L’islam durante il VII secolo occupava un’area molto vasta, che si estendeva dall’Atlante fino all’Indo. Inoltre, l’islam era riuscito a entrare nella cultura molto più delle altre religioni, assorbendo molti caratteri delle tradizioni preesistenti: a est dall’impero sassanide ed a ovest dall’impero bizantino. La moschea La moschea doveva essere in grado di accogliere tutti i credenti di una città e quindi essere spaziosa. Le primissime moschee appartenevano alla tipologia con porticato, nel quale un gran numero di colonne si disponeva su uno spazio potenzialmente illimitato. Dall’XI secolo si sviluppa una seconda tipologia di moschea: un grande cortile interno al centro con quattro sale (iwan) sui lati, aperte sul cortile interno. Gli Ottomani adottarono la struttura di uno spazio centrale sormontato da una cupola. C’erano anche moschee private, masgid, più piccole e di forme diverse. La moschea presenta anche delle caratteristiche simboliche e funzionali. Il minbar risale ai tempi del Profeta: si trattava di una sedia alta con tre gradini utilizzati da chi teneva un sermone, spiegava o leggeva ad alta voce. Furono poi aggiunti altri scalini e un baldacchino sopra la seduta. Nel primissimo periodo islamico, il tesoro delle comunità musulmane era custodito nella moschea. Sono state costruite inoltre molte fontane nel cortile o ai lati nella moschea, utilizzate per l’obbligo dell’abluzione da parte dei fedeli. Vi era poi il mihrab, una nicchia che indica la qibla, la direzione della preghiera e richiama la figura del Profeta, e il minareto, il luogo dal quale il muezzin chiama i fedeli alla preghiera. Inizialmente il minareto, grazie alla sua altezza, indicava la presenza di una comunità musulmana, un simbolo che avvertiva i fedeli della sacralità del luogo. La Grande Moschea di Damasco (moschea a cortile/da accampamento) Fu costruita in un decennio (706-715) per volontà del califfo al-Walid. Sorge nel cuore della città vecchia. Il muro originario di recinzione dell’area del tempio di Zeus, costituisce il muro esterno della moschea. Le quattro torri di guardia erano usate come minareti per richiamare i fedeli alla preghiera. Una sala di preghiera a tre navate, inserita in una grande corte, era posta lungo tutto il lato meridionale e presenta, parallelamente alla parete della qibla, due serie di colonne con capitelli corinzi. Questa fu la prima sala di preghiera a essere sostenuta da arcate, ricordando molto l’architettura delle chiese cristiane. Un solido transetto dalla monumentalità straordinaria sovrasta le tre navate e di fronte alla nicchia da preghiera, mihrab, la cui importanza è rilevata da una cupola. Essa era quindi un attributo del sovrano, che era solito guidare la preghiera nel primo periodo Omayyade. In questo edificio, la luce entra grazie alle finestre presenti nel tamburo e nelle pareti longitudinali alle navate. Davanti agli altri tre lati della corte si estende un peribolo a una navata, che si divide in due piani: a quello inferiore si alternato un pilastro e due colonne, a quello superiore, sopra ognuna delle arcate, si innalza un arco doppio sostenuto da una colonna decorata. La decorazione è molto simile a quella della Cupola della Roccia: il basamento è rivestito con lastre di pietra nobile, nella fascia superiore c’è un’ampia striscia di mosaici su sfondo oro, che raffigurano delle architetture inserite in un ambiente naturale; le proporzioni sono errate, ma l’ambiente naturale si presenta ricco e lussureggiante. Sono rappresentazioni di città ideali, una sorta di paradiso allegorico. È sicuramente la tradizione bizantina ad aver ispirato la creazione di questi mosaici: molte narrazioni riportano che sia stata proprio una maestranza bizantina ad aver realizzato quest’opera. Infine, nell’angolo nord-occidentale della corte è conservata l’antica camera del tesoro, bait al-mal: un piccolo edificio ottagonale, sovrastato da una cupola, che poggia su otto colone prive di fondamenta. Il rivestimento con mosaici a sfondo dorato è un’opera degli ultimi decenni del XX secolo. Le strutture che hanno sviluppato elementi simili a quelli della moschea sono le sinagoghe (Sinagoga di Dura Europos 300 a.C.), che erano state a sua volta influenzate dall’architettura templare. Infatti, esse possedevano una nicchia, che conteneva i papiri, e il seggio destinato all’anziano. NB: Secondo le fonti scritte, il primo mihrab risale alla moschea di Medina, voluta sempre dal califfo al-Walid. Si narra che il mihrab sia stato voluto dalle maestranze di origine copta. Nel caso della moschea di Damasco, per la prima volta è stato dato particolare risalto al mihrab nella parete della qibla all’interno della sala di preghiera, inserendola nel transetto e costruendovi di fronte una cupola. Che cosa accade dal 622, morte del Profeta, al 715, costruzione della moschea di Damasco? A parlare sono i testi scritti, dove ritroviamo le cronache di storici, geografi e viaggiatori, i monumenti stessi e agli scavi archeologici. Moschea di Kufa costruita nel 637, e ricostruita nel 670. L’edificio è molto semplice: tetto a due spioventi e base quadrata, ricostruita sulla vecchia moschea. Il governatore Ziyad chiama un costruttore sassanide, che decide di conservare le mura perimetrali costruite con materiali semplici. All’interno c’è una corte circondata da portici su tre lati, e sull’altro lato una sala di preghiera. Le coperture poggiano su colonne di materiale pregiato, recuperate da Hatra. Manca il mihrab. Allo spazio sacro si accede tramite entrate lungo il perimetro dell’edificio. Moschea di Basra ricostruita nel 665. La prima non ha fossati, ma è delimitata da una serie di canne. Nella ricostruzione successiva sono stati usati materiali più durevoli. Formazione di una tradizione artistica e architettonica islamica 1. 2. Apporto delle tribù arabe conquistatrici (NO): avevano una tradizione locale? Ci si basa soprattutto sulle fonti scritte e su pochi elementi presenti. Ka’aba: 10x12x15 con dei pilastri lignei che sostengono un tetto piatto con decorazione dipinta. Sappiamo che c’erano anche altri santuari, ma non ci sono informazioni. Case dei ricchi mercanti non sono menzionate, l’unica a essere citata è quella del Profeta. Letteratura dell’epoca non esalta gli artigiani, anche se gli autori sono comunque consapevoli di una grande tradizione artistica. La fede ha influenzato la produzione artistica (SI/NO): il Profeta non si è interessato, inoltre le fonti sono quelle del Corano e degli hadith. Ovviamente era necessario creare un luogo dove fosse possibile pregare: la moschea, dove vi era il muro qibli, che indicava la direzione della preghiera. Vi era anche il luogo all’aperto, dove il Profeta andava a pregare, definito, musalla. Dunque a influenzare la formazione della moschea, non sono state tanto le prescrizioni della nuova fede, quanto la casa del Profeta in sé. Corano: proibisce la produzione di statue, perché idoli, per evitare di ricadere nel politeismo precedente. Le prescrizioni riguardanti la produzione artistica sono inserite solo poi dai qadi in dei commentari, non direttamente nel Corano. Esiste solo una riluttanza dell’utilizzo d’immagini figurate nei contesti religiosi, come abbiamo visto nella moschea di Damasco, non una proibizione vera e propria. In molti casi la scrittura va a sostituire queste figure. Monetazione: espressione più alta dell’autorità. Inizialmente assorbono i dettami delle istituzioni precedenti, come il dinar bizantino in oro o il dihram sassanide in argento. Con la riforma monetaria voluta da ‘Abd al-Malik alla fine del VII secolo, scompaiono le figure, per lasciare spazio solo alle scritte. Moschea di Medina rimasta alcuna traccia, ma abbiamo molte descrizioni. Al-Walid avvia la sua costruzione fra il 707 e il 709. Presentava una base quadrata con un muretto di cinta in terra cruda, che costituisce una grande corte scoperta con due tettoie di frasche di paglia poggiate su tronchi di palma ai lati; sul lato opposto all’entrata c’era una proto sala di preghiera, al fianco della quale c’erano le abitazioni della famiglia del Profeta. In questa moschea inoltre è costruito il primo mihrab, da costruttori copti e greci provenienti dalla Siria e dall’Egitto, anche se non sono spiegate le ragioni delle scelte che hanno condotto alla sua costruzione. Per dare importanza e sacralità a quella zona, fu costruita una navata sopraelevata con cupola. Inoltre, compaiono anche quattro minareti a lati. Dopo la morte di Muhammad, questo luogo assume una grande valenza simbolica. 3. Influenza delle terre conquistate (SI): impero sassanide, bizantino e le popolazioni semitiche hanno già una produzione artistica matura e sofisticata e possiedono molte maestranze. Essi forniscono un grande apporto all’arte islamica soprattutto nelle forme e nei motivi. Gli Omayyadi (650-750) La dinastia nasce in seguito allo scontro tra Mu’awiyya e ‘Ali: la capitale è spostata a Damasco, dove sorgerà la Grande Moschea, la cupola della Roccia e le strutture palatine. È un califfato in formazione, che s’interessa molto all’organizzazione del califfato: si afferma l’amministrazione, è introdotta la riforma monetaria ed è imposto l’arabo come lingua ufficiale. È il periodo di maggiore espansione dell’impero califfale, proprio in questa fase si forma l’arte islamica, assorbendo elementi dei popoli conquistati, ma elaborando anche molte innovazioni. Il santuario di Gerusalemme – La Cupola della Roccia “khubbat al-sakhra” Voluta dal califfo ‘Abd al-Malik (691-692), la Cupola della Roccia, posta sulla Spianata del Tempio, occupa una posizione dominante. Essa è, insieme alla Ka’aba, il più antico edificio islamico. La Cupola s’innalza per circa 30 metri sopra la Roccia. La pianta mostra un profilo ottagonale di tradizione bizantina, che lungo i due assi principali si apre su quattro portali verso la Spianata del Tempio. La Cupola è sostenuta da quattro pilastri e, tra ogni coppia di pilastri, da quattro archi scanditi da tre colonne, creando due ambulacri coperti da un tetto a spiovente, mentre la parte centrale è sovrastata da un’enorme cupola. La luce entra attraverso sedici finestre che si trovano nel tamburo e da altre quaranta nel muro esterno dell’edificio. La decorazione interna è molto ricca: il basamento è rivestito da lastre di pietre preziose con motivi vivaci. Le pareti sono coperte da mosaici su sfondo dorato che rappresentano un giardino fantastico: gli acanti, alberi e altre specie portano frutti di diversa qualità o gioielli, tipici della tradizione sassanide. La trabeazione mostra un rivestimento di bronzo decorato con motivi a palmette, foglie di acanto e tralci di vite. La cupola contiene un’iscrizione monumentale in arabo con testi tratti dal Corano; essi offrono un’indicazione della reale funzione dell’edificio: in un ambiente cristiano, essa è simbolo della superiorità dell’Islam e deve condurre i fedeli alla vera fede. L’arredo dell’edificio e la forma architettonica (cattedrale di Bassora nella Siria Meridionale) corrispondono in tutti i particolari alle forme d’arte cristiana utilizzate in Siria e in Palestina. I palazzi/castelli omayyadi nel deserto (VIII secolo) Sono dei castelli costruiti fuori dalle grandi città per volontà dei califfi. Essi avevano le sembianze di cittadelle con torri difensive, alle quali potevano essere aggiunti altri edifici. Di norma, questi palazzi avevano una lunghezza di settanta metri per lato ed erano sviluppate su due piani. In tutti i palazzi, i locali erano organizzati attorno a un ampio cortile, che nel caso di quelli più piccoli era delimitato da colonnati coperti. Oggi ci rimangono solamente delle rovine, perché, a differenza delle moschee, questi palazzi non sono stati sostenuti economicamente dalle donazioni religiose, waqf, non godendo dunque di alcuna manutenzione. Questi edifici in realtà non si trovavano in zone desertiche, bensì in aree steppose e a volte anche in terre fertili. La pianta di questi palazzi è sviluppata su due diagonali incrociate. Le alte mura rafforzate da torri conferivano ai palazzi l’aspetto di una fortezza: essi però non erano vere e proprie fortezze, perché mancavano di tutte le attrezzature di difesa necessarie in caso di assedio. Le torri erano spesso riempite di calcinacci o fingevano da latrine. Gli ampi e monumentali portali avevano una certa importanza: essi erano spesso incorniciati da due torrette ed erano sempre dotati di panche dove il visitatore poteva sedersi e aspettare finché gli fosse concessa udienza. Al centro dei palazzi c’era un ampio cortile. A destra era previsto lo spazio per la moschea. Esse erano molto semplici, rettangolari, con due o tre file di pilastri di fronte alla parete della qibla. Tutte possedevano un mihrab a forma di nicchia (introdotto per la priva volta nella Grande Moschea di Medina