ABBADO in Sudamerica L' orchestra dei ragazzi di strada Quella di Edricson, è una delle tante storie di ragazzi e di ragazze, che da queste parti sono stati letteralmente salvati dalla musica. Ragazzi e ragazze, molti di loro fior di musicisti, che dal 10 gennaio, sotto la guida di Claudio Abbado, hanno provato e riprovato un programma che comprende la «Quinta Sinfonia» di Gustav Mahler e «La Mer» di Claude Debussy. Dodici giorni di prove per la messa a punto di un' orchestra gigantesca, che ha esordito in prima mondiale il 22 e il 23 gennaio al Teatro Teresa Carreno di Caracas, per poi proseguire con un altro doppio concerto (25 e 26) al Teatro Amedeo Roldan de L' Havana, a Cuba. Noi abbiamo assistito alla creazione, giorno dopo giorno, di questa meravigliosa Orquesta de Jovenes Latinoamericanos, un' orchestra multiculturale e multirazziale: sono in 285, tutti fra i 15 e i 24 anni, e provengono, oltre che dal Venezuela (90 di loro fanno parte dell' orchestra giovanile Simon Bolivar, che esiste già da anni) da Ecuador, Perù, Bolivia, Colombia, Paraguay, Uruguay, Cile, Argentina, Repubblica Dominicana, Puerto Rico, Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Messico, Haiti, Cuba, Brasile, Panama, Honduras e Nicaragua. Una galleria di volti infinita e coloratissima, che sprigiona un' energia e un entusiasmo davvero contagiosi: vederli, ascoltarli, viverci praticamente a fianco la maggior parte del tempo, è un' esperienza unica. Anche Claudio Abbado è stato contagiato: sembra che tragga una forza davvero inesauribile da questi giovani. Vedere la passione, osservare l' entusiasmo di un artista che crede profondamente in quello che fa, lascia senza parole: Abbado li segue, uno a uno, parla e scherza con tutti, dimostra una pazienza zen, sfodera una memoria infallibile per quanto riguarda i singoli nomi. Il giorno che è arrivato a Caracas, è stato organizzato un concerto in suo onore con il gruppo dei "Mano Blanca" (mano bianca). E' un gruppo misto di giovani sordomuti, che indossano guanti bianchi e fanno musica, per l' appunto, con le mani: accanto hanno un coro che canta, e loro, con una sincronia perfetta, muovono le mani con il linguaggio dei sordomuti, traducendo, letteralmente, parola per parola, il testo della canzone. Il risultato è una danza di mani bellissima: Abbado si è commosso ed è rimasto senza parole, e Alessio Allegrini, primo corno di Santa Cecilia - special guest di Abbado in questa nuova avventura - lo ha definito il concerto più intenso che abbia mai visto. In Venezuela ci sono scuole di musica per portatori di handicap, scuole di liuteria che recuperano i ragazzi dalla strada, insegnando loro ad assemblare un violino. Insomma, qui, a quasi novemila chilometri di distanza dai teatri d' opera d' Italia e d' Europa, c' è un sistema musicale, dal quale noi occidentali abbiamo soltanto da imparare. In Venezuela non si parla mai di musica soltanto dal punto di vista artistico: qui la musica è anche, e forse soprattutto, un metodo di riscatto sociale, un progetto sociale, al quale una persona in particolare ha dedicato la propria vita: il maestro Antonio Abreu. E' un uomo di sessantacinque anni, piccolo e minuto, ricurvo, che in un clima di quasi trenta gradi indossa abiti invernali di una taglia più grande della sua e che passa la maggior parte del tempo a parlare al cellulare. Direttore d' orchestra, ex ministro della cultura, Abreu, che qui è considerato un mito vivente (è soprannominato «papa-dio»), in trent' anni di lavoro ha messo in piedi un sistema orchestrale mastodontico. In Venezuela ci sono 100 orchestre giovanili, 90 orchestre infantili, che coinvolgono un totale di 240mila giovani, ai quali ne vanno aggiunti altri 300mila, che cantano nei cori. Solo a Caracas ci sono ben 15 orchestre di questo genere. Qui è normalissimo che anche un autista di autobus sia in grado di «tocar» (suonare) uno strumento, e se poi è un «quatro» (il chitarrino a quattro corde tipico del Venezuela) o un violino questo poco importa: la musica è musica qui, senza distinzione di generi. Chiunque, se vuole, può imparare a suonare, perché lo stato mette a disposizione tutto. Gratuitamente. Insegnamenti e strumenti. E lo stato offre la stesse opportunità a tutti, indipendentemente dallo strato sociale. Dietro il nostro albergo, a due passi, inizia il barrio di San Agustin, dove nessuno ha voluto portarci a filmare: è troppo pericoloso ci hanno detto. Alla fine ci siamo andati ugualmente, accompagnati