggioranza assoluta
degli iscritti alle liste elettorali del comune o dei comuni in cui è indetta la
consultazione. Questo quorum è molto elevato e non riscontrabile in nessun altra
consultazione referendaria, essendo previsto poi da una legge ordinaria è passibile
d’illegittimità costituzionale. Il legislatore ordinario ha infatti ampi margini di
discrezionalità a riguardo delle consultazioni referendarie ma pur dovendo in questo
caso garantire una maggioranza assoluta non può intraprendere iniziative (come il
suddetto quorum) che creino ostacoli alla superabilità del referendum.
La Consulta ha risposto in maniera negativa a questo tipo di ricorso messo in atto dai
Comuni del Portogruarese (interessati alla procedura di distacco-aggregazione) in
particolare con le ordinanze n. 69 del 2006 e n.296 del 2006, argomentando la
mancanza dell’elemento soggettivo in quanto la questione è stata sollevata dal delegato
comunale che non ha poteri nella fase di proclamazione del risultato. Manca anche
l’elemento oggettivo in quanto non c’è stata lesione delle attribuzioni costituzionali.
Tornando alla norma costituzionale questa prevede che il referendum sia approvato
dalla maggioranza delle popolazioni ma non viene assolutamente specificato quale sia il
quorum da utilizzare in tale consultazione refererendaria. Inoltre la Costituzione intende
(ex
art.
5)
garantire
le
autonomie
locali
e
il
decentramento,
favorendo
l’autodeterminazione in ordine ai territori regionali ai quali le popolazioni desiderano
appartenere.
Abbiamo dunque detto che il referendum ha un quorum elevatissimo e questo entra
pienamente in contraddizione con lo spirito di questa consultazione che è stata definita
dalla Corte Costituzionale come «meramente consultiva». Inoltre il ruolo del
referendum è vincolante solo in caso di risultato negativo, che ferma il processo. Il
risultato positivo non è invece vincolante in quanto il tutto è affidato al legislatore
nazionale ed al parere dei due consigli regionali interessati.
Ciò premesso sarà difficile che il Parlamento si discosterà dal parere positivo del corpo
elettorale interessato e dal parere positivo delle regioni interessate.
17
Per quanto riguarda gli italiani residenti all’estero, il loro diritto di voto è regolato dalla
legge n. 459 del 20018 che prevede espressamente che ci sia la possibilità per questi
ultimi di votare tramite corrispondenza, nelle consultazioni elettorali e in quelle
referendarie ex articolo 75 della Costituzione9 ed ex articolo 138 della Costituzione10.
Non si fa menzione dell’articolo da noi analizzato, ma essendo i cittadini italiani
residenti all’estero iscritti nelle liste elettorali, questi vanno ad innalzare senza poter
esprimersi il quorum del referendum territoriale.
La questione di costituzionalità del quorum per il referendum di distacco/aggregazione è
stata recentemente sollevata di fronte al Tar del Lazio come ricorso del Comune di San
Michele al Tagliamento, dove ricordiamo che il referendum ha avuto risultato negativo.
Si attendono sviluppi. Altri comuni in cui è stato fatto ricorso per l’incostituzionalità del
quorum sono: Teglio Veneto, Gruaro e Pramaggiore.
1.6 IL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE DEL 17
APRILE 2007
8
9
http://www.camera.it/parlam/leggi/01459l.htm
Cit. in http://www.quirinale.it/costituzione/costituzione.htm
10
Cit. in p.5
18
Il 17 Aprile 2007 il Governo ha presentato al Parlamento il disegno di legge
costituzionale n. 2523 recante «modificazioni all’articolo 132, secondo comma, della
Costituzione, in tema di distacco ed aggregazione di comuni e province».
L’attuale testo vigente dell’articolo 132 dispone che «Si può, con l'approvazione della
maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del
Comune o dei Comuni interessati espressa mediante referendum e con legge della
Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che province e comuni, che ne
facciano richiesta, siano staccati da una Regione ed aggregati ad un'altra»11.
Il testo attualmente in discussione presso la I Commissione Affari Costituzionali della
Camera è: «Si può con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali interessati,
consentire che province e comuni siano staccati da una regione e aggregati ad un’altra.
La relativa iniziativa è preceduta dalla richiesta della provincia o del comune, previa
approvazione delle rispettive popolazioni secondo le norme dei propri statuti. Per il
passaggio di una provincia ad un’altra regione, la richiesta deve essere inoltre
approvata, mediante referendum, dalla maggioranza delle popolazioni di ciascuna delle
regioni interessate. Per il passaggio di uno o più comuni da una provincia ad un’altra
appartenente a diversa regione la richiesta deve essere invece approvata, mediante
referendum, dalla maggioranza delle popolazioni di ciascuna delle due province
interessate»12.
Le novità introdotte dal nuovo testo sono tre:
1) L’espresso
consenso
della
popolazione
interessata
da
esprimersi
preventivamente alla richiesta della provincia o del comune in questione.
Questo consenso può essere espresso secondo forme diverse previste dagli
statuti degli enti locali senza escludere la possibilità di un’ulteriore e preventivo
referendum. Questo referendum o presunto tale ha efficacia confermativa nei
confronti della deliberazione del consiglio comunale o provinciale.
2) L’ambito territoriale di svolgimento del referendum già previsto dalla
precedente formulazione dell’articolo 132 subisce un allargamento. Sono
chiamati ad esprimersi non solo i cittadini dell’ente locale interessato ma anche
altri cittadini: se il referendum è finalizzato al distacco/aggregazione di una
11
Cit. in http://www.quirinale.it/costituzione/costituzione.htm
Cit. in http://www.Regione.emiliaromagna.it/wcm/sederoma/sezioni/i_nostri_focus/Riforma_dello_stato_e_della_pa/distaccocomuniprovin
ce/testo_del_ddl_sul_trasferimento_dei_Comuni.pdf
12
19
Provincia da una Regione all’altra saranno chiamati al voto tutti i cittadini di
entrambe le Regioni interessate; se l’operazione è volta al passaggio di uno o
più Comuni da una Provincia ad un’altra appartenente ad un’altra Regione,
saranno chiamati a votare i cittadini delle due Province interessate.
3) Ai fini della prosecuzione dell’iter è necessario che ci sia un esito positivo
presso entrambe le Regioni o Province in cui si è svolta la consultazione
A questo disegno di legge è stato allegato il parere della Conferenza unificata StatoRegioni - Città e autonomie locali: Trentino-Alto Adige e Val d’Aosta hanno espresso
parere contrario all’applicabilità del suddetto testo alle regioni a statuto speciale.
L’Associazione Nazionale Comuni Italiani13 ha ritenuto più equilibrata la disciplina
vigente. Le regioni hanno espresso parere favorevole sul testo fatta salva che in caso di
coinvolgimento di regioni a statuto speciale si faccia riferimento agli statuti loro propri.
Con Questo disegno di legge si intende innanzitutto chiarificare quali siano le
«popolazioni interessate» allo svolgimento della consultazione referendaria. La
normativa costituzionale non è mai stata esaustiva nel senso della definizione di chi
siano effettivamente le popolazioni interessate.
Il sistema complesso creato dalla legge di attuazione dell’articolo 132, la legge n. 352
del 1970 prevede che per avviare la procedura referendaria la richiesta debba provenire
da un terzo degli organi consiliari interessati e che il referendum debba essere
sottoposto a tutti i territori regionali delle due regioni interessate. Il risultato di un così
complesso sistema normativo è stato quello di impedire qualsiasi processo di modifica
dei confini regionali, bloccando quindi la geografia regionale a quella stabilita dai
costituenti repubblicani.
La modifica intervenuta con la sentenza della Corte costituzionale n. 334 del 2004 ha
provveduto a specificare che alle prime due fasi del processo in questione (iniziativa e
referendum) partecipino solo le popolazioni direttamente interessate. Dall’altre parte
però si è costituito un bilanciamento istituzionale con il parere obbligatorio delle regioni
e del Parlamento.
Questa proposta di modifica è atta a specificare ancora meglio quali siano le
popolazioni interessate per evitare che la proposta di distacco/aggregazione sia avvertita
13
Cfr. www.anci.it
20
solo dall’ente locale interessato e che si determini quindi uno spreco di risorse
finanziarie per sostenere un processo lungo.
Il disegno di legge costituzionale suddivide il procedimento in tre livelli: la richiesta
dell’ente locale interessato che esprime un giudizio preliminare (livello micro), il
referendum di province e o regioni interessate (livello meso) e il parere dei due consigli
regionali interessate che si accompagna al parere dei due consigli regionali interessati
(livello macro). La sostanza come descritto nell’introduzione del disegno di legge è che
«questa convergenza di volontà-consacrato dalla tornata referendaria - non può che
essere riservato tanto ai soggetti che richiedono per se stessi di essere distaccati e
successivamente aggregati, quanto a quelli che, in ordine alla propria sfera di interessi
(sociali, economici, eccetera), subiscono in ogni caso un profondo e significativo
impatto dal suddetto processo»14.
Il disegno di legge è stato oggetto di esame della I Commissione Affari Costituzionali
della Camera nei mesi di Luglio e Settembre 2007.
Nel dibattito sono emerse posizioni favorevoli sulla proposta di riforma dell’articolo
132 della Costituzione con qualche distinguo.
Il Centro-Destra pur condividendo lo spirito di tale disegno di legge ha auspicato che
questo venga inserito in modo organico in una discussione su tutte le diverse
problematiche connesse al sistema istituzionale della Repubblica.
La Lega Nord ha espresso perplessità dichiarando che una modifica di questo tipo renda
più difficile per gli enti locali organizzarsi autonomamente per quanto riguarda
l’appartenenza ad una Regione piuttosto che ad un’altra.
Una voce unanime emersa dall’esame della commissione è quelle di assegnare un
canale preferenziale alle richieste di distacco/aggregazione già presenti in Parlamento,
magari attraverso un’analisi unificata da parte di entrambi i rami del Parlamento.
L’On. Marco Boato, relatore in commissione, ha dichiarato che presenterà un nuovo
testo unificato che meglio specifichi il disegno di legge costituzionale anche nell’ottica
di una modifica della legge n. 352 del 1970.
L’ultima seduta di esame e rinvio si è svolta il 26 Settembre 200715.
14
Cit .in DDL 17/04/2007 N.2523 in http://www.Regione.emiliaromagna.it/wcm/sederoma/sezioni/i_nostri_focus/Riforma_dello_stato_e_della_pa/distaccocomuniprovin
ce/testo_del_ddl_sul_trasferimento_dei_Comuni.pdf
15
Sui lavori della Commissione Cfr.: http://www.camera.it/_dati/lavori/bollet/frsmcdin_wai.asp?
AD=1&percboll=/_dati/lavori/bollet/200707/0717/html/01/|pagpro=INT48n2|all=off|commis=01
21
2 I COMUNI CHE HANNO INTRAPRESO L’INIZIATIVA:
CRONISTORIA
2.1 I PRIMI CASI E GLI ESITI DEGLI SVILUPPI
PARLAMENTARI
22
Abbiamo detto in precedenza dei primi comuni che hanno intrapreso la strada verso il
referendum ma hanno trovato ostacoli giuridici. Abbiamo poi descritto il caso di San
Michele al Tagliamento, dove il referendum per il distacco/aggregazione è stato respinto
nel Maggio 2005.
Il primo Comune ad aver realizzato un risultato positivo nel referendum ex articolo 132
della Costituzione è stato quello di Lamon, sito in Provincia di Belluno (Veneto). Il
referendum chiedeva il distacco dal Veneto e l’aggregazione al Trentino Alto-Adige. Il
57.2% degli aventi diritto ha risposto sì al quesito referendario. La seconda tappa è stata
quella della presentazione di uno schema di legge presentato dal Governo Berlusconi
alle due regioni per parere di competenza, le due regioni hanno rifiutato e il Veneto ha
chiesto la presentazione di un nuovo disegno di legge, che trattandosi di regione a
statuto speciale ha avuto il carattere di legge costituzionale. Questo disegno di legge,
presentato dal Governo Prodi è stato discusso in Commissione Affari Costituzionali
unitamente ad un disegno di legge sul tema presentato dall’ Onorevole Marco Boato.
Questo disegno di legge non ha avuto un parere positivo dalla Provincia di Trento e
dalla Regione Trentino-Alto Adige, con motivazione dovuta al fatto che riguardando
una regione a statuto speciale deve prevedere un cambio di statuto approvato con parere
vincolante dal consiglio regionale.
Il secondo Comune ad aver intrapreso questa strada è quello di Cinto Caomaggiore in
Provincia di Venezia (Veneto) il quale ha chiesto di entrare a far parte della Regione
Friuli – Venezia Giulia e in particolare della Provincia di Pordenone. Gli aventi diritto
al voto al referendum svoltosi il 26/27 Marzo 2006 che hanno espresso parere
favorevole sono stati il 59,7%. Il Ministro dell'Interno ha inviato alle Regioni Veneto e
Friuli Venezia Giulia uno schema del disegno costituzionale per il loro parere di
competenza prima di mandarlo in Parlamento. È già stato acquisito il parere favorevole
del Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia e si sta attendendo quello del Veneto.
Nel frattempo il Senatore Giuseppe Saro ha presentato in Senato il disegno di legge 16
per disciplinare il procedimento distacco-aggregazione. Il 6 aprile 2007 il Consiglio dei
Ministri ha approvato il disegno di legge costituzionale17 prescritto dal procedimento
16
Cit. in http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00230157.pdf
17
Cit. in http://www.camera.it/_dati/lavori/schedela/apriTelecomando_wai.asp?codice=15PDL0025640
23
secondo l'articolo 132, comma secondo, ed è stato annunciato nella seduta della Camera
dei Deputati il 17 aprile 2007.
Nella stessa data in cui si è svolto il referendum nel Comune di Cinto Caomaggiore, si
sono svolti altri tre referendum a Gruaro, Pramaggiore e Teglio Veneto. Tutti e tre sono
stati respinti con una percentuale di voti favorevoli inferiore di circa 5 punti alla
maggioranza. Stessa sorte è toccata al Comune di Savignano Irpino che aveva richiesto
il distacco dalla Regione Puglia nel Giugno 2006.
L’ 8 e il 9 Ottobre si è svolto un referendum per il passaggio di Noasca (Torino) dalla
Regione Piemonte alla Regione Valle D’Aosta. Il referendum è passato e
il 17 aprile 2007, il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge
costituzionale18, prescritto dal procedimento secondo l'articolo 132, comma secondo, ed
è stato annunciato nella seduta della Camera dei Deputati.
Nella stessa data si è svolta un’altra consultazione presso il Comune di Sovramonte
(Belluno) che chiedeva il distacco dalla Regione Veneto per annettersi al Trentino –
Alto Adige. Il referendum ha ottenuto una notevole maggioranza di consensi (64.7%).