nel 709). Questi palazzi contenevano di norma un complesso di bagni riscaldati, di fronte ai quali, molto spesso, si ergeva la sala di rappresentanza, riccamente decorata. Vi erano poi delle unità abitative. Caratteri tipologici: -tradizione romano-bizantina: metodi di costruzione, tecniche costruttive, impianto della pianta e della sala di ricevimento al secondo piano, l’impianto generale quadrato con torrioni e contrafforti, molto diffusi nella tradizione dei forti dei confini romani e bizantini. -innovazione: consiste nell’unire più elementi di diverse tradizioni e nel cambio di utilizzo di questi castelli, che erano realizzati anche per i principi e anche fuori dai centri urbani. Qasr al-Hayr al-Sharqi in Siria Centrale È un insediamento molto vasto scoperto dagli scavi degli americani. Si trova in una zona strategica dal punto di vista commerciale: al centro di due importanti vie carovaniere. Ha forma quadrata, con delle mura di cinta scandite da contrafforti semicircolari aggettanti. Le porte sono disposte assialmente e sono affiancate da due formazioni a torri semicircolari, che sono piene e solo nella parte superiore sono abitabili. Inoltre c’è un balconcino difensivo con zone cave per attaccare i nemici. L’edificio è costruito in pietra perfettamente squadrata, come secondo la tradizione romana, alla quale si aggiunge una novità proveniente dall’est: la parte decorativa superiore in laterizio. Ci sono due edifici all’interno: una struttura piccola era il palazzo dell’autorità e quella più grande era dedicata alle unità abitative per la corte, al luogo per la produzione dell’olio o agli appezzamenti per la produzione agricola e alla moschea. Khirbat al-Mafjar a Gerico Nel nucleo centrale troviamo un palazzo, una corte con una grande fontana, una moschea e una zona termale di rappresentanza: c’è una grande sala quadrata con grandi nicchie che la circondano. Ci sono due accessi, uno privato che conduceva agli alloggi del califfo e uno pubblico destinato ai notabili della regione e alle autorità. Questo edificio era ricoperto da una serie di cupole, tutte riccamente decorate, per fornire all’insieme un aspetto di grande sontuosità. I personaggi importanti dell’epoca erano accolti in questa specie di sala di ricevimento, affianco alla quale vi era una stanza di ricevimento privata, decorata con ricchi mosaici a terra, mentre sulle volte c’erano bassorilievi di stucchi intagliati. -pianta di melograno = rappresentazione allegorica dell’islam: a sinistra il mondo pacificato, a destra il mondo in lotta; il tutto rappresentato in uno stile naturalistico e celebrativo. -statua in stucco del califfo situata all’ingresso della porta monumentale. Il califfo veste abiti di tradizione sassanide: un lunga tunica con perline, calzoni a sbuffo, volto con barba e ricci particolari. Egli si trova su un basamento con un leone, simbolo di regalità, e danzatrici a seno scoperto. NB: forti romani possono essere una possibile ispirazione per la costruzione del palazzo dell’autorità, anche se ci sono delle differenze nell’utilizzo: ad esempio la zona termale è priva della zona fredda. Quasayr Amra in Giordania In questo palazzo identifichiamo la zona termale, diversa dall’edificio precedente: c’è una grande sala di ricevimento composta da due navate. All’interno è riccamente decorato: c’è un grande apparato di affreschi. -“Affresco dei sei re”, che sono identificati tramite l’iscrizione del loro nome greco con traduzione araba, rappresentano la superiorità dell’islam. È una vera e propria opera di commistione di temi, stile e metodi di formazione: ha una composizione d’ispirazione sassanide, ma il califfo è rappresentato in trono con abiti bizantini e servitori ai lati, come secondo la tradizione bizantina. Sono stati riconosciuti il re persiano Cosroe, il Negus d'Abissinia, il re dei visigoti Roderico e l'allora imperatore di Bisanzio. NB: Marco di Branco offre un’altra interpretazione dell’affresco: i personaggi presenti sarebbero coloro ai quali Muhammad, nell’anno 6 dell’egira, avrebbe inviato le sue ambasciate. Egli crede, dunque, che il sovrano presentato da solo sia Muhammad. Qasr al-Hayr al-Gharbi al centro del deserto siriano Si presenta con un nucleo quadrilatero con contrafforti agli angoli ed è logicamente connesso con il palazzo gemello di Qasr al-Hayr al-Sharqi. Sulla facciata ci sono due torrioni decorati con una pannellatura in stucco consolidato, che è stato conservato al museo Nazionale di Damasco. Qui, vi sono statue che rappresentano il califfo in vesti sassanidi e altre sembrano rappresentare il principe, ma con stampo romano. Il castello offre un apparato decorativo importante: sono raffigurati soggetti, animali, ci sono anche affreschi pavimentali, che presentano i mosaici di periodo bizantino. Non rimane molto della struttura: sono solamente visibili una cisterna per raccogliere acqua dalla diga, terme e un khan. NB: la funzione di questi palazzi è tuttora oggetto di discussione: Dimore signorili al centro di estesi latifondi, costruiti per membri dell’aristocrazia che amministravano le terre. Tenute di campagna che organizzavano l’aspetto agricolo. Edifici dove i grandi califfi si ritiravano per recuperare lo stile di vita dei loro predecessori, cacciando (hayr = riserva di caccia), bevendo vino e dedicandosi ai piaceri della vita. Edifici per mantenere i rapporti con i beduini che tenevano il pascolo in quelle terre. Stazioni lungo le vie commerciali e quelle per il pellegrinaggio. Il palazzo degli Omayyadi di ‘Amman Un nome di derivazione biblica: ‘Amman era parte di una confederazione di città, la regione delle Decàpolis, che avevano goduto di un stato di grande indipendenza prima dell’arrivo dei Romani. All’epoca si chiamava Philadelphia. Dai Greci era passata ai Romani, poi ai Bizantini e infine in mano araba nel 634. Gli studi: -anni ’30: equipe italiana dell’architetto Bartoccini, non sono mai stati pubblicati -anni’50-’60: equipe inglese di Crystal Bennet -anni ’70-’80: Northedge pubblica l’analisi del 1992 -anni ’90: equipe spagnola compie opere di ampliamento con vari scavi e anche il restauro della cupola. La cittadella di ‘Amman era sopraelevata rispetto alla città. Dunque per costruire il palazzo, si sfrutta uno spazio precostituito da due templi romani d’impianto quadrato, che divide il palazzo in due sezioni. L’ingresso monumentale apre su un corridoio colonnato che conduce ad una corte, attorniata da tre grandi appartamenti sviluppati su tre piani. Proseguendo, si trova una grande corte, dove si affaccia la sala di ricevimento. Il complesso palatino si divide in tre parti: 1. Vestibolo/Ingresso monumentale: pianta quadrata con un nucleo quadrato e una corte aperta sulla quale si aprono quattro iwan, due ciechi, uno per immettersi nell’edificio e uno per proseguire nel palazzo. Ci sono poi altre stanze e una scala che conduce al tetto. Sulle mura troviamo delle decorazioni merlate a dente di sega. All’interno, lungo il perimetro corre una grande decorazione in pietra (colonna-nicchia). Inoltre, vi sono molti altri elementi decorativi con iwan laterali dalle dimensioni monumentali in pietra perfettamente tagliata. -Iwan: un riparo, una stanza di prima accoglienza, luogo di preghiera,… multifunzione! All’interno di queste nicchie c’erano degli pseudopennacchi e un partito decorativo di nicchiette cieche continue con archi leggermente ripassati: fiori, palme, uva… -Cupola lignea: gli spagnoli sono giunti alla sua costruzione, innanzitutto studiando stretti parallelismi con un edificio del II secolo presente in quella stessa zona; inoltre, altri studi hanno dimostrato che questo palazzo ha usato come basamento un edificio più antico con la sua stessa forma; infine, analizzando il cornicione, hanno trovato delle rientranze, che potevano occupare il posto delle finestre presenti sulla cupola. Interno: una corte con una strada colonnata e appartamenti e un muro divisorio di origine romana. 3. Zona di rappresentanza: con un iwan chiuso su tre lati e aperto sulla corte cupolata e sala del trono con la cupola. C’è anche un’enorme cisterna presente in periodo bizantino e poi riutilizzata, un complesso termale e una piazza su cui è affacciato un palazzo. Ci sono molte botteghe e probabilmente una moschea dell’ VIII secolo, molto semplice con corte centrale porticata, sala di preghiera e mihrab. 2. NB: edificio cupolato o corte centrale? Northedge non accetta la possibile esistenza della cupola, poiché essa avrebbe dovuto lasciare dei resti. Mentre gli spagnoli sostengono l’esistenza della cupola lignea, spiegando così l’assenza di resti. Dar al-Imara/ Il palazzo del califfo a Kufa Anche qui troviamo un iwan, come sala di rappresentanza e una sala del trono con cupola. Questo complesso segue la tradizione architettonica palatina-sassanide del VI-VII secolo: la tradizione occidentale per gli aspetti costruttivi e architettonici, mentre la tradizione orientale per il partito decorativo delle nicchie cieche, per le tradizioni scolpite, che richiamano quelle sassanidi. Le nuove fondazioni urbane Queste nuove città si formano dagli amsar, gli accampamenti, la cui funzione è trasformata. Si mantengono le mura in pietra perfettamente tagliata, che ci aiutano a ricostruire la pianta, le porte monumentali e gli assi viari, che conducevano al tetràpylon, quattro colonne al centro della città. Inoltre non si accedeva direttamente alla città, ma c’era una zona di controllo che aveva funzione difensiva (≠qusur). Questi accampamenti erano molto simili ai forti legionari: struttura quadrata/rettangolare, torrioni, porte dislocate sui quattro lati e incrocio degli assi al centro e strutture a impianto difensivo. Aqaba/Ayla: in Giordania, sul Mar Rosso, al confine con Israele. È un luogo abbondantemente provvisto di risorse idriche. Durante il periodo nabateo, il nome della città era Ayla nel I secolo, poi passò ai Romani, diventando una tappa essenziale del commercio verso Petra, e nel 630 si arrende al Profeta e fuori dall’insediamento bizantino è fondata una nuova città. Vent’anni dopo la conquista è fondata una città puramente islamica sotto il califfo Uthman. La città tra 1068 e 1071 è abbandonata in seguito un terremoto e la popolazione si sposta a sud. Nel 1116 è conquistata da Badlovino. Gli studi e gli scavi avvengono nel 1986 e nel 1993, anno in cui sono proposte le piante preliminari che includono tutte le epoche della città, senza distinzione, nonostante i numerosi cambiamenti. La città ha forma rettangolare ed è cinta da mura con parte aggettanti a forma di u, che erano vuote e avevano funzione difensiva (≠ qusur). Le mura sono attraversate da quattro porte, accompagnate da torrioni (= qusur), dispose assialmente, da cui partono due strade che s’incontrano al centro della città. ‘Ayla è l’unico esempio di città islamica del VII secolo e rappresenta l’anello di congiunzione tra forti legionari e qusur. Le altre città, come Fustat, Basra e Kufa, sono documentate nelle fonti, ma non ci rimangono gli edifici originali. I restauri e gli interventi hanno sfigurato l’impianto originale, senza portare attenzione agli studi americani: della moschea rimane la scalinata d’accesso e i resti delle colonne che sorreggevano la copertura. NB: il team americano ha scoperto che i numerosi spostamenti verso sud da parte della popolazione, sono dovuti allo spostamento di costa. Anjar in Libano (705-715) È una città che testimonia la configurazione urbana affermatasi durante il periodo omayyade. Si trova nella Valla della Beqqa sulla strada tra Beirut e Damasco e fu fondata dal califfo Al-Walid. Non sappiamo le ragioni che hanno condotto alla sua creazione e nemmeno la sua storia, per mancanza di fonti. Negli anni ’50 sono compiuti gli scavi parziali: i caratteri sono tipici dello stampo ellenistico-romano; la pianta è quadrangolare con torrioni pieni (≠ Aqba), ci sono quattro porte disposte assialmente: quella nord è costituita da pietra perfettamente intagliata, rasata ad un livello basso, che non ci permette di sapere se poteva avere una funzione difensiva; ci sono anche quattro assi viari, affiancati da porticati posati su colonne, che ospitano botteghe e conducono al tetrapylon. Gli assi suddividono la città in quadranti: -quartiere sud-ovest: ambiente residenziale. -quartiere nord: complessi palatini e termali. -quartiere sud-est: ospita l’ambiente amministrativo. Troviamo una moschea d’impianto tradizionale, con portici, due navate, una sala di preghiera e il mihrab; e il dar al-imara con corte centrale porticata sulla quale si affacciano due sale di rappresentanza: un aula basilicale su tre navate sviluppata in due piani divisi da un colonnato monumentale, secondo la tradizione romano-bizantina, come la pietra perfettamente intagliata con decorazioni in pietra molto curata, alternata al mattone