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Agostino Cardinal Vallini
“LETTERA ALLA CITTÀ“DEL CARDINALE VICARIO E DEL CONSIGLIO
PASTORALE
La Chiesa di Roma desidera «con tutto il cuore» contribuire alla «rinascita» della Città Eterna. Lo fa
«con speranza ed entusiasmo», fiduciosa «nel cambiamento auspicato da tutti, per costruire una città più
giusta, più solidale». E lo fa, specialmente in questo tempo ormai giubilare,
«anche praticando le opere di misericordia». Perché la misericordia è «la
perfezione della giustizia in un mondo fragile e imperfetto». Ecco così che la
Chiesa di Roma «vuole fermarsi, inginocchiarsi e offrire il proprio aiuto davanti
alle sofferenze degli uomini». Infatti Roma «ha urgente bisogno di questo
“supplemento d’anima”» per essere all’altezza della sua «vocazione» e delle
«attese di speranza» dei cristiani che la abitano.
E’ questa la conclusione della “Lettera alla Città” che il cardinale Vicario
Agostino Vallini, unitamente al Consiglio pastorale diocesano, ha voluto inviare
«alle donne e agli uomini che vivono a Roma», la capitale d’Italia e della
cristianità che sta vivendo un momento particolarmente travagliato della sua
lunga storia. Il documento, presentato solennemente ieri sera nella cattedrale
di San Giovanni in Laterano (vedi servizio a parte), porta la data del 9
novembre, festa della Dedicazione della Basilica, vuole ribadire l’impegno della
Chiesa, sollecitata dalle «luci e le ombre del momento presente», ad
impegnarsi «in una nuova stagione di rinnovamento spirituale, di
evangelizzazione culturale e di impegno sociale, sostenuti dalla forza della
fede, per raggiungere le periferie geografiche ed esistenziali» della città.
Senza avere «smanie di protagonismo» o di «visibilità politica», la Chiesa di Roma vuole «condividere
gli affanni della città». Con la «corruzione» e «l’impoverimento urbanistico e ambientale», con la crisi
economica in atto e le povertà che aumentano, con le «forti tensioni sociali» associate alla «sfida
dell’immigrazione», con «la disoccupazione soprattutto giovanile» e il ceto medio «indebolito», con il
costo degli affitti «del tutto insostenibile» e con il «degrado urbano complessivo da cui, talvolta, sembra
difficile liberarsi».
In questo contesto la Chiesa della diocesi del Papa «più che accusare o condannare le istituzioni civili o
la società nel suo insieme, come troppo spesso superficialmente avviene», desidera dire a tutti,
«concittadini e istituzioni di Roma», di «non perdersi d’animo dinanzi alle sfide» attuali. Avendo sempre
presente che «il problema non è di natura esclusivamente organizzativa», perché alla radice «c’è una
profonda crisi antropologica ed etica».
E lo vuole fare offrendo a tutti i romani «anzitutto il tesoro più prezioso», e cioè « il santo Vangelo»,
che «non è un libro, ma una persona viva, Cristo Signore, che riempie il cuore e la vita di quelli che lo
incontrano e si lasciano amare e salvare». La Lettera è insomma «un appello affinché tutti gli uomini di
buona volontà collaborino per edificare il bene comune». Ma ancor di più ancora vuole essere «una
promessa», quella di agire concretamente - in questo Anno Santo della Misericordia - affinché Roma
diventi «sempre più abitabile e felice».
La Lettera sottolinea come nonostante la crisi Roma conservi ancora «meravigliosi talenti», e molte
risorse civili e religiose da cui poter «ripartire». Menzionando il ruolo della Chiesa in questo contesto, il
documento segnala in primo luogo,
«evidentemente»,
la
persona
di
Papa
Francesco,
che
«quotidianamente parla alla
città e al mondo, e con la sua presenza
raccoglie folle di pellegrini e
di turisti, di fedeli e di non credenti, attorno
alla sua parola».
Cinque sono le sfide «urgenti e decisivi»
su cui la Chiesa di Roma
vuole focalizzare il proprio impegno. Le
vecchie e nuove povertà
(quella
«drammatica»
delle
famiglie,
l’«assillo» del lavoro, la
«pericolosa e invasiva invasione del gioco
d’azzardo») che vede in
prima
linea
la
Caritas
diocesana.
L’accoglienza e l’integrazione
dei rifugiati e degli immigrati in generale,
con l’adesione all’appello del
Papa di ospitare in ogni parrocchia una
famiglia di profughi, e la
lotta
alla
«cultura
dello
scarto».
L’educazione
culturale
e
morale,
comprensiva
di
quella
«all’affettività
e
ad
un
esercizio responsabile della sessualità». E infine la comunicazione - ora dominata da «volgarità
invadente» e «turpiloquio continuo» - con l’«urgenza» di «ricostruire una cultura collettiva più umana e
più vera», e quindi «più attraente».
E di fronte a queste sfide la Lettera ribadisce l’auspicio della Chiesa di Roma di «formare
pazientemente la classe dirigente di domani», che sopperisca alla «debolezza» di quella attuale. E in
questo senso «occorre sviluppare la consapevolezza diffusa che una buona società non può esistere senza
un impegno civile e politico svolto con competenza, dedizione e nobiltà di spirito». Di qui la necessità di
«avviare il “cantiere” per costruire adeguati cammini di formazione pre-politica aperti a tutti,
particolarmente alle migliori energie giovanili». Un campo questo in cui la diocesi di Roma «ha cominciato
a lavorare già da qualche anno». Con un impegno che sarà intensificato, affinché il contributo dei cristiani
alla vita sociale e politica possa essere lievito che fa crescere tutta la collettività».
(Da Avvenire, 6 novembre 2015)
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