10.Barbieri 112-115 - Giornale Italiano di Cardiologia

DAL PARTICOLARE AL GENERALE
Due cateteri per una sola perforazione
Lucia Barbieri, Monica Verdoia, Alon Schaffer, Paolo Marino, Giuseppe De Luca
Clinica Cardiologica, Azienda Ospedaliera Universitaria “Maggiore della Carità”, Università del Piemonte Orientale, Novara
Coronary perforation is a severe complication of percutaneous coronary intervention (PCI) with high mortality and morbidity. The incidence of coronary perforation in patients undergoing PCI ranges from 0.1% to
0.5%. The use of long balloon inflation and reversal anticoagulation is associated with high mortality, periprocedural myocardial infarction and emergency coronary bypass surgery.
We present a case of severe coronary perforation treated with the dual catheter technique through the radial and femoral approach. The dual catheter technique enabled rapid delivery of a covered stent without losing control of the perforation site. Our patient did not show pericardial effusion, hemodynamic instability or
need for emergency bypass surgery. About 1h after PCI, he developed acute stent thrombosis treated with
thromboaspiration and biolimus-eluting stent implantation. At 2 years of follow-up, he was asymptomatic
without evidence of exercise-induced ischemia.
We conclude that the dual catheter technique is a safe and effective approach to treat PCI-induced severe
coronary perforation, and may significantly improve patient outcome compared to historical series.
Key words. Coronary perforation; Dual catheter technique; Percutaneous coronary intervention.
G Ital Cardiol 2015;16(2):112-115
PERFORAZIONE CORONARICA: INCIDENZA,
TRATTAMENTO ED OUTCOME
La perforazione coronarica è una complicanza poco frequente,
ma potenzialmente fatale, delle procedure di angioplastica coronarica percutanea1,2. La sua incidenza riportata in letteratura
varia tra lo 0.1% e lo 0.5%, con un’elevata mortalità in particolare nel caso di perforazione di tipo II o di tipo III3. Il trattamento convenzionale con gonfiaggio prolungato con pallone e
antagonizzazione dell’anticoagulazione è risultato essere associato ad aumentata mortalità, infarto periprocedurale e necessità di chirurgia ripartiva in emergenza4,5. L’introduzione degli
stent ricoperti (politetrafluoroetilene) nei laboratori di emodinamica è stata un punto di svolta nel trattamento delle perforazioni coronariche severe6,7. Spesso purtroppo l’impianto di
questo tipo di dispositivi non è semplice, a causa dell’anatomia
coronarica del paziente e della piattaforma stessa dello stent
che presenta un grosso profilo e ridotta flessibilità. Il gonfiaggio prolungato con pallone, nel caso di perforazioni coronariche di tipo III, è fondamentale per mantenere stabile l’emodinamica del paziente. Purtroppo, una volta sgonfiato il pallone
per consentire il successivo posizionamento dello stent ricoperto, se l’impianto dello stent ricoperto non avviene entro pochi secondi il rischio di versamento pericardico con conseguente
tamponamento cardiaco è estremamente elevato. La tecnica
del doppio catetere o tecnica “ping pong” modificata, facilmente eseguibile tramite duplice accesso arterioso contempo-
© 2015 Il Pensiero Scientifico Editore
Ricevuto 03.12.2014; nuova stesura 16.01.2015; accettato 19.01.2015.
Gli autori dichiarano nessun conflitto di interessi.
Per la corrispondenza:
Dr. Giuseppe De Luca Clinica Cardiologica,
Azienda Ospedaliera Universitaria “Maggiore della Carità”,
Università del Piemonte Orientale, Corso Mazzini 18, 28100 Novara
e-mail: [email protected]
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raneo, permette un rapido impianto del dispositivo di chiusura
(stent ricoperto, coil) senza che si perda il controllo del sito di
perforazione, grazie al contemporaneo gonfiaggio prolungato
con il pallone attraverso il secondo catetere. In questo articolo
riportiamo il caso di una perforazione coronarica di tipo III di Ellis trattata efficacemente con la tecnica del doppio catetere.