Il 17 aprile 2007, il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge ordinaria19
prescritto dal procedimento secondo l'articolo 132, comma secondo, ed è stato
annunciato nella seduta della Camera dei Deputati.
Il 17 e 18 Dicembre sette comuni della Valmarecchia (Casteldelci, Maiolo, Novafeltria,
Pennabilli, Sant’Agata Feltria, San Leo e Talamello), siti nella Provincia di Pesaro
Urbino hanno richiesto il passaggio dalla Regione Marche alla Regione EmiliaRomagna. Il referendum è stato approvato e il 17 aprile 2007, il Consiglio dei Ministri
ha approvato il disegno di legge ordinaria20 prescritto dal procedimento secondo
l'articolo 132, comma secondo, annunciato nella seduta della Camera dei Deputati. Nel
frattempo il Senatore Berselli ha presentato un disegno di legge21 per disciplinare il
distacco-aggregazione dei Comuni interessati.
18
Cit. in http://www.camera.it/_dati/lavori/schedela/apriTelecomando_wai.asp?codice=15PDL0025680
Cit. in http://www.camera.it/_dati/lavori/schedela/apriTelecomando_wai.asp?codice=15PDL0025630
20
Cit. in http://www.camera.it/_dati/lavori/schedela/apriTelecomando_wai.asp?codice=15PDL0025650
21
Cit. in http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00253563.pdf
19
24
2.2 I CASI PIU’ RECENTI
L’undicesimo Comune ad aver intrapreso la strada del distacco aggregazione è quello di
Carema (Torino), che ha chiesto il distacco dalla Regione Piemonte e l’annessione alla
Regione Val d’Aosta. Il referendum che ha avuto esito positivo è stato seguito dalla
presentazione di un disegno di legge costituzionale22 come prescritto dal procedimento
22
Cit. in http://www.camera.it/_dati/lavori/schedela/apriTelecomando_wai.asp?codice=15PDL0029200
25
secondo l'articolo 132, comma secondo, ed è stato annunciato nella seduta della Camera
dei Deputati.
Il 6/7 Maggio 2007 il referendum si è svolto in otto comuni dell’Altopiano di Asiago
(Asiago/Sleghe,
Roana/Robaan,
Rotzo/Rotz,
Gallio/Ghèl,
Enego/Ghenebe,
Foza/Vüsche, Lusiana/Lusaan e Conco/Kunken) che hanno richiesto il distacco dal
Veneto per passare al Trentino – Alto Adige. Il referendum ha avuto una maggioranza
di risposte affermative vicina al 60%. Questi comuni stanno ora attendendo che il
Governo approvi il disegno di legge costituzionale, prescritto dal procedimento secondo
l'articolo 132, comma secondo. Nel frattempo l' On. Fabris ha presentato alla Camera
dei Deputati il disegno di legge23per
disciplinare il distacco-aggregazione
dell'Altopiano.
Due casi più recenti riguardano i comuni di Montecopiolo e Sassofeltrio (Pesaro
Urbino) che con referendum svoltosi in data 24/25 Giugno 2007 hanno richiesto il
distacco dalla Regione Marche e l’aggregazione alla Regione Emilia – Romagna. In
entrambi i casi le risposte affermative hanno avuto la maggioranza e attualmente i due
comuni stanno attendendo che il Consiglio dei Ministri presenti il disegno di legge. Nel
frattempo il Senatore Berselli ha presentato due disegni di legge24 per disciplinare il
distacco-aggregazione dei comuni.
Un’interessante progetto futuro, in via di definizione, riguarderebbe il passaggio dei
territori del Cilento e del Vallo di Diano dalla Regione Campania alla Regione
Basilicata. L’obiettivo è quello della realizzazione del territorio della «Grande Lucania»
per un ricongiungimento di un territorio che alcune ragioni storiche hanno separato.
3 IL CASO DI CORTINA D’AMPEZZO
Cortina d’Ampezzo con 6085 abitanti è il Comune più grande e più conosciuto da un
punto di vista turistico dei tre Comuni che hanno richiesto attraverso la procedura
prevista dall’articolo 132 della Costituzione il passaggio dalla Regione Veneto alla
Provincia Autonoma di Bolzano. Gli altri due Comuni limitrofi sono Livinallongo del
Col di Lana, piccolo centro di 1417 abitanti e distante 21 km da Cortina d’Ampezzo e
23
24
Cit. in http://www.camera.it/_dati/lavori/schedela/apriTelecomando_wai.asp?codice=15PDL0032250
Cit. in. http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Ddlpres&leg=15&id=279960 e
http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Ddlpres&leg=15&id=279957
26
Colle Santa Lucia che ha una popolazione di 618 abitanti e dista 17 km da Cortina
d’Ampezzo. I Sindaci dei tre Comuni sono Andrea Franceschi (Cortina), Gianni Pezzei
(Livinallongo del Col di Lana) e Paolo Frena (Colle Santa Lucia).
3.1 STORIA DELL’EVOLUZIONE AMMINISTRATIVA E
POLITICA DEL TERRITORIO LADINO IN OGGETTO
I Ladini delle Dolomiti nel corso della storia, soprattutto negli ultimi due secoli,
scoprirono che certamente qualcosa li distingueva, ma era assai di più ciò che li
accomunava e univa: la lingua ladina, una storia movimentata ed una cultura
strettamente affine. In epoca molto antica, prima della conquista del territorio da parte
dei romani, la conca di Ampezzo era abitata dalla tribù dei Paleoveneti. Nell’alto
27
medioevo durante il dominio Longobardo si formarono le «regole», comunità familiari
che possedevano il territorio collettivamente. I Ladini tra Ortisei ed Ampezzo
disponevano di comunanze politiche già dal medioevo e fino nel pieno dell’era
moderna. Intorno all’anno 1000 il loro territorio era ancora sottomesso al dominio
ecclesiastico: Gardena e Badia con Livinallongo e Fassa ai vescovi di SabionaBressanone, Moena ai vescovi di Trento, Ampezzo ai patriarchi di Aquileia. La
sovranità ecclesiastica restò per i ladini un fattore determinante anche quando i Conti
del Tirolo nel 1250 esautorarono i vescovi: Gardena fu sottomessa ai tirolesi, ma la
curia di Bressanone mantenne l’alta signoria su Torre alla Gadera, Livinallongo e Fassa,
la restante Val Badia restò sottomessa al monastero di Castelbadia in Pusteria fino al
1785. Ampezzo rimase con il Patriarcato di Aquileia fino al 1420, poi passò sotto il
dominio di Venezia. Perdura fino ad oggi ininterrotto lo stretto contatto dei Ladini con
la Chiesa.
Nel 1500 la Contea del Tirolo, che già comprendeva vaste parti del Tirolo austriaco
odierno, del Sudtirolo e del Trentino, raggiunse quell’estensione che doveva conservare
fino al 1918. L’imperatore Massimiliano25, allora già principe del Tirolo, conquistò a
sud la sovranità su Ala, Mori e Brentonico e a nord quella su Kufstein, Kitzbühel e
Rattenberg. Nel 1511 Massimiliano tolse ai Veneziani anche il territorio di Ampezzo.
Gli Ampezzani dovettero rendere omaggio all’imperatore che nonostante, le richieste,
promise di rispettare la loro autonomia e le Regole. Ancora nel 1500 il ladino era molto
più diffuso di oggi: grandi parti del Sudtirolo odierno e del Trentino parlavano ancora
ladino, solo a partire dal 1600 l’uso della lingua si restrinse gradualmente fino ad
arrivare all’attuale estensione.
Con l’annessione di Ampezzo tutte le valli ladine erano sottomesse direttamente o
indirettamente (tramite il Principato di Bressanone) alla Contea del Tirolo. Dal 1803,
con la secolarizzazione dei principati vescovili, il Tirolo formò un’area di dominio ben
delimitata con capitale Innsbruck. Il Tirolo era un povero ma significativo territorio
della monarchia asburgica, il baluardo tra nord e sud, una piattaforma nel cuore
dell’Europa. Bressanone rimase la diocesi madre di gran parte dei Ladini. Nel 1789
25
Massimiliano I d'Asburgo (Vienna, 22 marzo 1459 – Wels, 12 gennaio 1519) , figlio dell'Imperatore
Federico III e di Eleonora del Portogallo, fu imperatore austriaco del Sacro Romano Impero.
28
anche Ampezzo passò con Bressanone, mentre nel 1818 Fassa e Gardena furono
aggregate alla sede vescovile di Trento; Gardena vi restò fino al 1964 e Fassa lo è
tuttora.
L’Austria plurinazionale riconobbe e promosse fondamentalmente la cultura e la lingua
dei suoi popoli. Nei singoli territori valeva la rispettiva lingua locale come lingua
ufficiale e l’insegnamento nella lingua madre era un dato di fatto. Il ladino delle valli
dolomitiche non fu tuttavia valorizzato come lingua propria e i ladini non furono
riconosciuti dalla statistica asburgica come popolazione a se stante. Perciò nelle scuole
fu insegnato l’italiano o il tedesco, il ladino servì però sempre come lingua ausiliaria.
Tuttavia tra i Ladini si sviluppò nel corso del 1800 un nuovo senso di aggregazione.
Esperienze vissute come le guerre del 1809, 1848, 1859, 1866 condotte assieme ai
tirolesi tedeschi ed italiani promossero l’identità ladina all’interno di quell’appartenenza
al Tirolo e agli Asburgo mai messa in discussione. Fallirono anche i tentativi di
tedeschizzare o italianizzare la Ladinia. Il sorgente nazionalismo italiano e tedesco tentò
certamente di costringere i ladini a stare in uno dei campi nazionali. Che ciò non sia
accaduto dà prova della forza d’animo e dell’indipendenza propria dei ladini.
Nella prima guerra mondiale la Ladinia si trovò al centro del fronte dolomitico. Tra il
1915 ed il 1917 numerose case fodome e ampezzane furono distrutte dai
bombardamenti. La Comune, dolorosa esperienza della distruzione come anche il
servizio militare negli Standschützen26 e nell’esercito regolare austriaco unì i ladini.
Oltre 1000 caduti ladini, due volte rispetto alla seconda guerra mondiale,
contraddistinsero la violenza omicida della guerra dolomitica.
L’11 Novembre 1919 il Consiglio comunale di Cortina deliberò che: «la popolazione
d’Ampezzo ha sempre addimostrato [...] in ogni occasione i leali sentimenti di fedeltà
verso l’alta casa d’Asburgo, in modo speciale in questi anni dell’immane pugna, ove
una terza parte della popolazione prese parte attiva per difendere il suolo austriaco e
prova del loro valore lo dimostrano le decorazioni che fregiano il petto di quasi tutti i
soldati ampezzani [...] che il paese addimostrò varie volte [...] il sentimento austriaco,
tenendo inoltre calcolo dell’importo favoloso che il Comune ed i privati d’Ampezzo
sottoscrissero al VII ed VIII prestito di guerra, nel mentre non può dare il voto per
l’avvenire del paese, perché non autorizzata dalla popolazione con plebiscito, la
26
Tiratori scelti
29
rappresentanza comunale ritiene che i fatti fin d’ora addimostrati dagli Ampezzani siano
più che sufficienti per addimostrare l’attaccamento del paese verso il Tirolo ed aspetta
fiducioso la sorte che il patrio Governo ha riservato a questa fedelissima popolazione».
Sulla stessa lunghezza d’onda la dichiarazione del 17 Novembre 1919: «la
rappresentanza comunale all’unanimità delibera di chiedere che Ampezzo venga
aggregato amministrativamente all’Alto Adige ed incarica il Sindaco di far conoscere
tale punto di vista al Regio Governo [...]. Se Ampezzo sarà aggregato
amministrativamente all’Alto Adige starà molto meglio economicamente che se verrà
aggregato ad altra Provincia [...]. In ultimo il sindaco fa la proposta che, qualora il
Regio Governo dubitasse che la decisione presa dalla rappresentanza comunale [...] non
sia conforme al desiderio della gran maggioranza del paese, venga convocato un
plebiscito». Il concetto viene ribadito qualche mese più tardi e il 12 Aprile 1920 «Il
Sindaco chiede alla rappresentanza comunale se essa ritiene di riconfermare la
deliberazione 17 Novembre 1919 [...] la medesima, pienamente convinta di interpretare
i sentimenti della gran maggioranza della popolazione, ad unanimità riconferma nel
pieno suo tenore la deliberazione citata ed incarica il sindaco di spedire una copia del
presente verbale alle loro Eccellenze il Ministro Presidente Nitti, al comm. Salata ed
all’On. Credaro, Commissario Generale Civile per la Venezia Tridentina [...] Qualora il
R. Governo ritenesse che questa deliberazione non fosse conforme ai sentimenti della
popolazione d’Ampezzo [...] venga convocato un plebiscito [...] deliberazione presa
unicamente per salvaguardare l’interesse economico-commerciale ed amministrativo del
paese, senza alcuno scopo politico»
Quando nel 1919 il Tirolo del Sud e il Trentino passarono all’Italia, i rappresentanti
politici dei ladini si difesero assiduamente contro la separazione avendo poca fiducia nel
nuovo governo. Con ragione: il regime fascista contemplò le valli dolomitiche come
primo oggetto dell’italianizzazione, esse ottennero già nel 1921 l’insegnamento nella
pura lingua italiana e furono suddivise tra il 1923/27 in tre province e due regioni:
Livinallongo, Colle Santa Lucia e Ampezzo furono inseriti in Provincia Di Belluno. I
ladini dolomitici annessi al Regno d’Italia con quest’ultima avevano ben pochi legami.
Fino alla prima guerra mondiale l’economia era maggiormente proiettata verso il mondo
di lingua tedesca: l’amministrazione era tirolese, il sistema legislativo e scolastico era
quello austriaco ed ai comuni veniva garantita un’ampia autonomia.
L’annessione
30
all’Italia significava perciò per i ladini del Sella il contatto con una realtà politica,
culturale ed economica del tutto diversa da quella vissuta sino ad allora, e perciò essi
tentarono di ristabilire con il mondo tedesco-tirolese questo contatto molto sentito,
nonostante essi avessero cominciato a rivendicare una propria particolarità etnico
linguistica nella seconda metà dell’800, con spinte anche autonomistiche.
I Ladini erano considerati dai fascisti non come allogeni, ovvero stranieri come i
sudtirolesi di lingua tedesca, ma come una variante interessante di italiani facile da
assimilare. L’opzione del 193927, alla quale anche i ladini furono obbligati, fu una
reazione all’oppressione fascista. Le ragioni che mossero i Ladini ad optare per la
Germania furono molteplici, ma solo in pochi casi di natura puramente ideologica. Solo
pochi Ladini abbandonarono la loro patria, poiché intuirono presto gli aspetti negativi
dell’opzione e del nazionalsocialismo. Tuttavia l’opzione rimase anche per i Ladini la
più difficile e pesante prova, una minaccia alla loro stessa esistenza come gruppo
linguistico.
