Verbigrazia... pensieri in libertà, con licenza de’ Superiori e privilegio
TROPPI PADRI
di Enrico Cernuschi
Socio del Gruppo di Savona
n vecchio proverbio spiega con tono rassegnato che la
vittoria ha cento padri mentre la sconfitta, poveretta, è
sempre un’orfanella. Il divertente articolo straniero riprodotto qui a fianco è una conferma di questo stato di cose.
Riprendendo il titolo un vecchio film italiano di una trentina di
anni fa si potrebbe anzi parlare, a questo proposito, di “Caruso Enigmowsky, di padre polacco”.
Ricapitoliamo i fatti. I tedeschi, scottati per essersi fatti leggere inconsapevolmente i propri cifrari, in primo luogo navali, dagli avversari durante la Grande Guerra, si affrettarono (dopo
U
La macchina Enigma
e due operatori tedeschi
(Courtesy U.S. National Cryptologic Museum)
Il Generale Heinz Guderian
durante la campagna
in Polonia nel 1939
(Courtesy U.S. National
Cryptologic Museum)
Un recente articolo su Enigma comparso su Polska ZbroJna
che i britannici pubblicarono, nel 1926, un vanitoso libro di memorie collettive nel quale i decrittatori inglesi si attribuivano
anche i meriti, non piccoli, dei propri alleati) a voltare pagina.
Adottarono, come è noto, una macchina cifrante proposta loro sin dal 1918 e battezzata Enigma. Distribuita massicciamente a tutti i livelli la macchina in questione divenne ben presto il
principale (non l’unico) sistema cifrante del Terzo Reich. Per la
verità questo sistema meccanico, più propriamente denominato cifratura polialfabetica, era già stato inventato nel 1466, rotori inclusi, dall’architetto rinascimentale Leon Battista Alberti, un genio delle arti appena una spanna sotto Leonardo, ma
come si sa non esiste mai nulla di nuovo sotto il sole e la nuova macchina germanica (inventato pressoché contemporaneamente, con poche varianti, anche in Svezia, negli Stati Uniti e in Giappone all’inizio degli anni Venti, come sempre succede nella storia della tecnologia) era, effettivamente, un bel
pezzo di meccanica.
Dato il proprio tradizionale ruolo di campo da tennis fuori casa
favorito dai tedeschi e dai russi in occasione dei loro periodici
e sanguinosi scontri nei secoli, il governo di Varsavia pensò
bene di tutelare, in quello stesso periodo, le proprie piatte
pianure sviluppando, tra l’altro, con relativa parsimonia, un valido nucleo di crittografi.
Fino a qui l’articolo all’origine di queste righe non racconta
nulla di nuovo rispetto a quello che si sa ormai da due generazioni. La scarsa dimestichezza dell’autore con la crittografia è
però tradita dalla frase “Il passaggio dall’approccio filologico
a quello matematico”. Anche se la comunità dei decrittatori si
divide nei due eterni gruppi, l’un contro l’altro armati, dei matematici e dei solutori di rebus, l’attacco alle cifrature, meccaniche o no, può essere soltanto matematico, come hanno insegnato il genio pavese Gerolamo Cardano nel Cinquecento e il
francese Antoine Rossignol cent’anni dopo e nel Settecento il
britannico Edward Willes. Da questo primo errore discende
tutto il resto. Nel dicembre 1938, infatti, i tedeschi non introdussero, come è affermato nell’articolo in parola, “ulteriori rotori”, ma fecero ben di peggio passando alle nuove macchine
Enigma elettromeccaniche. L’ordine di grandezza delle combinazioni, esaltato dai 26 spinotti del quadro elettrico posto dietro le macchine, passò infatti a una potenza incomparabilmente maggiore. Volendo fare un paragone matematico immediato diciamo che si trattò del medesimo rapporto numerico che
esiste tra il dislocamento dell’attuale portaerei Cavour e quello di un motoscafo da diporto tipo Chris craft lungo, al massimo, otto metri fuori tutto.