DESCRIZIONE DEL CASO
Paziente maschio di 74 anni, con plurimi fattori di rischio cardiovascolare e in anamnesi una pregressa angioplastica coronarica con impianto di stent metallico sulla discendente anteriore prossimale (2010). Giungeva alla nostra osservazione a luglio 2012 sintomatico per angina instabile. Il paziente era in terapia domiciliare con aspirina 100 mg, inibitore dell’enzima di
conversione dell’angiotensina, betabloccante, statina, ipoglicemizante orale e gastroprotettore. I marcatori di necrosi miocardica all’ingresso risultavano nei limiti, con riscontro ecocardiografico di buona funzione ventricolare sinistra, in assenza di
valvulopatie di rilevo. Alla coronarografia (approccio radiale sinistro) si evidenziava una malattia critica lunga e calcifica della
discendente anteriore media con buon esito della pregressa angioplastica al tratto prossimale (Figura 1A); coronaria destra e
ramo circonflesso risultavano esenti da stenosi significative. Previo bolo intracoronarico di tirofiban (72 ml) si procedeva quindi ad angioplastica della discendente anteriore tramite pre-dilatazione con pallone non compliante (3.0x20 mm, NC-Quantum ApexTM, Boston Scientific, Natick, Massachusetts) e successivo impianto di stent medicato al biolimus (3.0x28 mm, Nobori®, Terumo, Tokyo, Giappone) (Figura 1B). Per evidente sottoespansione dello stent, anche dopo ottimizzazione ad alte
atmosfere con pallone dello stesso diametro (Figura 1C), si procedeva ad ulteriore post-dilatazione con pallone di 0.5 mm più
grande che portava al verificarsi di una severa perforazione co-
DOPPIO CATETERE E PERFORAZIONI CORONARICHE
Figura 1. Immagini di angiografia coronarica che evidenziano la lesione sulla discendente anteriore media (A), l’impianto dello stent (B) e la sua sottoespansione dopo ottimizzazione (C), la perforazione coronarica secondaria alla nuova post-dilatazione (D), l’impianto dello stent ricoperto con tecnica del doppio
catetere (E) e il risultato finale (F).
ronarica (Figura 1D). Si procedeva quindi velocemente a gonfiaggio prolungato a basse atmosfere con lo stesso pallone a livello del sito di perforazione e si somministrava solfato di protamina per via endovenosa. Contemporaneamente è stato poi
ottenuto un secondo accesso arterioso (femorale destro) attraverso il quale è stato posizionato un catetere guida EBU-3.5 (6F
Medtronic, Inc., Minneapolis, Minnesota) all’ostio del tronco
comune, lasciando in sede il catetere posizionato in precedenza (JL-4.0 6F, Medtronic, Inc). Successivamente, con contemporaneo gonfiaggio intermittente del pallone nella sede di perforazione è stata posizionata nella discendente anteriore una
seconda guida attraverso la quale, dopo rapido sgonfiaggio e
rimozione del pallone, è stato posizionato uno stent ricoperto
(3.5x16 mm, Jostent Graftmaster, Abbott Vascular, Santa Clara, California) (Figura 1E) con risoluzione del quadro (Figura 1F).
Il paziente si è mantenuto emodinamicamente stabile per tutta la procedura e all’ecoscopia all’uscita della sala non vi era
evidenza di significativo versamento pericardico. Al termine della procedura è stato somministrato carico di clopidogrel 600
mg. A distanza di circa 1h dalla procedura, il paziente ha lamentato però dolore toracico in presenza di sopraslivellamento del tratto ST in sede anteriore all’ECG (Figura 2A). È stata
quindi eseguita una nuova coronarografia in urgenza che ha
mostrato trombosi acuta dello stent (Figura 2B) per cui si è proceduto a tromboaspirazione con catetere (Export® AP, Medtronic, Inc.) (Figura 2C) e successivo impianto di stent medicato al
biolimus (3.0x24 mm, Nobori®, Terumo) per presenza di materiale trombotico residuo e conseguente risultato angiografico
non ottimale con rischio di recidiva di trombosi. Dopo ottimizzazione finale con pallone non compliante 3.0x8 mm si è ottenuto un ottimo risultato angiografico con adeguato flusso co-
ronarico, in assenza di stenosi residue o sottoespansione dello
stent (Figura 2D). Durante la procedura è stato somministrato
ulteriore bolo endovenoso di tirofiban (72 ml) seguito da infusione di mantenimento a 9 ml/h per 12h post-angioplastica. Al
controllo clinico a distanza di 2 anni il paziente si presentava
asintomatico per dolore toracico o dispnea, in assenza di evidente ischemia inducibile alla scintigrafia miocardica da stress
di controllo.
