ABSTRACT Il termine governance è ormai entrato nel vocabolario corrente delle scienze sociali diventando una parola passe-partout in voga in diversi ambiti: la politica, l’economia, le relazioni internazionali e così via; a seconda di chi sia l’interlocutore, di quale sia il suo ambito di attività o ricerca, o semplicemente in relazione alla sua sensibilità, egli penserà ad una, o più, delle sue possibili accezioni. In realtà la Governance non è semplicemente "l'esercizio del governo" ma implica anche le modalità di tale esercizio, rimandando cioè ad aspetti processuali, strutturali, funzionali e strumentali del governare. Ecco allora che dal punto di vista delle scienze sociali con questo concetto governance viene fatto riferimento ad un insieme di tre elementi: polity (nel senso di istituzioni), policies (nel senso di contenuti politici) e politics (nel senso di processi della politica). Dalla metà degli anni novanta in poi, proprio a causa della sempre maggior diffusione del termine, nonché della confusione che vi regnava intorno, molti studiosi si sono dedicati ad un’opera di definizione teorica. Contemporaneamente, varie ricerche empiriche hanno contribuito ad individuare possibili ambiti di utilizzo ed a far emergere possibili aspetti problematici. Tuttavia, e contrariamente a quanto si potrebbe forse pensare, quello di governance rimane tuttora un concetto ambiguo, dalla natura e dai confini sfumati. Se gli studiosi che più vi si sono dedicati sono giunti ormai ad una certa convergenza sulla definizione e i campi di applicazione, lo stesso non è per tutti coloro che utilizzano la governance come “attrezzo” di ricerca, in lavori che riguardano innumerevoli ambiti. Dunque che cos’è la governance? Cosa ha fatto sì che questo concetto, fino a non molti anni fa praticamente inutilizzato, conoscesse un così largo e rapido sviluppo? Nel tentativo di dare una risposta agli interrogativi che precedono, si è cercato di approfondire l'argomento rispetto ad un particolare campo di applicazione di un concetto così vasto: quello della governance locale e le sue connessioni con l'aspetto urbano, rurale e sociale, nel primo caso con particolare riferimento al contesto dell'Unione Europea, nel secondo e terzo caso all'esperienza italiana in tale ambito, cercando sempre di affiancare il contesto teorico con la presentazione di casi studio. Innanzitutto si è cercato di definire - per quanto possibile - le dimensioni che possono aiutare a meglio comprendere il concetto di governance, partendo da una breve descrizione delle possibili definizioni associate al concetto, utilizzando a tal proposito la tipologia proposta da Kooiman. Successivamente è stato delineato il possibile legame esistente fra "governance e democrazia", alla luce di alcune variabili quali i cittadini, la 1 partecipazione, i modelli di partenariato locale, dimostrando come non esista un modello di sviluppo unilineare, in quanto viene rimandato piuttosto agli attori locali il compito di definire traiettorie coerenti con le risorse e le capacità, culturali e istituzionali, esistenti in loco. Le azioni locali non necessariamente sono improntate all’efficienza ed alla inclusione dei soggetti locali, come, anche, non necessariamente il modello di governance può essere presentato come sistema ideale nel tentativo di cercare consenso, sviluppare comprensione reciproca e la creazione di una intelligenza collettiva. Le ipotesi di governance sono infatti destinate a determinare fallimento, specialmente quando rappresentano un eccesso di semplificazione di fronte a problematiche molto complesse, o quando le determinanti del cambiamento sono definite in sedi asimmetriche rispetto a quelle dove viene esercitata la governance, o quando, ancora, il prevalere di una rappresentazione diretta degli interessi da parte dei soggetti chiamati ai tavoli di decisione lavora per una erosione della legittimità delle rappresentanze e per la formazione di nuove egemonie. La teoria è stata calata nello studio dell'analisi del caso dell'l'arena interattiva di "Roombeek", vale a dire la struttura istituzionale di leadership e le modalità di coinvolgimento della comunità nel progetto di ristrutturazione di questa area della città olandese di Enschede, distrutta a causa di un'enorme esplosione nel maggio del 2000. Successivamente il tema della governance ha preso in considerazione la prospettiva europea e di suoi