XXVII domenica del tempo ordinario
6 ottobre 2002
PRIMA LETTURA
Dal libro del profeta Isaia (Is 5, 1-7)
1
Canterò per il mio diletto il mio cantico d’amore per la sua vigna. Il mio diletto possedeva
una vigna sopra un fertile colle. 2Egli l’aveva vangata e sgombrata dai sassi e vi aveva
piantato scelte viti; vi aveva costruito in mezzo una torre e scavato anche un tino. Egli aspettò
che producesse uva, ma essa fece uva selvatica. 3Or dunque, abitanti di Gerusalemme e
uomini di Giuda, siate voi giudici fra me e la mia vigna. 4Che cosa dovevo fare ancora alla
mia vigna che io non abbia fatto? Perché, mentre attendevo che producesse uva, essa ha fatto
uva selvatica? 5Ora voglio farvi conoscere ciò che sto per fare alla mia vigna: toglierò la sua
siepe e si trasformerà in pascolo; demolirò il suo muro di cinta e verrà calpestata. 6La renderò
un deserto, non sarà potata né vangata e vi cresceranno rovi e pruni; alle nubi comanderò di
non mandarvi la pioggia. 7Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti è la casa di Israele; gli
abitanti di Giuda la sua piantagione preferita. Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento
di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi. Parola di Dio.
Dal Salmo 79
Rit. La vigna del Signore è il suo popolo.
Hai divelto una vite dell’Egitto,
per trapiantarla hai espulso i popoli.
Ha esteso i suoi tralci fino al mare
e arrivavano al fiume i suoi germogli.
Perché hai abbattuto la sua cinta
e ogni viandante ne fa vendemmia?
La devasta il cinghiale del bosco
e se ne pasce l’animale selvatico.
Dio degli eserciti, volgiti,
guarda dal cielo e vedi
e visita questa vigna,
proteggi il ceppo che la tua destra ha piantato,
il germoglio che ti sei coltivato.
Da te più non ci allontaneremo,
ci farai vivere e invocheremo il tuo nome.
Rialzaci Signore, Dio degli eserciti,
fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi.
SECONDA LETTURA
Dalla lettera di Paolo apostolo ai Filippesi (Fil 4,6-9)
Fratelli, 6non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste,
con preghiere, suppliche e ringraziamenti; 7e la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza,
custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù. 8In conclusione, fratelli, tutto quello
che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto
questo sia oggetto dei vostri pensieri. 9 Ciò che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in
me, è quello che dovete fare. E il Dio della pace sarà con voi! Parola di Dio.
Alleluia, alleluia. (Gv 15,5)
Io sono la vite, voi i tralci.
Chi rimane in me e io in lui, porta molto frutto.
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 21,33-43)
In quel tempo, Gesù disse ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: 33«Ascoltate
un’altra parabola: C’era un padroneA che piantò una vigna e la circondò con una siepe, vi
scavò un frantoio, vi costruì una torre, poi l’affidòB a dei vignaioli e se ne andò. 34Quando fu
il tempo dei frutti, mandò i suoi serviC da quei vignaioli a ritirare il raccolto. 35Ma quei
vignaioli presero i servi e uno lo bastonarono, l’altro lo uccisero, l’altro lo lapidarono. 36Di
nuovo mandò altri servi più numerosi dei primi, ma quelli si comportarono nello stesso
modo. 37Da ultimo mandò loro il proprio figlioD dicendo: Avranno rispetto di mio figlio! 38Ma
quei vignaioli, visto il figlio, dissero tra sé: Costui è l’erede; venite, uccidiamolo, e avremo
noi l’ereditàE. 39E, presolo, lo cacciarono fuoriF della vigna e l’uccisero. 40Quando dunque
verrà il padrone della vigna che farà a quei vignaioli?». 41Gli rispondono: «Farà morire
miseramente quei malvagiG e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a
suo tempo». 42E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: La pietra che i
costruttori hanno scartataH è diventata testata d’angolo; dal Signore è stato fatto questo ed è
mirabile agli occhi nostri? 43Perciò io vi dico: vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un
popoloI che lo farà fruttificare». Parola del Signore. Note del testo
La parabola inizia con una citazione del cantico isaiano della vigna (prima lettura). Questa
citazione è importante perché Isaia offre una chiave dell’allegoria: “La vigna del Signore era
la casa di Israele; gli abitanti di Giuda la sua piantagione preferita”. Si dovrà dunque
escludere a priori qualunque interpretazione della parabola che contraddica palesemente
questa premessa: il Signore della vigna cambierà i vignaioli, ma non la vigna!
