PANTALEO MONTINARO
FUNZIONE SOCIALE E METODOLOGIA DELL'EDUCAZIONE
NELLA FILOSOFIA DELL'AZIONE DI MAURICE BLONDEL
Sappiamo tutti che M. Blondel non ha scritto opere specificamente
pedagogiche, ad eccezione di una risposta al « Referendum internazionale » indetto nel 1936 dalla rivista « Scuola Italiana Moderna ». Ma,
se si esamina attentamente la filosofia dell'azione, ci si rende subito
conto come essa, per l'intrinseco nesso tra pedagogia e filosofia, facilmente rintracciabile in quasi tutti i pensatori della Philosoplrie de
l'esprit, racchiuda notevoli valenze e motivazioni pedagogiche.
Il Blondel, in merito ai problemi educativi, per la stessa 'intenzionalità spiccatamente morale e religiosa che li distingue, così si esprime: « Il problema pedagogico è completamente subordinato al problema della natura e del destino umano. La persona umana ha valore di
mezzo o valore di fine? Bisogna crescere il fanciullo per sé, per la
società, per la vita terrena, per un ordine ideale, per una immortale
sopravvivenza in unione a Dio e alla universale società degli spiriti.
L' educazione si ispira a metodi contrastanti e comporta un contenuto differentissimo, a seconda della risposta implicita od esplicita che
si dà a tali domande » Gli fa eco, ,nel condiviso orientamento filosofico, d'abate Luciano Laberthonnière che apre il suo breve trattato sulla
educazione con queste parole: « L'idea che ci si fa dell'educazione e
dell'Ufficio dell'Educatore dipende evidentemente dall'idea che ci si fa
dell'uomo e del suo destino ». (v. Teoria dell'educazione, Firenze, Vailecchi, 1924, a cura di E. Codignola; oppure: La Teoria dell'educazione.
Traduzione e note di V. Bellisario, Treviso, Canova, 1937; oppure: Teoria dell'educazione, a cura di M. Casotti, Brescia, La Scuola, 1958; ed
infine: S. Alberghi, Luciano Laberthonnière, Forlì, Forum, 1962, p. 165).
Volendo rispondere a questi interogativi, dobbiamo necessariamente
rifarci succintamente e preliminarmente alle linee speculative del filosofo di Aix.
Per Bionde], filosofare non è tanto pensare, ma essere, pensare neil'essere, e non nel senso tradizionale del termine, bensì nel senso che
i Supplemento pedagogico di S.I.M., 1948-49, fasc. 3, p. 224.
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la ricerca 'filosofica è possibile ed attuabile soltanto « nel concreto invisceramento nella realtà. Alla pregnanza idealistica si 'sostituisce 51a pregnanza realistica dell'atto. L'atto del mio scrivere, o del mio leggere
ora, non è momento , omnicomprensivo nell'unità del Trascendentale,
ma è individuato originale confluire di apporti cosmici, organici, psicologici; è manifestazione ed 'affermazione nel mio essere e per opera dei
cosmo.
costitutivi del mio essere, di un vitale legame con tutto
La ricerca filosofica si aprirà quindi naturalmente ) più vasto mondo degli esseri in cui ho visto e vedo la luce e per 'cui vivo »2.
Fra atto e azione esiste la 'differenza 'analoga a quella che c'è tra opera
e operazione. Così si esprime il Blondel 'in una nota al cap. H dell'Azione del 1893 e aggiunge: « dobbiamo dunque completare l'antica
definizione paritetica e , dire che un atto è qualcosa di più del passaggio
di una 'potenza all'attuazione sotto l'impero di una potenza già in atto:
è sintesi e progresso di due potenze concorrenti, grazie alla mediazione
e allo scambio di una causa efficiente e di una causa finale. Infatti,
ognuna delle due cause serve , da fine relativo e provvisorio all'altra;
tutte e due hanno , da fornire e , da ricevere, di modo che il risultato
ottenuto apparirà per ciascuna come il prodotto del determinismo o
dell'efficienza dell'altra. E che altro significa se non che la volontà, già
realizzata ma ancora imperfetta in noi, tende a inserirsi ed a completarsi nel mondo come già aveva fatto 'nell'organismo? per quel che è già,
non è che un mezzo; per quel che vuole essere, è la vera causa
)»
finale (
Secondo Fil Blondel non è possibile sottrarsi
agire, perché
« chiunque tenti ' simile gesto si trova, 'di per 'ciò stesso, non già fuori
dall'agire, ma ancora entro l'agire. Non si porrà, ma si troverà posto.
