Bruno Biondi e il fascino delle sue stanze verticali

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Bruno Biondi e il fascino delle sue stanze
verticali
“Siamo sballottati dalla vita odierna come se fosse un caos, quindi arriviamo a sera e cerchiamo una
tranquillità, un appiglio. La linea verticale è trovare se stessi in una serenità stabile” – Bruno Biondi
di Federico Poni – “Le Stanze Verticali” è una mostra personale dell’artista Bruno Biondi, curata
da Massimiliano Binazza, in esposizione presso la galleria Statuto13.
I dipinti dell’artista si basano su tre colori, il nero, il grigio ed il bianco, colori freddi che, con le
diverse tecniche usate, sembrano prendere parola e creare una sensazione che si può percepire con
tutti i sensi.
La particolarità delle composizioni è la verticalità: una richiesta di salvataggio dal buio grazie alla
luce, tema principale delle serie di Biondi. Inoltre l’artista lavora sulle tecniche di scavo, taglio del
legno, della tela o del cartone, che richiamano una caduta, una non accettazione, quasi un odio, della
società.
Qualche volta, però, troviamo anche dei dipinti bianchi, casti, puri: la salvezza è arrivata anche se
rimane sempre una “ferita”, rappresentata da un taglio o uno scavo nel cartone.
Il cartone ondulato, oltre ad essere il nome di una serie, è un materiale scelto spesso da Biondi:
lucido e omogeneo sulle contrapposte facce che sono però tenute insieme da onde. Queste onde,
secondo l’artista, rappresentano, allo stesso tempo, ordine e disperazione, un silenzioso urlo di
dolore.
A contrasto con i dipinti bianchi se ne trova uno completamente nero, senza altre tonalità, con due
nette linee scavate: una strada senza uscita, un’imperfezione voluta, come un segno di autocritica.
La maggior parte delle opere sono suddivise in due parti, una più cupa e una più chiara, con in
mezzo la fatidica linea: un bipolarismo formato da sofferenza e speranza in cui l’artista è
completamente perso, immerso in un mare colmo di odio.
Queste sensazioni melanconiche sono idealmente riassumibili nel concetto schopenhaueriano del
pendolo: un continuo alternarsi di totale dolore e, in questo caso, di una costante minima speranza:
un “memento mori” astratto.
Il minimo comune denominatore delle opere, quindi, sono le linee verticali, che fungono da specchio,
in primis, per l’artista ma anche per gli individui della nostra odierna società. Una, due o tre linee:
delle pseudo strade opache, ruvide o lisce, brevi o lunghe che richiamano sempre un’autobiografia
del momento.
“Bruno – come lo descrive il curatore della mostra – è riflessivo, profondo, dallo sguardo
impenetrabile. Le sue opere sono una via per esorcizzare le sue paure, i suoi fantasmi inconsci”.
Le Stanze Verticali sono quindi dei luoghi onirici che dominano la mente ma che l’artista desidera
poter dominare, “come se personificassero il luogo dove un regista teatrale/l’artista riesce a scrutare
da dietro la quinta scenica, a regolare, a dirigere e infine a decidere quale sarà la trama, quale sarà
il finale”.
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Le Stanze Verticali – Mostra personale di Bruno Biondi
Galleria d’Arte Contemporanea Statuto13
Via Statuto, 13 (corte int.) – 20121 Milano
In mostra fino al 24 gennaio 2017
Apertura al pubblico: ore 11-19 da martedì a sabato
Gigi Gherzi esplora i sogni della gioventù a
Campo Teatrale
Il 17 febbraio debutta a Campo Teatrale una nuova produzione: “Il sogno della gioventù”.
Gigi Gherzi, scrittore, attore e regista, tra le figure più prolifiche nel panorama teatrale
contemporaneo, dominerà al centro della scena nei panni di uno strano archivista alle prese con la
stesura di un piccolo manuale per vivere la gioventù e uscirne vivi. Gherzi, autore anche del testo,
entrerà nelle stanze dei giovani, nei riti e negli incontri delle compagnie, nei luoghi del consumo,
nelle università e negli stage post laurea, nel catalogo delle aspirazioni difficili e delle promesse di
lavoro.