Nella prima lettura ci viene offerto il ‘canto della vigna’, una canzone d’amore: vi è la stessa
terminologia del Cantico dei Cantici. Dio è il diletto, l’amante deluso nel suo amore.
L’amata, la sposa, è paragonata come nel Cantico a un giardino, una vigna. Il profeta è
l’amico dello sposo che canta per lui (il mio diletto) il suo canto d’amore per la sua vigna.
Attraverso questa parabola si esprime dunque il rapporto nuziale, che è la tipica immagine
dell’alleanza insieme a quello padre-figlio. Il giudizio di Dio, il suo ripudio non si può capire
se non dentro questa storia di amore deluso, non corrisposto.
(A): Stupisce molto l’attenzione e la dedizione che questo uomo ha per la vigna. Il tema della
vigna è un tema molto caro a Israele e immediatamente percepibile è il richiamo a Isaia 5 e al
salmo 79. C’è una grande dedizione per la quale il raccolto non è tanto qualcosa che viene
chiesto, ma dobbiamo metterci nell’ottica della reciprocità. Tutta l’azione di Dio è azione
aperta, è azione che può andare delusa. Pensiamo al canto della vigna: mentre aspettavo che
producesse uva buona, essa fece uva selvatica. Qui non c’è semplicemente l’atteggiamento di
delusione, quanto piuttosto l’atteggiamento di chi si vede deluso da un rapporto di amore. Per
quanto lui ci abbia amato, di fatto siamo venuti a meno a questo rapporto. Pensiamo a come
la sposa del Cantico parla di se stessa: la mia vigna, l’ho custodita; cioè, ho incontrato colui
al quale appartenere. Proviamo a trasferire questo nel cuore di Dio, nel cuore di Colui che si
vede deluso da un rapporto che è venuto meno a causa dell’infedeltà del suo popolo.
(B): Il Regno di Dio non è offerto in dono ai vignaioli. Prova ne è che viene dato in affitto
(soprattutto nel testo parallelo di Marco si specifica questo) ai vignaioli. Il Regno di Dio non
è offerto in dono, ma il regno di Dio ‘è’ il donare, è il dono. Dio non si offre in dono, Dio è il
dono, è il donare. E i vignaioli pagano un affitto, pagano un prezzo. Non per accogliere il
dono si paga un prezzo, ma per entrare nel dono, per avere parte a Colui che è il dono, che è il
donarsi, si paga un prezzo. E il prezzo è diventare simili al dono, diventare come il donare.
Non solo imparare a donare, non solo fare dei doni, non solo fare della vita un dono, ma
essere il dono, essere il donare. Così la nostra essenza, come quella di Dio, ha la consistenza
del donarsi, del darsi totalmente. Nella relazione tra me e Dio, non rimane niente di me,
perché sono tutto in Dio, e non rimane niente di Dio, perché è tutto in me; ma ognuno rimane
se stesso. È un dinamismo, è il darsi. L’essenza del cristianesimo non è il dono, perché questo
finisce e diventa proprietà di qualcun’altro; ma è il darsi, in un movimento infinito in cui
continuamente e totalmente l’uno si dà all’altro, rimanendo se stesso: è la Trinità.
“Questi è l’erede; su uccidiamolo e l’eredità sarà nostra. E presolo, lo cacciarono fuori della
vigna e l’uccisero”. Il problema non è tanto il pensare di poter possedere (l’eredità sarà
nostra) e nemmeno tanto di aver ucciso l’erede (Dio avrebbe perdonato anche questo). Il vero
problema è aver gettato l’erede fuori della vigna: in questo modo i vignaioli si sono esclusi
dalla Trinità, da quel darsi eterno del Padre al Figlio nell’Amore. L’essere fuori dalla Trinità è
la morte. Poiché la vita è in quell’eterno ‘darsi reciproco’ che verrà affidato ad altri.
(C): I servi non hanno il ruolo di esattori; piuttosto la presenza dei servi dice la non
rassegnazione di Dio a vedersi escluso da questo rapporto di comunione, da questo rapporto
di amore.