Non possiamo agire e non agiamo, se non oltrepassiamo de esperienze
passate, e non facciamo, per così dire una realtà trascendente. Riflessione e libertà sono impossibili ' in chi 'invece di agire fosse agito.
L'atto volontario va dall'infinito all'infinito, perché l'infinito vi è causa
efficiente e causa finale. Dal momento che agisce sapendo e volendo
l'uomo non guarda più alle cause efficienti della sua decisione ( ).
Chiunque è nato 'per d'azione guarda innanzi a sé; o se cerca donde
viene do fa per meglio sapere dove va. Avanti e in alto » 4.
2 M. BLONDEL, Antologia. Dall'azione alla vita cristiana come coronamento della
filosofia, a cura di R. Crippa, Brescia, La Scuola, 1954, p. 10.
M. BLONDEL,
L'Azione, a cura di R. Grippa, Brescia, La Scuola, 1970, pp. 93-4;
per la differenza tra l'atto gentiliano e l'azione ,blondeliana, cfr. S. ALBERGHI,
L'indicazione di M. Blondel nella presente crisi dei valori, Bologna, Ponte
Nuovo, 1969, p. 8 e sgg.; dello stesso: La filosofia al bivio, Bari, Adriatica, 1973.
4 M. BLONDEL, L'Azione, cit., pp. XXIII-IV.
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Se il Nostro ha detto che non posso sottrarmi all'azione, potremmo ora a g giun g ere che non posso sottrarmi al cosmo; sono in esso
e vivo per esso; do raccol g o e lo promuovo nel mio atto che, per una
luce ed una realtà più alte, mi è reso possibile. Legato, quindi, al
reale nel suo crescere e nel suo affermarsi in duplice vincolo di dipendenze e di promozione; il pensiero intrinsecamente si lega ad un Pensiero più alto, da cui trae realtà e forza. « Il nostro agire è depauperato sin dall'inizio, chiede perché non ha, pur sapendo che non può
non esserci Chi lo ,satalla ). Tutto il dinamismo del reale porta
a riconoscere la verità della dipendenza da una Realtà prima vivente,
la necessità razionale, ontologica, spirituale di una adesione fiduciosa,
di una opzione per Dio » 5 . Pertanto, se l'uomo ha la pretesa di vivere
bastando a se stesso senza Dio, si ha quella che Blondel chiama
l'opzione negativa, che viene a configurarsi come 'l'assurdo, in quanto
suona rifiuto di quanto la realtà stessa dell'azione ci propone come
necessario. La realtà del cosmo si profila come l'attesa vivente di un
dono, come ansia di una possibilità nuova. « L'universo è tutto teso
al divino, non tanto come a sua causa finale, ma come fattore di un
suo profondo inveramento. Scaturito da un atto d'amore l'universo
domanda la sutura delle sue inadeguazioni ed il compimento delle
sue postulazioni, per un atto di amore »6.
Noi, quindi, non agiamo mai 'per noi soli, così non agiamo mai
da soli. « Strana illusione supporre di poter restringere o allargare a
piacere le conseguenze della propria azione, credere che sia lecito
chiudere 'dentro di sé la propria vita, farsi del male senza farsi a
nessun altro, entrare o uscire a piacere dal mondo circostante, dalla
vita universale, dalla morale. Ci siamo dentro, qui ci muoviamo; e
qui piantiamo nostri atti e i nostri pensieri come semi fecondi all'infinito ( ). Facendoci uscire da , noi stessi, l'azione è per gli altri
affinché gli altri di rimando siano per , noi; essa porge loro id nostro
pensiero: si fa cemento sociale; è anima dell'umana convivenza( ... ).