in corsi. Funzione: centro artigianale con più di seicento botteghe, di rappresentanza, termale e commerciale. Elementi tipici dei qusur: la forma, i torrioni, la sala di rappresentanza e con un ruolo commerciale. Tradizione romano-bizantina: ispirazione principale delle città islamiche del primo periodo islamico, circoscritto a una zona ben definita. NB: Iscrizione (714-715) ritrovata su una cava: si crede sia dove le maestranze abbiano recuperato il materiale per la costruzione; sono citati anche i nomi di costruttori appartenenti alle maestranze provenienti dall’Egitto. Decàpolis sono delle città libere organizzate in confederazioni fondate in epoca ellenistica, che gli arabi cominciano a conquistare. Dopo la conquista non sono abbandonate, ma sono modificate. Jerash è una città con un grande sviluppo architettonico. Del IV secolo si preservano le parti di origine romano-bizantina. Sorge in una zona fertile, ben collegata alle vie di commercio. La città ha sviluppato un impianto classico: due assi viari che s’incontrano al centro della città. Ci sono due decumani e quindi due tetràpylon. Lungo le vie sorgevano i negozi e varie strutture di tipo celebrativo e non. Durante gli studi, gli archeologi s’interessano prima allo strato romano-bizantino, ignorando quello islamico. Infatti, supposero che la città fosse stata abbandonata dopo l’arrivo degli arabi. In realtà la città fu conquistata pacificamente e abitata anche in seguito alle conquiste. Infatti, nel 2002 prende avvio il progetto sulla Jerash islamica, grazie all’università di Copenaghen. Gli elementi islamici della città sono: a. La moschea (VIII secolo) è posta nella zona del tetràpylon sud; ha una struttura semplice, forma rettangolare, una grande corte, un minareto e una sala di preghiera con due navate e un mihrab. b. La zona amministrativa/produttiva dove troviamo il “Tempio di Artemide” trasformato in un’area produttiva di ceramica. La ceramica di Jerash era molto diffusa in quel tempo: non era coperta da vetrina, aveva decorazione a ingobbio (argilla molto liquida), prodotta al tornio/stampo. Erano prodotti molti vasi e lucerne, sulle quali sono state ritrovate molte iscrizioni arabe e simboli cristiani, segno del fatto della mancata conversione forzata sulle popolazioni cristiane. c. La zona commerciale dove si trova la “Casa Omayyade” (VII secolo), un edificio dall’impianto irregolare. Fu costruita su un piano di terreno livellato in seguito a un terremoto. Ha una corte centrale, dove si affacciano i vari ambienti, prevalentemente ciechi verso l’esterno. Esistono varie opinioni riguardanti la storia di questo insediamento: - Modello Fisher anni ’30: si basa sul preconcetto dell’abbandono della città in seguito alla conquista. - Modello Sauer-Smith anni ’60-’70: nuovi scavi a Hesbon e a Pella hanno fatto emergere monete, ceramiche e altri manufatti appartenenti alla fase Omayyade, ma sono fermati da un altro preconcetto: sono ritenute regioni marginali, poiché c’era stato uno spostamento verso il centro dell’impero. - Modello Alan Walmsley anni ’80: sostiene la continuità dell’insediamento e che la contrazione avvenuta durante il califfato abbaside investa in realtà tutto il califfato. Durante questa crisi c’è stata una trasformazione, ma non un abbandono: infatti, la ceramica abbaside mostra caratteri di continuità con quella del periodo Omayyade. Il cambiamento di governo non ha un impatto visibile sulla produzione NB: c’è la tendenza, anche in altre città della Decàpolis, di riutilizzare e trasformare le funzioni degli spazi monumentali a scopi commerciali e industriali, e dunque per scopi privati. Nel caso di Jerash, il ruolo della città si trasforma da una funzione aristocratica a una commerciale e produttiva. Gli Abbasidi (750-1258) Il primo periodo del califfato Abbaside si presenta come una fase di massimo splendore: c’è un commercio straordinario, si sviluppa l’industria tessile, della carta, della ceramica e del vetro, la popolazione aumenta insieme ai territori conquistati, ci sono grandi scoperte in ambito scientifico e sono fondati nuovi centri di sapere. Nel primo periodo dell’Islam, la moschea aveva assunto diverse funzioni: luogo di preghiera, ma anche centro sociale e politico della comunità. Soltanto sotto gli Abbasidi, queste funzioni si ridussero unicamente a quella d’istituzione religiosa. Inoltre vi fu una grande diffusione dello “stile imperiale” nella loro costruzione: un tipo standardizzato della moschea del venerdì ebbe un’ampia diffusione geografica, anche se vi furono variazioni locali architettoniche e nella scelta dei materiali. La moschea del venerdì di epoca abbaside si sviluppava su pianta rettangolare, il cui centro era costituito da un cortile. La corte era circondata da porticati e sale con numerose colonne e pilastri che sostenevano un tetto piatto in legno. Nella parete della qibla, il porticato era più profondo: al suo centro vi era il mihrab, che poteva essere evidenziato dalla presenza di una cupola sopra la campata di fronte. A destra della nicchia da preghiera, c’era il minbar, il pulpito dal quale l’imam conduceva il sermone del venerdì. Sul lato opposto della corte si ergeva il minareto di dimensioni imponenti. Nella costruzione, gli Abbasidi, favorirono l’utilizzo di mattone crudo o laterizio, al posto della pietra. Rivestivano i muri con stucco decorato, fondendo motivi mediterranei e sassanidi. Baghdad “madinat al-salam” “città rotonda di al-Mansur” Fu fondata nel 762 per decisione del califfo al-Mansur, il quale riteneva che Kufa non fosse più adatta a ospitare la capitale. I lavori iniziarono più tardi (766-767). Oggi della Baghdad abbaside non è rimasta traccia, completamente cancellata da quella attuale, ma sappiamo comunque darne una descrizione accurata, grazie ai testi di epoca medievale. La città aveva una pianta circolare delimitata da una doppia fila di mura in mattoni e un fossato alimentato dal Tigri. Le mura erano interrotte da quattro porte simmetriche: la porta del Khorasan a nord-est, la porta di Bassora a sud-est, la porta di Kufa a sud-ovest e quella di Damasco a nord-ovest. Sopra ogni porta c’era uno spazio sopraelevato sormontato da una cupola, alla quale si accedeva attraverso gradini o rampe. All’apice di questi edifici c’erano delle sale di udienza, dalle quali il califfo poteva anche osservare l’arrivo di amici o nemici. Quattro viali principali, lungo i quali si estendevano file di porticati con botteghe e altri edifici, conducevano al centro della città. Nella zona interna, lungo l’anello di mura, c’erano le residenze della famiglia del califfo e del suo seguito. Una cerchia più interna di palazzi ospitava le armerie, il tesoro di stato e gli uffici amministrativi, mentre al centro della città c’era la sede di polizia, la moschea del venerdì e il palazzo del califfo. La moschea era costruita da un porticato quadrato e da un cortile interno aperto. Accanto a essa si ergeva il palazzo, che occupava il centro della città. Una sala d’ingresso con il soffitto a volte conduceva alla sala delle udienze, sovrastata da una cupola. Sopra c’era un’altra sala a cupola, Qubbat al-Khadra, Cupola Verde. Inizialmente Baghdad era stata costruita per proteggere il califfo e i suoi sudditi, ma in poco tempo all’esterno delle mura, sorsero nuovi insediamenti di vario genere, trasformando Baghdad in una città comune. NB: la forma circolare, la pianta concentrica e al centro il palazzo del califfo, invitano a pensare al significato simbolico della città come centro di un impero universale. Si crede che il califfo al-Mansur si sia ispirato alla città di Firuzabad, nella provincia di Fars. Raqqa Città che insieme con al-Rafiqa costituiva la più grande area urbana della Siria e, in tutta la Mesopotamia, fu superata solo da Baghdad. Il califfo Harun al-Rashid ha spostato la sua residenza a Raqqa nel 796, fino all’808. Rafforzò le mura, fece costruire un grande quartiere nell’area nord. Vi era il palazzo del califfo: “Qasr as-Salam”, vicino al quale abitavano la famiglia del califfo, il suo seguito e l’apparato militare. Gli edifici erano costruiti in mattoni crudi (pisè) e rafforzati con laterizi, le loro pareti erano ricoperte con stucco bianco, sul quale erano intagliati altorilievi che raffiguravano tralci di vite. Questa città era un centro importante già prima dell’arrivo degli arabi: è passata dai seleucidi in mano ai bizantini e infine ai conquistatori arabi. Ar-Rafiqa “la Compagna” Costruita sul modello circolare di Baghdad, in Siria nel 722. È scelta come residenza califfale nel 796. La città si sviluppa su una pianta a ferro di cavallo, difesa da lunghe mura in mattone crudo con molte torri di difesa circolari. Le difese erano poi completate da un altro muro e da un alto fossato. Tre porte in pietra conducevano all’interno della città, dove si trovava una Grande Moschea che serviva come luogo di preghiera per i soldati di guarnigione provenienti dal Khorasan. Le mura della moschea erano composte da mattoni crudi ricoperti da mattoni cotti e rafforzate da una serie di torri semicircolari. Porticati con colonne in mattoni delimitavano la corte, e la sala di preghiera presentava tre navate sul lato della qibla, le sale laterali soltanto due. Tra queste due città si sviluppò una vasta area industriale, dedita alla produzione di ceramica e di vetro. Samarra Alla morte di Harun al-Rashid, nell’809 scoppiò una guerra tra i suoi figli: Amin e al-Ma’mun, che ottenne la vittoria, lasciando poi posto al suo successore al-Mu’tasim. Egli decise di costituire una nuova capitale amministrativa, per cercare di calmare i disordini interni al califfato. Nell’836 si stabilì a Samarra, una città sulla sponda orientale del Tigri. La città fu riscoperta solo nei primi anni del Novecento. Il palazzo di Samarra, “Dar al-Khalifa”, era circondato da mura alte e ininterrotte. Si presentava come un complesso di giardini e corti collegate gli uni alle altre, dalla sponda del fiume fino al belvedere che offriva a est la vista su un grande ippodromo a forma di trifoglio. La grande porta d’ingresso è tuttora caratterizzata da tre archi in laterizio. A ogni lato della porta si estendeva una sequenza di corti e di stanze che conduceva a un atrio coperto a cupola, la sala del trono del califfo, circondata da quattro iwan coperti da volte. Oltre a questo palazzo ne esistevano di più piccoli e c’erano anche residenze di campagna e accampamenti militari, che comprendevano ogni volta un palazzo per il comandante. Il figlio di al-Mutasim, al-Mutawakkil, è considerato il più grande committente di costruzione di Samarra: raddoppiò la pianta della città e costruì una moschea colossale. Essa si ergeva all’interno di una recinzione di mura in laterizio, ornate da un fregio con decorazioni in stucco sulla parte superiore. Attraverso sedici porte si raggiunge la moschea, che è costruita secondo il modello tradizionale con un cortile interno delimitato da porticati. Lo spazio interno era decorato con mosaici in vetro e lastre di marmo squadrate, c’era un mihrab rettangolare, decorato con mosaici d’oro e di vetro, affiancato da due paia di colonne in marmo rosa. All’esterno della moschea, ma all’interno della recinzione, si eleva una costruzione legata alla moschea stessa da un ponte: un minareto spiraliforme dalle dimensioni imponenti. Giafariya o al-Mutawakiliya Nello stesso decennio, al-Mutawakkil iniziò la costruzione di una nuova città a nord di Samarra. Vi era un ampio viale che contornato da palazzi e case più piccole che conduceva al palazzo principale di alGiafari. La Grande Moschea è oggi nota con il nome di “Abu Dulaf” e rappresenta una copia più piccola della Grande Moschea di Samarra. Pilastri rettangolari di mattoni cotti sostengono gli archi delle arcate che si trovano nell’angolo destro rispetto alla parete della qibla e sostengono un tetto piatto di legno. Sempre ispirandosi al modello di Samarra, è stato costruito un minareto spiraliforme, di dimensioni più piccole. Decorazioni degli edifici La maggior parte degli edifici di Samarra era costruita in mattoni crudi decorati e protetti da stucco colorato o da rilievi in stucco. Erano usati anche mattoni cotti, argilla e un laterizio particolare composto di gesso. A volte, parti molto importanti erano ricoperte con pietra o legno. Per vivacizzare le grandi pareti in stucco, gli artigiani svilupparono tre diversi stili decorativi: 1. Tecnica a intaglio che prende le mosse da forme ornamentali vegetali di carattere geometrico proprie della tradizione omayyade. Fasce ornamentali dividono le varie sezioni riempite da tralci di vite. 2. Tecnica a intaglio caratterizzato da incisioni a croce nei dettagli della superficie. Anche qui la decorazione si staglia nettamente sullo sfondo e si suddivide in settori: è però più semplice del primo stile. Infatti, le foglie di vite sono rappresentate in forme astratte. 