(D): L’invio del Figlio è espressione di un Padre che ha dato fondo a tutta la sua capacità di
alleanza, che non si è risparmiato, per il quale conta questa reciprocità di amore di coloro nei
confronti dei quali ha avuto una grande cura.
(E): Ormai non c’è che il Figlio. Il ragionamento che fanno i vignaioli è un ragionamento
giusto: Questo è l’erede, uccidiamolo e avremo noi l’eredità. Ed è vero. I vignaioli omicidi,
senza saperlo, pronunciano una profezia. È evidente il riferimento alla passione di Gesù,
condotto fuori dalla città per essere crocifisso. Viene alla mente la folla che accompagna
Gesù alla crocifissione e che, ancora una volta in modo ignaro, grida: ‘Il suo sangue ricada su
di noi e sui nostri figli’. E sarà così. Ma proprio nella sua condizione di ‘cacciato fuori’ dalla
vigna e attraverso la sua crocifissione Gesù ci rende partecipi della sua eredità. Per noi la
condizione di crocifisso è una condizione che pone fine al nostro rapporto con Dio; per Dio la
crocifissione del suo Figlio esprime in pienezza la sua misericordia per noi.
Dell’eredità tutti possono essere partecipi per la decisione del Padre di consegnarci il suo
Figlio e per il dono che Gesù ha deciso di fare della sua vita.
(F): Naturalmente, per Uno cacciato fuori, ci sono anche tutti gli altri ‘cacciati fuori’. Se noi
abbiamo parte al Regno, è per i cacciati fuori. In fondo la nostra vocazione è la vocazione di
coloro che si sanno partecipi della comunione con Dio proprio per i ‘cacciati fuori’. Va in
questo senso anche la citazione del Salmo: ‘la pietra scartata dai costruttori è diventata testata
d’angolo’. Attenzione: è la pietra scartata che diventa testata d’angolo. Non è che ci sia una
azione previa per cui la pietra scartata viene di nuovo quadrata; ma in quanto scartata è pietra
d’angolo.
(G): I principi dei sacerdoti e gli anziani del popolo non hanno capito la logica di Dio, che
non esita a donare il suo Figlio per la vita del mondo. Ma soprattutto non hanno capito che
quei malvagi su cui invocano la morte sono loro. Proprio loro sono quei vignaioli omicidi che
non esiteranno, nella passione del Signore, a mettere a morte Gesù. Ma in quei malvagi
potremmo essere anche noi, perché nessuno, durante la passione di Gesù, si è schierato dalla
sua parte o a sua difesa. A tutti e a ciascuno è rivolto quel che dice S. Pietro: “Questo Gesù
che voi avete crocifisso”. Atti 2 continua: “All’udire tutto questo si sentirono trafiggere il
cuore”. Ci sentiamo noi trafiggere il cuore perché abbiamo partecipato alla crocifissione di
Gesù? Chi di noi, sempre nel racconto della passione, si identifica e sente proprio quel grido
della folla che urla: “Crocifiggilo!”?
(H): Come dice il canto al vangelo, Gesù è la vite che porta frutto. Dall’albero della croce
scaturisce la vita; dall’albero della croce nascono i germogli della nuova vita. Dalla croce di
Gesù, dalla sua morte e dal suo fianco squarciato scaturisce per l’umanità il dono dello
Spirito Santo, quel frutto che è in grado di portare frutto a sua volta. Dalla croce di Cristo si
ha l’apertura al mondo dell’amore trinitario, l’apertura di Dio fuori di sé.
(I): Qui “popolo” (ethnos) non sta ad indicare - come di consueto - le nazioni pagane (i
gentili) né il popolo eletto (concetto reso con il termine laos), ma la nuova comunità dei
credenti Ebrei e pagani che formano la Chiesa di Cristo; quella comunità che nasce dal
costato trafitto di Cristo e dal suo dono all’umanità dello Spirito Santo, quello Spirito che
guida l’esistenza cristiana.