Dopo il 1945 crebbe in ogni valle la speranza nell’unione di tutti i ladini dolomitici. Nel
1946 l’associazione «Zent Ladina Dolomites» manifestò in varie occasioni il suo
desiderio di unione. La politica nazionale invece decise di perpetrare la separazione per
indebolire ulteriormente il popolo ladino. Solamente nel 1951 in Provincia di Bolzano
furono finalmente riconosciuti come gruppo linguistico, benché nell’Accordo di Parigi
(Accordo De Gasperi – Gruber) del 1946, testo base delle autonomie di Bolzano e
Trento, non fossero stati menzionati.
Nel Sudtirolo fu fatta
valere la tutela della lingua madre e della cultura ladina, e, con il secondo statuto di
Autonomia del 1972, anche i ladini residenti nella Provincia di Trento godettero di
sempre maggiore tutela. Ampezzo e Livinallongo, parte della Provincia di Belluno,
rimasero uniti agli altri ladini attraverso il legame ecclesiastico, facendo essi capo alla
Diocesi di Bressanone fino al 1964 quando, subendo il distacco dalla neonata Diocesi di
Bolzano-Bressanone, furono oggetto di un’ulteriore ingiustizia. Nonostante ciò non
mancarono i tentativi di costruire un legame amministrativo con gli altri Ladini: dal
27
La popolazione di madrelingua tedesca e ladina della Provincia di Bolzano, della zona mistilingue della
Provincia di Trento, dell’Ampezzano e della Val Canale furono, furono posti di fronte ad una scelta:
mantenere la cittadinanza italiana, e quindi restare nelle proprie case, ma rinunciando una volta per tutte
ad essere considerati tedeschi; oppure optare per la cittadinanza del Reich, accettando il trasferimento
oltreconfine e la liquidazione dei beni.
31
1945 al 1948 Ampezzo e Livinallongo si impegnarono con tutti i mezzi a loro
disposizione a ritornare con la Provincia di Bolzano. Nella discussione in Assemblea
Costituente a proposito del disegno di legge costituzionale sullo Statuto Speciale,
l’Onorevole Luigi Carbonari28 sostenne che la zona ampezzana fu staccata da Trento
contro la volontà della popolazione del luogo per accontentare la gerarchia presente in
Provincia di Belluno, in quel clima ad Ampezzo vennero soppresse la rappresentanza
comunale e il commissariato civile. Secondo Carbonari, gli Ampezzani avevano diritto
al referendum per restituire alla Provincia di Trento un territorio che già gli era
appartenuto. Sempre in questo intervento venne sottolineato come era assurdo affermare
che questo distacco era per tutelare l’italianità della zona di Ampezzo quando anche i
Trentini combatterono per l’Italia. In conclusione chiese la restituzione della zona
ampezzana staccata da Trento. In risposta a questo intervento fu ricordato che per tale
decisione ci si debba rifare all’articolo 132 della Costituzione.
Nel 1947 il Consiglio comunale fece di nuovo un pressante invito al governo con
oggetto il ritorno e non l’annessione alla Regione Tridentina di cui questi territori fecero
parte per oltre 400 anni, l’assemblea deliberò «di chiedere, con la presente, al Ministero
dell’Interno che voglia riaggregare il Comune di Cortina d’Ampezzo alla Venezia
Tridentina o alla istituendo Regione del Trentino Alto Adige con la quale confina e
verso la quale convergono i suoi interessi economici, ristabilendo così la situazione
esistente prima del fascismo e di emanare quanto prima i relativi decreti.
Che il Ministero dell’Interno voglia interpretare la volontà della popolazione del
Comune di Cortina d’Ampezzo con un referendum, qualora la presente deliberazione
fosse ritenuta insufficiente per la dimostrazione del volere della popolazione». Queste
richieste non vennero accettate perchè a Cortina la popolazione autoctona perse potere a
favore degli immigrati, tanto che nel 1952 divenne Sindaco un albergatore milanese,
Mario Rimoldi che riuscì a farsi finanziare dal Governo due milioni e mezzo di lire per
ristabilire l’italinità nei territori dell’ampezzano. L’anno 1956, fu quello delle Olimpiadi
Invernali, le prime in Italia. A seguito di questo evento di richiamo internazionale la
popolazione di Cortina salì da 3500 a 9500 abitanti. Questo evento fu deleterio per la
ladinità di Ampezzo in quanto ci fu un crescente afflusso di immigrati, un’abbandono
28
Luigi Carbonari (1880-1971) costituente della Democrazia Cristina dal 15 Luglio 1946 al 31 Gennaio
1948.
32
del lavoro agricolo e una svendita del territorio, da quel momento in poi i Ladini sono
diventati
una
minoranza
nel
loro
territorio.
Ancora nel 1964, 1973 e 1977 il consiglio comunale di Livinallongo deliberò, purtroppo
senza successo, il ritorno con Bolzano.
È interessante segnalare che nel 1991 il Comune di Cortina d’Ampezzo deliberò a
riguardo di un’esame di proposta d’indizione di un referendum consultivo ai sensi
dell’articolo 41 dello statuto comunale per aggregare Cortina alla Provincia Autonoma
di Bolzano. Il referendum in oggetto non era quello previsto dall’articolo 132 della
Costituzione ma una consultazione prevista dallo statuto comunale, lo scopo era
conoscitivo, si voleva indagare se i cittadini di Cortina erano disposti all’avvio della
procedura referendaria per il distacco/aggregazione responsabilizzandone così quella
che sarebbe stata la scelta. L’altro scopo della seduta del Consiglio Comunale era quello
di impegnare la giunta affinchè predisponesse uno studio accurato per porre in evidenza
gli aspetti positivi e negativi di un’eventuale aggregazione al Trentino-Alto Adige, con
l’impegno successivo di dare ampia diffusione al documento. Una voce unanime
favorevole uscì da questa assemblea eccezion fatta per un consigliere comunale che
sosteneva l’inutilità di una tale inziativa perchè i capi dei partiti in maggioranza al
Governo avevano già espresso parere negativo ad un possibile cambio di Regione,
secondo il consigliere Lacedelli erano infatti altre le tematiche all’ordine del giorno per
Cortina. Al termine della seduta i voti favorevoli alla proposta referendaria furono 17 e
1 solo contrario pertanto il Comune deliberò l’indizione di un referendum consultivo
per verificare se i cittadini volevano l’avvio della procedura ex articolo 132 della
Costituzione. A breve fu anche assegnata ad uno Studio di Merano e ad un docente
dell’Università di Firenze il compito di effettuare uno studio su vantaggi e svantaggi del
passaggio al Trentino-Alto Adige.
Fino ad oggi l’Union Generela è il principale punto di riferimento per le comuni
richieste ladine. L’Autonomia promuove l’autocoscienza ladina, tant’ è che i censimenti
dal 1981 in poi dimostrano una costante crescita del gruppo ladino nella Regione
Trentino-Alto Adige. Ampezzo, Livinallongo e Col invece sono i soli comuni
dell’intero territorio ex-austriaco passato all’Italia nel 1919 a non beneficiare
dell’Autonomia, concessa invece all’Alto Adige, Trento e Trieste. Oggi in tutta Europa
33
è fortemente cresciuta la comprensione per le richieste e per il diritto d’esistenza dei
piccoli gruppi etnici. La riunificazione di tutti i Ladini delle Dolomiti e delle loro
particolari richieste rispecchierebbe questo spirito europeo. La decisione di Ampezzo e
Livinallongo di passare alla Regione del Trentino-Alto Adige sarebbe un primo passo
che apre la via a nuovi sviluppi. L’adeguamento alle autonomie di Bolzano e Trento in
ogni caso sarà graduale.
3.2 TAPPE CHE HANNO PORTATO AL REFERENDUM
La richiesta di indizione di iniziativa referendaria congiunta riguardante il territorio in
questione è stata presentata dall’ Union dei Ladis D’Anpezo29, dall’Union Ladins da
Fodom30 (Livinallango Del Col di Lana) e da Union Ladin da Col (Colle Santa Lucia) in
data 12/02/07 ai tre Comuni in questione.
Le tre associazione nel comunicato comune considerano che il loro spirito ha sempre
mirato all’unione delle valli ladine che dopo 420 anni di unione sono state separate nel
Gennaio 1923 per volere del regime fascista contro la volontà dei tre Comuni. Viene
ricordato inoltre che in base all’articolo 2 dell’accordo italo-tedesco, approvato a Roma
il 21 Ottobre 1939 dal governo fascista e dal governo tedesco, la zona in oggetto è stata
dichiarata «mistilingue» e dal Settembre 1943 alla fine del secondo conflitto mondiale è
29
30
Cfr. http://www.dolomiti.org/ita/cortina/cc/ULDA/index.html
Cfr. http://www.ladins.it/ulf/consiglio_ulf.htm
34
stata unificata alla Provincia di Bolzano. Questa aggregazione è però durata ben poco
perchè alla fine della seconda guerra mondiale i tre Comuni sono stati nuovamente
unificati alla Provincia di Belluno ed alla Regione Veneto. Il 14 Luglio 1946 il
movimento Zent Ladinia Dolomites ha organizzato un grande raduno per chiedere la
riaggregazione del territorio alla Regione Trentino-Alto Adige, richiesta disattesa dalla
firma dall’accordo De Gasperi-Gruber che ha confermato la spartizione.
Successivamente i tre Comuni hanno chiesto per 4 quattro volte (1947, 1964, 1973,
1977) in modo congiunto o separato, l’aggregazione alla Regione Trentino-Alto Adige,
per motivi storici, economici e culturali. Le tre unioni richiedenti sottolineano inoltre la
disparità di trattamento che subiscono i ladini nelle due regioni confinanti.
La richiesta si conclude con la citazione dell’articolo 132 della Costituzione, secondo
comma, della legge n. 352 del 1970 e della sentenza della Corte Costituzionale
n.334/2004 e la richiesta alle Amministrazioni Comunali di indire una consultazione
referendaria congiunta nei tre Comuni per la riunificazione dei rispettivi territori alla
Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, ingiustamente separati a seguito della prima
guerra mondiale e, contro la volontà della popolazione, aggregati alla Regione Veneto.
Il Comune di Cortina d’Ampezzo ha discusso e deliberato a riguardo di tale richiesta
nella seduta straordinaria del Consiglio Comunale del 5 Aprile 2007.
La discussione si è articolata sull’intervento di tre consiglieri: Gianfrancesco Demenego
ha ricordato come già nel 1991 il Consiglio Comunale deliberò a favore di un’iniziativa
di distacco/aggregazione alla Provincia Autonoma di Bolzano ed auspica che a partire
da quel documento si possa effettuare un’analisi costi/benefici conseguenti ad
un’eventuale cambio di regione.
Il Consigliere Luciano Dalus ha sostenuto che sia più opportuna un’azione Comune di
tutte le Province italiane per il riconoscimento dei diritti delle minoranze piuttosto che
singole azioni separate. Nonostante ciò ha dato il suo parere positivo all’iniziativa
affinchè i cittadini possano scegliere in modo cosciente.
L’Assessore Paolo Franceschi ha ritenuto invece importante recepire l’istanza dell’
ULDA31 perché rafforza l’esercizio della democrazia, consentendo ai cittadini di
esprimersi. Egli ha aggiunto che la difesa del proprio territorio e della propria identità
passa anche attraverso una attenzione costante ai tentativi di attacco che ci sono stati nel
31
Unione dei Ladis d’Anpezo
35
passato e ci saranno in futuro; a tale proposito ha ricordato, i ricorsi sul PRG da parte di
alcuni privati, le problematiche delle aree rurali e delle zone alberghiere.
Particolare attenzione, continua Franceschi, dovrà essere prestata nella adozione del
P.A.T.32 e nella elaborazione del PTCP33 Provinciale che avrà connessioni importanti
sullo sviluppo degli impianti a fune e sui collegamenti con le valli vicine. L’Assessore
ha poi concluso dicendo che l’autonomia non va solo rivendicata ma costantemente
esercitata, qualunque sia la regione di riferimento.
A seguito della lettura della delibera da parte del Sindaco Giacomo Giacobbi si è svolta
la votazione che ha ottenuto 15 voti favorevoli su 15 consiglieri presenti. Il Consiglio
Comunale di Cortina d’Ampezzo ha così deliberato che avvierà le procedure
tecnico/amministrative affinchè venga indetto un referendum popolare ai sensi
dell’articolo 132 della Costituzione. Il testo che verrà sottoposto in tale consultazione è
il seguente: «Volete che il territorio dei Comuni di Cortina d’Ampezzo, Livinallongo
del Col di Lana e Colle Santa Lucia sia separato dalla Regione Veneto per entrare a far
parte integrante della Regione Trentino Alto Adige? ». Verrà presentata la richiesta di
legittimità all’Ufficio centrale per il referendum e verrà dato atto alla richiesta attraverso
le delibere dei Consigli Comunali interessati, non essendo previsto nessun altro
documento da presentare come previsto dalla sentenza n. 334 del 2004 della Corte
Costituzionale.
Il Consiglio Comunale ha poi nominato due delegati: uno effettivo ed uno supplente,
rispettivamente nelle persone di Bruno Dimai e di Siro Bigontina al fine del deposito,
presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, della richiesta del referendum nonché di
quant'altro sia necessario e utile al buon esito della procedura referendaria.
Il 19 Aprile 2007 il Comune di Livinallongo del Col di Lana ha deliberato anch’esso a
riguardo della suddetta richiesta presentata dalle associazioni ladine prima citate con 12
voti favorevoli su 12 presenti e votanti. Il Comune in questione così come Cortina ha
deliberato
a
riguardo
dell’avvio
delle
procedure
tecnico-amministrative,
32
Piano di assetto del territorio. La pianificazione urbanistica comunale si esplica mediante il Piano
Regolatore comunale che si articola in disposizioni strutturali, contenute nel Piano di Assetto del
Territorio (P.A.T.) e in disposizioni operative conenute nel Piano degli Interventi (P.I.).
Il Piano di Assetto del Territorio, in particolare, è lo strumento che ricomprende e coordina i piani
settoriali e di area vasta nonchè rileva i vincoli sovraordinati anche in materia ambientale e paesaggistica.
33
Piano territoriale di coordinamento Provinciale. Il P.T.C.P. è lo strumento di pianificazione che delinea
gli obiettivi e gli elementi fondamentali dell’assetto del territorio Provinciale in coerenza con gli indirizzi
per lo sviluppo socio-economico Provinciale, con riguardo alle prevalenti vocazioni, alle sue
caratteristiche geologiche, geomorfologiche, idrogeologiche, paesaggistiche ed ambientali.