A questo punto il problema era fuori dalla portata pratica dei decrittatori polacchi, ridottisi a leggere saltuariamente, con l’aiuto
di calcolatori elettromeccanici a schede perforate (un’invenzione statunitense e tedesca in commercio, ormai, da più di dieci
anni e d’origine anch’essa seicentesca), le sole cifrature meccaniche della vecchia Enigma, ormai limitata alla custodia dei
segreti delle Ferrovie e alle Poste del Reich. Naturalmente si
trattava, come l’eterna rassegna stampa, di fonti utili anch’esse
nel contesto generale, ma non certo relative (come invece si sostiene l’articolo in questione) all’imminenza dell’attacco tedesco alla Polonia nel 1939, posto che per quella notizia sarebbe
bastato leggere il Corriere della Sera o, ancor più banalmente,
sintonizzare la radio di casa sull’ultimo discorso di Hitler, come
al solito di una chiarezza assoluta e brutale. Non si può inoltre
neppure parlare, onestamente, in questo contesto, di avvenuta “localizzazione dell’esercito tedesco”. Tutto ciò premesso i
polacchi pensarono bene di spartire, nel luglio 1939, le loro ormai superate conoscenze con gli anglo-francesi, non fosse altro che per ringraziarli delle generose forniture gratuite appena deliberate di carri armati, aerei, navi da guerra e altri analoghi materiali.
Cosa possano aver appreso i nostri cugini transalpini, visto
che gli autori affermano di aver collaborato con loro sin dal
1931 in merito alll’Enigma tedesca, non è dato sapere. Forse la
tecnologia o, meglio, l’applicazione al problema delle c.d.
“bombe” a schede perforate di cui sopra, destinate a loro volta a ridurre il numero delle prove necessarie per ricostruire le
chiavi quotidiane tedesche utilizzate dalle macchine in questione. I britannici, viceversa, erano arrivati al medesimo risultato sin dal 1937 attraverso sistemi puramente matematici (il
cosiddetto “Bamburismo”), utilizzando per l’occasione dei
cartoncini tipo Bristol prodotti a Bambury, celebre sede di cartiere del Regno Unito sul genere della nostra Fabriano. Le prove, inoppugnabili, di diversi messaggi Enigma cifrati e trasmessi via radio dalla Spagna tra il 1937 e il 1939 a opera dei
tedeschi, degli italiani (cui i germanici avevano passato nove
Enigma nel Museo
dell’Esercito polacco
(Jerozolimskje 3,
00495 Warsawa te)
Marinai d’Italia
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Criptoanalisti
a Bletchley Park
Soldati SS o SD
ma non della Wehrmacht
(Courtesy Synder’s Treasures, Bowie, Maryland)
macchine di quel tipo) e egli spagnoli (i quali si fecero perfino
soffiare sotto il naso una delle macchine cifranti, mai più ritrovata, nel dicembre 1937), sono disponibili da anni presso The
National Archives (già Public Record Office) inglesi di Kew
Gardens, nel Surrey e sono state oggetto di diversi articoli, alcuni dei quali di taglio addirittura scandalistico, tipico peraltro
di una certa letteratura a sensazione.
Il seguito della storia narrata dagli autori polacchi è, infine, parimenti noto anch’esso, fino all’epilogo finale.
A questo punto, posto che “non esiste nulla di più inedito di
quanto è già stato stampato”, come ricordava divertito Franco
Bandini ancora tanti anni fa sfogliando una perfida raccolta
formata da un centinaio di ritagli che aveva messo insieme a
bella posta utilizzandola di tanto in tanto per stupire gli ospiti
della sua fantastica biblioteca, tutto quello che resta da fare, a
questo punto, è, tanto per restare nel campo della matematica,
formulare un corollario seguito da un paio di domande.
Il caratteristico edificio principale di Betchley Park, un miscuglio di elementi
architettonici pittosto brutti: gotico Vittoriano, Tudor e barocco danese
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Marinai d’Italia
Il primo è presto detto: “E’ sempre estremamente pericoloso
–oltre che storicamente inutile - vantare un qualsiasi primato
in sede non tanto di principi scientifici di base, quanto di applicazione pratica dei medesimi. La paternità della radio da parte di Guglielmo Marconi, tanto per fare un esempio, è un fatto,
con buona pace delle patetiche contestazioni dei cultori russi
dello sconosciuto Popoff, ma da qui a sostenere che quello
scienziato bolognese sia responsabile della scadente qualità
degli attuali programmi televisivi il passo è, oggettivamente, un
po’troppo lungo anche se si tratta, in ultima analisi, delle medesime onde herziane. La distanza, mutatis mutandis, tra questo esempio casereccio e le pretese dei presuntii precursori
polacchi (a loro volta non certo gli unici impegnati con successo, come abbiamo visto in precedenza, contro quella macchina cifrante tedesca sin dall’epoca della sua introduzione) è,
più o meno, la stessa.
