Quel piccolo seme caduto nella terra XI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) Vangelo: Mc 4,26-34 "Il regno di Dio è pure un po' di lievito mescolato alla pasta… Tutta la pasta umana sarà sollevata da una grazia oscura e onnipotente. I cuori apparentemente più lontani da Cristo saranno dilatati. Bisogna sotterrare l'Amore nel mondo.". Così scriveva il romanziere francese F. Mauriac nella sua "Vita di Cristo", parlando appunto del regno di Dio, quel regno sul quale la liturgia eucaristica di questa domenica richiama la nostra l'attenzione, sia col passo del profeta Ezechiele, e più esplicitamente col brano del Vangelo che contiene due delle stupende parabole del regno. Il passo del vangelo di Marco non cita quel piccolo pugno di lievito che fa fermentare la pasta, ma cita altre due realtà, all'apparenza piccole, come il chicco di grano e l'ancor più piccolo granello di senape, il più piccolo di tutti i semi che sono sulla terra... secondo le parole stesse di Cristo; due realtà che potrebbero sembrare trascurabili, tanto è irrilevante il loro peso e il loro volume, ma che contengono in sè un'energia vitale insospettabile; infatti, una volta gettati nel terreno, sia il chicco di grano che il granello di senape affiorano dal buio della terra spaccando le zolle e si affacciano alla luce; il primo per produrre la spiga, ricca di molti altri chicchi, il secondo trasformandosi rapidamente da sabbia scura in un flessuoso arbusto e poi in albero, con rami e fronde che accolgono e danno riparo agli uccelli. Dunque il Regno di Dio non entra nella Storia con clamore, né con segni strepitosi che abbaglino la vista o incutano timore; esso scende tra gli uomini come il lievito che, nascosto nella farina, dà vita alla massa voluminosa e morbida da cui trarre il pane; oppure come il seme che nel buio della terra si trasforma spontaneamente. Il Regno di Dio, presente invisibilmente nella Storia, la feconda dall'interno, la orienta e la rende capace di aprirsi alla salvezza che viene da Dio; infatti non è per volontà umana, né per opera della sua intelligenza che l'uomo si salva; ma unicamente per dono di grazia: dono da accogliere, da amare e da far fruttificare. Il Regno di Dio che nel racconto di Marco è paragonato ad un seme è, effettivamente, il seme della Parola, gettato dal Padre nel solco oscuro della Storia umana perché si apra alla bellezza della vita vera. Fuor di metafora, il seme della Parola è il Figlio stesso di Dio, il Verbo coeterno col Padre, lui stesso Dio che, nella pienezza dei tempi, si è fatto uomo in Gesù di Nazareth, il Cristo redentore. E' Cristo che ha portato tra gli uomini il regno di Dio, Lui, Gesù di Nazareth, che si è fatto simile a quel chicco di grano di cui Giovanni dice che se cade nel terreno porta molto frutto (Gv 12,24). E' la vicenda umana del Signore Gesù, mirabilmente descritta da Paolo, nell'inno cristlogico che recita: Cristo Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo.... umiliò se tesso, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce... (Fil 2,6-8). Il seme che dà vita, che fa fiorire sulla terra la sovranità del Dio che è Amore, è il Figlio dato per noi, Gesù, che ha vissuto tra gli uomini come uno di loro, rivelando la ricchezza infinita della misericordia del Padre e il progetto della Sua volontà che chiama ogni uomo o donna di ogni tempo e latitudine alla comunione con la stessa vita divina. Chicco di grano o piccolissimo granello di senape, il Regno di Dio, donato dal Padre per mezzo del Figlio, è una realtà divina solo apparentemente impercettibile, ma che ci trasforma e, con la forza misteriosa della grazia, ci fa creature nuove in Cristo, nel quale siamo chiamati a vivere come tralci dell'unica vite, capaci, con lui, di operare grandi cose: di estendere sino ai confini della terra il Regno di Dio, in cui unico sovrano è l'Amore che vivifica e salva. Ed ecco l'invocazione del salmo che la liturgia mette, oggi, sulle nostre labbra: Fa' crescere in noi, Signore, il seme della tua parola . Accogliere la Parola di Dio, meditarla, pregarla, contemplarla, annunciarla, è grazia che fa bella la vita, come il Salmista canta: E' bello dar lode al Signore e cantare al tuo nome, o Altissimo, annunziare al mattino il tuo amore, la tua fedeltà lungo la notte... (sl 91); è grazia che rende giusto l'uomo, che lo sostiene lungo il corso della vita e lo accompagna fino alla vecchiaia. Vivere della Parola di Dio è vivere di Cristo, lasciandoci condurre da lui sino all'incontro definitivo col Padre. Vivere della Parola di Dio significa diventare fari che illuminano la Storia e che indicano agli uomini l'unica via di Salvezza: Cristo Parola eterna, unica Verità. Il Regno di Dio viene a noi come dono e come dono gratuito; nessuno può salvarsi da se stesso, è Dio che salva; ma al dono di grazia, al dono dell'Amore che salva, è doveroso rispondere col dono di sé; così quel chicco di grano che è la Parola seminata in noi diventerà, anche con la nostra cooperazione, spiga ricca di altri chicchi; e quel minuscolo granello di senape, così piccolo e scuro, diventerà in noi e attraverso la nostra vita di fede operosa, albero robusto capace di accogliere, di dar riposo, conforto e luce, a quanti dovessero rivolgersi a noi. E' la missione che Cristo stesso ci ha affidato prima di salire al Padre, quella di portare in tutto il mondo il Vangelo che salva, la Parola, il Regno. In tal modo possiamo essere anche noi come quel ramoscello di cui Ezechiele oggi parla: Così dice il Signore Dio: prenderò dalla cima dei cedro, dalle punte suoi rami coglierò un ramoscello Ie lo pianterò sopra un monte alto, massiccio; lo pianterò sul rnonte alto d'Israele. Metterà rami e farà frutti e diventerà un cedro magnifico. Sotto di lui tutti gli uccelli dimoreranno, ogni volatile all'ombra dei suoi rami riposerà. Sapranno tutti gli alberi della foresta che io sono il Signore. Nelle mani di Dio, ogni uomo che accolga il Suo dono, che viva della sua Parola, che cammini sui passi del suo Figlio, può diventare annunciatore di salvezza e operaio solerte del Regno di amore, di giustizia e di pace che ognuno desidera.