Prefazio suggerito: “Tu hai chiamato e fatto uscire Abramo dalla sua terra, per costituirlo
padre di tutte le genti. Hai suscitato Mosè, per liberare il tuo popolo e guidarlo alla terra
promessa. Nella pienezza dei tempi hai mandato il tuo Figlio, ospite e pellegrino in mezzo a
noi, per redimerci dal peccato e dalla morte; e hai donato il tuo Spirito, per fare di tutte le
nazioni un solo popolo nuovo che ha come fine il tuo regno, come condizione la libertà dei
tuoi figli, come statuto il precetto dell’amore” (prefazio VII dai Comuni).
Padri della Chiesa
Il padrone compie di persona ciò che di solito fanno i lavoratori: pianta la vigna, la circonda
con una siepe e prepara tutto il resto. Lascia ai coloni solo poche cose da eseguire, vale a dire
la cura di ciò che già esiste e la conservazione di quanto è stato già fatto. Nulla infatti è stato
tralasciato, ma tutto è stato curato alla perfezione. Eppure, nemmeno da ciò essi riescono a
trar vantaggio, nonostante i grandi doni da Dio ricevuti. Infatti dopo l’esodo degli Ebrei
dall’Egitto, Dio diede la legge, costruì per essi una città, innalzò un tempio, eresse un altare e
poi se ne andò lontano: manifestò cioè verso i giudei una instancabile pazienza, non
castigando sempre i loro peccati non appena li avessero commessi (Giovanni Crisostomo,
Comm. a Mt 68.1).
Il figlio mandato da ultimo designa la venuta e la passione di nostro Signore, il quale è stato
cacciato fuori da Gerusalemme, come dalla vigna, per subire una sentenza di condanna. La
decisione dei vignaioli e il pensare di avere l’eredità dopo aver ucciso l’erede, rappresentano
la speranza inconsistente che la gloria della Legge possa esser conservata dopo aver messo a
morte Cristo. Il ritorno del padrone indica la gloria, al tempo del giudizio, della maestà del
Padre che risiede nel Figlio. La risposta degli stessi principi dei sacerdoti e dei farisei indica
che l’eredità della legge viene data più meritatamente agli apostoli. Quanto poi alla pietra
scartata dai costruttori e innalzata come testata d’angolo, mirabile agli occhi di tutti e punto di
ricongiungimento tra la Legge e i pagani, che unisce all’edificio entrambi i lati, essa è il
Figlio (Ilario, Comm. a Mt 22.1).
Altri autori cristiani
Quando il Signore colpisce il suo popolo pronuncia, stando a Geremia, queste parole: Ho
abbandonato la mia casa, ho ripudiato la mia eredità, ho posto la delizia delle mie mani
nelle mani dei suoi nemici (Ger 12.7). Come nel grido che sarà di Gesù sulla croce: Dio mio,
Dio mio, perché mi hai abbandonato? (Mt 27.46; Mc 15.34; Sl 22.2), anche ora la rottura si
misura sulla base di quel mio che si continua a pronunciare. Essa è quanto mai reale (sulla
croce è l’unica volta che Gesù si rivolge al Signore chiamandolo Dio invece che Padre),
eppure, fino a quando da parte di Dio e da parte dell’uomo si continua a ripetere ‘mio’,
l’alleanza non è spezzata. La speranza di Dio è ancora quella di poter cantare alla propria
vigna un altro canto, quello della pace, dello shalom, quando il Signore custodirà in ogni
istante la propria vigna, guardandola lui stesso giorno e notte (cfr Is 27.2-5). È a fronte di
questo desiderio di incontro e di nozze col suo popolo ()cfr Is 62.4-5) che i ‘principi e gli
anziani’ possono diventare schermo, ostacolo interposto tra Dio e il suo popolo. Verso di essi
la parola del Signore si fa perciò dura: Il Signore entra in giudizio con gli anziani e coi
principi: Siete voi che avete guastato la vigna; le spoglie del povero si trovano nella vostra
casa (Is 3.14; cfr Ger 12.10; Ez 18.10-13) (…) . Non avranno loro l’eredità della vigna, bensì
un popolo che la farà fruttificare, cioè un popolo capace di essere lui stesso fecondo. Questo
popolo è costituito da tutti coloro a cui si applica l’antica e nuova beatitudine secondo cui
sono i miti e i poveri a ereditare la terra (Mt 5.5). I miseri erediteranno la terra e potranno
godere la pace in abbondanza (Sl 37.11) (P. Stefani, Sia santificato il tuo nome - A, pp.
194-5).