36
dell’approvazione del testo, della trasmissione della richiesta all’Ufficio centrale per il
referendum e della nomina di un delegato effettivo e di uno supplente nelle persone di
Bruno Dimai e di Siro Bigontina.
Il 20 Aprile è stata la volta del Comune di Colle Santa Lucia a deliberare riguardo della
richiesta d’indizione di referendum e l’esito è stato la medesima delibera approvata
dagli altri due consigli comunali all’unanimità.
Nei due mesi successivi è stato ottenuto il via libera da parte della Corte di Cassazione e
sulla «Gazzetta Ufficiale» del 20 Agosto 2007 è pubblicato il decreto del Presidente
della Repubblica sull’indizione del referendum. Gli elettori chiamati alle urne saranno
5195 a Cortina, 1235 a Livinallongo e 404 a Colle Santa Lucia, affinché il referendum
venga approvato saranno necessari 3418 voti favorevoli pari al 50% più uno degli aventi
diritto.
Sull’onda di entusiasmo portata dalla fissazione della data del referendum si registra la
nascita, avvenuta a Luglio di un’associazione denominata «Amisc da Ladinia Unida»34.
Quest’associazione gode dell’appoggio dei sindaci della Val Badia e del sindaco di
Selva di Val Gardena, lo scopo dell’associazione è l’appoggio totale al sostegno del
referendum in oggetto.
L’associazione sostiene come sia di fondamentale importanza auspicare una
riunificazione di tutte la anime ladine che nel periodo fascista hanno subito una
tripartizione e da allora non sono state più riunificate. Gli scopi sono: garantire la
peculiarità linguistica e culturale, coordinare le relazioni tra le varie valli ladine e creare
una rete di relazione con i sindaci del territorio in questione e con i vari partiti. La Svp35
ha già garantito il suo appoggio.
Il cammino verso il referendum è stato segnato da altri eventi da segnalare. Nei primi
giorni di Settembre è emersa la posizione del Sindaco di Belluno e di alcuni giuristi a
proposito di una possibile incostituzionalità del referendum. La critica poggia sul fatto
che il referendum, in base a quanto scritto nell’articolo 132 debba essere svolto in ogni
singolo Comune che deve avere la possibilità di esprimersi. La consultazione in oggetto
è invece intesa da svolgersi nel territorio di tutti e tre i Comuni contemporaneamente,
sommando la popolazione di ogni Comune per il computo finale del quorum e del
34
35
Amici della Ladinia Unita
Südtiroler Volkspartei
37
conseguente risultato. Questo vizio d’incostituzionalità non è stato rilevato dalla Corte
di Cassazione che ha invece dato il via libera.
Il 12 Ottobre 2007 il Gruppo Progetto Referendum nella persona di Eddy Demenego ha
inviato una lettera aperta al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano intitolata:
«Giustizia per il popolo Ladino delle Dolomiti» perchè «riteniamo che soltanto il
Presidente della Repubblica abbia il potere e la sensibilità di accogliere un così accorato
appello: riunire finalmente la popolazione ladina nella propria unica Provincia di
appartenenza»36. La lettera parte dalla spiegazione delle vicissitudini storiche che hanno
attraversato il popolo dei ladini dal primo conflitto mondiale al 1923 quando il Sud
Tirolo appena passato all’Italia fu diviso in tre Province e due Regioni contrariamente a
quanto previsto dal Trattato di Saint Germain37. Questa fu la fine dell’unità socioculturale, amministrativa e linguistica che durava da molto nel popolo ladino che è
l’ultima popolazione autoctona ancora rimasta. Vengono poi elencati i vari tentativi
falliti che vennero attuati per riunire queste popolazioni al Trentino-Alto Adige. Le
imposizioni del regime fascista e la negazione di ogni libertà non allineata con il
regime.
Nella lettera si legge poi che anche con il ritorno della democrazia dopo la seconda
guerra mondiale non si riuscì a riunificate il territorio ladino all’interno di un’unica
Regione, di tale negazione si vantò il Senatore Paolo Emilio Taviani, vice-segretario
nazionale della Democrazia Cristiana affermando che: «[…] la proposta della
restituzione di Cortina alla Provincia di Bolzano giunse in aula sostenuta da una larga
parte della DC su iniziativa dei trentini… su questo tema m’intestardii. Misi insieme
una decina di deputati democristiani miei amici che vigilavano in aula e mi avvertivano
al momento dei voti. Insieme votammo con le sinistre e con la destra contro la proposta
democristiana. Cortina rimase così nella Regione veneta»38. Questa presa di posizione è
definita nella lettera come «inqualificabile» e ha segnato nuovamente una condanna alla
divisione del territorio ladino.
La lettera si conclude con l’auspicio che dopo 50 anni questa possibilità sia sfruttata
veramente a pieno e che si possa intraprendere la strada che pur lunga porti alla
36
Cit. da Giustizia per il popolo ladino delle Dolomiti, lettera al Presidente della Repubblica Giorgio
Napolitano, Cortina d’Ampezzo , 12 Ottobre 2007 in http://www.amiscdlaladinia.info/index.php?
option=com_content&task=view&id=300&Itemid=2
37
Cfr. http://www.itcbz.it/didattica/archivio/trilinguismo/sgermain.htm
38
Cit. da Paolo Emilio Taviani, Politica a memoria d’uomo, Il Mulino, Bologna 2002, pp. 283-284
38
riunificazione dei Ladini, la richiesta che viene fatta al Presidente e quella di rendere
giustizia al popolo ladino, che dopo 90 anni di attesa vuole ritornare nella propria
Provincia.
Le successive dinamiche di relazione tra i vari attori coinvolti verranno affrontate più
avanti.
Il 28 e il 29 Ottobre sì è svolto il referendum, il raggiungimento del quorum era già
obiettivo realizzato al termine della prima giornata di consultazione che ha visto la
percentuale di votanti superare di poco il 55%.
Il 29 Ottobre lo scrutinio ha dato il seguente esito: 3.847 voti favorevoli (78,86%) e 989
voti contrari (20,28%). Il referendum è stato dichiarato valido in quanto il numero di
risposte affermative ha superato la metà più uno (3.847 voti) degli aventi diritto al voto
(6.828 iscritti nelle liste elettorali). A Cortina d’Ampezzo i voti favorevoli sono stati
2.788 (76,53%) e i voti contrari 829 (22,76%), a Livinallongo Del Colle di Lana sono
stati espressi 834 voti favorevoli (86,43%) e 119 voti contrari (12,33%) infine a Colle
Santa Lucia le risposte affermative sono state 225 (83,33%) e le risposte negative sono
state 41 (15,19%).
La procedura costituzionale prevede che venga poi presentato un disegno di legge dal
Governo al Parlamento che abbia l’approvazione formale delle due Regioni coinvolte
prima di essere discusso e votato.
Questo disegno di legge non è ancora stato presentato nonostante siano passati più di 60
giorni dall’esito positivo del referendum, l’idea è stata solo abbozzata ed è stato
predisposto un disegno di legge dal Governo Prodi da cui si potrebbe ripartire con
l’inizio della nuova legislatura che si aprirà nell’Aprile 2008.
39
3.3 IL PASSAGGIO ALLA PROVINCIA AUTONOMA DI
BOLZANO: QUALI PRIVILEGI?
La Regione Trentino-Alto Adige, essendo come già detto Regione a Statuto speciale
gode di alcuni privilegi specifici e peculiarità in diversi campi.
All’interno di questo statuto speciale sono previste condizioni particolari di autonomia
per la Provincia Autonoma di Bolzano, parificabili alle peculiarità delle altre Regioni a
Statuto speciale.
Lo statuto entrato in vigore nel 1972 prevede inoltre alcune disposizioni di tutela nei
confronti delle minoranze linguistiche ladina e tedesca.
Le disposizioni dello statuto sono state emanate in seguito agli accordi presi con il
Trattato di Parigi del 1946 (Trattato De Gasperi-Gruber) e nel pacchetto elaborato negli
anni ’60.
Sono competenze legislative primarie della Provincia Autonoma di Bolzano:
toponomastica (con obbligo di bilinguità), tutela e conservazione del patrimonio
artistico, storico e popolare, usi e costumi locali e culturali, manifestazioni ed attività
artistiche, educative e culturali, urbanistica, usi civici, ordinamento dei masi chiusi e
40
delle comunità familiari rette da antichi statuti e consuetudini, apicoltura e parchi per la
protezione della flora e della fauna, turismo e industria alberghiera, i portatori alpini e i
maestri con le loro scuole di sci, caccia, pesca, agricoltura, scuola materna ed
addestramento professionale.
Per l’esercizio delle suddette competenze la provincia deve rispettare solo ed
esclusivamente gli obblighi derivanti dalla Costituzione e gli obblighi comunitari ed
internazionali.
Sono competenze legislative di tipo secondario: polizia locale, istruzione elementare e
secondaria, commercio, apprendistato, libretti di lavoro, categorie occupazionali,
costituzione e funzionamento delle commissioni comunali e Provinciali di controllo sul
collocamento, pubblica sicurezza negli spettacoli pubblici, esercizi pubblici, incremento
della produzione industriale, utilizzazione delle acque pubbliche, igiene e sanità
comprese l’assistenza sanitaria ed ospedaliera, attività sportive e ricreative con relativi
impianti ed attrezzature.
Da un punto di vista fiscale, alla Provincia Autonoma di Bolzano vengono attribuiti i
nove decimi dei seguenti tributi riscossi sul territorio: Irpef39, Ires40, l’imposta di registro
e la tassa di circolazione, l’imposta di fabbricazione sulla benzina, sugli oli da gas per
autotrazione e sui gas petroliferi liquefatti per autotrazione.
Inoltre può godere di sette decimi dell’Iva riscossa sul territorio e di tutte le imposte
statali sull’energia elettrica. In ultimo, dal punto di vista fiscale, lo Statuto prevede una
quota variabile assegnata annualmente al bilancio Provinciale, facente parte delle spese
dello stato per la restante parte del territorio nazionale negli stessi settori di competenza
della Provincia.
Passando poi alla tutela delle minoranze linguistiche esistono specifiche tutele da un
punto di vista istituzionale. Nelle giunte comunali ogni gruppo linguistico ha diritto ad
essere rappresentato se ha almeno due rappresentanti in consiglio comunale. La legge
elettorale Provinciale deve garantire la presenza e la rappresentanza della minoranza
ladina. La composizione della giunta Provinciale deve essere proporzionata alla
presenza numerica all’interno del consiglio Provinciale, la rappresentanza del gruppo
ladino in giunta può essere riconosciuta anche in deroga alla proporzionale41.
39
Imposta sul reddito delle persone fisiche
Imposta sul reddito delle società
41
Cfr. p. 55
40
41
Lo statuto garantisce inoltre che i posti dei ruoli delle amministrazioni civili dello stato
vengano coperti in proporzione alla consistenza dei tre gruppi linguistici, quale risulta
dalle dichiarazioni di appartenenza rese in occasione del censimento ufficiale della
popolazione che avviene ogni 10 anni. Questa è la cosiddetta proporzionale. La
proporzione riservata ai singoli gruppi è generalmente commisurata alla loro
consistenza demografica sul territorio di un ente, ossia sul territorio in cui un ente
svolge la sua funzione. A livello Provinciale e per l’ente Provincia la ripartizione
proporzionale corrisponde alla consistenza dei tre gruppi accertata con dichiarazione ed
aggregazione (di chi non è italiano, tedesco o ladino) all’ultimo censimento (2001) che
è la seguente: 69,15% tedeschi, 26,47 % italiani e 4,37 % ladini. Negli otto comuni
ladini la percentuale del gruppo ladino va dal 82 % (Ortisei) al 97 % (La Valle). Le
amministrazioni locali dello stato, la Provincia e talune aziende di servizi (poste,
ferrovie, INPS) seguono la proporzionale Provinciale, i comuni, i comprensori, i vari
consorzi, le aziende seguono la proporzionale commisurata al loro territorio di
appartenenza o di competenza.
Con l’eventuale passaggio di Cortina, Livinallongo e Colle, la dimensione del ceppo
ladino aumenterebbe e questo potrebbe portare un nuovo equilibrio nelle suddivisioni.
In termini di tutela della minoranza ladina possiamo parlare anche del DPR n.574/1988
che prevede che i cittadini di lingua ladina possono utilizzare la loro lingua nei rapporti
orali o scritti con i seguenti pubblici uffici: uffici della pubblica amministrazione, enti
locali e uffici scolastici, uffici della Provincia che svolgono funzioni nell’interesse delle
popolazioni ladine, concessionarie di servizi pubblici per i ladini e con i giudici di pace
competenti per le località ladine. Il fatto che le minoranze linguistiche possano usare la
loro lingua nei pubblici uffici presuppone che i dipendenti pubblici dei suddetti uffici
sappiano usare le tre lingue, le conoscenze delle lingue vengono accertate da un esame.
Gli esami che accertano la conoscenza di una lingua tra l’italiano e il tedesco sono
articolati su quattro gradi di difficoltà in base al titolo di studio richiesto per quel
determinato impiego: dottorato (A), maturità (B), licenza media (C), nessun titolo (D).
Tutti gli esami si articolano in una prova orale e in una scritta, tranne per il il livello D
per il quale è richiesta solo la prova orale. La commissione d’esame è composta
pariteticamente da membri di lingua italiana e da membri di lingua tedesca. La
conoscenza della lingua ladina è invece accertata da un solo esame orale, l’esame scritto
42
viene svolto solo per mansioni elevate, la commissione è composta da quattro membri
del ceppo ladino.
Le disposizioni in uso per quanto riguarda il trilinguismo verranno applicate
gradatamente in base a leggi di attuazione in caso di esito positivo dell’intero processo
di distacco/aggregazione di Cortina d’Ampezzo, Livinallango Del Col di Lana e Colle
Santa Lucia.
Interessante segnalare altri tre privilegi di cui godrebbero i tre Comuni in questione:
contributo Provinciale per l’uso della lingua ladina, è un contributo che viene elargito ai
comuni ladini dell’Alto Adige per compensare il maggior lavoro dovuto all’impiego
anche della lingua ladina. Nel 2007, tale contributo ammontava complessivamente a
200.000,00 € ca. Indennità di trilinguismo per i dipendenti pubblici: tale indennità varia
a seconda della qualifica e della mansione svolta, in ogni caso si tratta di un importo
notevole in aggiunta allo stipendio normale. Per i ladini della Provincia di Bolzano
inoltre operano un Istituto Culturale Ladino, un’Intendenza Scolastica, un Istituto
Pedagogico Ladino, nonché un Museo Provinciale Ladino con budget a parte e
personale Provinciale.