3. “Stile del taglio a sgancio” si serviva di calchi, adatto alla decorazione di grandi superfici parietali. Questo stile utilizza un rilievo relativamente piatto ed è caratterizzato dall’allineamento ritmico e simmetrico di linee curve terminanti in spirali che creano motivi astratti (=arabeschi). Arti decorative Gli Abbasidi promossero un ampio spettro di arti decorative caratterizzate da un ricco cromatismo. L’arte tessile era la più importante tra le arti decorative. L’importanza di quest’arte nella società islamica medievale è riconosciuta dal grande numero di vocaboli che definiscono prodotti tessili, introdotti nelle lingue europee dall’arabo e dal persiano (damascato, organza, taffetà, mussola,…). Il lino era la stoffa prediletta nell’area del Nilo, il cotone era lavorato in Mesopotamia, in Iran, nello Yemen e in India. L’arte della tessitura della seta, stoffa molto preziosa, era già conosciuta in Siria e in Iran. I prodotti tessili adempivano vari scopi: confezione di vesti, mantelli, tuniche, camicie, pellicce, sciarpe, turbanti e altri copricapo, per l’arredo degli ambienti. Molto spesso queste stoffe riportavano testi in arabo, con il nome del visir che le aveva commissionate, il luogo e la data di produzione. La produzione di ceramica ebbe una grande fioritura durante l’epoca abbaside, soprattutto nelle grandi città. Queste produzioni erano apprezzate sia per la loro efficacia decorativa sia per l’eleganza della scrittura. I vasai del periodo abbaside svilupparono vari procedimenti per rendere le ceramiche colorate: la tecnica a lustro metallico, con la quale la ceramica già invetriata e cotta era dipinta con ossidi di metallo e sottoposta a una particolare cottura di riduzione. Durante la cottura l’ossigeno si liberava dagli ossidi metallici, cosicché sulla superficie rimaneva una sottile pellicola di metallo che diventava poi splendente con la lucidatura. Erano prodotti oggetti smaltati sia monocromi sia policromi. Fu introdotta anche la vetrina opaca: un rivestimento vetroso applicato sul manufatto in terracotta, già sottoposto a una prima cottura. La vetrina è a base di piombo e alcali ed è resa opaca dall’aggiunta dell’ossido di stagno, diventando così smalto. - - Terminologia Il corpo ceramico è l’argilla che ha subito il processo di cottura. È un termine generico che può essere usato per qualsiasi tipo di manufatto ceramico, sia con rivestimento sia senza. Il rivestimento è il trattamento della superficie che conferisce un migliore aspetto estetico al recipiente e in alcuni casi, permette di renderlo impermeabile. Ne esistono due tipi: 1. Tipo argilloso/a ingobbio: un rivestimento opaco, a composizione argillosa, che in cottura non subisce vetrificazione e resta porosa. Formato da argilla diluita in acqua che, applicata sul manufatto, ne rende la superficie più liscia. Serve anche a nascondere il colore del corpo ceramico. Può essere di colore rosso o bianco. 2. Tipo vetroso/vetrine e smalti: conferiscono impermeabilità e lucentezza al manufatto. La vetrina è un rivestimento applicato ad un oggetto che in cottura si trasforma in involucro vetroso, composto essenzialmente da quarzo cui vengono aggiunti dei fondenti. Applicata prima della cottura. Trasparente e lucente. Tecniche di lavorazione: a. Modellazione a tornio: uno strumento meccanico che ruota (a mano o a piede) e che permette al vasaio di modellare l’argilla creando oggetti con diametro e altezza variabili. b. Modellazione a calco: l’argilla è modellata su un calco in negativo (che può essere in legno, pietra, ceramica). Questo tipo di lavorazione permette maggiore rapidità di esecuzione e uniformità di risultato. c. Modellazione a mano: Non richiede alcun attrezzo particolare per plasmare l’argilla, se non le mani del vasaio. Esistono diverse varianti di modellazione a mano, ma quella più diffusa è la cosiddetta modellazione “a colombino”. Qayrawan è conquistata all’inizio della grande espansione e scelta come capitale dell’Ifriqiyya. Qui è costruita una grande moschea, che nel IX secolo subisce una serie di ricostruzioni: grande corte con porticati, una sala di preghiera molto profonda e un dispositivo a T molto accentuato rispetto alla moschea di Abu Dulaf, una navata più larga delle altre e una perpendicolare al muro qibli, sormontato da una cupola, che, in questo caso, non è la sola, ma è accompagnata da un’altra cupola a inizio navata. In asse si trova il minareto, forse la parte più antica della moschea, a tre ordini e a pianta quadrata. La parte del mihrab è completamente ridecorata 862-863: le pareti sono rivestite di materiali pregiati, marmi e piastrelle decorate a lustro di tipologia bìcroma, con motivi floreali e geometrici. Alcune fonti parlano di un uomo che viene da Baghdad e sopravvede alle produzioni provenienti da Qayrawan, dove si era fondato un atelier locale, le cui tecniche erano state probabilmente trasmesse da quest’uomo. I centri della produzione di ceramica erano centralizzati in Iraq. Datazione di Northedge: fine VIII-inizi IX secolo: bianco e blu (forse prodotto solo a Basra, prima ancora di Samarra capitale) prima metà IX secolo: lustro policromo Metà IX secolo: lustro bicromo (confermato da Qayrawan) X secolo: lustro monocromo (dopo Samarra capitale) Anche i produttori di vetro elaborarono nuove tecniche per migliorare la cromia e rendere più vivace la decorazione delle superfici: la tecnica a intaglio di tondi si diffuse molto e furono ottenuti effetti spettacolari grazie all’utilizzo della placcatura. L’arte del Metallo vide la scoperta di vari procedimenti per impreziosire i lavori con colori e decorazioni. Durante l’epoca sassanide erano raffigurate molto spesso scene di caccia e di banchetti in modo molto realistico; ora, invece, sono sostituite da fasce arabescate con medaglioni rotondi riempiti di fiori e animali stilizzati. Le produzioni che sono giunte fino a noi sono soprattutto in bronzo e ottone, ma le fonti scritte ci presentano descrizioni di grandi opere in oro e argento, probabilmente fuse in momenti di necessità. Iran e Asia Centrale nel primo periodo Abbaside (800-1025) Difficile definire la cultura materiale di quest’area, perché è stata sporadicamente esplorata. Dall’ XI secolo in poi abbiamo molte più testimonianze. Dall’ 800, nelle regioni più lontane da Baghdad le province assumono sempre più indipendenza, allontanandosi dal potere centrale di questo vasto califfato. Le prime dinastie sono i Tahiridi, i Samanidi e i Saffaridi. In quest’area non c’erano molti centri urbani: l’urbanizzazione in un senso più moderno si accentuerà solo dall’XI secolo con la dinastia Buyide. Sono concentrati soprattutto nella zona del Khorasan e della Transoxiana. Questo periodo è caratterizzato dall’intersecarsi di due correnti culturali: quella pan-islamica araba e quella iranica. In questo periodo, i mawali ricercano la propria rivincita nei confronti del califfato Abbaside. La situazione politica, sociale ed economica in quest’area è molto diversa della situazione che si era creata nell’area centrale del primo periodo omayyade, e nell’area della capitale del primo periodo abbaside. Le moschee, in questo periodo, sono state costruite nei pochi centri urbani presenti, ma oggi non ci rimane molto: Susa, Siraf, Isfahan,… Siraf - nel IX secolo ha due fasi: pianta ipostila con tre navate per la sala di preghiera e una per i portici intorno alla corte, e in una seconda fase subisce un ampliamento di due navate sul lato della qibla e di una navata intorno alla corte. Isfahan - Scavata da una missione italiana negli anni ’80: sono state trovate tracce di moschee più antiche, come quelle di periodo selgiuchide. La moschea ha assorbito le caratteristiche della tipologia di moschea sviluppatasi nel primo periodo: struttura semplice con corte centrale affiancata da portici, una sala di preghiera. Nel periodo Buiyde è aggiunta un’arcata intorno alla corte, con mattoni impiegati anche a scopo decorativo. Abbiamo poche informazioni riguardanti IX-X secolo. Com’era la moschea del primo periodo in Iran? 1. Moschea di Damghan/Tarik Khane a Semnan, a est di Tehran. Difficile attribuirle una datazione specifica. È una moschea di pianta rettangolare con un ordine di porticati su tre lati, una corte centrale, una sala di preghiera un po’ più profonda e una navata più alta. È costruita in mattone cotto. Sulla facciata è presente il pishtaq, una sorta di quinta scenica che nasconde i sostegni dietro l’arcata e un modo per sottolineare l’importanza della navata. L’interno si sviluppa con grandi pilastri rotondi, i cui mattoni non sono sagomati ma posti di taglio per conferire la rotondità al grosso pilastro. Gli archi sono di dimensioni e forme diverse, ma tutti sferzati. Il minbar non è ligneo ma in mattone. Nella costruzione la pianta è diversa, ma nelle composizioni strutturali e nelle realizzazioni tecniche l’edificio è di tradizione sassanide. 2. Moschea di Nayin/Masjid-e Jame ha subito numerose trasformazioni. Ha una corte centrale con porticati profondi e una sala di preghiera con navata più ampia che dà sul mihrab. C’è una cupola, con altre cupole tutte attorno, di datazione più tarda. La corte si stringe grazie all’aggiunta di un’altra navata su tutti i lati, una probabile aggiunta del periodo selgiuchide. I pilastri sono in muratura e la loro decorazione è creata grazie alla posizione dei mattoni: questa sarà una delle caratteristiche della tradizione dell’altopiano iranico. Il lato opposto della sala di preghiera ha altri pilastri con una diversa decorazione, sempre effettuata tramite i mattoni, anche questi di periodo selgiuchide. Davanti al mihrab, riccamente decorato a stucco (=Raqqa e Samarra taglio profondo e uso di elementi naturalistici), sono rimasti degli elementi originali del periodo abbaside, tra cui i pilastri, decorati in stucco. Oltre alla cupola centrale, ci sono altre tre cupole per rilevare la sacralità del muro qibli. Su un’arcata troviamo una decorazione in stucco con iscrizioni in cufico fiorito particolarmente elaborato, che non sarebbe stato introdotto prima della fine del X secolo. Questa moschea ci presenta dunque la compresenza di stili diversi: elementi del IX e del X secolo. 3. Moschea di No Kumbad a Balkh, fondata nella prima metà del IX secolo. Un’unica struttura quadrata, coperta da nove cupole, che sovrastano aree definite da enormi pilastri. È circondata da muri perimetrali. Il materiale è mattone crudo. L’edificio è ricoperto da decorazioni in stucco inciso (stile a e b) e da mattone cotto, che oggi è molto più definito e duraturo rispetto a quello crudo. Gli studiosi si sono chiesti il perché di una pianta così diversa rispetto alle altre. Godard sostiene che questa pianta derivi dalla tradizione tecnologica e strutturale locale. L’eredità sassanide - con la conquista della Persia, la tradizione sassanide permane, insieme allo zoroastrismo. Gli studiosi hanno evidenziato due tipi di templi del fuoco: - chahar-taq: un tempio a pianta quadrata con cupola sorretta da quattro pilastri connessi da archi e aperto sui quattro lati. - ateshgah: una struttura chiusa con pianta quadrata e al centro una sala del fuoco e un corridoio di deambulazione. I palazzi sassanidi erano suddivisi in due zone corrispondenti a due complessi diversi ma connessi: - apadana: sala delle udienze dove si svolgevano le attività pubbliche della corte. - appartamenti: riservati alla vita privata, i cui ambienti erano distribuiti quasi simmetricamente intorno a una corte centrale. (vedi slides) Mausoleo di Ismail a Bukhara prima metà del X secolo. Il più antico mausoleo giunto fino a noi: ci si riallaccia alla tradizione sassanide per la struttura quadrata con mura imponenti, ci testimonia inoltre l’utilizzo decorativo del mattone cotto. La struttura quadrata è coperta da una cupola centrale, attorno alla quale c’è una loggia non praticabile ma usata dai costruttori come espediente per nascondere la giuntura tra le due parti. Ai lati della cupola sono aggiunte quattro cupolette. Un tempo il mausoleo sorgeva in un cimitero. La decorazione con l’uso del mattone è sfruttata sia all’esterno sia all’interno, dove troviamo la tromba scomposta in più unghie: un espediente che porterà alla nascita del muqarnas, ad alveoli. In quest’epoca nasce e si diffonde una nuova tipologia architettonica: la torre mausoleo. Sono state formulate diverse ipotesi sulla sua origine: - da una tradizione legata al culto mazdaico - la costruzione delle torri del silenzio con cortile interno, nel quale si lasciavano i corpi che non potevano essere sepolti per non contaminare la terra; dalla trasposizione della tenda turca, yurt, in una forma permanente; Il Gombad-e Qabus (1006/7 d.C) è l’emblema di questa tipologia architettonica. Si eleva fino a 51 metri