LA CORTE DI FEDERICO II DI PRUSSIA
In pochi anni Berlino diventa la citta’ più invidiata e imitata d’ Europa, nella quale tutti vogliono vivere.
A Potsdam tra il 1747 e il 1763 viene costruito la sontuosa dimora di Sans-Souci, su schizzo originale di
Federico stesso, che volle così un palazzo a sua misura, seguendo anche in questo l’ intramontabile modello
di Versailles. Uno degli ospiti più graditi (nonostante le pur feroci litigate con il Sovrano!) e’ Voltaire. Federico
abolisce la tortura, decreta la tolleranza religiosa, riforma i codici secondo lo spirito di Cesare Beccaria
(Milano, 1738-1794), toglie la pena di morte per numerosi reati, tra i quali quello di omosessualita’ (punita con
una multa).
La sua tolleranza diviene proverbiale. Un giorno, in ispezione tra le sue truppe, vede i preparativi per
torturare con ferri roventi un soldato lì incatenato. "Che cosa ha fatto per meritarsi questo supplizio?", chiede.
"Si e’ accoppiato con una cavalla, Maestà", e’ la risposta. “E’ comunque un bravo soldato?" “Sì, Maestà, si è
distinto per il suo coraggio, ma è anche un depravato!” Chiarissima la risposta di Federico: “Perché volete
privare l’ esercito prussiano di un bravo soldato? Dato che ha problemi con gli animali, toglietelo dalla
cavalleria e mettetelo in fanteria". Questa storiella riferita da Voltaire dipinge meglio di tanti libri l’ essenza del
Dispotismo di Federico: tolleranza, rispetto dei ‘diritti umani’ (come si direbbe oggi), ma anche politica
militaristica e calcolo utilitaristico.
Fra i vari illustri illuministi francesi che ammira, troviamo proprio Voltaire, dal 1735 in contatto
epistolare con lui; e a lui inviò il suo ‘ Antimachiavelli’ manoscritto per farlo correggere. Il filosofo senza
riguardi gli stroncò più di una frase e soprattutto quando parlava di "guerra giusta" e "ingiusta". Ci rimase male.
Quando poi salì sul trono comunque il sodalizio durò quasi trent’ anni, ma spesso con una insofferenza
reciproca; uno per il suo ostentato sapere l’ altro per il suo ostentato potere; entrambi si trovavano sempre in
imbarazzo pur rispettandosi. Tuttavia proprio sotto l’ influenza del grande filosofo - lo volle accanto a sè, e
Voltaire per 3 anni abitò a corte- Federico promosse lo sviluppo intellettuale del paese: primo fra tutti i regnanti
d’ Europa stabilì l’ obbligo legale dell’ istruzione elementare statale e di conseguenza anche la totale
tolleranza religiosa, visto che fino allora le poche e uniche scuole erano monopolizzate da preti e monache.
Assunto il potere nel 1740, Federico iniziò quasi subito con questi nuovi suoi princìpi che diventarono
dopo una ideologia: il nazionalismo (dal militarismo al nazionalismo più estremo il passo è breve), Governò
secondo quelle linee già indicate dal padre, che prima invece criticava, ma che poi abbondantemente superò.
Attraverso una serie di abili, ma anche fortunate e tempestive iniziative militari, conquistò nel periodo 1742-45
la Slesia, un possedimento asburgico in pieno disordine per la nota crisi della contestata successione di Maria
Teresa. Federico approfittò del vuoto di autorità che si era creato per invadere e occupare il ricco territorio
minerario (un contenzioso che durerà quasi due secoli)
Più tardi si difese molto bene contro il convergente attacco austro-russo (1756-62) nella guerra dei
sette anni, ma pur rivelandosi un perfetto uomo di comando, molto abile nella strategia militare, l’ ultimo anno
entrò in crisi, ma terminò il conflitto con un colpo di fortuna. Infatti, i russi della zarina Elisabetta -sua
inflessibile nemica- erano arrivati nel 1762 quasi fino a Berlino, rallegrando l’ alleata della Russia Maria
Teresa desiderosa di riprendersi la Slesia. Sembrava per la Prussia tutto perduto, quando improvvisamente la
zarina morì e salì al trono lo zar Pietro III, ammiratore di Federico. Pietro pose fine alla guerra, offrendo alla
Prussia una pace duratura, anche se pagò caro questo gesto; fu infatti subito dopo pochi mesi deposto da un
colpo di Stato di sua moglie Caterina II, che intendeva riprendere la guerra contro la Prussia. Ma questi pochi
mesi di pausa nel conflitto furono sufficienti a Federico per riprendere in mano l’ intera situazione e a
rovesciare le sorti di quella guerra che stava perdendo.