Per quanto riguarda l’amministrazione pubblica il processo di trasformazione della
Regione in due Province Autonome è iniziato con lo statuto del 1972. Recentemente si è
compiuto con il trasferimento a questi enti di quasi tutte le funzioni legislative ed
amministrative.
La Regione è un quadro federale delle due province, governato dalle entrambe e dotato
di compiti e mezzi assai limitati, fra cui l’ordinamento dei comuni, il sostentamento
delle minoranze linguistiche e dell’integrazione europea, nonché i giudici di pace.
I due consigli Provinciali vengono eletti ognuno con le proprie leggi elettorali, il
bilancio della Regione raggiunge solo il 10% di quello delle Province. I poteri delle
Province Autonome sono di gran lunga maggiori di quelli delle Regioni a statuto
ordinario e la suddivisione dei poteri con la Regione a statuto speciale è chiara, è invece
in via di definizione la spartizione dei poteri tra Province e Comuni.
Distinguere le competenze Provinciali da quelle comunali e di altri enti locali non è
facile in mancanza di una separazione formale generale e a causa delle numerose
situazioni di concorrenza e promiscuità. La Provincia fa il suo piano generale di
sviluppo e i piani di settore; il Comune approva nel rispetto dei piani Provinciali i suoi
43
piani urbanistici generali e di attuazione soggetti in buona parte ancora ad approvazione
da parte della Provincia; la Provincia approva e finanzia i maggiori lavori pubblici
comunali;
ovviamente
anche
il
Comune
fa
la
sua
parte
di
iniziativa,
progettazione,esecuzione; taluni istituti sono formalmente autonomi, decidono in
proprio sull’organizzazione e l’attività da svolgere, ma il personale e le finanze vengono
gestite dalla provincia; altri enti viceversa sono Provinciali, ma funzionano come enti
locali autonomi.
Le competenze dei Comuni in Provincia di Bolzano sono all’incirca le stesse degli altri
Comuni d’Italia: anche lì sono state introdotte l’autonomia statutaria, l’elezione del
sindaco, la distribuzione di competenze ecc.
Il finanziamento dei Comuni è basato su ICI, pubblicità, addizionale su IRPEF-IRPEG e
energia (se introdotta), patrimoniali-vendite ed affitti, contributi edilizi, di costruzione
ed urbanizzazione, corrispettivi (tasse) per forniture e servizi (acqua, gas, energia,
rifiuti.). Tutte le altre entrate provengono dal bilancio Provinciale, nel quale debbono
entrare le assegnazioni dello stato (il 90% delle imposte riscosse in Provincia) e
dell’Unione Europea. In base alla legge Provinciale sulla finanza locale ai comuni spetta
un finanziamento adeguato per l’esercizio delle loro funzioni. Il finanziamento effettivo
complessivo e la sua distribuzione fra i comuni ed i comprensori comunali avviene in
base ad apposita contrattazione fra il presidente della Provincia ed un’apposita
delegazione dei comuni.
In conclusione possiamo elencare altri tre settori dove il territorio ladino in oggetto
potrebbe godere di vantaggi. Nel campo dell’agricoltura, vista la capacità dell’Alto
Adige di mantenere masi in territori di difficile conformazione territoriale e di
conseguenza la capacità di mantenere comunità anche piccole senza creare squilibri
sociali. Secondo settore è quello dei servizi sociali che sono molto ben distribuiti ed
organizzati. Terzo ed ultimo è quello della cultura popolare utile al mantenimento delle
tradizioni e degli stili senza discriminazioni.
Questi vantaggi sono certamente sostenuti dal fatto che la popolazione della Provincia
di Bolzano conta mezzo milione di unità mentre invece la popolazione della Regione
Veneto è di 4.500.000 abitanti.
44
3.4 ATTORI COINVOLTI
L’iniziativa referendaria messa in atto a Cortina e tutte le iniziative istituzionali e non
che fanno da contorno e da sostegno hanno coinvolto un numero non indifferente di
attori istituzionali, non-istituzionali e politici.
Gli attori istituzionali coinvolti sono: il Sindaco di Cortina d’Ampezzo Andrea
Franceschi, favorevole all’iniziativa ma mai attivo in prima persona per la campagna
referendaria del sì al referendum, attento invece alla tutela del proprio Comune nei
confronti della Regione Veneto e al dialogo con la Provincia Autonoma di Bolzano.
I sindaci dei due Comuni limitrofi coinvolti nel processo di distacco-aggregazione:
Gianni Pezzei (Livinallongo del Colle di Lana) e Paolo Frena (Colle Santa Lucia).
Il Presidente della Provincia di Belluno Sergio Reolon, dimostratosi in più occasioni
contrario alla proposta, il Sindaco della Città di Belluno Antonio Prade che ha
appoggiato la proposta con senso di delegare al popolo la scelta in modo democratico.
I due attori istituzionali maggiormente coinvolti nella vicenda sono stati il Presidente
della Regione Veneto Giancarlo Galan, fervido oppositore della proposta di referendum
con diverse motivazioni e iniziative che vedremo più avanti e il Presidente della
Provincia Autonoma di Bolzano, Luis Durnwalder, che pur dovendo essere interessato
45
solo passivamente alla questione, ha più volte espresso i suoi pareri e le sue convinzioni
chiaramente e direttamente.
Sono poi intercorsi pareri occasionali sulla questione da parte di alcuni membri del
Governo Prodi: Romano Prodi (Presidente del Consiglio), Rosi Bindi (Ministro per la
famiglia) e Linda Lanzillotta (Ministro degli affari regionali). Al Presidente della
Repubblica Giorgio Napolitano sono poi state indirizzate due lettere.
Gli attori non istituzionali cui facciamo maggiormente riferimento sono per la maggior
parte localizzati nel territorio cosiddetto ladino a cavallo del confine tra Trentino-Alto
Adige e Veneto. L’«Unione de i Ladis d’Anpezo», l’«Union Ladins da Fodom» e
l’«Union Ladign da Col», sono le tre associazioni che che nelle persone dei loro
Presidenti, rispettivamente Elsa Zardini, Cristina Lezuo e Paola Agostani hanno
richiesto l’indizione della consultazione referendaria. Insieme a loro si sono battuti Siro
Bigontina Titoto, coordinatore del Comitato Referendario e Eddy Demenego del
Gruppo Progetto Referendum.
Presente ed attivo a Cortina d’Ampezzo è stato anche il Comitato per il no.
Altro attore non istituzionale che ha sottolineato in più di un’occasione le sue istanze è
stata l’unione delle «Regole d’Ampezzo»42, nella persona del proprio presidente Cinzia
Ghedina, in questa associazione si riuniscono tutti i discendenti delle famiglie storiche
di Cortina d’Ampezzo con lo scopo di regolamentare il rapporto tra l’uomo e la natura e
un utilizzo lungimirante del territorio finalizzato al benessere della popolazione
Ampezzana.
Anche alcuni autorevoli giornalisti, scrittori e docenti universitari di diritto hanno
espresso il loro parere sulla proposta.
Numerosi attori politici esponenti delle principali correnti partitiche hanno espresso il
loro parere di sostegno o di opposizione al processo in oggetto.
Un’elemento di novità nell’analisi degli attori coinvolti e delle loro posizioni è
riscontrabile nella cabina di regia denominata «Unione dei Comuni referendari»
composta inizialmente dai Comuni di Sovramonte ed Asiago e successivamente da
Cortina d’Ampezzo.
42
Cfr. http://www.regole.it/
46
3.5 LE POSIZIONI DEGLI ATTORI E LE LORO
DINAMICHE DI RELAZIONE
ione
Posiz CONSENSO NON
NEUTRALITÁ
CONSENSO
Attori
ATTORI
Sindaco di
ISTITUZIONALI Livinallongo
LOCALI
del Col di
Lana Gianni
Pezzei
Sindaco di
Colle Santa
Lucia Paolo Frena
Presidente
Presidente
della
Provincia –
Sergio
Reolon
Sindaco di
Cortina
d’Ampezzo Andrea
Franceschi
Presidente
della
Regione
Veneto Giancarlo
Galan
Sindaco della
Città di Belluno
- Antonio Prade
Presidente del
47
della
Provincia
ATTORI
Autonoma di
ISTITUZIONALI Bolzano NAZIONALI
Luis
Durnwalder
Consiglio Romano Prodi
Ministro per
gli affari
regionali Linda
Lanzillotta
Presidente della
Repubblica Giorgio
Napolitano
Ministro per
la famiglia Rosi Bindi
ATTORI NON
Union de i
ISTITUZIONALI Ladis
d’Anpezo
Union
Ladins da
Fodom
Unione Regole
D’Ampezzo
Comitato dei
perplessi
Union de i
Ladin da Col
Coordinator
e del
Comitato
Referendario
- Siro
Bigontina
Titoto
Gruppo
Progetto
Referendum
-
48
Eddy
Demenego
ATTORI
POLITICI
Lega Nord Sen. Sergio
Divina
Forza Italia Sen. Michela
Biancofiore
Udc – Marco da
Rin Zanco
(segretario
Provinciale)
A) ATTORI ISTITUZIONALI
Il Sindaco di Cortina Andrea Franceschi sì è sempre detto convinto che l’iniziativa
referendaria fosse un metodo democratico atto a permettere che i cittadini si esprimano
su un territorio che li riguarda in prima persona. Secondo le previsioni del Sindaco il
quorum sarebbe stato raggiunto con facilità perché «non ci sono ferie e tanti rientrano
dall’estero per essere presenti alle festività del 2 Novembre»43.
La posizione di Franceschi a riguardo del referendum è arrivata poche ore prima
dell’apertura dei seggi per il referendum, egli ha affermato che: «è difficile credere che
oggi, sette anni dopo il Duemila, in un mondo in cui i confini si allentano e in cui le
porte si aprono sia così determinante, così vitale passare semplicemente da una
Provincia ad un’altra[...] Eppure, “di là”, a pochi chilometri da noi, le cose, per molti
aspetti funzionano davvero diversamente: il problema casa non è […] un problema così
insormontabile come lo è invece a Cortina, la conseguente perdita di residenti non ha
ragione di esistere e i giovani […] Beh, i giovani non hanno motivo di andare via.
Quanto alla Regione Veneto, durante questi mesi ho potuto toccare con mano la
disponibilità e l’attenzione che ha rivolto e rivolge nei confronti di Cortina e delle sue
43
Cit. da Ezio Danieli, Durnwalder: «Sì a Cortina in Alto Adige», in Alto Adige, 28-06-2007
49
molteplici problematiche. Comunque vada a finire ritengo che dovremo ringraziare i
promotori di questo referendum, Siro Bigontina ed Elsa Zardini in primis, perché hanno
acceso le luci sul malessere della montagna e non solo su quello di Cortina. Chi non
conosce la nostra realtà è portato a credere che siamo tutti ricchi e che il nostro tenore di
vita sia uguale a quello di chi a Cortina possiede la seconda o la terza casa […] Non è
cosi! Chi ha la fortuna di avere un appartamento di proprietà diventa ricco
esclusivamente nel momento in cui la vende e si trasferisce […] Mi auguro che i politici
di livello istituzionale superiore colgano il messaggio forte che comunque vada sarà
partito da Cortina e si impegnino a realizzare una vera politica di sviluppo socio
economico per la montagna: residenzialità, turismo, viabilità, politiche agricole […]Non
ha senso rimbalzarsi le responsabilità a vicenda e per questo motivo mi rivolgo
direttamente alle massime cariche dello stato, al Presidente della Repubblica Giorgio
Napolitano e al Presidente del Consiglio dei Ministri On. Romano Prodi: ascoltateci e
soprattutto aiutateci! E’ necessario che ognuno di noi faccia la sua parte, lavorando ad
un progetto di ampio respiro, che potrebbe concretizzarsi nella creazione di una grande
Provincia
dolomitica
con
una
sua
specificità
riconosciuta
o
quantomeno
nell’introduzione di un vero federalismo fiscale. I primi a dare un segnale forte dovremo
essere proprio noi, i politici locali, abbandonando definitivamente il tradizionale
campanilismo e iniziando a guardare oltre il nostro singolo orticello: dobbiamo
concentrarci sui veri problemi della nostra gente e iniziare a risolverli lavorando fianco
a fianco. Quanto al voto di domenica prossima l’Amministrazione che ho l’onore di
rappresentare rimarrà super partes, consapevole del fatto che ha il dovere etico di non
influenzare i cittadini e che rappresenta tutti, sia coloro che sono per il “si”, sia coloro
che sono per il “no”. Pertanto il messaggio che voglio dare a tutti i miei concittadini è di
andare a votare: recatevi alle urne ed esprimete in maniera chiara la vostra decisione. E’
giusto sfruttare l’opportunità democratica del voto che ci viene offerta ed è auspicabile
che il risultato sia l’espressione della volontà di tutti. Recarsi ai seggi è segno di rispetto
e di senso civico, e sono sicuro che daremo prova anche in questa occasione di grande
maturità.
[…]E’ da noi, dal nostro senso di appartenenza” a Cortina, dalla consapevolezza degli
errori commessi nel passato che si deve ripartire per andare oltre. Indipendentemente
dall’esito delle urne, indipendentemente dalle cifre o dalle percentuali, Cortina deve
50
dimostrare di essere, ora più che mai, unita. “Unita” nella propria diversità: ampezzani
e cortinesi, cortinesi e ampezzani, tutti vogliamo il bene del nostro paese, tutti crediamo
nel futuro del nostro paese. Ritengo che questo sia il pensiero che sempre, ora domani e
dopo […] domani, ci deve accompagnare e, soprattutto, rassicurare. A partire da lunedì
sera, vada come vada, chi ha veramente a cuore il futuro di Cortina avrà il dovere
morale di lavorare fianco a fianco anche con chi la pensava diversamente da lui»
Franceschi ha quindi ribadito il concetto che è democraticamente corretto che i cittadini
vadano a votare esprimendo la loro idea su queste tematiche che li riguardano da vicino.
Il Sindaco ha quindi sottolineato l’importanza del confronto con la limitrofa Regione a
statuto speciale che ha risolto problemi come quelli del costo della casa che hanno come
conseguenza lo spopolamento della città e la fuga dei giovani. La Regione Veneto è
attenta a questa problematica e il Sindaco ha più volte auspicato di voler portare
all’attenzione delle più alte cariche dello stato, anche grazie al richiamo mediatico che
avrà il referendum, le problematiche di Cortina. Questa opera di sensibilizzazione ha
come scopo quello dell’attuazione del federalismo fiscale e quindi di un maggiore
trasferimento da parte dello Stato alla Regione Veneto in termini economici. Il primo
cittadino di Cortina ha quindi affermato che se si realizzasse questo processo e cioè le
tasse pagate dai cortinesi tornassero indietro attraverso i servizi, i cittadini potrebbero
toccare in modo tangibile l’utilità del pagare le tasse44.
