Le stagioni di Selinunte Vita e storia di una città antica di Sicilia Convegno C Caasstteellvveettrraannoo – Selinunte Liceo Classico 10 giugno 20 Programma Mattina - Ore 10,00 Saluti Prof. Francesco Fiordaliso Preside dell’ISIS di Castelvetrano Dr. Giovanni Pompeo Sindaco di Castelvetrano On. Prof. Alessandro Pagano Assessore Regionale ai Beni Culturali, Ambientali e alla Pubblica Istruzione Dr. Antonino Lumia Dirigente Generale del Dipartimento dei Beni Culturali, Ambientali ed Educazione Permanente Roberto Bertini Presidente Consorzio Universitario UNISOM Dott.ssa Martine Fourmont Centre National de la Recherche Scientifique Introduzione Caterina Greco (Trapani) Quadro della ricerca Vincenzo Tusa (Palermo) Selinunte: origini e storia della ricerca Pomeriggio - Ore 15,30 Lo spazio cultuale Carlo Zoppi (Torino) 2 Il cantiere reale e il cantiere in immagine: le bugne per il sollevamento dei blocchi nella Selinunte di età classica Maria Clara Conti (Torino) Le terrecotte archittoniche di Selinunte: nuovi dati Lo spazio civico Dieter Mertens (Roma) Selinunte: l’agorà, stato della ricerca Lo spazio cultuale Sebastiano Tusa (Palermo), Claudio Parisi Presicce (Roma) Il santuario sub-urbano della Malophoros, stato della ricerca Lo spazio domestico Martine Fourmont (Paris) Selinunte: l’isolato FF1 Nord, stato della ricerca Lo spazio funerario Antonia Rallo (Roma) Selinunte: la necropoli ellenistico-punica di Manuzza Nord, stato della ricerca Lo spazio economico Aldina Cutroni Tusa (Palermo) Selinunte: Le monete, stato della ricerca Sebastiano Tusa (Palermo), Ferdinando Lentini (Castelvetrano) Selinunte: lo scavo alla foce del Modione Dibattito e conclusioni Arch. Giuseppe Gini Soprindente Beni Culturali e Ambientali, Trapani On. Prof. Alessandro Pagano 3 Assessore Regionale ai Beni Culturali, Ambientali e alla Pubblica Istruzione 4 R asssuunnttii Riias 5 1 – Caterina Greco SSeelliinnuunnttee:: Q Quuaaddrroo ddeellllaa rriicceerrccaa 6 2 - Vincenzo Tusa SSeelliinnuunnttee:: O Orriiggiinnii ee ssttoorriiaa ddeellllaa rriicceerrccaa Rispetto alle altre colonie greche occidentali le origini di Selinunte presentano degli aspetti particolari: vedi Naxos, Siracusa, Agrigento ed altre ancora. Per la fondazione ad opera dei Megaresi Iblei abbiamo due date fondamentali: quella di Tucidide (628 a.C.) e quella di Diodoro (650 a.C.). Sugli inizi dei suoi primi anni di vita hanno influito anche le popolazioni non greche che abitavano nella Sicilia sia orientale che occidentale. Per prima cosa ci si chiede: perchè essa è stata fondata nella parte sud-occidentale dell’isola quando invece i Megaresi, venuti dalla Grecia, fondarono la loro colonia nella parte orientale? Cercherò di dare una spiegazione nel corso del mio intervento. Ritengo infatti che un accenno agli inizi della vita della comunità selinuntina sia necessario ed indispensabile per comprendere pienamente l’entità e la qualità della relativa ricerca storico-archeologica, sulla quale cercherò di fornire quelle notizie e quei dati che possano dare un quadro quanto più possibilmente completo di detta ricerca Partirò dai viaggiatori dei secoli scorsi che ci hanno lasciato il ricordo della loro visita, iniziando da Tommaso Fazello, il noto monaco domenicano che alla metà del XVI secolo scoprì Selinunte lasciandoci il ricordo che ha permesso ad un numero sempre crescente di viaggiatori di visitarne le rovine ed agli studiosi di iniziare le loro ricerche. 