e ha una pianta circolare con contrafforti triangolari e tetto conico. La città, che si trovava vicino al mausoleo, un tempo si chiamava Gorgan/Giurganiyya. Il mausoleo un tempo era isolato dalla città, si trovava su una piana. È stato costruito da un principe di una dinastia locale, Qabus ibn Wushmgir, molto legato alle tradizioni del mondo iranico, fu anche un grande mecenate. Ebbe un regno abbastanza travagliato agli inizi, fu costretto a spostarsi presso la corte Samanide, dove trovò un circolo d’intellettuali, molto interessati alla matematica e all’astronomia. Lì studiarono Ibn Rumi e Avicenna. Nel 1002 scrive “la cronologia dei popoli antichi”, dedicata al principe che ha voluto costruire questo monumento. Sul mausoleo c’è un’iscrizione su due fasce, che ci fornisce informazioni ben precise. L’iscrizione è circolare, e occupa i dieci spazi della torre. Si ripete nella parte alta. L’iscrizione però è spostata dall’asse dell’entrata: l’iscrizione è in linea con la finestrella della parte superiore. Il materiale è il mattone cotto, che, nella zona della cupola, fu progettato a tavolino. “Questo è il palazzo elevato, figlio di Qabus figlio di Wushmgir, di stirpe iranica (…) costruito nell’anno dell’egira 397-395” Primo monumento in assoluto, dove c’è un’indicazione del calendario della tradizione islamica. Gli studiosi sostengono che questo monumento sia: La tomba del principe. Anche se in seguito agli scavi compiuti dai russi, si scoprì che sotto il monumento sono presenti solo mattoni. Un testo del 1400 di Al-Giannabi, ci scrive che in questo edificio c’era la tomba del principe, appesa al soffitto e illuminata dalla luce che entrava dalla finestrella. In realtà questo è un topos letterario, sin dal profeta Daniele, la cui tomba è stata appesa in un monumento di Susa. Il sole sorge esattamente a est solo nei due equinozi, cosa che evidenzia l’importanza della posizione dell’asse della finestrella. Inoltre, la città aveva l’asse più importante in posizione est-ovest. Un edificio che serva a indicare una via importante: infatti, è una delle vie che porta alla via della seta. Anche se, proprio per l’importanza di questa strada, si crede non fosse necessario costruire un edificio di tali dimensioni. Nell’iscrizione la parola usata è qasr, che non va a indicare una tomba, ma un palazzo. La forma del monumento è molto particolare: si tratta di un decagono, la cui somma degli angoli interni è 1440°, l’anno preciso della coincidenza tra equinozio di primavera e capodanno iranico. Il giorno dell’equinozio la luce del sole che entra dalla finestrella, e dalla porta, illumina la strombatura dell’arco. Questo monumento dunque, due volte l’anno, ci indica il giorno preciso, che coincide con gli equinozi. Intenti principali: 1. Autocelebrazione del principe 2. Giustizia del sovrano determinata dalla precisione dell’intento del monumento. Questa precisione permetteva il raccoglimento delle tasse nel periodo esatto 3. All’interno noi abbiamo un’ombra fissa per tutto l’anno: se uno si pone al centro e si rivolge verso l’ombra, si rivolge verso la qibla, la direzione della preghiera. Il mattone e il suo impiego in ambito persiano In ambito persiano, il materiale da costruzione più impiegato è il mattone. La scelta è prodotta da diversi fattori: la velocità con cui può essere posto in opera, l’elasticità che permette la costruzione di strutture flessibili e più resistenti ai terremoti e la possibilità di trovare soluzioni a problemi strutturali, come la costruzione di grandi cupole o volte, o di avvalersene come elemento decorativo. I mattoni possono essere posti in opera in modo da creare motivi geometrici o essere tagliati e utilizzati per la realizzazione di decorazioni e di bande epigrafiche. Vi è inoltre la possibilità di rifinire una faccia del laterizio con una vetrina colorata rendendo possibile anche la creazione di effetti cromatici. Ci sono vari tipi di mattoni: keshit, impasto di argilla e sabbia essiccato al sole, e ajor, impasto di argilla decantata, depurata e cotta in appositi forni. I mattoni persiani hanno forma quadrata, ma le loro dimensioni sono variate nel tempo. Il vetro nel mondo islamico Primi secoli - sono adottate le tecniche e i programmi di decorazione del periodo precedente: quello romano, bizantino e sassanide. La produzione di vetro risponde a bisogni del quotidiano (oggetti per farmacia, profumi, liquidi). La tecnica è quella del vetro soffiato, che era abbinato a varie tecniche decorative: Lavorazione a freddo: una tecnica molto simile a quella usata per le pietre dure. Tecnica dell’intaglio a nido d’ape: molto diffusa in ambiente sassanide e romano. In periodo islamico, comincia a cambiare la forma dei manufatti (v. brocchette con corpo piriforme). Le incisioni sono sia molto spesse, sia finissime, riproponendo le decorazioni degli stucchi. Lavorazione a caldo: soffiatura a stampo. Con gli stampi, si velocizza la produzione, molto più semplice da eseguire e molto più economica. L’intaglio non è più profondo, le decorazioni sono più sfumate e morbide. Pittura a lustro o cementazione, che prevede lo stesso procedimento usato per la ceramica, e si ottiene grazie ad un processo di riduzione che trasforma gli ossidi metallici in metalli. L’oggetto più antico si crede provenga da Fustat, in Egitto. Tutte le lavorazioni mirano a trasformare la superficie del prodotto. Non possiamo affermare con certezza il luogo di produzione di questi manufatti. Grazie alle fonti scritte, però, sappiamo che il centro più importante di produzione si trovava a Basra. Gli Aghlabiti (800-910) Nel 671 Uqba ibn Nafi fonda Qayrawan, nuova capitale dell’Ifriqiyya. Nell’VIII secolo Harun al-Rashid si affida a un fedele capo militare del Khorasan, Ibrahim ibn al-Aghlab, al quale concede nell’800 come emirato ereditario l’Ifriqiyya. In quest’epoca c’è uno sviluppo economico, politico e religioso, del commercio e dell’artigianato. Grande fioritura cultura e artistica, architettura in particolare. La popolazione è eterogenea: berberi autoctoni, romani, conquistatori arabi e non arabi, per questa ragione ci sono problemi di disordini frequenti, soprattutto con le tribù berbere. Grande Moschea di Qayrawan è fondata nel 670, ha subito numerosi rimaneggiamenti. Oggi, ci rimane in gran parte solo la moschea ottocentesca, che prevede una trasformazione radicale della disposizione degli spazi interni e della decorazione. C’è una corte centrale, con porticati, una sala di preghiera con disposizione a T (= Samarra) e due cupole con costolature (=ombrello), per dare sacralità e importanza al mihrab. Il minareto è quadrato, una struttura a torre, non è in asse con il mihrab. Il materiale da costruzione è il mattone. Per le colonne, invece, sono stati utilizzati materiali di ripiego. La corte è circondata da portici con arcate che s’impostano su doppie colonne. La facciata si crede sia stata aggiunta in periodi successivi. La navata centrale si sviluppa su un sistema di doppie colone per arrivare al mihrab, che è decorato con piastrelle a lustro e grigliette a stucco intagliato. Sotto la cupola ci sono delle nicchiette cieche, usate come strumento decorativo (= ’Amman). La fascia bassa della moschea è in pietra, recuperata da strutture preesistenti. Le fonti scritte ci descrivono i vari progetti attuati per creare sistemi idrici. Un califfo omayyade ordina la costruzione di quindici cisterne, per assicurare l’approvvigionamento idrico della città. Se ne occupano anche gli Aghlabiti, che faranno costruire due grandi vasche, che esistono ancora oggi. Si tratta di vasche circolari comunicanti, che servivano a decantare e depurare l’acqua, prima di immetterla nella città. Erano bacini aperti he raccoglievano l’acqua piovana, che era filtrata e condotta ai centri urbani. Ribāt (Monastir) sono edifici fortificati che si trovano sulle coste dell’Africa settentrionale. Sono molto influenzati dall’architettura romana e bizantina. Hanno un impianto quadrata con torri aggettanti semicircolari e circolari agli angoli e mura perimetrali. Inoltre c’è una corte centrale con ambienti sui lati. Ispirandosi nella struttura ai qusur, avevano funzioni molto diverse: una funzione militare, luogo di ritrovo dei soldati luogo di meditazione rifugio per i combattenti Gli Omayyadi in Spagna (750-1031) Gli Omayyadi avevano conquistato la Spagna, annettendola al califfato. Solo ‘Abd al-Rahman riesce a sopravvivere al massacro degli Omayyadi perpetrato dagli Abbasidi nel 750 e con l’aiuto di pochi fedeli e coloni siriani riesce ad arrivare in Spagna. Forma un governatorato indipendente, espandendosi sempre più, diventando un emirato, e infine califfato nel IX-X secolo. Nel 1009 il califfato sarà distrutto dalle incursioni di popoli provenienti dal Nord-Africa. La capitale è Cordova: una delle città più ricche e fiorenti dell’epoca. Con il califfato diventa uno dei maggiori centri di cultura d’Europa. Grande Moschea/Cattedrale di Cordoba Monumento straordinario per estensione e per la sua architettura e decorazione. Oggi si presenta una struttura con una corte, un unico minareto e una lunga sala di preghiera con 17 navate perpendicolare al muro qibli, zona obliata in seguito dall’aggiunta della cappella gotica trecentesca e la trasformazione del centro della basilica cinquecentesca. Della vecchia moschea quindi sopravvive il mihrab, ma non si ha più la visione totale interna delle navate che si aveva in origine. C’è anche da dire che se non fosse stata in Cattedrale, non avremmo potuto avere ciò che è sopravvissuto fino a noi, anche delle parti di epoca Omayyade. Del periodo musulmano sono state individuate quattro grandi fasi: 1. 784-786 - Moschea ipostila con navate perpendicolari al muro qibli (=moschea di al-Aqsa di Gerusalemme voluta da ‘Abd al-Malik). ‘Abd al-Rahman si sbarazza di una cappella dedicata a San Vincenzo e fa costruire la prima moschea: una serie di navate, una piccola corte, forse un minareto, un mihrab e navate perpendicoli al muro qibli, con una navata centrale più alta. La navata non è perfettamente orientata, probabilmente dovuta all’area disponibile della cappella preesistente. 2. 832-862 - Questa moschea con ‘Abd al-Rahman II cambia: è distrutto l’originale muro qibli e è allungata la sala di preghiera e ampliata la corte, mantenendo intatta la navata centrale. 3. 961-976 - Interviene al-Hakam con un ulteriore ampiamento sempre nella stessa direzione, allungando ancora la sala di preghiera e costruisce una struttura particolare: costruisce l’attuale mihrab a forma circolare e una maqsura con una orima cupola e altre tre cupole davanti al mihrab. 4. 987 - Il ministro al-Mansur decide di costruire un edificio più armonico dal punto di vista delle proporzioni, rompendo la simmetria, ma llineandosi ai sistemi costruttivi precedenti. Costruisce un’altra parte di moschea che va ad allargare questa sala di preghiera lunga e stretta. Sfrutta materiali molto simili a quelli delle epoche precedenti, infatti è difficile notare la differenza una volta entrati. La navata centrale rimane più ampia delle altre, ma non dà più sul mihrab. Sulla facciata rimangono le parte originali, mentre il minareto e il porticato sono stati rimaneggiati. L’esterno si presenta con arcate che fungono da contrafforti, che sostengono la struttura. Ci sono 17 entrate riccamente decorate, una delle porte più antiche è quella di San Esteban, che si presenta con archi a ferro di cavallo. Si crede che questi archi derivino da una pratica locale e non da una pratica siriana, come si vede nella Grande Moschea di Damasco, in Siria. Le porte del terzo periodo sono meglio conservate, ci mostrano come sia stato ben conservato l’apparato decorativo: pannelli decorativi in pietra, mattoni di colore rosso, pietra scolpita, decorazione in bassorilievo, iscrizioni di ambito coranico, griglie in pietra scolpita. Il lato omogeneo ricostruito dal visir al-Mansur è molto più sobrio. Gli interni dell’ultima fase offrono lo stesso impianto delle arcate delle epoche precedenti. Ci sono circa 850 colonne. C’è un doppio ordine di archi (v. Damasco con colonne altissime) con colonne di recupero, molto più basse. Il doppio ordine serve per realizzare un edificio molto più alto, per aumentarne la monumentalità. Sul pilastro s’imposta l’arcata superiore. I capitelli sono tutti diversi nelle prime fasi e le colonne sono tutte di ripiego. Il sistema del doppio arco è usato in tutte e quattro le fasi: le prime tre si realizzano archi con decorazione pietramattone, mentre nella quarta fase si realizzano in pietra bianca con la decorazione in rosso. Il mihrab non è demolito come il primo, ma qui è realizzata la maqsura della terza fase. La zona davanti al mihrab ha un sistema molto più decorato con un impianto di arcate polilobato. Il mihrab è affiancato da due porte laterali: una che