Sull’identità ladina poi il Sindaco ha chiarito che i cortinesi sono attaccati alle tradizioni
culturali ma che tutti vogliono il bene del proprio paese.
Il Sindaco di Livinallongo del Col di Lana coinvolto assieme a Cortina nel referendum
del 28/29 Ottobre 2007 ha dichiarato anch’esso, poche ore prima del voto di essere a
favore del sì alla consultazione, egli pur avendo sempre invitato gli elettori ad andare a
votare non aveva mai espresso chiaramente la sua posizione anche se la sua posizione è
sempre stata in contrasto con la Regione Veneto. Le motivazioni vanno in piena
sintonia con le motivazioni che hanno portato le tre associazioni ladine a richiedere la
consultazione anche se i privilegi economici che ci saranno cambiando Regione non
sono da sottovalutare.
44
Cfr. Gli italiani sono avidi?, Otto e Mezzo (LA 7), Puntata del 31/10/2007
51
Paolo Frena, Sindaco di Colle Santa Lucia è stato il primo a schierarsi apertamente per
il sì al referendum, dichiarando di aver partecipato attivamente alla campagna
referendaria.
Al termine di questo resoconto delle tre principali figure istituzionali dei Comuni
coinvolti possiamo registrare una sostanziale comunità di intenti e di vedute sul
referendum e sulle motivazioni che ne hanno motivato l’indizione, l’unico distinguo è
quello ampiamente motivato e comunque non in opposizione espresso dal Sindaco
Franceschi.
Il Sindaco del capoluogo di Provincia (Belluno), sì è mosso con rispetto per
un’iniziativa di rappresentanza territoriale degli interessi in attesa di quello che sarebbe
successo. È importante secondo Prade che venga utilizzato uno strumento di democrazia
previsto dalla Costituzione e si dice vicino ai sindaci dei Comuni che hanno voluto
intraprendere questa strada in attesa dei futuri sviluppi della questione in sede
parlamentare. Prade ha poi definito riferendosi alla posizione della Provincia di Belluno
a riguardo di Lamon un’«evidente errore politico nel favorire un processo di
disgregazione»45 perché è necessario avere una comunità d’intenti per potere risolvere i
problemi di una Provincia di confine, precaria dal punto di vista socio-economico e con
una scarsa identità comune dovuta alla forza delle tradizioni storiche locali.
Il Presidente della Provincia di Belluno Sergio Reolon, in data 18 Agosto 2007 ha
scritto una lettera al Presidente della Repubblica in cui si dice preoccupato per le
tendenze da lui definite secessionistiche di alcuni comuni veneti ed in particolare in
Provincia di Belluno: Lamon, Sovramonte, Cortina d’Ampezzo, Livinallongo e Colle.
Reolon in particolare nella lettera afferma: «Mi permetto pertanto di richiamare
ulteriormente il Suo sguardo sui rischi di disgregazione che oggi gravano sul nostro
futuro politico-economico e sociale e, in particolare, su quello della Provincia di
Belluno maggiormente esposta al malessere derivante da sperequazioni che ormai
toccano tutto il Veneto. Oggi oltre alle popolazioni, alla politica e alle istituzioni è
l'intera società veneta a denunciare come iniqui, perché obsoleti, quei privilegi che
finiscono sia per agevolare la competizione di alcuni territori a scapito di altri, sia per
indebolire i valori fondanti la convivenza civile: giustizia e solidarietà.». Squilibrio,
disparità di trattamento e paura di perdere centri importanti e vitali della Provincia di
45
Cit. da: Evidente errore politico nel favorire un processi di disgregazione, Il Gazzettino, 26-08-2007
52
Belluno sono i rischi che un’operazione del genere potrebbe causare al territorio veneto
negli intendimenti del Presidente che alla fine della lettera ha chiesto a Napolitano
un’incontro per potere esporre tutti i termini della questione.
La risposta di Napolitano, per mezzo di un suo delegato è stata quella di una
consapevolezza da parte del Presidente della situazione venutasi a creare con tutti i suoi
risvolti istituzionali. Nella risposta è stato anche citato il disegno di legge in discussione
al parlamento per la modifica dell’articolo 132 della Costituzione. Napolitano auspica
infine che si trovino tramite il parlamento adeguate soluzioni per le complesse
problematiche della Provincia di Belluno.
Pochi giorni prima Reolon si era fortemente scontrato con Luis Durnwalder perché
aveva fatto pervenire nelle case dei cortinesi del materiale propagandistico
sull’autonomia speciale di Bolzano, Reolon ha considerato questo gesto come una
volontà di interferire in questioni che non dovrebbero riguardare l’istituzione oltre il
confine della Regione Veneto. Questo gesto è stato definito «di una gravità inaudita,
siamo a tre mesi dal referendum, il presidente della Provincia di Bolzano non può fare
una cosa del genere! Oltre a godere di un trattamento speciale, fonte di grande squilibrio
che provoca il malessere dei cittadini bellunesi, Durnwalder ora interviene a gamba a
tesa»46, Reolon auspica poi «una maggiore sensibilità e correttezza da parte
dell’amministrazione Provinciale di Bolzano»47
La risposta di Durnwalder non si è fatta attendere, secondo l’Altoatesino non c’è stata
nessuna volontà di interferire e il materiale è stato inviato a casa dei cortinesi solo
perché alcuni di loro ne avevano fatto esplicita richiesta.
Il Presidente della Provincia Reolon ha poi sollevato un dubbio su un possibile vizio di
forma a riguardo della procedura referendaria che si è svolta nel cortinese: il referendum
è stato indetto nei tre comuni coinvolti in modo unitario, ciò a dire che il quorum per la
validità della consultazione verrà calcolato sulla base degli elettori dei tre Comuni
coinvolti. Secondo Reolon questo tipo di procedura pecca di incostituzionalità in quanto
la Costituzione prevede espressamente che siano i «comuni interessati» presi in modo
singolo. Questa posizione di Reolon è stata anche appoggiata da alcuni giuristi
accademici come Gian Candido De Martin48, che ha considerato che questa iniziativa
46
Cit. da: Bolzano tifa per i comuni secessionisti, Tribuna di Treviso, 24-07-2007
Cit. da: Ibidem
48
professore di diritto amministrativo alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università Luiss di Roma e
membro del comitato paritetico per le norme di attuazione del Trentino-Alto Adige
47
53
esce dalla ratio della legge e che probabilmente in sede di verifica del quesito la Corte di
Cassazione non abbia fatto un necessario approfondimento, pur essendo una
consultazione puramente consultiva e non vincolante. Anche secondo Daniele
Trabucco49 e Innocenzo Megali50 la Costituzione ha previsto che la volontà sia espressa
singolarmente dai comuni, ancorché nel caso in oggetto è notevole lo squilibrio
numerico di cittadini residenti in ciascun Comune. È la volontà degli enti locali presi
singolarmente quella che la legge vuole verificare.
Non è stato dato seguito a questa critica giuridica in quanto la Corte di Cassazione non
ha dichiarato costituzionale la richiesta di referendum e la consultazione è stata indetta.
Alcuni giorni dopo lo svolgimento del referendum il Presidente della Provincia di
Belluno ha affermato che: «le semplificazioni polarizzano le posizioni e non
contribuiscono a costruire soluzioni possibili. Da un lato il presidente del Veneto Galan
si concentra nella contrapposizione con Durnwalder e liquida con derisione l’azione dei
cittadini come “inutile”. Dall’altro il referendum copre un vuoto lasciato dalla politica,
ma è a sua volta una semplificazione, perché non lascia spazio a repliche, è possibile
solo accettarlo o rigettarlo; e c’è spazio al suo interno per aspirazioni totalizzanti che
non lasciano spazio alle ragioni dell’altro e che pietrificano le posizioni […] c’è una
drammatica assenza di cultura di governo di questi territori finora dimostrata da
Venezia e sostanzialmente anche da Roma, che sta producendo risposte ancora parziali
e frammentate, legate all’emergenza. Non mi sorprende il referendum, il cui esito
riflette situazioni di disagio diversificate e malesseri profondi che attraversano l’intera
comunità bellunese. Ma sono ancor più preoccupato per le reazioni riduttive e
semplificanti di chi ha la responsabilità maggiore di ricercare risposte nuove ed efficaci
a fenomeni nuovi e complessi. Il risultato del referendum conferma la sfiducia da parte
dei cittadini nella possibilità di costruire un futuro dignitoso in questi territori se restano
le attuali regole, obsolete, anacronistiche e ingiuste. A due anni dal primo referendum di
Lamon siamo ancora lontani dalla capacità di innovare la cultura di governo in grado di
coniugare attenzioni alle specificità all’interno di un quadro nazionale condiviso. In
questo il nostro territorio diventa emblematico di una questione attualissima - quella del
federalismo dei territori - che, ovviamente, non può essere ridotta esclusivamente ai
49
Assistente in Istituzioni di Diritto Pubblico presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli
Studi di Padova.
50
Avvocato del Foro di Venezia specializzato in Diritto del Lavoro e Diritto Tributario.
54
dispositivi fiscali. Chi ha responsabilità di governo, ad ogni livello del sistema, deve
sapersi mettere all’ascolto di tutte le ragioni presenti».
Reolon in questo intervento afferma ancora una volta la propria posizione contraria
all’iniziativa referendaria, che secondo il suo pensiero è un’iniziativa semplicistica,
riduttiva e molto di là dal venire poi approvata nelle sedi istituzionali opportune.
In questo contesto egli però vuol essere da stimolo verso le istituzioni regionali, in
quanto è fortemente critico sulla strategia del Presidente della Regione Veneto, che è
più preoccupato di combattere la battaglia dialettica con il collega bolzanino
Durnwalder piuttosto che preoccuparsi seriamente della questione in merito al disagio
espresso dai cittadini dei tre comuni dell’Ampezzano. È quindi necessario che ci si
spenda sia a livello regionale che a livello nazionale per un vero federalismo attento alle
specificità dei territori in questione.
Passiamo ora ad analizzare la battaglia dialettica, politica ed istituzionale intercorsa
durante tutto il periodo di campagna referendaria tra il Presidente della Regione Veneto
Giancarlo Galan e il Presidente della Provincia Autonoma di Bolzano Luis Durnwalder.
Alla fine di Giugno non appena arrivato il via libera della Corte di Cassazione allo
svolgimento del referendum il Presidente Altoatesino si è immediatamente detto
favorevole all’annessione dei territori in questione alla Provincia Autonoma da esso
presieduta, adducendo motivazioni storiche e di etnia, contrariamente a quanto verrà poi
sostenuto per il caso del Comune di Lamon dove mancano completamente le ragioni
storiche per l’accettazione del passaggio. In quest’ottica Durnwalder ha affermato a
riguardo di Cortina: «E’ la benvenuta, ci lega la storia Benvenuta Cortina. […] Se si
giungerà ad un voto nel nostro consiglio provinciale, io dirò sì[…] Cortina, con
Livinallongo, Col di Lana e Colle Santa Lucia, per 400 anni ha fatto parte del Tirolo e
che vi sono anche legami linguistici con i ladini. Non spingerò comunque in alcuna
direzione perchè un’eventuale annessione comporterebbe conseguenze giuridiche
importanti, dato che l’autonomia dell’Alto Adige ha una base territoriale e visto che,
pertanto, si renderebbe necessaria una riforma con valenza costituzionale»51.
51
Cit. da: Ezio Danieli, Durnwalder: «Sì a Cortina in Alto Adige», in «Alto Adige», 28/06/2007.
55
La replica di Galan non si è fatta attendere, egli ha dapprima espresso chiaramente la
propria opposizione a questa idea di distacco proveniente dai territori Veneti
affermando: «Ci opporremo con ogni mezzo a questo tentativo di secessione […]» poi
sposta l’attenzione su una tematica di tipo giuridico: «Chiedo ai Ministri di questo
Governo di verificare se è ammissibile un simile comportamento e se questi continui
inviti alla secessione da Durnwalder rivolti ai cittadini di Cortina rientrino nei patti
firmati a suo tempo tra Italia e Austria»52. In Realtà Galan riferendosi all’accordo De
Gasperi-Gruber, cita la possibilità di una incompatibilità tra la richiesta refererendaria e
l’accordo firmato a Parigi nel 1946, questa incompatibilità non esiste in quanto il
trattato si occupa solo della tutela delle minoranze linguistiche e della suddivisione dei
territori.
Galan solleva poi un altro tema definibile come istituzionale in quanto egli dichiara di
volersi opporre all’antistoricità dei privilegi della Regione a statuto speciale TrentinoAlto Adige, Galan chiama in causa l’Unione Europea ed afferma che: «Porterò i
privilegi dell’Alto Adige davanti alla Corte di giustizia europea […] Mi adopererò
affinché la questione dei privilegi di cui gode l’ Alto Adige siano portati presso la Corte
di Giustizia Europea»53. Questa strada che Galan vuole percorrere viene da subito
fortemente critica da Durnwalder che apostrofa il collega veneto dicendo: «con il suo
annuncio di voler combattere a livello europeo gli statuti speciali in Italia si rende
proprio ridicolo […]. L’amministratore di una Regione grande come il Veneto dovrebbe
conoscere un po’ le leggi. Tutti sanno che la Corte Europea non può modificare le
Costituzioni dei singoli stati […] è invece proprio la Costituzione italiana a prevedere le
Regioni e Province a statuto speciale e non spetta all'Europa giudicarne la fondatezza.
Per l'Alto Adige ci sono in più contratti internazionali che garantiscono la nostra
autonomia»54, la replica di Galan si è orientata nell’ottica di un ricorso non contro tutte
le Regioni a statuto speciale ma contro i privilegi di cui gode Bolzano.
Analizzando le funzioni della Corte di Giustizia Europea possiamo dare ragione a
Dunwalder in quanto la Corte non ha sicuramente il potere di modificare un’autonomia
prevista dalla Costituzione e non sembra ci siano nemmeno i termini per un ricorso in
52
Cit da: ibidem
Cit. da: Ezio Danieli, Durnwalder: «Sì a Cortina in Alto Adige», in «Alto Adige», 28/06/2007
54
Cit. da: Statuti speciali, ancora scintille tra Durnwalder e Galan, in «Gazzettino», 07/08/2007
53
56
quanto i ricorsi di qui si occupa l’organo giurisdizionale europeo sono: inadempimento,
annullamento e carenza.
