“Anche noi possiamo camminare in una nuova vita” (cfr Rm 6,4)

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Progetto formativo dei Silenziosi Operai della Croce 2014
“Anche noi possiamo camminare in una nuova vita” (cfr
Rm 6,4)
Settembre: Gesù ci svela quanto la sua logica sia diversa
dalla nostra e la superi
Parola Mt 20,1-16
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Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per
prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. 2Si accordò con loro per
un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. 3Uscito poi verso le nove
del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, 4e disse
loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. 5Ed
essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece
altrettanto. 6Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne
stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far
niente?”. 7Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli
disse loro: “Andate anche voi nella vigna”. 8Quando fu sera, il padrone
della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga,
incominciando dagli ultimi fino ai primi”. 9Venuti quelli delle cinque
del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. 10Quando arrivarono i
primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi
ricevettero ciascuno un denaro. 11Nel ritirarlo, però, mormoravano
contro il padrone 12dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora
soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della
giornata e il caldo”. 13Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse:
“Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un
denaro? 14Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo
quanto a te: 15non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu
sei invidioso perché io sono buono?”. 16Così gli ultimi saranno primi e i
primi, ultimi».
Commento
Chi di noi non ha pensato, leggendo senza approfondire questo brano
del Vangelo, che il risentimento degli operai della prima ora avesse,
almeno, un po’ di fondamento? Perché avere la retribuzione uguale agli
ultimi arrivati che solo in parte hanno sopportato la calura e la fatica del
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giorno? Una lettura frettolosa ci fa però dimenticare che il capitolo si
apre con una considerazione cruciale: “Il regno dei cieli, invero, è
simile... ”. Stiamo parlando del regno dei cieli, la mèta verso la quale
tende il nostro peregrinare. Lì, la malevolenza o, peggio, l’invidia,
potranno avere posto? Al contrario dovremo rallegrarci per quanti
saranno chiamati a condividere la beatitudine del Signore.
Ma la voce del nostro io riemerge col suo mai sopito egoismo: sì, nel
regno dei cieli sarà un’altra cosa, ma qui è diverso, non possiamo
allevare furbacchioni e fannulloni. Certo, occorrono le prudenze del
caso, però una lezione dal nostro risentimento egoistico dobbiamo
trarla. Noi non possiamo nasconderci dietro l’idea che la vita futura sarà
un’altra cosa, anche perché noi non crediamo a una vita futura, ma alla
vita eterna che è già in atto e che, per quello che possiamo, dobbiamo
cominciare già a vivere. Per placare la nostra invidia, che è l’altra faccia
della nostra superbia, consideriamo quello che dicono gli operai
dell’ultima ora: “nessuno ci ha presi a soldo”. Ricevuto l’invito corsero
subito a lavorare. Noi, che ci risentiamo perché abbiamo ricevuto
l’invito di buon mattino, ci esaminiamo mai sulla qualità del nostro
lavoro? Invidiare gli ultimi, ci rende solo più superbi per gli eventuali
meriti che non abbiamo e, soprattutto, poco misericordiosi verso gli
altri. Restiamo così schiavi del peccato e non ci sentiamo liberi dal
nostro metro di analisi, col quale si fatica a entrare nel regno dei cieli.
Per questo, come conclude il brano odierno, “molti sono i chiamati e
pochi gli eletti”. Ci ottenebriamo lo sguardo interiore e arriviamo a
confondere il male col bene, dimenticando il richiamo del Signore che ci
rimprovera: “l’occhio tuo è maligno perché io sono buono?”. Per questo
San Paolo c’invita ad avere “una condotta degna dell’evangelo di Cristo”.