Narrazione, esplorazione lirica, appunti fotografici danno vita a uno spettacolo che interroga il
silenzio e la diffidenza tra le generazioni, con il gusto della provocazione e l’amore per un nuovo
possibile incontro.
Un archivio di quaranta testi – poesie, narrazioni, pagine di diario, giochi con il pubblico, personaggi
che chiedono parola, canzoni – in cui tutte le storie, le esperienze e i segni raccolti dall’attore
archivista sulla gioventù dialogano con il lavoro fotografico di Luca Meola, lavoro che di volta in
volta prende forma di canto lirico, videoclip e partitura visiva dello spettacolo.
Ogni sera sul palco, insieme all’archivista, una sorta di maestro del coro senza tempo, rappresentato
da un gruppo di persone sempre diverso, che porterà in scena un proprio testo e sceglierà quali tra i
molti materiali dell’archivio daranno vita all’evento, unico e irripetibile, che sarà presentato al
pubblico.
Il sogno della gioventù
di e con Gianluigi Gherzi
regia Silvia Baldini
dal 17 al 22 e dal 24 al 29 gennaio
CAMPO TEATRALE
via Cambiasi 10 – Milano
Metro MM2 Udine-Lambrate – Linee di superficie 55-62
Biglietti:
intero: 20 euro – ridotto: 14 euro
17 gennaio biglietto unico € 10
Per informazioni:
Telefono: 02/26113133
[email protected]
www.campoteatrale.it
Mortimer & Wanda debuttano al Teatro
Delfino
Mortimer & Wanda, commedia che ha segnato l’inizio del sodalizio artistico tra Marina Thovez e
Mario Zucca, debutta al Teatro Delfino di Milano il 12 gennaio e resterà in scena per due
settimane.
La commedia, scritta e diretta da Marina Thovez, porta in scena due personaggi eccentrici, un
musicista e una psicologa, che nella loro fragilità rivelano una forte dose di umanità. Mortimer è un
direttore d’orchestra di successo che abbandona improvvisamente tutto e va a vivere in un rudere di
campagna. Questo isolamento inspiegato, unito alla personalità stravagante, gli guadagnano la fama
di pazzo. A riportarlo nella società dei “normali” arriva un giorno Wanda. Tra i due scoppia la
guerra. Impari. Mortimer ha la superiorità del genio, ma Wanda escogiterà le tattiche più impensate
per stanarlo.
“L’idea è nata leggendo la famosa lettera di Beethoven ai suoi fratelli in cui il gigante della musica
rivela la sua sordità e piange la “perdita di un senso che possedeva perfetto al sommo grado, quale
certo pochi musicisti hanno o hanno avuto”. Che succede al genio quando gli viene proibito di
parlare? Si può impazzire. Da qui prende le mosse una storia originale, una favola moderna in cui si
triturano i luoghi comuni della psicanalisi, del genio necessariamente eccentrico, in un continuo
ribaltamento di ruoli con cui cerco di far luce sulla vita ” spiega Marina Thovez che poi si chiede: “E’
meglio essere cinici o ingenui? Se il distacco dalle cose regala sicuramente una superiorità morale e
sugli altri, l’ingenuità è forse l’unica arma che abbiamo contro il pessimismo, è una fiamma vitale
che con coraggio dobbiamo tenere accesa”
DOVE, COME E A QUANTO – Mortimer & Wanda di Marina Thovez – Teatro Delfino dal 12 al 22
gennaio
Da giovedì a sabato ore 21.00; domenica ore 16.00 – Biglietti da 20 euro
Il Don Carlo torna alla Scala
Il Don Carlo di Giuseppe Verdi torna in scena alla Scala di Milano. L’opera debutterà il 17 gennaio e
sarà riproposta in replica fino a 12 febbraio. Dirige Myung-Whun Chung. In scena per il Don Carlo
Francesco Meli, Krassimira Stoyanova, Ekaterina Semenchuk, Simone Piazzola e Orlin Anastassov.