Sì, è' un errore puerile immaginare di poter fallire senza far torto
ad altri »
La unzione sociale dell'educazione
Queste puntualizzazioni sulla filosofia dell'azione dovrebbero favorire una prima ,intuizione della funzione sociale dell'educazione. Ci
preme subito chiarire che dalla proposta sociologica blondeliana rela-
5
6
7
M.
M.
M.
Antologia, cit., p. 17.
BLONDEL, L'Essere e gli esseri, trad. it., 1950, p. 137.
BLONDEL, L'Azione, a cura di R. Crippa, cit., p. 106.
BLONDEL,
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tiva al rapporto educazione-società globale e al suo dover essere funzionale e critico si discostano 'di molto E. Durkheim e G. Gentile; né
ai sembra sia vicina al blondelismo la concezione dell'educazione come
funzione permanente della vita sociale (cfr. Radcliffe-Brown, Strutture
and Function in Primitive Society, London, Cohen e West, 1963); né
ha alcun punto in comune l'efficientismo (cfr., T. Parsons, The Social
System, 'tr. 'it., Milano, Comunità, 1965) o il funzionalismo socio-biologico del iMalinowski (cfr. B. 'Malinowski, A scientific theory of culture
and ot'her Essays, tr. it., Milano, Feltrinelli, 1962); né ci sembra somigli 'di molto la sociologia della libertà del Gurvitch (cfr. G. Gurvitch,
Déterminismes sociaux et liberté humaine, Paris, PUF, 1962; proposta,
questa, 'considerata con favore da N. Abbagnano 'nei suoi Problemi di
sociologia, Torino, Taylor, 1959, 'cap. XIV: La sociologia 'della libertà).
Per noi, se vi è una prospettiva pedagogica per 'alcuni versi molto
vicina a quella blondeliana crediamo 'sia quella del personalismo critico sostenuta con vigore dal nostro Catalfamo (cfr. G. Catalfamo,
La problematica della nuova educazione, Messina, Ferrara, 1953; 'dello
stesso: Personalismo pedagogico, Roma, Armando, 1958. Personalismo
senza dogmi, saggio sulla motivazione educativa, Roma, Armando, 1970.
Per l'a critica a 'quest"ultima opera ,del Catalfamo v.: M. Peretti, Discussioni sul personalismo pedagogico, M « Pedagogia e Vita », 1972-73,
n. 2, pp. 117-125. Per pensiero ' del Catalfamo cfr. anche: A. Gallitto,
Giuseppe Catalfamo e il personalismo critico, Firenze, Giunti, 1971).
Secondo il Blondel non 'esiste una statica sociale, perché nelle relazioni umane tutto è azione, tutto nasce 'dall'azione, tutto va 'all'azione.
Qui soprattutto non v'è unione s'e 'non per cooperazione. La giustizia,
a dispetto di ogni 'astrazione contraria non risiede perciò in un'immobile opposizione di 'diritti, in una separazione delle persone tale
che ciascuna 'resterebbe in sé e per 'sé; è una forza stimolante che,
conforme alla 'volontà profonda
ognuno, mantiere un 'equilibrio
in movimento ( ). Tra gli uomini non potrebbero esserci relazioni
reali e cooperazione vivente se non con un progresso verso 4a s'intesi
sociale » 8 . La persona non può prescindere dalle persone. Questa s'intesi è una « molteplicità 'di esistenze individuali », in cui ciascun membro 'conserva la sua 'singolarità, la sua « irrepetibile personalità »; non
c'è quindi persona che sia assorbita dal gruppo, 'dalla società, come
non c'è volontà che , si estingua in un voluto, perché la volontà, come
ha mostrato il Blondel, vuole ulteriormente, « alla 'ricerca di una
equazione definitiva 'del volere. 'Noi viviamo di progetti, 'di attese, di
speranze; chiediamo alla 'vita più 'di quanto 'ai ha 'dato, perché nessun
vissuto adegua la nostra volontà di vivere. Per 'tutto ciò ogni ideter-
8
Op. cit., p. 118.