La sola che, com’è stato per lui, ci consente di misurare il reale senso
della vita nella prospettiva del regno dei cieli. Altrimenti le sue
affermazioni suonano folli. Come poteva altrimenti dire “per me, infatti,
il vivere è Cristo, e il morire è un guadagno”. Anche se va comunque
ricordato che, pur rendendosi conto che andare con Cristo “è cosa
notevolmente migliore”, era però necessario rimanere per gli operai
dell’ultima ora, quali noi tutti siamo. Il Signore ci chiede una vera libertà
d’animo per vedere la vita nella sua vera luce. Dobbiamo abbandonare la
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mentalità farisaica che ci porta a vedere solo gli altri come pubblicani,
mentre noi ci sentiamo liberi da ogni peccato. Eppure questo brano del
Vangelo prelude alla considerazione che Gesù farà poco dopo: “Chi tra
voi vuole essere il primo sia il servo di tutti”.
La Parola del nostro Fondatore
L’incontro con Maria
Lourdes e Fatima sono certamente due Santuari che irradiano luce in
vari continenti e, possiamo dire, offrono la possibilità di vivere il
richiamo del Calvario, facendo meglio comprendere il significato
redentivo e pacificatore della croce, scoprendo inoltre rapporti nuovi
che si dischiudono per l'umanità dall'amore misericordioso del Divin
crocifisso: “Ecco tua Madre “. I Santuari Mariani pongono in chiara luce
il fondamentale rapporto che esiste tra Maria e l’omo redento o da
redimere; è tua Madre, se tu, come il tralcio, vivi unito alla vite che è
Cristo; Maria SS.ma vuol diventare tua Madre se tu non hai scoperto
ancora il dramma misericordioso e meraviglioso che la Redenzione ha
inaugurato affinché ogni uomo abbia la vita nello spirito e il germe della
vittoria sulla morte. In questi Santuari sentiamo particolarmente vicina
la presenza e la parola che la Madre direttamente rivolge nell'interno del
cuore di ogni creatura per sostenerla e incoraggiarla lungo la salita della
via stretta e difficoltosa che attraversa il mondo e congiunge l'uomo con
il cielo. Cosi è stato per Giovanni, da quel tremendo venerdì santo
allorché discendendo dal Calvario con il cuore lacerato per la morte del
suo divin Maestro, aveva accanto a sé Maria SS.ma che incominciava a
vivere con lui, per lui, facendogli comprendere orizzonti del tutto nuovi;
quegli orizzonti che la Madre aveva direttamente appreso dal Cuore del
suo divin Figlio in quei lunghi trent'anni di vita silenziosa e nascosta
nella casa di Nazareth. Scendeva Giovanni dal Calvario e vi scendeva
anche la Madre di Gesù tenendo per mano il discepolo prediletto del
suo divin Figlio, che in quel momento rappresentava tutto il collegio
apostolico, tutti i Vescovi e i Sacerdoti del mondo, rappresentava tutta
l'umanità. Ciò che la Vergine Santa aveva appreso dal suo divin Figlio,
doveva ora Ella trasmetterlo ai nuovi figli, che diventavano membra
concrete e reali, in piano soprannaturale, del Corpo Mistico del suo
Gesù. Gesù è il Capo e la Vergine Santa il collo del Corpo Mistico; dal
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Capo attraverso il collo da quel momento incominciava a passare la
nuova linfa che avrebbe ridonato all'uomo tutte le sue dimensioni,
anche quelle soprannaturali perdute con il peccato dei progenitori:
Maria Santissima, infatti, è la mediatrice di ogni grazia. Tra Giovanni e
Maria SS.ma, scendendo dal Calvario e incominciando una vita nuova
nel piano dell'evangelizzazione si iniziava un dialogo, che aveva per
scopo e per fine come meglio testimoniare tra i fedeli la vita del suo
Gesù, e come meglio annunziarlo. E Giovanni scopriva così, come un
giorno aveva scoperto dal Cuore di Gesù il suo amore per l'umanità, che