Lo spettacolo è quello firmato da Peter Stein per la regia e da Ferdinand Wögerbauer per le scene
andato in scena nel 2013 al Festival di Salisburgo. La versione in cinque atti, la prima ad approdare
alla Scala nel 1868, manca dalla Scala da quarant’anni, ovvero dall’edizione diretta da Claudio
Abbado con la regia di Luca Ronconi per l’inaugurazione della Stagione 1977/1978.
L’opera nasce per il rientro di Verdi a Parigi. Il compositore nel 1865 mancava dalla Ville Lumiere da
10 anni, quando aveva presentato all’Opéra Les Vêpres siciliennes quando, per il suo ritorno, su
invito del direttore dell’Opéra Jules Perrin,sceglie il dramma di Schiller Don Carlos e progetta
un’opera dall’architettura grandiosa, che lo impegna in lunghi mesi di composizione (nel corso dei
quali si spegne il librettista Méry; la stesura del libretto viene completata da Camille Du Locle) e in
un esasperante periodo di prove. La prima è prevista per metà dicembre 1866 ma slitta
continuamente. Il 24 febbraio, alla prima prova in cui l’opera viene eseguita per intero, si osserva
che la durata totale, 3 ore e 47 minuti, impone drastici tagli se si vuole terminare la serata entro la
mezzanotte e permettere al pubblico di raggiungere le ferrovie suburbane. La prima ha luogo l’11
marzo, sul podio George Hainl, con accoglienza favorevole ma non trionfale: il nuovo stile di Verdi
suscita sulle prime più disorientamento che entusiasmo. Il compositore lascia Parigi autorizzando
l’Opéra ad apportare i tagli “reputati opportuni”. E i tagli, sempre più arbitrari, caratterizzeranno il
cammino dell’opera in Europa. Verdi vi rimette mano di persona nel 1872, per il Teatro di San Carlo.
Nel complesso il compositore è sempre più insoddisfatto dalla prassi dei tagli arbitrari apportati dai
teatri, ma anche cosciente della necessità di un ripensamento complessivo. Nel 1880 l’opera di
Vienna chiede a Ricordi di mettere in scena Don Carlos, e Verdi fa rispondere che sono necessarie
“alcune modificazioni”. Accorciare è necessario, anche perché “in questa città i portieri chiudono i
portoni delle case alle 10 – scrive Verdi – dal momento che mi si devono tagliare le gambe ho
preferito affilare io il coltello”. Nel complesso Verdi elimina circa metà dell’opera originaria, a
partire dall’atto di Fontainebleau, rimusicando e correggendo: ne emerge un dramma nuovo, più
sintetico e agile, in cui il fattore politico e la figura di Filippo prevalgono su quello
psicologico/sentimentale e i personaggi di Carlo ed Elisabetta. Cessate le trattative con Vienna, il
nuovo Don Carlo in quattro atti va in scena alla Scala il 10 gennaio 1884. Negli anni seguenti Verdi
non cessa di ripensare a Don Carlo e alla funzionalità drammaturgica del primo atto: una nuova
versione, che accoglie le modifiche introdotte per la Scala ma ripristina l’atto di Fontainebleau
(omettendo però i ballabili), va in scena a Modena il 26 dicembre 1886. È quella che sarà riproposta
alla Scal.
Vincenzo Salemme brinda con "Una festa
esagerata"
Vicenzo Salemme porta al Teatro Sistina di Roma la sua nuova commedia “Una festa esagerata ….!”.
Salemme e la sua “Una festa esagerata” rimarranno sul palcoscenico romano dal 18 gennaio al 5
febbraio.
La nuova commedia scritta, diretta e interpretata dallo stesso Salemme e vede e in scena
anche Nicola Acunzo, Vincenzo Borrino, Antonella Cioli, Sergio D’Auria, Teresa Del Vecchio, Antonio
Guerriero, Giovanni Ribo’, Mirea Flavia Stellato.