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minazione è una delusione » 9 . La dinamica del volere, del pensare,
dell'essere si svol g e, quindi, per gradi e momenti concatenati e implicantisi, senza che nessuna 'tappa conse guita abbia estinto il senso di
inadeguazione che 'condiziona il movimento di ascesa e della incessante
ulteriorità intenzionale. « Il dislivello 'tra volente e voluto, fra ideale
e reale, tra aspirazione e realizzazione si rinnova in ogni fase. Ma
non ci troviamo di fronte ad una crisi negativa, meramente distruttrice
e insuperabile; bensì ad una crisi di crescenza nella vita dello spirito »10.
L'esperienza, quindi, che ciascun uomo ha con la 'realtà, con la
vita, questa presa 'di contatto, questa prova con il mondo, non avviene
solo mediante il pensiero, ma anche con il sentimento e la volontà.
Si tratta pertanto di « una esperienza vissuta » (Erlebnis).
« Inevitabilmente [quindi] l'azione è più ,dell'opera stessa; e al
di là di ogni fine particolare si trova un fine più generale. Quanto
ho fatto per tramite mio col concorso di un altro non è più per me
solo e per quest'altro solo. L'atto compiuto ha necessariamente una
portata più vasta. E, in un certo senso, esiste ormai ,per tutti
gli altri come quelli stessi che r hanno compiuto » it. Da ciò
evince che la struttura dell' uomo, nella sua dinamicità, è essenzialmente forza di amore. L' amore in Blondel non è coronamento dell' essere; non è abbandono e canto del cuore vinto dalla generosità divina della grazia, « ma impegno ontologico di tutto l'essere che, per l'atto supremamente caritativo dell'ex inanitio ha avuto
realtà » 12. Ritorna così in Blondel con 'una nuova pregnanza la frase
del Bossuet, già tanto cara al suo maestro l'011é-Laprune: « Malheur
pour la philosophie que 'ne se tourne à aimer ». Secondo il Nostro la
matrice di tutte le relazioni che possono 'stringere due o più persone
è 'l'amore, quale ci è stato insegnato da S. Paolo, ■ragape, la caritas;
l'amore, con le sue infinite modalità (compassione, collaborazione, rivelazione, donazione) non ha un 'determinato momento d'inizio: « incomincia con la vita, perché per tutta la vita siamo capaci di amare e
possiamo imparare ad amare » 13.
Qual è quindi, secondo il Blondel, la funzione sociale 'dell'azione?.
Ancora una volta a rispondere è lo stesso filosofo. « L'azione volontaria è ( ) il cemento che edifica la città umana, è la funzione sociale per eccellenza. L'azione è 'destinata alla società, e noi non siamo
uniti gli uni agli altri se non con l'azione. E come uno non è prima
9
10
11
12
13
G. CATALFAMO, Personalismo senza dogmi, Roma, Armando, 1970, pp. 30-1.
S. ALBERGHI, L'indicazione di M. Blondel nella presente crisi dei valori, cit., p. 13.
M. BLONDEL, L'Azione, a cura di R. Crippa, cit. p. 104.
M. BLONDEL, Antologia, cit., p. 19.
G. CATALFAMO, Personalismo senza dogmi, cit., p. 60.
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un uomo e poi quel determinato uomo in ,particolare, così la società
non esiste senza essere quella determinata società ( ). La sociologia
non ha un carattere scientifico se non a patto di non essere una
» 14'evidente
. r.
scienza come tutte le altre
da 'critica che qui il Nostro
fa ad ogni configurazione positivistica della sociologia, che (riduce
l'uomo ad un dimidiatus vir, come « fisica sociale » chiusa in una
fenomenalogia strettamente 'economico-politica.