poteva usare solo il principe e una che conduceva al tesoro imperiale. Il mihrab ha un sistema decorativo ricchissimo sulla porta principale e su quelle laterali, e anche sulle tre cupole costruite davanti a quest’area. La decorazione riprende quella degli esterni: mosaico di pasta di vetro con iscrizioni coraniche, nella parte bassa c’è una grande zoccolatura ricoperta da iscrizioni coraniche. Non si tratta della solita nicchietta, ma un vero e proprio ambiente al quale si può accedere e dove si svolgevano cerimoniali particolari. Le decorazioni sono su sfondo oro, si usa lo stucco e la pietra. Anche la decorazione interna è provvista di nicchiette cieche con un arco trilobato (=Samarra) circondata da pannelli in pietra scolpita. La cupola che la ricopre ha delle costolature tipiche dell’occidente (=bizantini). Le tre cupole presentano dei dettagli costruttivi e tecnici piuttosto particolari: quella davanti al mihrab ha trombe a nicchie polilobate molto decorate e archi con costoloni rivestiti da una ricca decorazione dorata che la sostengono, lasciati a vista. Decorazione sontuosa e architettura innovativa. La superficie è molto movimentata e fornisce alla decorazione ulteriori sfumature. Le altre due cupole sono decorate più sobriamente, ma hanno la stessa struttura architettonica. Il muro esterno non è liscio, ma possiede dei contrafforti. Il minareto ha pianta quadrata. Innovazioni: - Altezza dell’edificio che s’imposta su un doppio ordine, la prima poggia su colonne di recupero, la seconda su pilastri poggiati sulle colonne, e sfruttano il triangolo per sostenere il tetto, sistema molto più usato in occidente che in oriente. Esempi di questo tipo sono stati ritrovati in acquedotti romani. - Archi realizzati in pietra e mattone per realizzare un bicromia nelle prime tre fasi, e pittura rossa su pietra bianca nell’ultima fase. - Archi polilobati nella zona intorno al mihrab risalenti alla terza fase, usati anche nella doppia arcata e nelle cupole: questi costoloni sono lasciati a vista, nei quali è incastonata la decorazione. (=Samarra? Moschea del Cairo? tradizione locale? tradizione armena?). - Mihrab a parte forse influenzato da alcune peculiarità liturgiche sviluppatesi sotto l’influenza di tradizioni locali cristiane, come il portare il Corano in processione. Madinat al-Zahra - città satellite palatina occupata dal califfo ‘Abd alRahman III e dalla sua corte nel 936, dove è trasferita la capitale negli ultimi anni dell’impero, distrutta il 4 novembre del 1010. Molti aspetti della città non sono stati chiariti perché gli studi sono ancora in corso. Si crede ospitasse circa 20.000 persone, tutte legate a funzioni della corte. E’ costruita su vari terrazzamenti, l’area palatina si trova al centro, dove sono state ritrovate varie sale cerimoniali; poi ci sono le zone abitative, l’area destinata ai soldati e quella dedicata alla moschea. L’area centrale possiede un salone, Salon Rico, al centro di un grande apparato per cerimonie, che era affacciato sul belvedere e su molte vasche. La sala è ricoperta da pannelli decorativi, come una tappezzeria: predomina l’elemento vegetale, fogli di vite e acanto, solo occasionalmente appaiono elementi geometrici o figurativi. Gli ornamenti sono minuti e sottili, e non mostrano innovazioni. Nella moschea è usato l’arco a ferro di cavallo, colonne di ripiego, capitelli realizzati appositamente e firmati dai realizzatori, decorazioni in pietra e a stucco. I Fatimidi (909-1171) Si pongono come antagonisti del califfo di Baghdad con una dinastia sciita. I Fatimidi emergono da una zona della Siria Centrale, poi si spostano in Africa Settentrionale, dove attraverso una serie di alleanze con i locali berberi, acquistano il potere nel 909. Al-Mu’izz, il califfo, manda il generale Jawhar in Egitto, dove sarà fondata al-Qahira nel 970. Al-Qahira è un agglomerato residenziale, riservata solo al califfo e alla sua corte (=quartieri di Al-Raqqa e Baghdad). Ci rimane pochissimo di questa città. Gli scritti riportano la sua fondazione secoli dopo. Consiste in un quadrilatero in mattone crudo e pisè interrotto da otto porte. La prima cinta è sparita nel corso del tempo. Nasir-i Khusraw visita la città nel 1048: parla di trentamila abitanti, la strada al-Azam che coincide con l’asse nord-sud, sul lato est c’era il Grande Palazzo/Palazzo di al-Mu’izz, sul lato opposto Al-Aziz, il successore del califfo, fa costruire il Palazzo Occidentale. Tra questi due palazzi, bayn al-qusrayn, erano svolte le cerimonie più importanti. I palazzi cadono in rovina con la caduta del califfato e distrutti nel XV secolo. Al-Azhar è fondata nel 970, terminata nel 972, diviene fulcro della vita culturale. La moschea aveva forma rettangolare, una corte, una serie di navate parallele al muro della qibla e una navata centrale che taglia perpendicolarmente le altre navate e conduce al mihrab. C’è una cupola davanti al mihrab, e altre due sul muro qibli, per fornire sacralità al luogo. Il materiale usato è il mattone cotto, le colonne sono di recupero e le decorazioni sono fatte in stucco. Gli interni sono decorati con stile c (=Samarra). La facciata della sala di preghiera che vediamo oggi non è originale, è del XII secolo. Gli elementi decorativi consistono in nicchie che sovrastano le arcate. Il transetto della navata centrale presenta una cupola all’inizio (=Qayrawan). Moschea di al-Hakim era meta di molte cerimonie religiose e anche punto di partenza del pellegrinaggio. È stata completamente ricostruita di recente. Gli studi di Creswell ci hanno restituito delle piante molto precise della struttura originale. Ci sono molti elementi tipici dell’Africa Settentrionale. La costruzione è avviata nel 990 da al-Aziz e conclusa nel 1010 da al-Hakim. Un quadrilatero con corte centrale, circondata da portici con tre navate, una sala di preghiera con navate parallele al muro della qibla, navata centrale con transetto perpendicolare alle altre navate che conduce al mihrab. È il primo caso di facciata monumentale: portale aggettante, riccamente decorato in pietra, rispetto al muro perimetrale, i minareti, uno quadrato e uno tondo, inglobati in torrioni in pietra perfettamente squadrata, contribuiscono a fornire importanza alla facciata. Questa facciata, probabilmente prende ispirazione dalla Moschea di Mahdie, in Tunisia, risalente al IX secolo. Il materiale nei muri perimetrali è la pietra spaccata, nelle porte laterali, che erano aggettanti, è pietra perfettamente squadrata e nei minareti, nei pilastri e nelle arcate è usato il mattone cotto. Lo stucco ricopre il mattone all’interno, con decorazioni molto sobrie e sostanzialmente circoscritte a una lunga iscrizione in cufico, proprio sotto il livello della copertura. Numerose sono le iscrizioni coraniche e versetti di apertura di alcune sure. NB: non ci sono argomentazioni convincenti sulla scelta dell’ingresso monumentale. Il califfato vive una grande crisi: c’è una contrazione dei confini e dell’area controllata dai Fatimidi. Ci sono molte carestie ed esondazioni periodiche, narrateci dai cronisti. Lo stato non ha più soldi per pagare l’esercito e nel 1068 è saccheggiato il tesoro del califfo: abbiamo molti testi che ne tramandano il contenuto. È disperso tra i mercati del Cairo, alla volta di Baghdad e di altre metropoli. Sarà tutto perduto, tranne una parte di tessuti e cristalli di rocca. Il califfo al-Mustansir chiede aiuto a un generale di origine armena Badr al-Jamali che assume il titolo di capo dell’esercito, diventando gran visir. Attua una serie di riforme economiche e amministrative, riportando il controllo nelle mani del califfo. Interviene sulla conta muraria e fa ricostruire il fronte nord. Nella città ci rimangono tre porte monumentali in pietra perfettamente squadrata: Bab al-Futuh, Bab al-Nasr e Bab al-Zuwayla. I testi dicono che queste porte siano state costruite da maestranze armene di Edessa. 1087-1092 Bab al-Futuh in pietra perfettamente squadrata ha pianta rettangolare e la parte finale tondeggiante, come Bab Zuwayla, mentre Bab alNasr mantiene una forma rettangolare. Sono delle porte monumentali che permettevano di accedere alla città, tramite un ingresso assiale (=Qasr al-Hayr al-Sharq) e un’anticamera cupolata. Questi torrioni sono pieni fino a una certa altezza: il primo piano è praticabile, qui sono posti delle feritoie difensive. La parte decorativa della porta si basa su una bicromia di pietra chiara e pietra rosa, creando una piattabanda (architrave composto di più elementi) sotto un arco di scarico a sesto ribassato. L’apparato decorativo è molto articolato anche sui lati con conci a cuscino. Ci sono anche due caditoi a scopo difensivo, con dei fori che permettevano di attaccare il nemico. Una volta entrati, ci si ritrova in un ambiente cupolato, totalmente costruito in pietra con pennacchi che la sostengono. Anomalie per il Cairo: arco a tutto sesto piattabanda, elemento di tradizione romana assenza di arco a sesto acuto elementi decorativi che attestano una tradizione diversa rispetto a quella locale: le maestranze straniere apportavano elementi diversi da quelli della tradizione locale Moschea di Al-Aqmar è fondata nel 1125 da un visir del califfo al-Amir, Ma’mun alBataihi. Questa moschea di dimensioni piuttosto limitate è collocata in prossimità della Qasāba. La pianta ha una forma insolita: la facciata è ruotata rispetto alla pianta, perché è allineata con l’asse viario sul quale si affacciavano i due grandi palazzi. La moschea è molto sobria, con una piccola corte centrale attorniata da un porticato e una grande navata prima del muro qibli. C’è un solo minareto, che non corrisponde a quello originale. La facciata è in pietra perfettamente tagliata, con scopo sia decorativo sia strutturale. La facciata è monumentale (=al-Hakim), la porta è aggettante, riccamente decorata in pietra con un grande rosone e un arco a chiglia (=Moschea di al-Azar) e delle nicchie cieche ai lati, sopra le quali si staglia una decorazione a nido d’ape o muqarnas (=Mausoleo di Ismail). La composizione della facciata è tripartita. L’interno è in mattone ha una decorazione in stucco. Con l’avvento dei Fatimidi avviene una grande innovazione della tradizione architettonica: per i materiali usati, si passa dal mattone alla pietra, per le scelte architettoniche, come le facciate e le porte monumentali, sia per le scelte decorative, innovative ed elaborate. Con al-Aqmar si compie questo processo architettonico. Il tesoro del califfo Nel 1068 è saccheggiato: abbiamo molti testi che ne tramandano il contenuto. È disperso tra i mercati del Cairo, alla volta di Baghdad e di altre metropoli. Sarà tutto perduto, tranne una parte di tessuti e cristalli di rocca. I cristalli di rocca nei testi ammontano a 18000, mentre ne sopravvivono circa 200. Il cristallo di rocca è quarzo che può essere trasparente e incolore e somiglia al vetro. È lavorato con tecniche e strumenti simili a quelli usati per le pietre preziose. Ampolla con iscrizione: “Che la benedizione di Allah sia sull’imam al-Aziz billah” (975-996). Questo oggetto ci permette di avere una datazione e di saperne la commissione. È conservato a San Marco: è una brocchetta piriforme, con manico lungo e rettilineo con una scultura nella parte più alta. Ci sono anche altri due oggetti: una mezzaluna che riporta un’iscrizione simile, conservata a Norimberga, e una brocchetta con l’iscrizione “comandante dei comandanti” riferito a Huseyn ibn-Jahwar, che era conservata a palazzo Pitti (1000-1008). Creazione: si prende il blocco di quarzo, si scava una cavità centrale rotonda, che era poi levigata e sgrossata, per poi passare alla decorazione esterna. Esempio di brocchetta del XIII secolo con montature di bronzo aggiunte in seguito, conservata a San Marco. Un’altra brocchetta a San Marco riporta un’iscrizione che dice: “Potere infinito e copiosa fortuna e salute al nostro signore”. Sono stati ritrovati anche contenitori per la mensa e pedine degli scacchi. Produzione nella corte e per la corte. Nasir-i Khusraw nel 1048 visita i palazzi dei fatimidi, e ci racconta dei cristalli di rocca: erano prodotti ad al-Qahira, il materiale era importato da una località sul Mar Rosso ed erano vendute ad al-Qahira. I fatimidi non sono gli inventori di questa produzione. Le fonti di al-Biruni ci dicono che la lavorazione dei cristalli esisteva già presso la corte Abbaside. A Basra c’era anche un centro di produzione di cristalli di rocca, che provenivano da luoghi molto lontani. Inoltre dice che la qualità non fosse elevata. Già in ambito sassanide esisteva questa pratica, applicata soprattutto al vetro. Come arrivano in Europa? Sono conservati soprattutto nelle chiese, si crede siano stati doni di altri principi. Molto spesso sono stati trasformati in contenitori per le reliquie e per altre funzioni, a volte