il Cuore di Maria SS.ma era ed è realmente un cuore materno, ripieno di
ogni grazia; ripieno di risorse di amore per gli uomini; instancabile
nell'animare alla fede più ardente, alla speranza che non crolla, alla
carità che tutto sperimenta, per arrivare al Cuore dei figli e unirli al
Cuore del suo Gesù. Era un dialogo nuovo, che si apriva tra Giovanni e
Maria SS.ma; era la scoperta di un nuovo rapporto tra l'Apostolo e la
Madre. era un desiderio che si stava affermando sempre di più, vivere
sempre con Lei e ascoltarla per comprendere meglio quanto Gesù
l'aveva amato nel chiamarlo alla sua sequela, quanto Gesù attendeva da
lui e quanto era stato buono il Padre Celeste nell'avergli donato una
Madre spirituale. Questa scoperta non riguarda soltanto Giovanni, ma
ciascuno di noi: ascoltarla, seguirla, rimanerle sempre vicino è il modo
migliore per maturare nel suo Cuore Immacolato la propria vocazione di
portatori di Cristo, a tutta l’umanità. (L’Ancora: - luglio/agosto 1982)
La Parola interroga la vita (Don Cristian Catacchio)
Il Signore Gesù, padrone della casa e della vigna, esce ripetutamente per
chiamare e inviare; all’alba, alle nove, a mezzogiorno, alle tre del
pomeriggio, alle cinque, quando ormai la giornata è alla fine. Lui non si
stanca: viene a cercarmi, per offrirmi il suo amore, la sua presenza, per
stringere un patto con me. Lui desidera donarmi la sua vigna, la sua
bellezza. Quando ci incontreremo, quando Lui fissandomi, mi amerà, io
cosa gli risponderò? Mi rattristerò, perché ho molti altri beni? Gli
chiederò di considerarmi giustificato, perché ho già preso altri impegni?
Oppure gli dirò: "Sì sì" e poi non andrò ? Sento che questa parola mi
mette in crisi, mi scruta fino in fondo, mi rivela a me stesso,rimango
sgomento, impaurito della mia libertà, ma decido, davanti al Signore
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che mi sta parlando, di fare come Maria e dire anch’io: "Signore, avvenga
di me quello che tu hai detto" con umile disponibilità e abbandono. E’ il
messaggio "eterno" che Gesù Cristo ci ha lasciato, ossia che Dio ci cerca
con amore instancabile fino ad arrivare paradossalmente a non essere
felice senza di noi; Dio ci ama e pur sapendo che possiamo anche
rifiutare questo amore non ci abbandona mai, ma ci tiene in vita anche
nel momento in cui peccando ci ribelliamo a Lui. Noi possiamo essere
felici solo se accettiamo e riconosciamo la nostra dipendenza in Dio
unico vero bene; il nostro unico interesse deve essere solo e soltanto
compiere la volontà di Dio anche se non la vediamo, anche se ci costa,
anche se non la comprendiamo. Gesù ci ha svelato il volto di Dio che
non è quello di un giudice ma di un Padre amorevole, che ha creato
l’uomo per farlo partecipe della sua felicità, della sua stessa vita.
Veramente quanta tenerezza e premurosa attenzione troviamo in Dio
per l'uomo, un Dio che è "un Padre e una tenera Madre". Il Dio dei
cristiani è dunque un Dio che si fa Uomo e si mette alla ricerca
dell'uomo. La misericordia di Dio viene incontro alla miseria umana
perché, l'intento di Dio è quello di indurre l'uomo ad abbandonare le vie
del male, nelle quali tende ad inoltrarsi sempre più. Il Signore ci ama
non perché noi meritiamo qualcosa, ma perché Lui è buono, ci ama
perché lui è fedele, perché è l’Amore infinito. Anche noi spesso
simuliamo nella nostra vita questo comportamento invidioso, uguale a
quello del fratello maggiore della parabola del figlio prodigo, quella
durezza di cuore a cui giunge il primogenito che non gli consente di
entrare in sintonia con il cuore del padre e di prendere parte alla festa
d'amore che è appena stata allestita per il figlio tornato a casa. Questo è