Si noti il carattere tutto latino del pragmatismo di Blande',
antitetico, da questo punto 'di vista, a quello anglo 'americano. Il suo,
anzi, è un pragmatismo alla rovescia: una verità è più vera quanto
più materialmente inutile. « Pragmatismo ' umanista l'opposto del
pragmatismo 'cosista, che considera criterio di verità d'utile, individuale o sociale che sia, il successo mondano » 15 . Produrre per il 'benessere
materiale, per una felicità terrena: questa da filosofia della prassi ,anglo-americana e marxista, a parte de differenze metodologiche; produrre per il bene dello spirito (e dunque beni spirituali), solo per essi:
questo il pragmatismo di Bionde', molto vicino in questa ad Unamuno,
il grande commentatore della vita 'di Don Chisciotte, « il pazzo divino » (ma più 'concretamente impegnato nella valorizzazione delle fasi
graduali della spiritualità umana in ascesa).
Mentre, quindi, nelle posizioni positivistiche e pragmatistiche l'educazione 'poggia su un substrato sociale, ma si conclude e si esaurisce
in un orizzonte anch'esso sociale, in Bionde', invece, 'c'è 'senz'altro un
substrato sociale, ma l'orizzonte va al di 'là della stessa Societas.
L'uomo, infatti, non sarebbe, come è, costitutivamente orientato alla
trascendenza, se 'non avesse anche la possibilità di andare oltre 'il
contingente, l'effettuale, e di 'sconfinare escatologicamente nel mistero
giustificativo. Trascendere per la persona vuoi dire « mutare il volto
del mondo, per disporre più 'sicuramente del mondo [alla salvezza
finale]. Ma il mondo è pur sempre ciò 'che resiste all'attività della
persona, ossia, come lo hanno caratterizzato R. Le Senne, e prima
ancora Fichte, un ostacolo. 'D'i conseguenza, la 'trascendenza della persona è l'infinito, asintotico superamento degli ostacoli del mondo per
edificare da propria indipendenza dal mondo, ossia la propria libertà»16.
(Per quanto riguarda il 'rapporto Blondel-Fichte v.: S. Nicolosi, Blondel e Fichte,
« Giornale di Metafisica », 1972, nn. 5-6, pp. 529-536).
'La libertà, quindi, per il Nostro si pone 'dinanzi a sé come oggetto,
come scopo, come fine particolare, al di sopra degli altri motivi di
fatto, « una ex multis; è mia, non è più me stesso » 17 . Cioé,
la ri-
L'Azione, a cura di. R. Grippa, oit., pp. 119-21.
15 M. F. SCIACCA, La filosofia, oggi, Milano, Marzorati, 1963, 1, p. 81.
16 G. CATALFAMO, Personalismo senza dogmi, oit., p. 39.
14 M. BLONDEL,
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cevo come un dono e la realizzo come una conquista. Ciò spiega per-
ché, proponendosi la libertà come fine, si avverte uno squilibrio, una
sproporzione tra volontà volente e volontà voluta.
A questo punto ci si rende subito conto perché il Blondel, a proposito del concetto di libertà, riprenda, anche se autonomamente, il
tema, già caro ad Agostino, della libertà come libertas maior, liberazione totale [non 'consentita in questa vita ove si ha solo il peso condizionante del peccato. « La libertà non è, come troppo spesso si è voluta
rappresentare a torto, quasi un semplice potere arbitrale, sempre padrona di dare o di rifiutare la mediazione della ragione; essa è sorta
dal dinamismo dell'azione spontanea, e per questo appunto tende necessariamente al dinamismo dell'azione riflessa » 18. Come giustamente osserva Mario Signore « l'appoggio dell'azione sui dati positivi non
è mai ( ) alienante per Blondel, esso si giustifica soltanto in quanto
ci consente di 'scoprire il sistema completo 'delle relazioni ' e ' delle
verità regolatrici '. Il vero appoggio dell'azione non è dunque mai ,in
basso; essa non corre, perciò, il rischio di sperdersi nel molteplice,
ma nell'azione stessa, che è incondizionata, in quanto condizione delle
sue stesse condizioni » 1 ". Il metodo seguito dal Nostro, pertanto, è
detto dell'immanenza, ma nulla ha di immanentistico.