da un ragazzo dell' orchestra che vive lì: nessuno ci ha derubato, nessuno ci ha fatto niente, abbiamo incontrato soltanto gente arrabbiata col mondo, perché è poverissima. E il progetto di Claudio Abbado aiuterà proprio quella gente. «Ogni concerto - dice il maestro con la serena convinzione che lo contraddistingue da sempre - che farà questa Orchestra Giovanile Latinoamericana servirà a ricostruire una parte di un barrio. Oltre a questi concerti bisognerà organizzarne altri, e non soltanto di musica classica naturalmente, ma anche di pop. Il tutto a fini benefici. E non importa quanti concerti serviranno. Con mille concerti ricostruiremo mille case. Voglio coinvolgere anche architetti di fama mondiale e farli lavorare gratuitamente a questa ricostruzione». E, chi conosce Claudio Abbado, sa perfettamente che quando decide di fare una cosa, alla fine riesce sempre a farla. HELMUT FAILONI In Venezuela Abbado aveva conosciuto El Sistema, un progetto educativo che salva i ragazzi dalla criminalità, dalla prostituzione, dalla droga attraverso la musica, e se ne era innamorato. “Li ho visti, facendo musica insieme trovano se stessi", commentava, e di ritorno da quel soggiorno, era il 2010, aveva presentato in Italia un progetto che faceva di El Sistema il proprio modello ispiratore e che ambiva a sottrarre i più giovani da condizioni di disagio e marginalità sociale attraverso l’insegnamento della musica e l’inserimento gratuito nelle orchestre giovanili. La musica doveva diventare “il filo rosso nel labirinto delle periferie”. Ma cos’è El Sistema? El Sistema è un progetto ambizioso e visionario, nato nel 1975 dalla creatività e dalla determinazione di un musicista di nome Josè Antonio Abreu. Sono passati più di 30 anni da quando Abreu ha raccolto quei primi 11 bambini dalle strade di uno dei quartieri più poveri di Caracas, per mettergli in mano uno strumento e farli suonare insieme in un garage. Oggi El Sistema è un programma di didattica della musica pubblico e gratuito, un network conosciuto in tutto il mondo e un modello di evoluzione sociale. Una bellissima storia, che continua a ispirare, e un modello rivoluzionario che continua ad essere replicato. I risultati che El Sistema ha raggiunto in Venezuela e nel resto del mondo sono straordinari: sono 300.000 i bambini che ogni giorno, strumento in spalla, raggiungono i “nuclei” del progetto, le scuole distribuite in tutto il paese, oggi circa 180 solo in Venezuela, decine nel resto del mondo. La missione di El Sistema sono e resteranno i bambini, bambini che nella stragrande maggioranza vivono nelle periferie e nei quartieri più malfamati dello Stato Sudamericano. Il nucleo originario, “La Rinconada”, sorge in uno dei quartieri più poveri di Caracas; reclutare i bambini in queste zone per inserirli nella fila di un 'esercito' di pace che predica il rispetto, l’uguaglianza, la condivisione, significa letteralmente salvarli dalla strada, dalla delinquenza, dalla droga, e offrir loro un futuro, l’opportunità di crescere, scoprire i propri talenti, “diventare qualcuno”, musicista, medico o insegnante che sia. Per questi ragazzi e per le loro famiglie El Sistema è uno strumento importantissimo di prevenzione e di protezione, un modo per vincere l’emarginazione. Nei nuclei di El Sistema si impara, divertendosi, il valore della disciplina, la dedizione, l’impegno; i bambini si esercitano 4-5 ore al giorno, dopo la scuola, e alcuni di loro finiscono per entrare nell’ormai celeberrima Orchestra giovanile Simón Bolívar. Non solo, nei nuclei si impara il lavoro di squadra, si impara a sentirsi parte di una comunità, perché la musica è interazione, collaborazione, integrazione, è un’arte profondamente sociale e capace di trasformare la società. “El Sistema è un progetto che ha cambiato il Venezuela”, dicono tutti coloro che vi lavorano o vi hanno fatto parte. “La radice del problema sociale sta nell’esclusione. Dobbiamo lottare per poter includere il maggior numero di persone, tutti se possibile, nel nostro bellissimo mondo, che è il mondo dell’orchestra, del canto, della musica, dell’arte!” (Josè Abreu). Un esempio di come la vita rinasce o si riscatta attraverso la musica e l’arte in generale, un grande insegnamento che arriva da lontano e che il Maestro Abbado ha voluto condividere e lasciare in eredità al proprio Paese. Il documentario “El Sistema”, 2010, è stato prodotto da EuroArts, Arte e NHK e diretto da Paul Smaczny e Maria Stodtmeier.