l’atteggiamento di molti di noi che rimangono nella casa del Padre e si
ritengono giusti, che si credono a "posto" perché forse vanno a messa o
magari perché si sentono dentro la Chiesa. La relazione che invece
dobbiamo riuscire ad avere con Dio deve essere basata su un rapporto di
amore, non di osservanza formale. C’è una tristezza in noi che nasce
dalla constatazione della felicità altrui, reale o presunta che sia: è il
desiderio di avere noi, qui e subito, la "roba" degli altri, anche se a volte
si vorrebbe semplicemente che l’altro non avesse quei beni, quelle
caratteristiche, quei determinati doni. Più in profondità, l’invidia è un
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"sentimento"che consiste nel paragonarsi automaticamente agli altri,
nell’incapacità personale di ammettere con gratitudine i doni rispettivi
di cui ciascuno è dotato. L’amore non è invidioso, e questa pagina di
vangelo ci racconta proprio come l'amore divino trasgredisca la logica
da "supermercato" in nome di una generosità che si dona e fa credito
anche a chi non ha diritti. L'invidia insidia l'amore distogliendo lo
sguardo da Colui che è buono per concentrarlo sul guadagno che da lui
si può trarre. Preoccupati di guadagnare, i lavatori invidiosi stabiliscono
un contratto, in modo da cautelarsi contro l'ingiustizia del padrone. La
relazione che intrattengono con lui è regolata dalla logica del do ut des,
a prestazione corrisponde proporzionale ricompensa. L’infinita
misericordia di Dio ha un solo nemico: l’occhio cattivo, ma l’occhio
cattivo ha un unico medico e un’unica medicina: la misericordia di Dio.
Per guarire dall’invidia occorre capire che la misericordia seria e
concreta di Dio per noi è la radice e la chiave della storia umana, della
storia della chiesa, della storia della mia comunità, della mia storia
personale. La giustizia di Dio non risiede in un astratto principio di
equità, ma si misura sul bisogno dei suoi figli. Questa parabola ci spinge
a considerare quale grande sapienza risieda nella via che il Signore ci
indica. La ricompensa consiste nell’essere chiamati a lavorare per la
vigna del Signore e nella consolazione che questa chiamata genera. Non
importa in quale stagione della vita siamo stati presi a giornata nella
vigna del padrone della vita. Dall’altra parte ci siamo noi, operai della
prima ora che non riescono a celare il disappunto. E anziché esprimere
il dissenso in modo franco e leale, mormorano contro il padrone
J. Ratzinger, Messa per l’elezione del Papa:
Dobbiamo essere animati da una santa inquietudine: l’inquietudine di
portare a tutti il dono della fede, dell’amicizia con Cristo. In verità,
l’amore, l’amicizia di Dio ci è stata data perché arrivi anche agli altri.
Abbiamo ricevuto la fede per donarla ad altri – siamo sacerdoti per
servire altri. E dobbiamo portare un frutto che rimanga. Tutti gli uomini
vogliono lasciare una traccia che rimanga. Ma che cosa rimane? Il
denaro no. Anche gli edifici non rimangono; i libri nemmeno. Dopo un
certo tempo, più o meno lungo, tutte queste cose scompaiono. L’unica
cosa, che rimane in eterno, è l’anima umana, l’uomo creato da Dio per
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l’eternità. Il frutto che rimane è perciò quanto abbiamo seminato nelle
anime umane – l’amore, la conoscenza; il gesto capace di toccare il
cuore; la parola che apre l’anima alla gioia del Signore. Allora andiamo e
preghiamo il Signore, perché ci aiuti a portare frutto, un frutto che
rimane. Solo così la terra viene cambiata da valle di lacrime in giardino
di Dio.
Dinamiche per la vita associata
Una persona incoerente capirà un uomo "coerente"?