legami con il tema dell'esclusione sociale. Una combinazione di fattori socio-economici verificatisi nell'ultimo ventennio a livello europeo (anche se non solo) ha infatti spinto l'Unione Europea a dare inizio ad un processo avente come obiettivo quello di rivedere il suo sistema di governance e la sostenibilità delle sue politiche, orientandosi sempre più verso una prospettiva di governo a livello sub-nazionale. Se da un lato il processo di globalizzazione ha contribuito a tracciare una nuova visione delle comunità locali, come centri di crescita, dall'altro la Commissione Europea ha chiaramente affermato nel "Libro Bianco sulla Governance" che ci deve essere forte interazione fra governi regionali, locali e società civile. In effetti già a partire dagli anni settanta vi sono state domande di regionalismo, anche se è soltanto con l'avvento del mercato unico nel 1992 che il processo di promozione dell'Europa delle Regioni ha avuto inizio, con una svolta importante avvenuta nel 1989 con il riconoscimento che l'esclusione sociale era un fenomeno di portata europea. Una prima conseguenza è stata l'istituzione della "Agenzia sociale" e l'adozione di strategie di inclusione sociale e di sviluppo dell'occupazione con una forte dimensione locale, nonchè una serie di richieste a cui ha dovuto far fronte l'Unione Europea e concernenti il suo proprio 2 status, fra le quali il deficit democratico che è stato per troppo tempo uno degli elementi che ha contribuito al sostegno di un'immagine di una Istituzione distante dai cittadini. Da cui la necessità di introdurre nuove strategie di integrazione in campo sociale, che riguardassero sia la legislazione (e ciò al fine di facilitare il consenso politico), che le modalità per incoraggiare un maggior coinvolgimento delle autorità sub-nazionali, il tutto entro un sistema di governance che dovrebbe essere in grado di garantire - anche in futuro - delle politiche sostenibili. E' stato dato spazio all'analisi della politica di governance europea in particolare per quanto riguarda la lotta contro la povertà e l'esclusione sociale, tenuto conto in modo particolare della relazione posta alla base della politica dell'Unione e indicata come "local partnership and social exclusion" e analizzando innanzitutto i due concettipilastri, base del processo di costruzione dello spazio geo-politico e sociale europeo e cioè "governance europea e sussidiarità", con particolare riguardo alla loro genesi e alla loro declinazione nel trattato europeo di Maastricht. Poichè la governance urbana europea nei fatti ha acquistato una dimensione di governance urbano-sociale, per via della predominanza dell'aspetto "esclusione sociale" che ha determinato le fasi di costruzione del modello di partnership dell'U.E. e gli interessi che vi sono rappresentati, i "Contrats de ville" e dei "pacts urbains" francesi, con particolare riferimento alla città di Lille e della Regione Mantois-Val de Seine, sono stati utilizzati come esperienze contrastanti nei risultati, ma utili a illustrare vantaggi e rischi della governance urbanosociale europea. Il tema della governance stenta tuttavia a trovare affermazione, sia nel dibattito che nelle applicazioni concrete relative, nell'ambito dello sviluppo rurale, ancor di più se rapportato all'esperienza italiana, dove il dibattito sulla governance nelle aree rurali ha avuto poca fortuna in quanto tale, pur essendo conosciuti i temi del coordinamento degli attori a livello locale, dell’interazione tra istituzioni locali e centrali, del raccordo tra iniziative pubbliche e private, della rappresentatività e della trasparenza delle procedure decisionali. Le esperienze dei Comuni di Nardodipace e di Campana, situati nell' Italia meridionale, e quelle di due Gal piemontesi e due Gal friulani sono state così prese come specifici casi locali che hanno evidenziato alcune possibili risposte organizzative locali al modello di partenership richiesto dall'U.E. e le relative implicazioni rispetto alle traiettorie di decentramento decisionale in atto. Poichè inoltre il concetto di governance locale-rurale può essere anche avvicinato a quello di spazio sociale (nel qual caso assume centrale rilevanza la capacità dei soggetti locali di acquisire peso rispetto a temi 3 quali l’accesso e la gestione delle risorse locali, la capacità di generare e autodeterminare il cambiamento, la ricostruzione dal basso del consenso