Nel 1763 la Prussia emerge come modello militare indiscusso, superiore a qualsiasi altro Stato
europeo: un buon risultato per un Re che in privato suona il flauto, scrive poesie in francese, oltre che discrete
composizioni musicali e, anche, si appassiona ai romanzi erotici ed alla letteratura libertina di cui è ricco il
Settecento.
Ritornato a combattere nel 1772 a fianco questa volta di Austria e Russia (ex nemici, ma utili per una
"rapina") partecipò alla prima cinica spartizione della Polonia. Fu una delle operazioni meno nobili della storia
moderna. Ricordiamo che la stessa invasione - molto simile- fu replicata da Hitler, e pur fatta con altri mezzi a
disposizione imitò le tecniche di Federico: i blitz e la guerra di movimento. Infatti le vittorie del re di Prussia,
oltre che al grande spiegamento di mezzi e di uomini, furono dovute ad un uso moderno dell’ esercito,
impiegato in attacchi rapidi e penetranti, quasi una anticipazione della hitleriana Blitzkrieg. Le sue battaglie lo
segnalarono come uno dei "geni" della moderna arte della guerra. Napoleone si dichiarò debitore di Federico,
per l’ esempio di perfetta organizzazione dell’ esercito, per il buon rapporto che aveva con la truppa dei soldati
semplici e per aver trasformato la guerra di posizione in guerra di movimento.
Altra abilità di Federico era quella di far apparire ogni sua mossa un diritto, avvalendosi di cavilli legali
e diplomatici che spesso erano pretestuosi, tenendo fede ad uno dei suoi tanti motti: "Se c’ è qualcosa da
guadagnare ad essere benevoli ed onesti, siamolo; se è necessario essere duri o ingannare per il bene dello
Stato, facciamolo". Il "critico" di Machiavelli, a questo punto aveva superato il maestro, anche perché il "Duca
Valentino” della situazione era lui.
Dopo quarantasei anni di regno, il suo "testamento politico" è infatti una teorizzazione della potenza
statale (militare ed economica) come unico criterio per regolare i rapporti tra le Nazioni. Questa concezione
militare dello Stato (e non di uno Stato con militari) coltivata e applicata per un arco di tempo così lungo,
modificherà profondamente tutto il piccolo Paese. Lo trasformò anche demograficamente (due intere
generazioni con le sue scuole di Stato obbligatorie) creando le premesse della futura Germania nazionalista.
Non è un mistero la grande ammirazione di Adolf Hitler per Federico, ribadita nel Mein Kampf nonché in altre
occasioni. In politica interna Federico, pur non intaccando il predominio della numerosa nobiltà nelle
campagne, attuò di persona - lavorando incessantemente notte e giorno- una serie di riforme che portarono in
breve tempo al consolidamento dello Stato e a riempirne le casse. Mentre nell’ ambito economico con una
strategia altrettanto innovativa ed agguerrita favorì lo sviluppo delle manifatture, dell’ industria, delle miniere,
dell’ agricoltura e del commercio.
Non voleva importazioni; infatti se quel dato prodotto era necessario, studiava il modo di come produrlo
nel proprio Paese, carpendo i segreti della produzione agli altri Paesi, creando le opportune fabbriche. Perfino
per delle banalissime cose. Tutti usavano i piatti, le stoviglie, ma nessuno in Prussia le produceva. "Ma cosa ci
vuole per fabbricare dei piatti? Dell’ argilla e dell’ acqua, che si trovano ovunque. Eppure importiamo piatti in
quantità, arricchendo altri paesi". E così per altre cose. "Facciamo nuove fabbriche. Non ci sono tecnici,
maestranze, bravi artigiani? In Austria cacciano via dei bravi artigiani protestanti, aprite a loro le porte della
Prussia, dite loro di venire qui". Tale politica rinnovava alcuni aspetti del mercantilismo olandese
(autosufficienza più tolleranza religiosa), ma senza disporre delle ricche colonie degli olandesi. In pochissimi
anni Federico si impose all’ opinione pubblica del tempo come il principale esponente dell’ assolutismo
illuminato. I regnanti d’ Europa rivolgevano costantemente lo sguardo alla Prussia ma soprattutto a Federico.