Da quanto 'si è detto appare evidente come per il Blondel gli
educatori, « 'messaggeri del passato e profeti dell'avvenire », debbano
saper suscitare nell'uomo, questo enigma, come lo definì N. Berdiaelf,
« la passione per i valori ideali, l'Eros platonico, e la disponibilità
per valori 'reali, la Caritas paolina. L' uomo cioé deve comprendere
che bisogna vivere, dice il Blondel, con il sentimento che il presente
non è una dimora permanente, ma un luogo di passaggio e come un
perpetuo trapasso » 2 ". Solo così, come disse il vescovo Wilson, tanto
citato Matthew Arnold « la ragione e da volontà di Dio possono
prevalere » 21.
Col Blondel, insomma, si ha la salvezza del lògos « senza d'i cui
non c'è più niente, né verità umana, né Verità rivelala: c'è solo il
puro razionale funzionamento di un tutto 'funzionale e razionalmente
strutturato, cioè il lucido senza la luce dell'intelligenza, l'organizzato
senza l'ordine dell'essere, la socialità senza il fuoco della carità, annaffiato dalla 'tolleranza nel senso più retorico e deteriore (
). Se
17 M. BLONDEL, L'Azione, a cura di R. Crippa, cit., p. 66.
18 Op. cit., p. 58.
19 H. DUMERY, La Filosofia de l'Azione. Traduzione, introduzione e note di M. Si-
gnore, Bari, Adriatica, 1973, p. 13 (Introduzione).
20 M. BLONDEL, L'Azione, a cura di R. Crippa, cit., p. 161.
21 A. K. C. OTTAWAY, Educazione e società, Roma, Armando, 1959, p. 219.
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voltiamo le spalle al lògos, l'eros si indirizza alle cose e perde le ali;
e le cose son cose e non pensieri immortali, non l'Idea; e addio filosofia e metafisica; addio fondamento initellett'ivo della fede: voltiamo
le .spalle anche al Lògos che era in principio ed era in Dio, e si è fatto
uomo per riscattarci e affratellarci in un comune amore per una
personale e 'comune salvezza » 22.
Come si vede, il realismo (blondeliano, il suo « pancristismo »,
come lo , definì lo stesso Bionda è una filosofia-pedagogia che conduce
al Cristianesimo, anzi non può essere, pur nella sua autonomia, che
cristiana, perché solo in questa dottrina trova soluzione il problema
della nostra realtà e del nostro compimento, e « le supreme 'convenienze dei dogmi pacificano », finalmente, le difficoltà ultime che angustiano la ragione.
Metodologia dell'educazione
Dal concetto antropologico dell'uomo 'come microcosmo tendente
a Dio, scaturisce, come giustamente osserva il Laeng, ' la metodologia
pedagogica di Blondel.
Ripensando il concetto blondeliano 'dell'azione di Dio che 'integra
la natura nostra 'per elevarci a Lui, possiamo riscontrare un primo
punto 'fondamentale della metodologia educativa: il rapporto maestroscolaro e libertà-autorità.
Se Dio è « non soltanto il ' contenuto ' del nostro pensiero, ma
lo ' strumento ' che ci consente da riflessione, l'assoluta sollecitazione
della nostra coscienza e ,della nostra libertà; è una presenza eccitatrice,
giudicatrice, conservatrice » 23 , se il Suo intervento è necessario alla
vita ,dello spirito in cui interviene, l'azione si spoglia, come giustamente osserva l'Arcuno, « del carattere d'intervento esteriore, e quindi di autorità assoluta che si opponga alla libertà , dell'io ( ). Conseguentemente ne viene, dall'altro lato, che se do spirito reclama per
la realizzazione migliore e piena di sé l'intervento altrui, esso non è
menomato nella sua libertà-attività » 24 . Concetto che, arricchito di
tutta la problematica pedagogica moderna, può richiamare il « Maestro » interiore di S. Agostino.