rispetto ad obiettivi condivisi), la presentazione dei casi studio del Nord Italia ha utilizzato in modo particolare strumenti propri della prospettiva del "capitale sociale", considerando l’applicazione dell’Iniziativa Comunitaria Leader un esempio di espressione concreta del ruolo assunto dal capitale sociale, accanto a quello fisico e umano, nei processi di sviluppo locale, con lo scopo di analizzarne attraverso la forma del capitale sociale, la totalità delle relazioni all'interno dei Gal, sia il network relazionale esistente a livello macro-sociale. L'analisi dell'esperienza italiana ha portato ad occuparsi di verificare come a livello locale nell'ambito delle politiche sociali italiane siano state incentivate forme di governance, attraverso lo strumento del partenariato, il tutto a partire dal progetto di riforma del welfare di cui alla Legge quadro 328/00, che fa del decentramento, inteso come devoluzione di potere agli enti intermedi e alle organizzazioni locali, un pilastro attorno al quale ridisegnare la gestione delle politiche socio-assistenziali. Se l’idea è che questo nuovo approccio alle politiche di welfare dovrebbe giocare un ruolo rilevante per favorire lo sviluppo locale e promuovere l’inclusione sociale attraverso l’attivazione di partnership locali, il rischio che sembra tuttavia scorgersi è che ancora una volta si ingenerino meccanismi opposti che finiscono con l'inibire tali processi. Per tale ragione si è cercato di decodificare procedure decisionali e modi di implementare le politiche pubbliche nel settore dei servizi sociali, concentrando l’attenzione sulla riforma del welfare locale introdotta in Italia dalla suddetta legge quadro, che, come si accennava, è essenzialmente basata sulla decentralizzazione, intesa però non tanto come semplice delega amministrativa di competenze, ma piuttosto come devoluzione di potere alle agenzie locali, alle comunità sociali e alle organizzazioni non-profit, secondo una logica che vorrebbe l'integrazione e la concertazione degli interventi tra pubblico e privato. Il diffondersi dell'approccio denominato "Public Governance" rispetto al ruolo delle istituzioni pubbliche nelle moderne società, implica una nuova concezione del ruolo che la Pubblica Amministrazione svolge nei confronti dei diversi attori sociali ed economici e si estrinseca in una maggiore attenzione a forme di cooperazione e partenariato con soggetti privati non e for profit. Se la letteratura internazionale sulla "Public Governance" colloca prevalentemente il proprio livello di analisi ai network, che vengono visti come una soluzione funzionale rispetto all’impossibilità di riproporre modelli di intervento top-down basati sulla centralità dell’operatore pubblico, 4 nell’attuale scenario del welfare italiano (ma non solo) è tuttavia ancora molto più dibattuto il tema relativo al ruolo di guida e coordinamento strategico (o steering) da parte della Pubblica Amministrazione e cioè alle problematiche del governo delle forme reticolari, intorno al quale gli studi sulla public governance assumono posizioni teoriche differenti. E' stato pertanto proposto un framework teorico che sembri adatto sia ad interpretare ed individuare punti di forza e di debolezza della Legge 328/00, sia a rendere esplicite le condizioni necessarie e sufficienti sottostanti all’avvio di un processo di implementazione delle aspettative e degli obiettivi presenti nella legge, il tutto ovviamente secondo una prospettiva di governance locale. Dall'altro si è cercato di tradurre la teoria in pratica, rapportando quanto detto ad un caso studio del Piano di zona - ambito 14 - della Provincia di Bergamo, evidenziando le criticità che possono ostacolare o in alcuni casi mascherare i processi di costruzione di partnership locale. I diversi aspetti esplicitati nel corso del lavoro hanno di fatto trovato un denominatore comune nel titolo stesso della tesi di laurea, volendo con esso evidenziare come per ogni possibile soluzione posta in essere attraverso la governance locale, bisognerà comunque mettere in conto anche i problemi che inevitabilmente da essa conseguiranno e ciò in quanto governare una comunità oggi, è molto più di una "semplice faccenda per governi eletti" poichè non può prescindere da coalizioni, alleanze, legami fra pubblico, privato, volontariato e più in generale da un "patto locale" con la società civile nel senso più ampio del termine. 5