arrivano già con delle reliquie. Sicuramente le Crociate sono state un valido mezzo per la diffusione di questi manufatti. Si crede che i prodotti presenti a Venezia, siano stati portati in seguito al saccheggio di Costantinopoli. Le stoffe erano in lino o in seta, con ricami che riportano molto spesso il luogo e la data di produzione e la commissione dell’opera, come avveniva con le monete. Questi tessuti servivano per conservare le vesti del califfo e del suo seguito o per ricoprire le pareti dei palazzi. Tiraz, “ricamo” in persiano, è un termine che identifica la stoffa in generale, la veste d’onore, che era donata dal califfo agli ospiti importanti, la fabbrica dove erano prodotti i tessuti, generalmente i capi d’abbigliamento con bande epigrafiche e la stessa banda ricamata. Il sistema di produzione di tessuti era sotto il controllo del monopolio del califfo, come la produzione della moneta. La produzione era controllata passo per passo. C’era il tiraz khass, privato, per il califfo, la corte e gli ospiti importanti, tiraz ‘amm, pubblico, per il mercato libero, comunque sotto il controllo del califfo. Tutte le produzioni erano conservate nell’armadio del califfo e suddivisi in vesti estive e invernali, donate alla corte, secondo le stagioni. Il tessuto era molto prezioso, poteva essere usato come pagamento, come denaro liquido, era protagonista di cerimonie importanti, come nelle pratiche funerarie. Molti tessuti sono giunti nelle capitali europee, diventando oggetto di venerazione, come il velo di Sant’Anna. Dal XIII secolo le fabbriche cadono in rovina: in Europa si era diffusa la tessitura con pedale e il processo di follatura automatica, poi i regimi militari non lasciavano spazio per la libera iniziativa, imponendo tasse pesanti sulle attività industriali. Le ceramiche non erano annoverate nel tesoro del califfo. Nella seconda metà del X secolo si crede che gli artigiani, a causa della grande crisi, si spostarono da Baghdad a al-Qahira. Molto elementi stilistici e tecnici si rifanno alla produzione abbaside. Abbiamo molti esempi di ceramica a lustro di epoca fatimide, ma ci mancano i dati cronologici: queste ceramiche sono state ritrovate in scavi clandestini. Gli unici elementi cronologici sono: Due oggetti con iscrizioni Bacini, sono elementi decorativi in ceramica sulle facciate delle chiese, soprattutto a Pisa. Elementi stilistici, anche in relazione ai tiraz. Elementi cronologici da scavi nel Vicino Oriente. Si crede siano state prodotte a Fustat, secondo le fonti di Nasir-i Khursaw. L’islam in Sicilia Con gli Aghlabiti comincia la conquista della Sicilia, che ci impiegano più di un secolo. I Fatimidi, conquistano l’Ifriqiyya e la Sicilia, che con gli Ziridi diventa sempre più autonoma. Passa poi ai Normanni, agli Svevi e infine a Carlo d’Angiò. Le fonti evocano un’isola ricchissima, piena di moschee e palazzi, di cui non ci è rimasto niente. L’elemento islamico è tuttavia ben documentato nel periodo successivo, quello normanno. La Cuba è fatta costruire da Gugliemo II secondo nel 1180, informazioni scoperte grazie alle iscrizioni presenti nell’edificio, che presenta gli elementi tipici della tradizione architettonica islamica, che è sopravvissuta in quella normanna: molti edifici erano erroneamente datati fino a quando Michele Amari non lesse le iscrizioni. San Giovanni degli Eremiti è fatta costruire da Ruggero II nel 1132, sui resti di una moschea di cui ci rimane parte del muro qibli. Cappella Palatina di Palermo si trova nel Palazzo dei Normanni, oggi sede del parlamento siciliano. I lavori di costruzione iniziarono nel 1130, anno in cui fu Ruggero II fu incoronato re di Sicilia, e terminarono nel 1143. La Cappella consiste in una basilica a tre navate, sorrette da colonne di granito con capitelli corinzi. I mosaici sono stati eseguiti in due momenti successivi: i più antichi intorno al 1240, quelli della navata centrale 12601270. Nella navata centrale i mosaici presentano scene dell’Antico Testamento, nel presbiterio alcuni episodi della vita di Cristo, nelle navate laterali alcuni episodi della vita dei Santi Pietro e Paolo, mentre nella Cupola del Coro sono raffigurati Cristo Pantocratore, angeli e arcangeli, e i quattro Evangelisti. Il soffitto possiede una composizione geometrica con una cornice a muqarnas. Molte fonti ci raccontano di una cerimonia inaugurale in occasione della festa dei Santi Pietro e Paolo, alla presenza del sovrano normanno Ruggero II nel 1143, che elogia la bellezza di questo soffitto. Attorno ai muqarnas ci sono delle decorazioni stellari. Il soffitto della Cappella Palatina è considerato da tutti gli studiosi molto importante: è l’unica opera di carattere monumentale di una lunga e ben consolidata tradizione sopravvissuta, inoltre sembra essere in stretto collegamento con la pittura dei soffitti dipinti della Cairo fatimide, accanto alla pittura sulle ceramiche e sui tessuti. Infatti, le scene presentate ricordano molto i soggetti delle ceramiche e nelle loro vesti, ritroviamo gli stessi motivi floreali tipici della produzione ceramica. Essi sono poi sono accompagnati da brocche, calici e strumenti musicali. Sono rappresentate delle scene che descrivono i piaceri della vita di corte e gli svaghi del principe: un tema ben consolidato nel mondo islamico, da almeno Qusayr ‘Amra. Sono ripresi anche molti temi del mondo occidentale romanico. Tutte queste scene però, non sono legate in un’unica sequenza narrativa o in zone specifiche riservate a immagini specifiche, ma sono una sequenza frazionata d’immagini, senza uno specifico punto focale, con molte ripetizioni. Lo stile è grafico, dal tratto netto e nitido: un carattere tipico della pittura parietale dell’Asia Centrale che confluisce poi nella pittura Omayyade. La tecnica nel rappresentare le figure umane invece, non proviene direttamente dai Fatimidi, ma da tradizioni orientali molto più antiche, risalenti addirittura all’epoca di Samarra: enormi pupille, bocca piccola, occhi grandi, attaccatura ondulata dei capelli, riccioli sulle tempie. Ci sono molte ipotesi riguardo alle maestranze: dei pittori provenienti dall’Egitto, i Fatimidi locali, maestranze locali formatesi alla cultura islamica o artisti provenienti dall’Iran o dalla Sicilia: molto importanti le tribù del Khorasan nella conquista del Nord africa e della Sicilia. Una fonte attesterebbe maestranze itineranti provenienti dall’Iran che avevano contribuito alla costruzione di un soffitto ligneo a muqarnas a Bisanzio. Il soffitto non si presenta come un fenomeno isolato, ne esistono altri esempi, come i cofanetti dipinti nei tesori delle cattedrali. I Selgiuchidi (1037-1194) Mentre i Fatimidi avevano già ridotto i loro territori, i Selgiuchidi impongono il loro nuovo potere sultaniale. Essi sono pastori nomadi di origine turca, che decidono di occupare anche una zona sul lago di Aral. A causa di pressioni di altre dinastie cominciano a spostarsi verso ovest. A metà del X secolo decidono di convertirsi all’islam, procedendo nella loro marcia soprattutto nella zona del Khorasan, dove, dopo una sconfitta iniziale, conquistano le grandi capitali nella prima metà del XI secolo: Merw, Herat e Nishapur. I due fratelli che controllavano la dinastia si dividono, Chagar Beg rimane in Afghanistan, Tughril Beg, il vero fondatore, si sposta verso ovest, conquistando tutto il Khorasan. Conquista anche varie regioni del Mar Caspio, si spinge fino a Baghdad, dove il potere era nelle mani dell’esercito turco Buide di religione sciita. Egli vuole riportare l’ortodossia sunnita e riesce ad assumere il potere. Il califfo abbaside è mantenuto, ma è fondato un potente sultanato. La capitale di questo periodo glorioso dal 1051 è Isfahan. Dopo l’assassinio di Alp-Arslan, il potere passa nelle mani di Malik Shah, dopo il quale il territorio comincia a sfaldarsi, mentre nella zona anatolica, il potere permane fino al XIII secolo. La Grande Moschea di Isfahan si è sviluppata nel corso del tempo. La moschea, probabilmente fondata nel IX secolo, ha a corte centrale con quattro iwan. Il suo sviluppo è molto importante, perché sarà adottato in Egitto, nella madrasa e nei caravanserragli. È possibile individuare varie fasi: Periodo Abbaside - un’equipe italiana, guidata da Scerrato e Dalvieri, ha il permesso di scavare nella moschea. È una moschea semplice, con corte centrale, sala di preghiera con varie navate e portici tutto intorno. Periodo Buide - si ruota la moschea e si aggiunge un’arcata attorno a tutta la corte: questa arcata si distingue per l’utilizzo del mattone laterizio a scopo decorativo (Moschea di Nayin). Periodo selgiuchide - apportano una serie di cambiamenti che porteranno alla moschea attuale. Procedono per tappe, dalla seconda metà XI secolo alla prima metà XII secolo: - 1086-1087 (Nizam al-Mulk) Nella sala di preghiera, durante il regno di Malik Shah, abbattono una serie di pilastri della zona centrale che dava sul mihrab e sono creati due elementi: un iwan monumentale, che affaccia sulla corte, dietro al quale sta un padiglione cupolato, una specie di maqsura, uno spazio speciale per il califfo che si ricava di fronte al mihrab. Il padiglione cupolato poggia su una serie di pilastri quadrangolari realizzati in laterizio. Nella zona di transizione è sviluppata una tromba, che è scomposta in una serie di unghie. Notiamo l’uso del mattone a scopo decorativo in tutta la cupola: tutte le nervature strutturali, fungono anche a scopo decorativo (=Moschea di Cordoba). - 1088-1089 (Taj al-Mulk) È fatto costruire un nuovo padiglione cupolato, che non fa parte della moschea, e presenta le stesse caratteristiche del padiglione precedente: pianta quadrata, basamento della cupola esadecagonale e cupola a sezione emisferica. Solo in seguito questo è collegato con il resto della moschea. Ci sono costolature a vista ed è molto più evidente l’uso del mattone a scopo decorativo. Gli interni hanno un sistema di nicchie riccamente decorate, finte colonne e iscrizioni coraniche. La zona di transizione è simile alla precedente: trombe scomposte in una serie di unghie, che richiamano il muqarnas (=Cappella Palatina). Le costolature sono lasciate a vista (=Moschea di Cordoba). Non sappiamo quale fosse la funzione del padiglione, secondo Galdieri probabilmente era situato al di fuori della moschea. C’è un grande incendio nel 1121-1122, in seguito al quale, s’interviene nuovamente nella moschea: - 1121-1122 nell’area sud è inserito un iwan, e altri tre sui rimanenti lati, ed è anche realizzata una connessione tra iwan di fronte al mihrab e il secondo padiglione. Questa moschea funge da modello per tutta una serie di altre tipologie. Gli studiosi, per identificarne l’origine, hanno guardato a: Architettura sassanide (=Palazzo di Ibn Shappur III secolo) dove c’è uno spazio centrale aperto con quattro iwan molto piccoli che lo attorniano. Architettura palatina (=Lashkari Bazar 999-1030), dove la zona monumentale prevede una corte con iwan di dimensioni diverse. Ambito residenziale dell’area del Khorasan, dove hanno adottato questa tipologia, trasmettendola poi alla madrasa, in tutto il territorio, uscendo dall’ambito privato. Per questa teoria non c’è alcuna fonte materiale attendibile, ma è la tesi accettata dalla maggior parte degli studiosi. La madrasa è la scuola teologica per i giovani che ricevevano una formazione superiore, non solo religiosa, ma dove erano formati anche i futuri elementi del governo. Quest’istituzione si sviluppa in un’epoca di rivolta alle teorie sciite ed è voluta dal visir selgiuchide Nizam al-Mulk. Egli compone un trattato politico, dove teorizza e istituisce la madrasa come strumento della politica sultanale statale per ricondurre la comunità in seno all’ortodossia sunnita. Egli vuole fondare una religione unica e controllabile dal centro, come base di legittimazione del potere selgiuchide. Fa costruire una rete di madrasa molto ricca, alla quale si affiancano altre istituzioni formative religiose. Le fonti scritte ci riportano la larga diffusione di queste scuole. Le madrasa erano dedicate a una o due scuole musulmane, raramente per tre o quattro. Madrasa/Moschea di Khargirid nel Khorasan, dove è stata ritrovata un’iscrizione che l’attribuiva a Nizam al-Mulk, anche se non si sa se questa destinazione e datazione sia affidabile. Il materiale è il mattone crudo. Isfahan costruita in cinquant’anni e diventa un modello per le fasi di ristrutturazione per le moschee successive. Moschea di Ardestan di Isfahan è il risultato di varie fasi costruttive: il periodo preselgiuchide propone un modello a corte centrale, con porticati e sala di preghiera. Dopo è inserita una cupola (1159) e un iwan (1160). Le arcate non sono del periodo selgiuchide, ma più tarde. Gli altri iwan non sappiamo se sono stati introdotti in questo periodo, si crede siano elaborazioni