Io credo nell’Agnello, non credo nel lupo. Sono due espressioni evangeliche, sono due
momenti della storia del mondo. È qui, vedete, dove si incarna la paternità del Padre rivelata
da Cristo. Queste due espressioni: l’agnello e il lupo. È qui la scelta. Ma per scegliere
l’agnello, miei cari fratelli, bisogna aver fiducia che il bene vale più del male, se non oggi,
domani, posdomani. Che cosa vuol dire credere nel bene?... Non sono i tiranni che fanno la
storia, non sono le dittature che fanno la storia, non sono quelli che accumulano cadaveri su
cadaveri credendo di poter in qualche maniera fare la strada della giustizia. Sono gli offerti,
sono questo calvario che non ha nome: Cristo che si offre. E c’è un solo simbolo: la croce.
Anche quando non si sa neanche cosa vuol dire la croce, perché tutti coloro che offrono la
propria vita non sono, miei cari fratelli, che delle immagini viventi del Cristo, l’Agnello (P.
Mazzolari, Il Padre Nostro pp. 56-7).
La delusione di Dio! Circa la sinagoga e circa la Chiesa, la quale sempre ha la tendenza a
sfuggirgli, oggi forse più che mai, perché essa nelle cose della fede, della liturgia, della
morale, crede di saperla meglio di Dio con la sua rivelazione invecchiata, essa che, invece di
servire alla sua lode e riverenza, insegue sempre di nuovo déi stranieri - la messa come
autosoddisfazione della comunità (alla fine si applaude se la rappresentazione ha
accontentato), preghiera come igiene dell’anima, dogma come archetipo spirituale… e offre
alimento alla preoccupazione di Paolo: Temo che come il serpente nella sua malizia sedusse
Eva, così i vostri pensieri vengano in qualche modo traviati dalla loro semplicità e purezza
nei riguardi di Cristo (2Cor 11.3) (H.U. von Balthasar, Luce della Parola p. 129).
Passi paralleli
vv. 33-43 Mc 12,1-12; Lc 20,9-19.
v.33 (amore e cura del padrone per la sua vigna) Is 5,1-7; Sal 79,9-19;Ct 8,11: Una vigna
aveva Salomone in Baal-Hamòn; egli affidò la vigna ai custodi; ciascuno gli doveva portare
come suo frutto mille sicli d’argento.
Is 27,2-5: In quel giorno si dirà: “La vigna deliziosa: cantate di lei!”. Io, il Signore, ne sono il
guardiano, a ogni istante la irrigo; per timore che venga danneggiata, io ne ho cura notte e
giorno. Io non sono in collera. Vi fossero rovi e pruni, io muoverei loro guerra, li brucerei
tutti insieme. O, meglio, si stringa alla mia protezione, faccia la pace con me, con me faccia la
pace!
Ger 2,21: Io ti avevo piantato come vigna scelta, tutta di vitigni genuini; ora, come mai ti sei
mutata in tralci degeneri di vigna bastarda?
(La Chiesa è il campo di Dio) 1Cor 3,6-9: Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che
ha fatto crescere. Ora né chi pianta, né chi irriga è qualche cosa, ma Dio che fa crescere. Non
c’è differenza tra chi pianta e chi irriga, ma ciascuno riceverà la sua mercede secondo il
proprio lavoro. Siamo infatti collaboratori di Dio, e voi siete il campo di Dio, l’edificio di
Dio.
vv. 35-36 Ger 7,24-28: Ma essi non ascoltarono né prestarono orecchio; anzi procedettero
secondo l’ostinazione del loro cuore malvagio e invece di voltarmi la faccia mi han voltato le
spalle, da quando i loro padri uscirono dal paese d’Egitto fino ad oggi. Io inviai a voi tutti i
miei servitori, i profeti, con premura e sempre; eppure essi non li ascoltarono e non
prestarono orecchio. Resero dura la loro nuca, divennero peggiori dei loro padri. Tu dirai loro
tutte queste cose, ma essi non ti ascolteranno; li chiamerai, ma non ti risponderanno. Allora
dirai loro: Questo è il popolo che non ascolta la voce del Signore suo Dio né accetta la
correzione. La fedeltà è sparita, è stata bandita dalla loro bocca.
v. 37 (mandare il figlio) Gv 3,17-20: Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare
il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma
chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di
Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le
tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce
e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere.