Alla luce di questi concetti blondeliani si enuclea, con una certa
chiarezza, anche la natura del 'rapporto che s'instaura tra educando
ed educatore.
fanciullo, per realizzare se stesso, ha bisogno del-
22
23
24
M. F. SCIACCA, Gli arieti contro la verticale, Milano, Marzorati, 1969, p. 23.
H. DUMERY, La filosofia de l'Azione, a cura di M. Signore, cit., p. 15.
O. ARCUNO, Il concetto dell'educazione nella filosofia dell'Azione di Blande!, in
« Levana », 1925, nn. 1-2.
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l'aiuto del maestro, (della sua autorità, ma 'di un'autorità educativa
che trae il suo significato e (il suo valore dall'intenzione che la anima.
Questo concetto di autorità che il Laberthonnière chiama « liberatrice », domanda libera obbedienza: è servizio di amore per trasformare
il nativo egoismo del discente ed aiutarlo ad essere ciò che in verità
egli profondamente vuole e per cui è nato. Il Nostro, a proposito dell'egoismo del fanciullo così si esprime: « Il bimbo che parla di sé
con una candida tenerezza e si meraviglia di non potersi abbracciare,
è l'imma g ine di questo egoismo disinteressato che attende il bacio di
un altro egoismo e si scambia con (lui »25.
Il primo pro g etto del fanciullo nel mondo, dunque, è il progetto
di un incontro con l'altro; ossia il progetto di uscita dalla propria
individualità. Il fanciullo, quindi, tende a diventare persona, tende
« verso il largo » come giustamente ha 'scritto il Mounier. « Ma ogni
incontro con l'altro, se riesce a spezzare il guscio dell'individualità, è
un incontro d'amore. Amando mi attuo come persona, perché esco
dalla mia egoità e incontro (l'altro come persona, ossia come valore
reale » 2".
Come si è richiamata l'esigenza della libertà insita all'educando,
possiamo col Blondel affermare la necessità dell'intervento dell'educatore nella vita (della scuola, dove i fanciulli sono (membri 'potenziali
della società, pur facendo parte « di quella 'che il Collingwod chiama
la comunità non sociale » 27 . Lo scolaro, dunque, secondo Blondel,
ha bisogno più di tutti dell'aiuto e 'della collaborazione dell'adulto.
Il fanciullo, [infatti], ha una vita alternata di desideri opposti e
di moti capricciosi; costruisce e 'distrugge, stanco presto 'di tutto; è
un'anarchia vivente. Perché un sistema si organizzi in lui e le sue forze
si stringano in un fascio, bisogna che impari a seguire decisamente una
delle sue tendenze escludendo le altre. L'educazione deve aiutarlo in questa 'cristallizzazione, come il filo che piomba nel bagno di zucchero candito » 28 . Nel maestro, quindi, più che di autorità (dovremmo parlare
di autorevolezza, il maestro, cioè, dev'essere autorevole e non autoritario; solo così egli è una magistralità valorizzante (Hessen), un'esemplarità (Corallo). Se nella vita della scuola il maestro sii comporta con
amore, il rapporto educativo che si instaura è un rapporto di convergenza, per il cui tramite si educa sia il fanciullo che il maestro, il
quale, necessariamente, diventa il polo di 'satellizzazione; diversamente,
L'Azione, Il, p. 74.
2f i G. CATALFAMO, Personalismo senza dogmi, cit., p. 40.
27 A. K. C. OTTAWAY, Educazione e società, cit., p. 17.
2h M. BLONDEL, L'Azione, I, p. 269. Per constatare l'attualità della tesi blondeliana,
cfr., R. A. SPITZ, Il primo anno di vita del bambino, Firenze, Giunti, 1969.
25 M. BLONDEL,
76
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il rapporto educativo non potrà non essere che divergente e di conseguenza al posto del docente 'emergerà il leader, il quale godrà di
quell'ascendente di cui è privo il maestro. A questo punto, diciamo col
Bionda avremmo la morte dell'azione.