del periodo safavide: un’iscrizione nell’iwan nord menziona un restauro del 1539. È una moschea la cui pianta è rielaborata col passare del tempo per adattarsi al modello a corte e quattro iwan. Moschea di Zavareh a Isfahan, non ha una fase Abbaside, nasce ex novo nel 1135-1136, pochi anni dopo il completamento dei quattro iwan a Isfahan. Ha quattro iwan, uno più grande cupolato e affacciato sulla sala di preghiera, gli altri più piccoli. Il mausoleo a pianta quadrata è largamente diffuso e il modello cui risalirebbe è il chahar-taq (4 archi, struttura aperta). Il mausoleo del Sultano Sanjar a Merv (forse una sala del trono) del 1152 ha un aspetto massiccio: una struttura di 27 metri per lato, con muri spessi 5 metri e alti 14 metri, a pianta quadrata coperta da una cupola. In pianta è molto più grande del mausoleo di Bukhàra, la cupola è molto più alta e la galleria ad arcate è percorribile, a differenza di quella di Bukhàra che aveva funzione decorativa. Ci sono due ingressi (est-ovest), uno di fronte all’altro. Il materiale è il mattone cotto e la decorazione è a stucco scolpito. La cupola è doppia: una cupola interna più bassa ad arco tutto sesto, e una esterna che si chiude a arco acuto. L’ossatura della cupola inoltre è ricoperta da costoloni a vista, realizzati in mattone. Novità: i pennacchi presentano il motivo a muqarnas a scopo decorativo. NB: Su tutte le pareti sono state individuate tracce di edifici che si addossavano: forse si trattava di un edificio molto più ampio, una specie di parte centrale del sistema palatino di Merv, una sala del trono: infatti, non sono state rinvenute sepolture al suo interno. I mausolei a torre sono presenti in tutta l’area iranica, hanno un forte significato simbolico e forte variabilità nella composizione. Oltre alla pianta circolare furono introdotte anche la pianta ottagonale e quella stellare. A differenza dei mausolei a pianta quadrata, in generale, le torri sono utilizzate come sepolcri d’alto rango. La copertura è solitamente doppia: una cupola emisferica all’interno coperta da un tetto conico o piramidale all’esterno. Il mausoleo Burj-e Tughril del 1140 a Rey (Tehran, Iran) ha pianta circolare con speroni triangolari e due entrate (nord-sud), una scala interna spiraliforme che conduce al livello del tetto, accessibile da nord. Il tetto oggi è andato perduto, ma per analogia con altri esempi era probabilmente conico. C’è un fregio costituito da elementi a muqarnas. Il mausoleo Gonbad-e Chehel Dokhtaran del 1054-5 a Damghan (Iran) ha pianta cilindrica, coperta da una cupola oblunga con un ingresso unico da nord. La decorazione si concentra nella parte sommitale e sul portale. Nell’iscrizione compare il nome del committente, Amir Abu Shuja. Il mausoleo Gonbad-i Surkh del 1147/8 a Maragha (Azerbaijan, Iran) ha la pianta quadrata con elementi in aggetto in mattone e un alto zoccolo e i capitelli d’angolo costruiti in pietra. È diffuso l’uso di mattone ricoperto da vetrina. L’interno è decorato da trombe. Il mausoleo di Kharraqan 1093 costituisce una combinazione di vari elementi: ha pianta circolare ma privo di speroni. La particolarità è la doppia cupola, con due calotte: una esterna e una più interna. Il caravanserraglio era un luogo, situato presso importanti vie commerciali, dove erano ospitate le carovane con il personale, le merci e il bestiame. Sono state condotte molte ricerche sull’origine di questi edifici: è certo che esistessero strutture simili prima del periodo islamico, che dunque non ne è stato l’inventore. Ci sono due aree in cui si sono conservati la maggior parte dei caravanserragli: in Anatolia prevale la pietra, nell’Altopiano iranico prevale il mattone. Sono comuni ad entrambe le aree una zona centrale con quattro iwan e un portale monumentale: queste strutture vogliono trasmettere importanza, ricchezza e potenza. Caravanserraglio fra Merv e Nishapur - la funzione non era solo commerciale, ma anche palatina, con annessa la zona di rappresentanza (=qusur). Fu costruito nella metà del XII secolo da Sharaf ad-din Ibn Taher, governatore del Khorasan. Le mura perimetrali hanno sei contrafforti con piante diverse (pentagonale, semicircolare con annessa struttura triangolare aggettante, a trifoglio). La pianta è suddivisa in due parti: una dedicata ai servizi, uffici, cucine, e una parte più residenziale e di rappresentanza. Ci sono due corti, entrambe dotate di quattro iwan. La prima parte ha carattere pubblico, serviva a ospitare i commercianti e le loro merci, mentre la seconda parte era privata, molto spesso di rappresentanza: infatti, questa zona è separata da un grande portale con un elemento decorativo a pishtaq polilobato. C’è un’iscrizione tutto intorno che cita la datazione. LA decorazione architettonica era di mattoni intagliati e stucco. Rabat-i Malik o "fortezza regale", si trova ai margini occidentali dell'oasi di Bukhara, sulla strada per Samarcanda. Non era un caravanserraglio classico, ma un vero e proprio complesso palatino, la cui funzione è stata poi trasformata in quella di un caravanserraglio. Della parte monumentale ci rimane poco: solo l’entrata monumentale con pishtaq. L’iscrizione persiana in cufico fiorito nel portale d'ingresso attribuisce la costruzione al "Sultano del mondo", presumibilmente Shams al-Mulk. L’unica pianta che abbiamo ci riporta elementi già trasformati, ma ne riconosciamo gli elementi identificativi: impianto quadrato con portale aggettante molto importante, che immetteva in una corte circondata da iwan. Nell’XI secolo la corte è coperta da una cupola: dopo questa trasformazione –e l’invasione mongola - l’edificio è usato come caravanserraglio nel XIII secolo. Un corridoio, sull'asse centrale dell'edificio, collegava l'ingresso con il settore settentrionale. Ai lati erano vaste corti di servizio, con stalle. Nel XII secolo nella corte occidentale fu costruito un ḥammām comprendente sette ambienti, sia freddi sia riscaldati (con pavimenti a ipocausto). Al centro della corte orientale si suppone si trovasse un serbatoio idrico. A ovest del corridoio centrale era una piccola moschea. Nel XII secolo la corte colonnata fu sostituita da una galleria coperta con struttura centrale ottagonale cupolata, sostenuta da coppie di colonne agli angoli dell'ottagono; al centro della rotonda un podio ottagonale. I Zengidi (1127-1250) e gli Ayyubidi (1174-1334) Nei territori della Siria prendono il controllo la dinastia Zengide e quella Selgiuchide, che non interferisce con l’organizzazione esistente: essi, infatti, lasciano il controllo del potere alle vecchie famiglie locali. Nell’XI secolo avanzano i crociati, che conquistano Gerusalemme nel 1099. Essi creano quattro Regni Latini di Terra Santa. Nur al-Din comincia ad organizzare una contro offensiva: riconquista Edessa e stabilisce il suo centro di potere ad Aleppo. Dopo la sua morte, prende il potere uno dei suoi generali: Salah al-Din, fondatore della dinastia degli Ayyubidi, unifica l’Egitto, Siria e Gazīra, organizza molte campagne contro i Crociati e nel 1187 riconquista Gerusalemme. Egli, essendo sunnita, s’impegna a diffondere l’ortodossia tramite la costruzione di numerose madrase. La fondazione di queste istituzioni è molto diffusa in Siria: 47 ad Aleppo e 82 a Damasco. Le madrase siriane sono diverse rispetto ai modelli già affrontati. La madrasa non era commissionata solo dalle autorità, ma anche da membri importanti della corte, tramite i waqf. Le madrase propongono un modello a corte centrale a quattro iwan, primo esempio in quest’area dal XII secolo. Sono strutture di piccole dimensioni, molto spesso accompagnate dalla tomba del fondatore, soprattutto in Siria e in Egitto. La sala di preghiera è spesso collocata lateralmente rispetto all’ingresso ed è coperta da cupole e introdotta da una sorta di nartece con archi. L’elemento decorativo si limitava alla porta d’ingresso. Madrasa Ǧumushtakîn a Bosra 1135-1136 costruita dal governatore selgiuchide di Damasco. La pianta è quadrata, si distingue una parte centrale con due iwan e una sala di preghiera a s, affiancata da stanze per gli studenti, alla quale si accede attraverso una parete diaframma in cui si aprono tre porte, una principale e due laterali. All’esterno c’è un’iscrizione in pietra calcarea bianca che cita il committente della struttura, Abū Mansūr Gumushtakīn, e identifica la struttura come una madrasa. Solo attraverso un’importazione di questo modello da Occidente si è giunti ad una costruzione come questa. Bimaristan Nur al-Din è un ospedale fatto costruire da Nur al-Din nel 1154 a Damasco. L’impianto (=Samarra) è quadrato con corte centrale con quattro iwan di forme diverse, il più grande dei quali è quello dedicato alla sala di preghiera. Ci sono anche altri ambienti dedicate ai malati. C’è una grande attenzione per il portale d’ingresso, che è decorato con una cupola a muqarnas in stucco, prettamente a scopo decorativo. Questi portali a muqarnas saranno poi realizzati in pietra. Per l’architrave è stato usato il materiale di un edificio di epoca classica. Dall’ingresso si entra in un vestibolo a pianta quadrata con una cupola altissima, che sfrutta l’elemento muqarnas a scopo decorativo (tradizione mesopotamica introdotta in Siria dai Selgiuchidi). In questi edifici ritroviamo una grande fontana centrale e i vari iwan. La sala di preghiera è meno in evidenza rispetto agli altri edifici. Madrasa Nur al-Din 1167/8-1172 ha pianta centrale con tre iwan, una fontana al centro della corte, una sala di preghiera laterale rispetto all’ingresso e una parete con tre archi, che mette in comunicazione questo ambiente con la corte. L’unico elemento innovativo è il mausoleo dove è sepolto l’emiro. Il mausoleo ha pianta quadrata con cupola a muqarnas. Questo impianto è sfruttato per varie tipologie di edifici. Archittetura militare: le cittadelle di Aleppo e Damasco nel periodo Ayyubide In questo periodo, l’esigenza di creare strutture difensive è impellente. Infatti, molti degli edifici che troviamo in Anatolia, Libano e Giordania sono fortificati. Alla morte di Salah al-Din nel 1193, ci sono problemi per la successione: il potere va al fratello al-‘Adīl e poi al figlio Al-Zahīr Ghazi. La cittadella di Aleppo è il miglior esempio dell’architettura militare del periodo Ayyubide. Le altre fortificazioni sono a Damasco e al Cairo. La cittadella sorge su un rilievo naturale. Al-Zahīr Ghazi, per intensificare le proprietà difensive di questa zona, rafforza le cinta murarie, rende più profondo il fossato, crea un rivestimento in lastre di pietra, fa costruire una torre baluardo, un ponte e un complesso d’entrata che costituisce l’esempio più compiuto e articolato di una tipologia di difesa degli ingresso, conosciuto come ingresso a baionetta. I lavori cominciano nel 1182-1183 e durano 30 anni. Il complesso di accesso alla cittadella è costituito da: 1. Torre di accesso al ponte è alta circa 20 metri, costruita nel 1121 e restaurata nel XVI secolo. 2. Ponte è supportato da archi a sesto acuto, che attraversano tutto il fossato sino ad arrivare al rivestimento in pietra. Sotto la rampa è stato posto un sistema di scolo delle acque per evitare l’inquinamento dell’acqua del fossato. Inoltre il ponte permette di fornire acqua alla cittadella, attraverso l’uso di un sistema di tubature. 3. Complesso d’entrata oggi offre solo la visione delle due grandi torri rettangolari di periodo Ayyubide, mentre la sezione superiore, denominata sala del trono, è stata aggiunta in epoca mamelucca per accogliere ospiti importanti. L’ingresso ricorda il portale di Qasr al-Hayr alSharqi: aveva un ingresso classico con due torrioni laterali che difendono un ingresso assiale. Il modello a baionetta invece prevede l’entrata difesa da torrioni, ma un ingresso inclinato, e non più assiale. Inoltre esso prevede tre porte prima di entrare, cosa che permette un sistema di difesa molto efficace. L’entrata effettiva nella città prevede un percorso articolato: cinque svolte protette da inferriate e caditoie, tre porte protette da guardie e con decorazioni simboliche, alcuni spazi per le sentinelle e molti passaggi segreti. NB: questo tipo d’ingresso, lo ritroveremo in tutte le costruzioni difensive dal periodo Ayyubide in poi, sia in Oriente sia in Occidente. Anatolia selgiuchide Conosciamo circa 200 caravanserragli, la metà dei quali è attestata con materiale archeologico, mentre la restante solo da testi scritti. Il più antico è del 1206, mentre il più tardo è del 1788-9. La maggior parte fu costruita 1220-1250. Sultan Khan 1229 si trova sulla strada fra Konya e Aksaray. È il più grande e celebre e ha subito numerose opere di restauro. Çifte Minareli Madrasa a Erzurum Konya diventa la capitale dal 1181. La città era cinta da due cerchia di mura, perduti. Possiede una rocca con una moschea, un palazzo e due madrase.