“Ho scritto “Una festa esagerata…!”lo scorso maggio ma l’idea di partenza risale a qualche anno
addietro” -spiega Vincenzo Salemme per poi aggiungere “Con “Una festa esagerata…!” ho puntato
tutto sulla naturalezza della recitazione colorando qua e là con una comicità più estrema, a tratti
farsesca. Un po’ come succede nella vita quando qualcosa o qualcuno ci fa ridere per quanto
involontariamente buffo. Ma questa è anche una commedia abbastanza crudele verso noi stessi,
verso i nostri cedimenti morali. E credo che il teatro possa ricordare a chi lo fa e a chi lo guarda che
in fondo siamo di passaggio e che, forse, un po’ di sana autoironia ci può aiutare a vivere meglio”.
“Una festa esagerata…!” di Vincenzo Salemme: DOVE, COME E A QUANTO
Teatro Sistina- Roma dal 18 gennaio al 5 febbraio
Orari diversi a seconda della rappresentazione
Biglietti da 27,5 euro
Monte Lussari, sciare dentro a un sogno a
forma di Presepe
Sciare sul Tarvisio, a Monte Lussari, è come sciare dentro a un sogno a forma di Presepe. Non a caso proprio il
profilo di Monte Lussari, nel biancore invernale, è una delle icone più classiche del Friuli Venezia Giulia. Monte Lussari
è un minuscolo borgo nato attorno ad un convento, luogo tutt’oggi di pellegrinaggio, e arroccato a 1790 metri
nel cuore delle Alpi Giulie al confine tra ben tre Paesi, Italia, Austria e Slovenia. Non che d’estate non abbia il
suo fascino. Ma d’inverno, sommerso dalla neve e nel silenzio più totale della valle, lo scenario di Monte Lussari
è magia pura. Anche perché una volta chiusi gli impianti di risalita, in inverno si è completamente isolati dal
resto del mondo. Il borgo infatti, sospeso tra sogno e magia, è raggiungibile solo con la cabinovia Camporosso
da Tarvisio o a piedi.
A Monte Lussari le giornate scorrono pigre tra i piaceri della tavola e la meraviglia dello spettacolo naturale su
cui si affaccia il borgo. Ma volendo non mancano proposte un po’ più attive. Ed è proprio lo sport all’aria aperta
è il protagonista delle giornate nel Tarvisiano e, soprattutto, lo sport sulla neve. Rispetto al resto d’Italia a Monte
Lussari è difficile infatti che ci sia carenza di neve: lo scenario è infatti generalmente coperto dal manto
immacolato della neve da novembre ad aprile grazie alla particolare posizione geografica del comprensorio. Qui
si può sciare su 33 km di piste e, in particolare, sulla leggendaria Di Pampero che per molti anni è stata teatro
dei mondiali di sci femminili e che Monte Lussari scende a valle, per quattro km e mille metri di dislivello con
repentini cambi di pendenza e lo schuss finale. Qui si può sciare anche in notturna. Per alternare, a breve distanza
da Monte Lussari e dal Tarvisino si può scegliere anche il comprensorio di Sella Nevea o le stazioni sciistiche di
Arnold Dreilaendereck in Austria, Kranjska Gora in Slovenia, PAsso Pramolo ancora in Austria e Bovec in
Slovenia. Il Polo della Val Saisera con i sui 40 km di piste è invece l’approdo ideale per chi preferisce il fondo alla
discesa, mentre per passeggiare, magari ciaspole ai piedi, si possono scegliere diversi percorsi tra cui i laghi di
Fusine, il Saisera Wild Trek e il sentiero degli abeti di Risonanza. Nel tarvisiano si può perfino sperimentare la
slitta trainata dai cani husky, ovvero lo sleddog magari con Ararad, uno dei fondatori della scuola Internazionale
Mushing che ha sede a Fusine in Valromana e protagonista, tra l’altro, della mitica spedizione “Sulle orme di
Balto”, 1200 chilometri in Alaska. A portata di macchina inoltre si possono raggiungere le stazioni termali in
Carinzia e città d’arte come Ljubljana o Klagenfurt.