Il piccolo Paese ereditato dal ribelle principe ventottenne in pochi anni era diventato una grande
potenza, verso cui gradualmente si orientavano gli staterelli tedeschi luterani; anche nella Germania cattolica
la Prussia indeboliva costantemente i cattolicissimi Asburgo. Durante il suo regno, la popolazione prussiana
raddoppiò, passando da circa due milioni e mezzo a cinque milioni; in seguito agli acquisti territoriali decisi a
Vienna nel 1814, la Prussia addirittura passerà quasi 25 milioni. Anche perché - lo abbiamo già accennato- la
sua tolleranza religiosa attrasse in Prussia masse di coloni protestanti, cacciati dagli Stati filo-asburgici
orientali. Furono proprio queste masse contadine, su indicazione di Federico -a causa delle frequente carestie
di cereali- a dedicarsi alla coltivazione della patata (nota da due secoli ma in Europa alquanto disprezzata),
quella che presto diventerà l' alimento di base dei popoli germanici. Dal 1756 per decreto regio ogni nucleo
familiare doveva consumare almeno 2kg di patate alla settimana, senza distinzioni tra popolo e nobili. I
prussiani all’ inizio mugugnarono, ma poi finirono con l’ affezionarsi a quel tubero brutto ma gustoso.
Coerentemente, lo stesso Federico ne consumava gran quantità e le proponeva in tutte le occasioni ufficiali
(dalle colazioni di lavoro alle cene di gala). Così anche ambasciatori ed ospiti stranieri (tra cui il solito Voltaire)
conobbero le virtù della patata e, cosa più importante, più nessuno in Prussia morì di fame. Ci pensava
Federico a risolvere questi problemi, non i saccenti funzionari! Quale miglior esempio di un Re sollecito verso
la ‘felicità pubblica’ del suo popolo?
Proprio per questo ultimo motivo, pur non intaccando le proprietà nobiliari, oltre che le sue indicazioni
agronomiche impose ai Principi anche la sua filosofia nei rapporti con i contadini suggerendo "dovete essere i
padri non i carnefici dei vostri contadini". Federico rispettò la nobiltà, ma nell’ erigersi a difensore dei deboli
lentamente attenuò la grande differenza sociale, quando dando l’ esempio abolì ostentazione di ricchezze e
agi pacchiani; in modo che i suoi nobili furono costretti anche loro a scendere dai piedistalli che si erano
creati anche tramite maltrattamenti gratuiti ed angherie. Questo atteggiamento di Federico era anche una
strategia di tipo assolutistico. Livellando la società dall’ alto verso il basso, non permettendo la nascita di poteri
forti, Federico eliminava il pericolo di una potenziale opposizione alla corona.
Questo profondo mutamento avvenuto in pochi anni, nel nuovo panorama politico europeo, gettò le
basi della futura potenza tedesca, quella che avrebbe di lì a un secolo scalzato dal suo territorio la presenza
austriaca, raccogliendo in un unico grande Stato tutti i piccoli stati tedeschi.
La personalità di Federico II fu complessa e contraddittoria. Rintraccia ed esponi gli aspetti seguenti:
1. Politica di laicizzazione e modernizzazione culturale della Prussia;
2. aspetti di cinismo e ‘ machiavellismo’ in politica estera;
3. aspetti mercantilistici e proto-industriali
4. concezione della cultura e rapporti con l’ Illuminismo;
5. suoi aspetti militaristici e tipicamente ‘ prussiani’ ;
6. suoi aspetti di tolleranza e liberalità nel campo dei costumi e della morale privata
7. Federico e le patate;
8. sua concezione: 8.1. del Re e delle sue prerogative; 8.2. della nobiltà e dei suoi privilegi; 8.3. della massa contadina, su cui
vedi anche LDT p.
9. Sua concezione dello Stato e del diritto, su cui vedi anche LDT pp. 250/53)
10. Aspetti esplicitamente assolutistici della sua politica estera/interna
11. Risultati duraturi (positivi/negativi) dell’ opera di Federico II