DISCUSSIONE
Il primo grande studio in letteratura che ha valutato incidenza, gestione ed outcome clinico dei pazienti con perforazione
coronarica risale al 1994, quando Ellis et al.3 proponevano anche una classificazione in base alla presentazione angiografica della perforazione. Il trattamento di questa grave complicanza è cambiato negli anni a pari passo con l’evoluzione delle nuove tecnologie disponibili. Inizialmente il trattamento era
la chirurgia d’emergenza con ancora elevata mortalità dei pazienti8,9. Negli anni diversi studi retrospettivi hanno suggerito
che la tecnica con gonfiaggio prolungato con pallone e antagonizzazione dell’anticoagulazione del paziente portava a risultati favorevoli5,10, migliorati però decisamente con l’avvento degli stent ricoperti7,11. Meno studi in letteratura sono invece disponibili riguardo alla tecnica con doppio catetere che
abbiamo descritto. Uno studio12, condotto retrospettivamente
in circa 30 pazienti, ha evidenziato come l’utilizzo della tecnica del doppio catetere rispetto al solo gonfiaggio con pallone
e antagonizzazione dell’anticoagulazione riducesse l’incidenza
di tamponamento cardiaco, infarto periprocedurale e necessiG ITAL CARDIOL | VOL 16 | FEBBRAIO 2015
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L BARBIERI ET AL
Figura 2. ECG con evidenza di sopraslivellamento del tratto ST in sede anteriore (A). Angiografia che documenta trombosi acuta dello stent (B), tromboaspirazione manuale (C) e risultato finale dopo impianto
di nuovo stent medicato (D).
tà di chirurgia in emergenza, grazie alla possibilità di impiantare il dispositivo di chiusura senza perdere il controllo del sito
di perforazione. Non sono disponibili altri studi in letteratura se
non in forma di numerosi casi clinici13-15 che mostrano successo nel trattamento di severe perforazioni coronariche con questo tipo di tecnica.
In conclusione, la perforazione coronarica è una grave complicanza delle procedure di angioplastica, gravata da elevata
mortalità. La tecnica del doppio catetere utilizzata per l’impianto di stent ricoperti risulta essere sicura ed efficace nel trattamento di questo tipo di pazienti. Nuovi studi multicentrici sono necessari al fine di aumentare la numerosità dei pazienti su
cui valutare l’outcome clinico e definire la migliore strategia di
trattamento da adottare.
RIASSUNTO
La perforazione coronarica è una grave complicanza delle procedure di angioplastica coronarica, associata ad elevata mortalità e
morbilità con un’incidenza variabile tra lo 0.1% e lo 0.5%. La tecnica di gonfiaggio prolungato e antagonizzazione dell’anticoagu-
lazione è associata ad elevata mortalità ed aumentata incidenza di
infarto periprocedurale e bypass in emergenza.
Riportiamo il caso di una grossa perforazione coronarica conseguente ad angioplastica della discendente anteriore, trattata con
tecnica del doppio catetere (approccio radiale sinistro e femorale
destro). La tecnica del doppio catetere permette un rapido impianto dello stent ricoperto senza che si perda il controllo (mediante gonfiaggio del pallone) del sito di perforazione. Il nostro paziente si è mantenuto emodinamicamente stabile per tutta la procedura e non ha presentato versamento pericardico significativo o
necessità di chirurgia ripartiva in emergenza. A distanza di circa 1h
dalla procedura, il paziente ha sviluppato una trombosi acuta dello stent risolta con tromboaspirazione ed impianto di stent medicato. A 2 anni di follow-up il paziente era asintomatico in assenza
di ischemia inducibile residua.
Possiamo quindi affermare che la tecnica del doppio catetere è un
approccio efficace e sicuro nel trattamento della perforazione coronarica secondaria ad angioplastica percutanea e può significativamente migliorare l’outcome clinico dei pazienti.
Parole chiave. Angioplastica coronarica; Perforazione coronarica;
Tecnica del doppio catetere.
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