Ambra dà voce al Sessantotto
Ambra Angiolini, Francesco Scianna e Francesco Biscione portano in scena “Tradimenti” commedia
di Harold Pinter. La regia è firmata da Michele Placido. Tradimenti debutterà al Teatro Manzoni di
Milano il prossimo 12 gennaio e proseguirà con le repliche fino al 29 gennaio. Scritta nel 1978 e
ambientata tra Londra e Venezia, questa è una delle commedie più famose di Pinter, premio Nobel
2005 per la letteratura, ed è stata portata sul grande schermo nel 1983, con Jeremy Irons, Ben
Kingsley e Patricia Hodge. Si tratta per di più di un testo che nasce da unmo spnto autobiografico
dello stesso Pinter che, sposato con l’attrice Vivien Marchant, visse una relazione lunga sette anni
con la presentatrice televisiva Joan Bakewell.
La storia procede a ritroso, dal 1977 al 1968. Emma, interpretata da Ambra Angiolini, manager in
una galleria d’arte, e Jerry, scrittore e agente letterario, si rivedono due anni dopo la fine della loro
relazione. Sono stati amanti per cinque anni, distraendosi dai rispettivi matrimoni in un
appartamento preso in affitto, finché Robert, marito di Emma e testimone di nozze di Jerry, costringe
la moglie ad ammettere il tradimento, dopo aver sospettato a lungo sulla relazione tra i due. “Con
miei attori Ambra Angiolini, Francesco Scianna e Francesco Biscione, abbiamo fatto un gioco, cioè
leggerla dall’ultima scena, che si svolge appunto nel 1968, per poi procedere fino al 1977. È chiaro
che Pinter si diverte a spiazzare il lettore con il gioco a ritroso, partendo da un dialogo che segna la
fine del sentimento che coinvolge i tre protagonisti e che si svolge in un bar nell’anno 1977. Scena
che, appunto, segna l’inizio della commedia e che prosegue andando indietro negli anni fino alla
bellissima descrizione della festa in pieno stile sessantottino, con alcool e droghe leggere,
ambientata a casa di Robert ed Emma, in cui Jerry tenta di sedurre la moglie dell’amico Robert”
spiega Michele Placido che poi racconta “essendo stato personalmente coinvolto in quegli anni
sessantottini, la commedia di Pinter mi abbia toccato anche da un punto di vista autobiografico. Ho
raccontato agli attori della compagnia di una personale parabola sentimentale e politica e di come
quegli amori di gruppo, la libertà sessuale, le prime trasgressioni i furori rivoluzionari siano stati
poi, negli anni a venire, traditi e a volte falliti miseramente falliti. La storia di quegli anni parla, e
non solo per me, di amori finiti, ma soprattutto di tradimenti politici, ideologici e sociali. Ecco, sì,
forse questo testo si può leggere non solo come la fine di una storia d’amore più o meno grande, ma
anche come un totale fallimento di un’utopia rivoluzionaria che voleva migliorare e cambiare il
pensiero occidentale”.
Case & Cinema: vivere dentro a un film
Vivere come dentro a un film potrebbe presto diventare realtà per alcuni fortunati che potranno
letteralmente portare il cinema fin dentro le pareti di casa. Sono infatti in vendita case in cui sono
stati ambientati set di film diventati veri e propri cult. E si possono comprare online sul sito di
immobiliare.it.
A Cortina d’Ampezzo è in vendita, con prezzo riservato, la villa dove sono stati girati ben blockbuster
dei cinema di tutot il mondo: nel 1963 La Pantera Rosa con David Niven e Peter Sellers e, nel
1981, 007 Solo per i tuoi occhi con Roger Moore e Carole Bouquet.