Galan ha più volte ulteriormente accusato Durnwalder di tenere un comportamento
“irresponsabile” nei confronti della questione referendaria, per le sue continue
istigazioni a favore del passaggio dei comuni in questione sotto il controllo della
Provincia altoatesina. Durnwalder ha replicato affermando che «il collega Galan sa
benissimo che non l’ha voluto nè la Provincia di Bolzano, nè la Svp. La richiesta di
referendum, infatti, è giunta dagli abitanti dei comuni interessati, dunque dai cittadini
della sua Regione. Dal canto nostro non abbiamo mai chiesto un ampliamento del
nostro territorio, ma ci siamo limitati a chiarire che proviamo sentimenti di profonda
amicizia nei confronti dei ladini che risiedono in Provincia di Belluno. Nessuno, inoltre,
ha mai cercato di influenzare le decisioni che queste comunità prenderanno in assoluta
autonomia […]. Dunque parlare di intromissione indebita negli affari veneti, o
addirittura, accusarmi di rubare in casa altrui, è non solo poco corretto, ma
assolutamente privo di senso dal punto di vista politico»55
Il Presidente della Regione Veneto ha poi espresso più volte il proprio malumore a
riguardo dei trasferimenti erariali dovuti allo Stato dalla Regione da lui governata,
infatti egli si oppone a ciò e afferma che: «Noi non accettiamo l’ingiusto principio
secondo il quale chi ha di meno, cioè il Veneto, deve dare di più, che nel caso in
questione significa dare di più alla Provincia di Bolzano»56. Secondo il portavoce del
Presidente Veneto, Gianfranco Miracco in Alto Adige rimangono il 90% dei tributi
riscossi e il Veneto con 900 Milioni di Euro all’anno deve anche tenere in piedi la sanità
e altri servizi delle Regioni meridionali, il Veneto è infatti l’ultima Regione per
trasferimenti erariali provenienti dallo Stato, Miracco auspica quindi che si realizzi
quanto prima l’attuazione del federalismo fiscale per il quale il Veneto si è sempre
battuto.
Galan, alla fine di Agosto ha poi confermato con chiarezza la propria posizione a
riguardo del referendum di Cortina, a cui la Regione Veneto non darà mai il parere
positivo (richiesto dalla procedura costituzionale) auspicando che nemmeno il
Parlamento esprimerà un voto positivo una volta che l’iter porterà la questione in
Parlamento. Ancora una volta esprime poi la convinzione che i cittadini veneti sono ben
55
56
Cit. da: Galan-Durnwalder, veleno e accuse, in «Alto Adige», 11/08/2007
Cit. da: Galan: un’ingiustizia i privilegi offerti dall’Alto Adige, in «Alto Adige», 08/08/2007
57
consapevoli di ricevere molto meno in servizi rispetto a quello che pagano in tributi, e
da loro potrà quindi partire un segnale forte di svolta verso l’applicazione del
federalismo fiscale previsto dall’articolo 119 della Costituzione.
Nella prima settimana di Ottobre la Commissione speciale competente per le modifiche
dello statuto istituita presso la Provincia di Bolzano, ha dato parere negativo sul
passaggio dei comuni dell’altopiano di Asiago che avevano espresso parere favorevole
alla procedura di distacco-aggregazione.
Durnwalder ne ha approfittato per affermare che: «dal punto di vista storico, i Ladini di
Cortina sono assolutamente i benvenuti, ma ci sono grossi problemi giuridici e
costituzionali, che devono essere risolti. Se ci riescono, devono risolverli loro e non noi.
Noi abbiamo ricevuto questo nostro territorio, con questa nostra autonomia speciale.
Non abbiamo mai fatto richieste di ampliamento territoriale»57. Questa affermazione
segna una piccolo passo indietro rispetto al sostegno incondizionato dato dal Presidente
altoatesino ai comuni dell’Ampezzano e alla criticata campagna fatta da Durnwalder
tramite l’invio di materiale esplicativo sui privilegi della Provincia Autonoma di
Bolzano.
Due settimane prima del referendum Galan è tornato a far sentire la sua voce, plaudendo
al rifiuto da parte del Trentino-Alto Adige di annettere i comuni dell’altopiano di
Asiago e rincara la dose affermando che una simile procedura (art.132 della
“Costituzione”) rappresenta un spreco di soldi e un costo economico e sociale. Il
Presidente non ha poi perso occasione per ricordare che: «se a Durnwalder dico che la
vostra autonomia di sicuro si basa su trattati internazionali, i quali però dovrebbero
avere esaurito già da decenni i loro effetti, non per questo si dovrebbe tutelare
quell’autonomia nascondendosi dietro l’equilibrio dei gruppi linguistici»58.
Galan pur avendo una posizione contrapposta a quella di Durnwalder, ha stretto un
accordo di collaborazione con il Presidente della Provincia Autonoma di Trento,
Lorenzo Dellai.
Il giorno dopo l’esito positivo del referendum Durnwalder ha detto che avrebbe
immediatamente attivato i canali per il sì del Consiglio Provinciale di Bolzano. Galan,
ha espresso il suo malcontento per l’esito finale del referendum adducendo ragioni di
carattere storico-politico: «Nel 1943 sono state molto forti le aspettative sudtirolesi per
57
58
Cit. da: Marco Dibona, Durnwalder gela il sogno tirolese di Cortina, in «Il Gazzettino», 04/10/2007
Cit. da: E adesso Galan tira un sospiro di sollievo, in «Corriere della Alpi», 04/10/2007
58
una annessione al Reich nazista […] tra il 1956 e il 1961, poi l’attività terroristica
sudtirolese si rivolse contro edifici e strutture; dopo ci fu un salto di qualità e ci furono
morti, feriti e molti danni»»59. E per far intendere che il suo non è affatto uno sfogo,
Galan va oltre. «Dichiaro fin d’ora che, in caso di assenso al distacco di Cortina dal
Veneto da parte del consiglio provinciale di Bolzano, mi rivolgerò alla Corte
costituzionale e alla Corte di giustizia europea. Atti già predisposti»60.
La principale preoccupazione di Galan è che la “fuga” di Cortina dal territorio del
Veneto non farebbe altro che aumentare i territori italiani dove esistono privilegi
finanziari che finirebbero per essere sopportati dalla restante fetta della popolazione
veneta e italiana che non gode di questi privilegi.
Il 15 Novembre Galan attacca di nuovo Durnwalder affermando che al Presidente
Altoatesino interessano solo i soldi e la ricchezza di Cortina, è questo il reale motivo
che secondo il pensiero del Veneto lo hanno portato ad esprimersi sempre
favorevolmente al passaggio dei tre comuni del Cortinese.
Egli ricorda poi che non ha abbandonato l’idea di ricorrere presso la Corte di Giustizia
contro i privilegi della Provincia Autonoma di Bolzano, utilizzando in quest’occasione
un’interessante stratagemma, egli solleverà «davanti al commissario europeo alla
concorrenza, Neelie Kroes, la scandalo delle aziende che partono avvantaggiate o
svantaggiate a seconda che si trovino 10 chilometri di qua o 10 di là»61.
Il Presidente Veneto ricorda ancora che le motivazioni della richiesta di passaggio non
sono altro che economico-finanziarie:«Tutti sanno che la Regione versa ai ladini
centinaia di migliaia di euro ogni anno. I ladini non si erano mai lamentati. Ora
rivestono di un argomento culturale, la voglia di godere dei privilegi delle Province
autonome. In 13 anni da presidente, mai un ladino che abbia protestato o chiesto
qualcosa. Vogliono andare da un’altra parte perché gli conviene. Ai ladini crederei di
più se avessero detto di voler costituire una provincia autonoma rinunciando ai
privilegi».
L’ultima occasione di scontro tra i due Presidenti è stata nei primi giorni del 2008
quando il Presidente del Consiglio Romano Prodi ha incontrato il Presidente della
59
Cit. da: Francesco del Mas, «Se Bolzano dirà di sì, andrò alla corte europea», in «Corriere della Alpi»,
30/10/2007
60
Cit. da: Francesco del Mas, «Se Bolzano dirà di sì, andrò alla corte europea», in «Corriere della Alpi»,
30/10/2007
61
Cit. da: «Durnwalder non vuole pezzenti ma solo la ricca Cortina», in “Corriere delle Alpi”, 15/11/2007
59
Provincia di Bolzano Durnwalder. L’oggetto della discussione è stato il referendum
svoltosi dai ladini, delle ragioni del sì e del no, al termine dell’incontro Durnwalder ha
auspicato di trovare una soluzione condivisa che garantisca sia i comuni referendari di
confine sia la Regione Veneto.
Galan non ha esitato a criticare Durnwalder e l’oggetto del suo incontro con Prodi:
«Come previsto l’esperto in traffico di voti ha incontrato il presidente Prodi per
discutere di questioni che non lo riguardano affatto»62. Le critiche sono arrivate anche al
Presidente Prodi: «Dubito ancor di più che Prodi abbia avvertito l’obbligo politico ed
etico di cogliere l’occasione del pranzo per dire a Durnwalder di farla finita, una volta
per sempre, con la vergognosa benevolenza fin qui mostrata dal presidente altoatesino
nei riguardi di chi ritiene possibile il passaggio di Cortina dal Veneto all’Alto Adige». E
poi una minaccia di Galan: «Fai attenzione, caro presidente Prodi, a non scherzare con il
fuoco. Ricordati piuttosto di quanto c’è scritto nella nostra Costituzione: federalismo
fiscale e autonomia per ogni regione italiana. Dico questo, memore anche dei tanti
ricatti messi in atto nei riguardi del tuo governo dai senatori Svp.»63.
Galan ha quindi evidenziato al Presidente del Consiglio sia una questione di tipo
istituzionale come l’attuazione di quanto previsto dall’Articolo 119 della Costituzione,
sia una questione più strettamente legata a ragioni di carattere politico/partitico.
Romano Prodi ha inoltre incontrato il Sindaco di Livinallongo Gianni Pezzei e al
termine di questo incontro ha sottolineato come i tempi burocratici per la procedura di
distacco/aggregazione siano lunghi ma egli presterà attenzione alla questione.
Tre Ministri del Governo attualmente in carica hanno espresso tre opinioni diverse a
riguardo del referendum.
Il Ministro per gli Affari Regionali Linda Lanzillotta ha affermato che: «Questo
fenomeno dei distacchi rivela un disagio che ha radici nella differenza di risorse di
poteri tra Regioni a statuto ordinario e Regioni a statuto speciale ma non è la risposta
giusta al problema. La risposta non può che essere l’attuazione del Titolo V della
Costituzione per quanto riguarda i poteri e il federalismo fiscale per quanto riguarda le
risorse. Perchè altrimenti le Regioni a statuto speciale si dilaterebbero a dismisura»64.
62
Cit. da: «Prodi da Durni, Galan furente», in “Corriere delle Alpi”, 02/02/2008
Cit. da: «Prodi da Durni, Galan furente», in “Corriere delle Alpi”, 02/02/2008
64
Cit. da: Ezio Danieli, Durnwalder: «Sì a Cortina in Alto Adige», in «Alto Adige», 28/06/2007
63
60
Ancora una volta notiamo come l’intervento del ministro sia maggiormente collegato ad
una questione di tipo costituzionale, secondo la titolare del dicastero per gli Affari
Regionali l’unico modo di porre freno a tutte le richieste di distacco/aggregazione è
l’attuazione del federalismo fiscale.
Il Ministro della Famiglia Rosi Bindi ha notato come: «Cortina non può non ricordare
che il suo territorio risiede nella valle del Boite e il Trentino (Alto Adige) non può certo
spostare a sud i propri confini. È necessario proseguire sulla strada che questo governo
ha intrapreso e ricordare, che chi oggi chiede lo sciopero fiscale, quando era al governo,
non ha fatto il federalismo fiscale e la Regione deve interrogarsi su come risponde ai
bisogni del proprio territorio. Su sanità, asili nido, prestazioni sociali, cosa ha fatto il
Veneto? Il desiderio di fuga di diversi comuni dipende proprio da questo. Il governo
Galan ha fatto compiere passi indietro alla Regione, non ha mantenuto i patti. Il Nord
Est che conosco ora è attento ai servizi alla persona, alla sanità. Di recente il Governo
ha stanziato un importante finanziamento a sostegno delle politiche sociali, in modo
particolare diretto agli asili nido, strutture di cui c'è necessità».
Il Ministro ha qui chiamato in causa ragioni territoriali rispetto agli originari confini
tracciati dalla Costituzione ed ha puntualmente criticato Galan sulle scelte politicoistituzionali che hanno portato la Regione Veneto sull’orlo di una crisi economica e di
assenza di servizi.
61
B) ATTORI NON ISTITUZIONALI
Gli attori non istituzionali che hanno avviato la procedura per il distacco dei tre Comuni
di Cortina d’Ampezzo, Livinallongo del Col di Lana e Colle Santa Lucia sono le tre
associazioni ladine dei tre comuni, il Comitato referendario presieduto da Siro
Bigontina Titoto. In affiancamento a queste associazioni ha lavorato il Gruppo progetto
referendum presieduto da Eddy Demenego e il Comitato Amisc da Ladinia Unida,
un’associazione che gode dell’appoggio dei sindaci della Val Badia e del sindaco di
Selva di Val Gardena, lo scopo dell’associazione è l’appoggio totale al sostegno del
referendum in oggetto.
Abbiamo già parlato delle motivazioni che hanno portato le tre associazioni comunali
ladine a richiedere il referendum. In questo paragrafo analizzeremo le varie posizioni
delle associazioni a sostegno del referendum e delle loro relazioni con i principali attori
istituzionali.
Il coordinatore del Comitato referendario Siro Bigontina ha duramente criticato il
Presidente della Regione Veneto Galan accusandolo di non aver accettato un’incontro
chiarificatore chiesto dalla popolazioni ladine richiedenti il passaggio alla Provincia
Autonoma di Bolzano. Secondo Bigontina sono false le affermazioni del Presidente
62
Galan che ha parlato di «furto» di territori veneti messo in atto dal Trentino Alto Adige.
La risposta di Bigontina ha tenuto a sottolineare come la richiesta di passaggio sia stata
messa in atto dai comuni e non dalla Provincia di Bolzano ingiustamente accusata. Non
si tratta poi di furto, negli intendimenti di Bigontina infatti sono le ragioni storiche che
giustificano questo tipo di richiesta.
Le ragioni storiche sono state richiamate anche dal Presidente del Gruppo progetto
Referendum Eddy Demenego che criticando le accuse di secessionismo, parla di un
ritorno verso gli originari confini del territorio ladino tracciati 90 anni orsono.