COERENTE: a chi, a che cosa? Alle proprie idee, alla moda?.. O la vera
coerenza per l'uomo deve rivolgersi verso una PERSONA? Ma chi
definisce l'uomo? Soprattutto quello "vero"?... Basta nascere per essere
veri, o ci vorrà un lungo tempo di crescita fisica, di percezione della
propria responsabilità, la coscienza del nostro "IO pensante" capace di
decisioni positive? Basta la cultura per essere uomini veri? Basta una
buona condizione economica per essere realizzati? E chi non ha
ricevuto molto come persona è destinato a fallire? L'interpretazione che
si è data e che si pensa di dare alla "realtà uomo" è lasciata alla libera
decisione individuale, o c'è da rispettare una "legge naturale" che
abbiamo in comune? Se siamo parte dell'umanità, ci basta per essere
"uomini veri"? I fatti quotidiani ci presentano mille immagini di
"uomini". Ci sentiamo un poco tutti attori, con voglia matta di proporci
come "risposta" sull'uomo. Anzi come proposta definitiva. Qualcuno ha
ragione su tutti? Un'amara risposta: NESSUNO! NO, c'è un'eccezione,
che abbatte tutte le proposte e pretese: GESÙ DI NAZARETH...
"l'UOMO" Rifiutato e amato, messo in croce e cercato, osannato e
dichiarato "figlio del demonio", creduto da pochi, ignorato dalla
maggioranza. Chi ha ragione? LUI, Gesù di Nazareth... C'è chi si gioca la
vita per LUI e va controcorrente, anzi contro tutte le correnti storiche e
passeggere. C'è chi accetta di essere dichiarato "eccentrico", perché
realmente si è posto "fuori-centro", decidendo di metter al centro quel
Gesù, mentre mette se stesso "attorno a Lui". Li chiamiamo CRISTIANI,
co-erenti solo a CRISTO, non più a se stessi o alle varie mode
passeggere di turno. Gesù non si propone, ma quasi "s'impone": o uomo
con LUI e come LUI, o è fallimento. No ad altre interpretazioni della
vita umana, come oggi si pretende a livello mondiale. Com'era, com'è
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Gesù come uomo? Sono state scritte milioni di parole. Penso che una
sola basterebbe: GESU' è BUONO. Fece del bene a tutti, come il sole che
ovunque passa riscalda, illumina, guarisce, dà vita, dà speranza, dà
sicurezza. La creatura più silenziosa di tutte è il sole, sembra sempre
fermo a guardarlo, eppure ci fascia di luce e di affetto! E ci fa star bene.
Così è Gesù, manifestazione "concentrata" di Dio Padre. Vedendo Lui,
lasciandoci fasciare, dal suo amore, dalla sua Parola, dalla sua bontà
contagiosa, lasciandoci nutrire dal suo Pane e dal suo vino, eccoci
sentirci crescere dentro e fuori, come uomini a sua immagine perfetta,
fino a raggiungere la pienezza umana che sboccia al divino. Per questo è
venuto: per farci diventare UOMINI A LIVELLO DIVINO! Come non
rimanere co-erenti a LUI, come tralcio alla vite, come bimbo al seno
materno, come campo di fiori sotto il sole?
Dal Direttorio:
Come Silenziosi Operai della Croce conosciamo bene l’eredità spirituale
lasciataci dal nostro Padre Fondatore e abbiamo consapevolezza di voler
vivere, sulle sue orme, lo stesso itinerario che ha vissuto Maria
Santissima: “Scoprire l’itinerario interiore seguito dalla Vergine Santa
per proporcelo quale imitazione, è certamente il frutto pratico e
concreto che dobbiamo cercare di cogliere per raggiungere quella piena
maturità umana e soprannaturale che Dio vuole da ogni singola anima.
L’itinerario spirituale di Maria Ss.ma, come pure di Gesù, consiste nella
costante ricerca ed attuazione della volontà del Padre. Per comprendere
la via percorsa dalla Vergine Santa, è necessario attentamente osservare
‘il modo’ con cui Ella cercava di conservare e realizzare sempre tale
unità di intento e di vita, nonostante le difficoltà che incontrava,
difficoltà e disagi che la portavano a ricercare ed attuare la volontà del
Padre in quel preciso momento della propria esistenza”10. Nella preziosa
compagnia di Maria viviamo dunque le norme necessarie ad educarci e a
maturare un autentico cammino di persone consacrate che vivono in
comunione, in umiltà e in obbedienza. (Prima parte - dall’Introduzione
generale).
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