Se la vita della scuola, poi, sarà animata dall'amore, avremo, in
chiave metodologica, l'esigenza dell'attivismo 29 . La 'scuola attiva del
Blondel non 'si deve intendere come evasione dalla vita 'concreta,
ma come 'preparazione alla vita. In essa i fanciulli apprenderanno gli
antecedenti 'dell'azione, conosceranno se stessi: premessa questa indispensabile per poi conoscere, conquistare, trasformare, trascendere
l'ambiente circostante. La scuola, così, diventa palestra di libertà,
dove il fanciullo impara ad essere 'concreatore del mondo e della sua
stessa vita. Ma 'per da realizzazione di questa vita è necessario un
incessante [impegno etico. Sorge così il senso del lavoro che è « la passione nell'azione. [Esso] non è ( ) legge universale, è legge 'specificamente umana. L'uomo solo .si violenta, sii combatte, si fa soffrire, si uccide: lavora agendo » 3 °. Pertanto, il lavoro così inteso, non è per fini politici, come sostiene
'Makarenko 31 , ma per lo sviluppo ' armonico del
fanciullo. Di conseguenza, la scuola blondelianamente intesa non può
non far sentire al fanciullo
vero significato del ' lavoro dandogli la
possibilità fare, di agire. Questa attività renderà il discente sempre
più armonico, equilibrato, anche se costituzionalmente egli è « uno
squilibrato » ( Sci acca ).
Per il Nostro, quindi, l'educazione, oltre ad essere attività, dovrà
essere integrale. « Solo l'azione prende l'uomo intero, facendo 'di spirito e corpo una medesima unità espressiva. Per questo l'educazione
integrale deve essere fondata sull'azione; per questo hanno grande
valore educativo il giuoco, il [lavoro, gli esercizi fisici; per questo un
temperato ascetismo
principio di vigoria » 32.
Da quanto abbiamo scritto, riteniamo doveroso porci la domanda
se la pedagogia blondeliana sia una pedagogia in situazione, così come
viene intesa 'dal Santomauro. A nostro avviso la risposta non può che
essere affermativa. La 'pedagogia blondeliana, 'infatti, non può essere
considerata né una pedagogia meramente pragmatistica, né una « pedagogie 'engagée 'dans le monde », ma in essa possiamo individuare le
stesse tensioni che il Santomauro riscontra nella pedagogia in situazione.
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Cfr., M. 'LAENG, Il magistero di Blondel e l'educazione cristiana, in « Pedagogia
della persona », Brescia, Quaderni di Petralba, 1952; dello stesso cfr. anche
Valenze pedagogiche della filosofia (li M. Blondel, in « Teoresi », 1951.
M. BLONDEL, L'Azione, p. 234.
'Cfr., A. S. MAKARENKO, Pedagogia scolastica sovietica, Roma, Armando, 1960, p. 13.
M, LAENG, Il magistero di Blondel, ,cit., p. 43.
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La concezione pedagogica del Bionde!, infatti, è attraversata da
« una tensione di carattere ' noetico ', che sollecita il discorso pedagogico a fondare criticamente la propria ' le g ge ' trascendentale e a
la propria struttura categoriale; [da]
chiarire i propri presupposti
una tensione di carattere ' neomatico-esistenziale che muove la ricerca peda g o g ica estensionalmente verso le cose, i fatti, le situazioni (...);
e [da] una tensione di carattere ' critico ', che la porta a mediare continuamente i dati dell'analisi fenomenologica dell'esperienza con la
' le gg e ' trascendentale dell'educazione e, mediandoli, a problematizzarli, a gidicarii, a co g liere la relatività del loro ' esserci ' e a rilevare le
concrete possibilità di una loro reale integrazione e di un loro effettivo incremento » 33.
e
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G. SANTOMAURO, Per una pedagogia in situazione, Lecce,
1966, p. 83.
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