A Roma per 4,1 milioni di euro si può diventare proprietari di un palazzo che nel 1977 è stato il set
di Una giornata particolare, uno dei più intensi capolavori del grande schermo, di Ettore Scola
con Sophia Loren e Marcello Mastroiani e, nel 1995, del Romanzo di un giovane povero con
Alberto Sordi. Non lontano da Roma, ma in provincia di Latina, a Terracina è in vendita per “soli” 3
milioni di euro la casa dove Carlo Verdone, nel 1998, ha filmato alcune scene di un altro dei pezzi da
novanta del cinema degli ultimi vent’anno: Gallo Cedrone.
Per meno di un milione di euro invece si può trovare a Torino l’appartamento dove sono stati girati
sia Bianca come il latte, rossa come il sangue, film con Luca Argentero del 2013, sia La verità,
vi spiego, sull’amore, film con Ambra Angiolini, Giuliana De Sio e Carolina Crescentini che sarà
nelle sale dal prossimo aprile.
L'international day of Italian Cuisinses
celebra l'orgoglio per la cucina italiana nel
mondo
Da dieci anni, il 17 gennaio si celebra l’orgoglio per la cucina italiana nel mondo anche se sotto un band
tutt’altro che made in Italy, ovvero International day of Italian Cuisinses. È il giorno di Sant’Antonio Abate
patrono, tra l’altro dei macellai. Quest’anno le celebrazioni hanno un protagonista d’eccezione: la pizza, in due
versioni, la classica margherita e quella dello chef di ogni singolo ristornate che parteciperà all’evento. L’intento
è quello riaffermare l’eredità italiana di un piatto conosciuto in tutto il mondo … ma troppo spesso contraffatto.
Sono quindi previsti centinaia di ristornati in tutto il mondo pronti a celebrare, con la pizza, l’orgoglio tricolore in
cucina. Nelle precedenti edizioni della manifestazione sono stati portati alla ribalta, tra l’altro, la parmigiana di
melanzane, la cotoletta alla milanese, il pesto genovese, le tagliatelle al ragù bolognese, il tiramisù, il risotto all
m ilanese, gli spaghetti al pomodoro, la cotoletta e la pasta alla carbonara. Insomma una piccola parte del
meglio della nostra cucina che, troppo spesso, all’estero viene interpretata secondo suggestioni locali. Oltre alla
pizza all’ananas e alla “pepperoni pizza”, apparsa talmente tante volte nelle serie televisive americane da far
percepire la pizza come un piatto tipico a stelle e strisce, si possono in effetti ricordare le varianti di pasta alla
carbonara proposte all’estero con ogni ingrediente tranne quelli previsti dalla classica ricetta della cucina delle
nostre nonne o piuttosto un piatto di parmigiana che in Australia significa cerne di pollo con salsa al pomodoro e
un formaggio bianco, che dovrebbe evocare la mozzarella, in cima alla composizione artistica.
Ettore Bassi porta in scena l'amore
Un cast d’eccezione per “L’amore migliora la vita”, commedia scritta e diretta da Angelo Longoni
che debutterà il prossimo 17 gennaio al Teatro San Babila di Milano. A dare voce all'”amore”
saranno Ettore Bassi, Edy Angelillo, Eleonora Ivone e Giorgio Borghetti. L””amore” illuminerà il
palcoscencio milanese fino a 22 gennaio.
La commedia, che prende spinto da un’affermazione talmente scontata da sembrare inutile, punta a
evidenziare come fine troppo spesso la nostra esistenza sia invasa da rabbia e la paura che tendono
a offuscare appunto il sentimento più bello, l’amore. Siamo talmente concentrati sul nostro
malessere da dimenticarci ciò che di bello potremmo avere se solo fossimo meno ottusi.
Due coppie di genitori si trovano per discutere di un problema che riguarda i propri figli maschi
appena divenuti maggiorenni. All’inizio i quattro sembrano essere molto civili e dimostrano di avere
a cuore solo il bene dei propri ragazzi ma, quando si tratta di discutere della loro omosessualità e
della loro volontà di vivere apertamente il loro amore, le cose si complicano notevolmente.
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