La coppia di questioni da risolvere, viceversa, è un’altra. Chiamiamole, per comodità, a) e b).
I polacchi rivelarono la storia, autentica e fino a quel momento
pressoché inedita, delle loro decrittazioni ai danni del sistema
tedesco Enigma nel 1967 e nessuno li prese nella benché minima considerazione. I francesi, a firma del generale Gustave
Bertrand, rivendicarono a loro stessi soltanto lo stesso merito
sei anni dopo e, ancora una volta, tutto cadde sotto silenzio, nonostante il fatto che Bertrand non fosse proprio uno sconosciuto avendo ricoperto la carica di responsabile dei Servizi di decrittazione francesi per oltre quindici anni. Nel 1974 un curioso
colonnello dell’Aeronautica britannica, Frederick William Winterbotham, definito dai suoi stessi connazionali “un personaggio comico alla Wodehouse” e noto, fin a quel momento, soltanto per una breve, dilettantesca e disastrosa missione segreta nella Germania nazista conclusasi nel 1937 tra l’ilarità generale col solo risualto di destinarlo, da allora in poi, ai servizi sedentari, pubblicò un libro intitolato “The ULTRA Secret”. Si trattava di un guazzabuglio improbabile e assai impreciso definito
dal Professor Mariano Gabriele, storico che ha collaborato per
anni con l’Ufficio Storico della Marina Militare, “un racconto
degno di Guerrino detto il meschino” soggiungendo che avrebbe bocciato uno studente che avesse osato produrre una tesi
così scombiccherata e priva di basi storiche e critiche. Tutto il
mondo, tuttavia, cantò, da allora in poi, i meriti, inesistenti, di
quel simpatico personaggio assegnando per sempre il primato
della sagacia decrittatoria ai britannici. Fu (ed è) un evidente
caso di provincialismo e di sudditanza psicologica nei confronti di tutto quello che è Made in England? A giudicare da certe
cose lette in Italia e in Germania probabilmente sì.
Il piccolo nucleo di decrittatori della Regia Marina (cinque uomini in tutto prima della guerra) valutò, nel 1935, una macchina
cifrante meccanica prodotta dall’impresa svedese Hagelin analoga, quanto a complessità, all’Enigma tedesca di quegli anni
scartandola, dopo pochi giorni, in quanto “non sicura”.
Con carta e matita due ufficiali della Marina italiana, gli allora
tenenti di vascello Luigi Donini e Giorgio Verità Poeta, avevano
Esemplari esposti al Deutsches Museum
(München)
infatti letto senza troppe difficoltà i messaggi di prova elaborati a titolo di valutazione dal Reparto Telecomunicazioni.
La successiva adozione da parte italiana di nove macchine
Enigma meccaniche in Spagna del tipo commerciale fu imposta dai tedeschi, alla fine del 1936, a titolo di cifrario comune
per le comunicazioni delle rispettive missioni accreditate
presso il governo del generalissimo Franco mentre la Regia
Marina preferì conservare, fino al 1943 e in seguito, le proprie
comunicazioni di massima sicurezza ai classici cifrari a mano
intervertiti, definiti dai britannici “di ottima qualità” e da loro
mai più letti dal luglio 1940 in poi.
La prima e anche abbastanza dettagliata descrizione della
macchina Enigma è inoltre apparsa in letteratura non nel 1967,
ma nel 1954. In quell’anno, infatti, il comandante Mario de
Monte (già capo del servizio decrittazioni della Marina tra il
1940 e il 1943 e dell’analogo reparto della Marina Repubblicana di Salò dall’armistizio alla fine della guerra)
pubblicò un libro intitolato “Uomini ombra, ricordi di
un addetto al Servizio segreto navale”. L’opera ebbe
successo, tanto che ne venne tratto persino un film
con, tra gli altri, Paolo Stoppa e Giorgio Albertazzi.
Eppure la letteratura italiana (all’estero, per fortuna, sono più attenti) preferisce parlare della
“scoperta” inglese di Winterbotham del “più
grande segreto della guerra”, dimenticando i
francesi, i polacchi e, naturalmente, gli italiani.
La discrezione della Marina italiana è una tradizione ben nota al pari del titolo di merito di
“Grande silenziosa”, ma da qui a passare addirittura per fessi, vividdio, ce ne corre.
n
Marinai d’Italia
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