Rm 8,32: Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non
ci donerà ogni cosa insieme con lui?
Eb1,1-2: Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri
per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio,
che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo.
1Gv 4,9: In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito
Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui.
(Gesù è venuto nella condizione di ultimo, di povero) Is 41,4: Io, il Signore, sono il primo
e io stesso sono con gli ultimi.
2Cor 8,9: Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è
fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà.
1Cor 4: Ritengo infatti che Dio abbia messo noi, gli apostoli, all’ultimo posto, come
condannati a morte, poiché siamo diventati spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini.
Noi stolti a causa di Cristo, voi sapienti in Cristo; noi deboli, voi forti; voi onorati, noi
disprezzati. Fino a questo momento soffriamo la fame, la sete, la nudità, veniamo
schiaffeggiati, andiamo vagando di luogo in luogo, ci affatichiamo lavorando con le nostre
mani. Insultati, benediciamo; perseguitati, sopportiamo; calunniati, confortiamo; siamo
diventati come la spazzatura del mondo, il rifiuto di tutti, fino ad oggi.
v.38 Gv 11,53: (I sommi sacerdoti e i farisei) da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.
v.39 (cacciarono fuori e uccisero) Lv 24,14: Conduci quel bestemmiatore fuori
dell’accampamento; quanti lo hanno udito posino le mani sul suo capo e tutta la comunità lo
lapiderà.
Mt 27,31: Dopo averlo così schernito, lo spogliarono del mantello, gli fecero indossare i suoi
vestiti e lo portarono via per crocifiggerlo.
At 7,58: Lo (= Stefano) trascinarono fuori della città e si misero a lapidarlo.
Eb 13,12: Perciò anche Gesù, per santificare il popolo con il proprio sangue, patì fuori della
porta della città.
v.41 Os 10,1-2: Rigogliosa vite era Israele, che dava frutto abbondante; ma più abbondante
era il suo frutto, più moltiplicava gli altari; più ricca era la terra, più belle faceva le sue stele.
Il loro cuore è falso; orbene, sconteranno la pena! Egli stesso demolirà i loro altari,
distruggerà le loro stele.
v.42 Sal 118,22; Is 28,16: Dice il Signore Dio: “Ecco io pongo una pietra in Sion, una pietra
scelta, angolare, preziosa, saldamente fondata: chi crede non vacillerà.
Zc 4,7: Chi sei tu, o grande monte? Davanti a Zorobabele diventa pianura! Egli estrarrà la
pietra, quella del vertice, fra le acclamazioni: Quanto è bella!”.
At 4,10-11: La cosa sia nota a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele: nel nome di Gesù Cristo il
Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi
sano e salvo. Questo Gesù è la pietra che, scartata da voi, costruttori, è diventata testata
d’angolo.
1Cor 3,11: Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che
è Gesù Cristo.
Ef 2,19-20: Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e
familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, e avendo come
pietra angolare lo stesso Cristo Gesù.
1Pt 2,4-6: Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti
a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale,
per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo.
Si legge infatti nella Scrittura: Ecco io pongo in Sion una pietra angolare, scelta, preziosa e
chi crede in essa non resterà confuso.
v. 43 (popolo che porterà frutto) Es 19,3-6: Mosè salì verso Dio e il Signore lo chiamò dal
monte, dicendo: “Questo dirai alla casa di Giacobbe e annuncerai agli Israeliti: Voi stessi
avete visto ciò che io ho fatto all’Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatti
venire fino a me. Ora, se vorrete ascoltare la mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete
per me la proprietà tra tutti i popoli, perché mia è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di
sacerdoti e una nazione santa. Queste parole dirai agli Israeliti”.
Gv 15,1-5: “Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta
frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già
mondi, per la parola che vi ho annunziato. Rimanete in me e io in voi. (…)
Is 61,1: Lo spirito del Signore Dio è su di me perché il Signore mi ha consacrato con
l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai miseri.
Mt 11,5: I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi
riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella.
Mt 21,31-32: E Gesù disse loro: “In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano
avanti nel regno di Dio. È venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete
creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto.
At 8,35: Filippo, prendendo a parlare e partendo da quel passo della Scrittura, gli (all’eunuco)
annunziò la buona novella di Gesù.