Demenego ha affermato che: «non siamo mai stati tedeschi, ma solo ladini. Ora siamo
obbligati a votare sì per non svuotare di ogni contenuto la possibilità dataci di far sentire
il nostro disappunto su come la montagna in generale è stata trattata, o meglio
dimenticata dai governi nazionali ma anche locali. Una montagna che spesso è stata solo
oggetto di speculazioni edilizie e dove i proventi di queste attività non sono mai stati
reinvestiti in loco. Attualmente non ci possiamo difendere dalle speculazioni: non ci
sono leggi regionali o statali che ci tutelino, non c’è attenzione e tanto meno
finanziamenti per quei cittadini che non si possono permettere un’abitazione nel paese
in cui sono nati, lavorano e vorrebbero anche vivere»65. Ancora una volta viene quindi
affiancato il riconoscimento storico dei confini al problema della tutela dei diritti degli
abitanti nativi nel territorio in questione. Egli ha poi rincarato la dose criticando
fortemente gli incerti che secondo il suo parere non hanno ragione d’essere incerti in
quanto non ci deve essere nostalgia per il Veneto e per la mancanza di leggi infatti ha
ricordato il Presidente del gruppo: «sappiamo tutti che i nostri giovani che si sposano
debbono andarsene da Cortina perché non possono sostenere il costo degli affitti,
figuriamoci poi l’acquistare una casa. E, tanto per dirne una, quanti sono i negozi ancora
in mano ai nostri concittadini, e quante le strutture alberghiere, e quante le aziende?» 66
La sopraccitata questione della difficoltà di possedere una casa di proprietà o anche in
affitto a Cortina è supportata dalle cifre, infatti i residenti sono notevolmente in calo, lo.
Dal 1971 al 2007, Cortina ha perso il 27 per cento degli abitanti, Colle Santa Lucia il
33, Livinallongo il 16. In Badia e Gardena (Bolzano) sono invece aumentati ovunque:
65
Cit da: Demenego contro i politici bellunesi che gridano alla secessione, in «Corriere delle Alpi»,
21/09/2007
66
Cit. da: Alessandra Segafreddo, Demenego va in crociata contro gli incerti, in «Corriere delle Alpi»,
30/09/2007
63
dal 15% di Ortisei al 43% di Badia, e ancora 33% in più a Corsara e 21% a Selva di Val
Gardena.
Dopo il rifiuto della Commissione speciale di accettare la richiesta dei Comuni
dell’Altopiano di Asiago nessuna delle associazioni e nessuno dei promotori del
referendum ha abbassato la guardia ricordando ancora una volta la forza delle proprie
motivazioni storiche in netta antitesi con le motivazioni prettamente orientate ad un
privilegio di tipo fiscale.
Il risultato positivo del referendum è stato accolto positivamente dal comitato
referendario che nella persona di Siro Bigontina ha espresso il proprio convincimento
che il primo passo è compiuto e adesso sarà Roma a valutare questo segnale forte
venuto dalle valli ladine. Il coordinatore ha poi voluto mandare un messaggio a Galan:
«ci ha considerati alla stregua di un movimento folcloristico. A questo punto non
saremo certo noi ad andare a cercarlo. Spero che deputati e senatori del Trentino Alto
Adige sostengano la nostra questione»67.
Bigontina nei mesi successivi ha poi richiamato più volte l’attenzione dei Comuni
proponenti il referendum, affinché si impegnino a dar seguito alla volontà espressa dai
cittadini, il Comune di Cortina ha con questo scopo nominato due rappresentanti che si
occupino di seguire l’iter previsto dall’articolo 132 della Costituzione.
Un attore non istituzionale, in antitesi con i precedenti è il «Comitato dei perplessi» nato
a Cortina alla fine del mese di Agosto, il Presidente Ernesto Majoni ha così presentato
l’iniziativa: «Noi non vogliamo essere contrari a niente e a nessuno. Riconosciamo
l'efficacia del referendum, come strumento di partecipazione popolare, però siamo
convinti che non si può accettare la storia, la cultura, la verità di una parte sola. Noi
vogliamo soltanto informare la gente; sappiamo che tanti hanno voglia e bisogno di
informazione. Vorremmo che tutti venissero a conoscenza di cosa guadagneremmo e di
che cosa dovremmo pagare, nel caso in cui Cortina passasse all'Alto Adige»68.
La nascita di questo comitato ha ottenuto fin da subito l’appoggio del Presidente della
Regione veneto Giancarlo Galan definendola «un’attitività molto responsabile».
67
68
Cit. da: Alessandra Segafreddo, Lunedì ho dormito come un ghiro, in «Corriere delle Alpi», 31/10/2007
Cit. da: Marco Dibona, Ecco il fronte dei perplessi, in «Il Gazzettino», 29/08/2007
64
I Ladini hanno poi tentato di candidare alle prossime elezioni politiche di Aprile un
proprio rappresentante al Parlamento ma la grandezza della circoscrizione Veneto e
l’impossibilità di avere una propria rappresentanza in uno dei due rami del Parlamento
ha fatto desistere i promotori di tale idea.
C) ATTORI POLITICI
Possiamo fin da subito notare come l’attenzione a questa problematica non sia stata
affrontata in modo organico dai politici nazionali a parte qualche sporadica
dichiarazione sulla richiesta di distacco/aggregazione messa in atto dai comuni del
cortinese.
Abbiamo già elencato le posizioni dei politici che ricoprono una carica istituzionale.
Il primo intervento da segnalare è quello della deputata di Forza Italia, Michela
Biancofiore che appoggia la richiesta di referendum, perché in caso di esito positivo
porterà una presenza italiana in una regione privilegiata. Seconda la deputata Cortina
deve però prestare molta attenzione in quanto gli enti locali non hanno nessuna
competenza e il potere è tutto nelle mani della Presidenza della Provincia Autonoma.
Posizione di appoggio all’iniziativa cortinese anche da parte della Lega Nord che nella
persona del Senatore Trentino Sergio Divina ha difeso il diritto al riconoscimento della
minoranza etnico linguistica che deve essere tutelata e garantita così come le ispirazioni
di tutta la comunità ladina unita, chi si oppone secondo Divina va contro una storia che
ha profonde radici.
La Lega Nord ha poi portato sul tavolo del Consiglio Regionale le richieste dei Comuni
Ladini del Veneto che per il 2008, secondo l’accordo siglato il 9 Febbraio 2008 porterà
65
un finanziamento alla comunità ladina pari a 150.000 euro, circa 100.000 euro in più dei
soldi stanziati nel 2007.
Il Segretario Provinciale dell’Udc, Marco da Rin Zanco ha poi espresso il suo parere
favorevole al disagio espresso dal referendum del Cortinese ed auspica che tale disagio
nei confronti della mancanza di politiche fiscali favorevoli al Veneto venga recepito
dalla Regione e primariamente dal Governo nazionale.
Le posizioni del Centro Sinistra sono già state espresse in precedenza e anch’esse pur
con alcuni distinguo sono favorevoli all’iniziativa di passaggio alla Provincia Autonoma
di Bolzano messa in atto dai Comuni in oggetto.
3.6 SCENARI FUTURI
L’effettivo passaggio dei tre comuni di cui stiamo discutendo nel presente capitolo avrà
una strada molto complessa.
Il risultato del referendum è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 260 del 8/11/2007.
Secondo quanto previsto dalla Legge n. 352 del 2007, il Ministro dell’Interno deve
presentare al Parlamento un disegno di legge riguardante il cambio di regione, entro
sessanta giorni dalla pubblicazione dell’esito referendario in Gazzetta Ufficiale.
Questo termine è attualmente già stato superato senza nessuna presentazione del
suddetto disegno di legge.
Una volta insediato il nuovo Governo dopo le elezioni del 13 e 14 Aprile l’iter
procedurale previsto dall’articolo 132 della Costituzione dovrà ripartire dal passo
successivo al referendum.
Anche per i comuni dove il disegno di legge è già stato presentato, come ad esempio il
Comune di Lamon che ha anche già acquisito i pareri favorevoli dei Consigli Regionali
di Veneto e Trentino Alto Adige, tutto dovrà ripartire da capo perché nessuno dei due
rami del Parlamento ha approvato il disegno di legge in discussione alla Commissione
Affari Costituzionali della Camera.
66
Recentemente, il 9 e 10 Marzo scorsi si sono svolti altri quattro referendum per il
distacco/aggregazione: i Comuni di Sappada e Pedemonte hanno richiesto il passaggio
dalla Regione Veneto rispettivamente al Friuli Venezia Giulia e al Trentino Alto Adige
e in entrambi casi l’esito referendario è stato positivo. I Comuni di Mercatino Conca e
Monte Grimano Terme hanno richiesto il passaggio dalle Marche all’Emilia Romagna,
in questo caso il referendum è stato respinto.
3.7 ULTIMI SVILUPPI
Il silenzio istituzionale che si è prolungato, fino ad oggi, per quasi 9 mesi ha comportato
un forte malessere tra gli elettori che hanno voluto, in seguito al referendum, dare
credito agli impegni politico-elettorali di sostegno al passaggio.
La questione del Cortinese, è «entrata» ufficialmente in Parlamento a fine Maggio
quando il deputato dell’SVP Karl Zeller ha presentato la proposta di legge C-23, che
rappresenta però solo il primo passaggio in quanto non garantisce nè la
calendarizzazione nei lavori parlamentari né tanto meno una sua discussione.
Il 26 Agosto il Coordinatore del Comitato Referendario Siro Bigontina ha incontrato il
Ministro dell’Interno Roberto Maroni il quale ha garantito il pieno appoggio della Lega
Nord ai secessionisti del Veneto. Il titolare del Dicastero ha inoltre affermato che sarà
sua premura aprire un tavolo di discussione con gli alleati di Governo del Popolo delle
Libertà sul tema.
Secondo Maroni infatti i cittadini dei comuni referendari, in pratica, hanno seguito una
«procedura riconosciuta dalla Costituzione». Per questo, «l’esito del voto non può
essere ignorato o, peggio ancora, smentito».
67
Il coordinatore del Comitato referendario ha avuto parole positive parlando
dell’incontro con il Ministro: «Era da tempo che volevamo esprimere le nostre
motivazioni, finalmente ci siamo riusciti. Maroni si è dimostrato all’altezza della
situazione. L’ho trovato preparato. Dice di aver pronto il disegno di legge sul distacco».
La recente presentazione della lista “Ladins Dolomites” alle elezioni provinciali di
Bolzano della primavera 2009 rappresenta un’azione politica non indifferente al fine di
porre la questione della riunificazione dei ladini all’interno delle istituzioni.
I rappresentanti di questa neonata formazione politica locale affermano che: «Solo
unendoci potremo riuscire ad ottenere due consiglieri e a far “pesare” così di più
l’opinione dei ladini e far valere i nostri diritti».
Raggruppati sotto il logo «Ladins Dolomites», infatti, vi sono ladini della Val Badia e
della Val Gardena, ma anche ladini che vivono in città.
4. CONCLUSIONI
Al termine di questo lavoro possiamo anzitutto affermare che dal punto di vista
legislativo le questioni aperte riguardanti il disegno di legge sull’attuazione del
federalismo fiscale, il disegno di legge per la riforma dell’articolo 132 della
Costituzione e i vari disegni di legge da presentare per il cambio di Regione, sono
rinviati all’esame del prossimo Governo che si insedierà a seguito delle elezioni
politiche che si svolgeranno il 13 e 14 Aprile prossimi.
Alla luce di quanto analizzato si può affermare come il lungo dibattito politico sul
federalismo e la Costituzione Repubblicana abbia portato ad una effettiva modifica della
Costituzione in senso federale che garantisce maggiori poteri alle Regioni, attraverso
l’inversione del riparto delle competenze.
La vera problematica è insita nell’effettiva attuazione delle modifiche costituzionali del
2001. Per quanto riguarda ad esempio l’adozione dello Statuto Regionale, strumento
che indica la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione fondamentale
della regione, solo nella metà delle regioni italiane è stato approvato.
68
Altra previsione sempre all’ordine del giorno dell’agenda politica è l’attuazione del
federalismo fiscale che assegnerebbe alle regioni autonomia di entrata e di spesa e
garantirebbe le Regioni incapienti attraverso il principio di perequazione.
Come citato nel primo capitolo è stato presentato un disegno di legge delega recante
«Disposizioni di attuazione dell’articolo 119 della Costituzione» approvato in prima
lettura dal Consiglio dei Ministri del 28 Giugno 2007, ma la cui discussione è
attualmente bloccata.
La mancata attuazione del federalismo fiscale ha causato negli ultimi anni un ricorso
sempre maggiore alla procedura di distacco aggregazione di un comune da una regione
all’altra, prevista dall’articolo 132 della Costituzione, in particolare nei comuni
confinanti con Regioni a statuto speciale.
Gli scenari legati all'art. 132/c. 2
dal punto di vista costituzionale sono
inediti e molto interessanti, a partire dal fatto se e come queste procedure
andranno a buon fine.
In particolare come analizzato nel secondo capitolo sono interessanti le eventuali azioni
intraprendibili davanti alla Corte costituzionale da parte dei Comuni interessati e dei
loro Comitati referendari, qualora i disegni di legge di variazione territoriale non fossero
presentati alle camere o fossero respinti senza motivazione oppure abbandonati,
partendo dal presupposto che la Corte ha già riconosciuto in passato l'esistenza di un
diritto all'autodeterminazione delle comunità.
Anche se i referendum non sono vincolanti, la mancata ratifica del distacco a livello
parlamentare
dovrebbe
necessariamente
trovare
delle
valide
motivazioni.
È quindi molto interessante riscontrare come un rifiuto da parte del Parlamento possa
poi essere «impugnato» dinnanzi alla Suprema Corte.
Il caso da me analizzato, riguardante il territorio di Cortina d’Ampezzo, è interessante in
quanto questo è un territorio in cui pur essendoci delle entrate elevate per gli operatori
del turismo vi sono notevoli disagi fiscali nelle politiche per l’affitto o l’acquisto della
casa e per l’apertura di nuove attività. La problematica dei bassi trasferimenti erariali
dello Stato alla Regione Veneto verrebbe in parte risolta con il cambio di regione. Le
motivazioni storiche addotte dai proponenti del referendum sembrano ai più uno
«specchio per le allodole» che una reale motivazione giustificativa della domanda di
cambio regione.
69
Interessanti sono state le dinamiche di relazione tra gli attori riscontrate nella questione
in oggetto, abbiamo, infatti, notato come le personalità istituzionali e non abbiano
posizioni anche diametralmente opposte a questa iniziativa.
In conclusione possiamo notare come questa procedura costituzionale presupponga un
lungo processo per completarsi. Ad oggi in nessun caso si è arrivati ad un cambio di
regione da parte di un comune o di una provincia, questo è quindi sintomo di un
meccanismo costituzionale pressoché inattuabile nella sostanza.
È, quindi, necessario che le regioni e gli enti locali utilizzino la mobilitazione e si
organizzino per far sì che l’agenda politica nazionale rimetta all’ordine del giorno
l’importantissima questione dell’autonomia impositiva e fiscale delle istituzioni
regionali.
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