7 Selinunte ha attirato l’interesse oltre che degli studiosi anche di uomini e donne di cultura specialmente da quando la cultura archeologica ha interressato un numero sempre crescente di persone con il risultato di un miglioramento del loro livello culturale. *** 8 3 - Carlo Zoppi IIll ccaannttiieerree rreeaallee ee iill ccan anttiieerree iinn iim mm maaggiinnee:: llee bbuuggnnee ppeerr iill ssoolllleevvaam meennttoo ddeeii bblloocccchhii nneellllaa SSeelliinnuunnttee ddii eettàà ccllas asssiiccaa Non è inconsueto osservare al centro del paramento esterno e interno di alcuni dei blocchi lapidei, utilizzati nel mondo greco per le costruzioni di maggiore impegno, delle sporgenze di forma per lo più quadrangolare, le cosiddette bozze o bugne. Tali bugne sono state interpretate come funzionali alla presa delle corde utilizzate per il sollevamento dei blocchi. Anche se non tutti gli studiosi sono d’accordo circa questa interpretazione un fatto è certo: le bugne avevano originariamente una funzione esclusivamente tecnica ed erano destinate a essere asportate al termine della costruzione degli edifici. Solo dalla tarda età classica furono talora conservate perché considerate elementi decorativi. E’ questo il motivo per cui fino almeno alla fine del V secolo esse sono visibili solo in strutture non completate (ad esempio il tempio di Segesta) o in parti degli edifici quali le fondazioni, non destinate in antico a essere in vista. Sorprende dunque la loro presenza nel muro che delimita l’angolo nord-ovest del grande santuario dell’acropoli di Selinunte, immediatamente alle spalle del tempio D. L’analisi dei blocchi che compongono tale muro permette infatti di riconoscere una chiara ricerca decorativa nella resa del paramento, ricerca che dal punto di vista della cronologia risulta tra le più antiche dell’architettura greca. Il tratto di muro 9 in questione è infatti databile, grazie alle ricerche dell’équipe francese effettuate tra gli anni settanta e ottanta, ai primi decenni del V secolo, all’inizio cioè dell’età classica. L’osservazione dei singoli blocchi ha inoltre permesso di stabilire che molti di essi sono elementi di reimpiego, appartenenti cioè in origine a una struttura smantellata in antico, successivamente rilavorati al fine di suggerire l’impressione di una struttura non finita. Ciò è particolarmente significativo alla luce del fatto che nulla di simile è riscontrabile nella contemporanea architettura sia selinuntina sia siceliota. *** 10 4 - Maria Clara Conti L Lee tteerrrreeccoottttee aarrcchhiitteettttoonniicchhee ddii SSeelliinnuunnttee:: nnuuoovvii ddaattii Il rivestimento in terracotta del tetto caratterizza, con la sua articolata struttura e la vivacità della decorazione, l’architettura templare della Grecia di Occidente nel corso dell’età arcaica. Tale rivestimento in Sicilia comprende innanzi tutto la cassetta, la lastra destinata a proteggere dall’umidità e dagli agenti atmosferici il geison, ovvero la cornice che alla sommità dell’edificio riceveva l’estremità delle travature del tetto e ne accompagnava lo sporto. Sopra la cassetta era poi collocata la sima, la lastra che costituiva la gronda del tetto e che sui lati lunghi dell’edificio smaltiva all’esterno l’acqua piovana mediante una serie di gocciolatoi. La copertura vera e propria delle falde del tetto era composta da tegole solitamente piane e coppi di forma semicircolare o pentagonale. Alla sommità del tetto coppi di maggiori dimensioni chiudevano la giunzione degli spioventi garantendone l’impermeabilizzazione. La superficie delle lastre di sime e cassette divenne supporto di una vivace decorazione, costituita da motivi geometrici e floreali dipinti in rosso e in nero sul fondo chiaro dell’argilla, che distingueva vistosamente i contorni e le forme del tetto rispetto alle sottostanti strutture dell’edificio. La tecnica di realizzazione degli elementi delle coperture, le forme delle lastre di rivestimento e le decorazioni dipinte evolvono e mutano nel corso del tempo consentendo di proporre per questo tipo di manufatti una cronologia puntuale. 11 A Selinunte sono stati rinvenuti in numero notevole frammenti di terrecotte architettoniche, divenuti oggetto di studio dalla fine dell’Ottocento. La ricerca attualmente in corso e della quale si propongono in questa sede alcuni significativi risultati ha esaminato le terrecotte custodite al Museo di Castelvetrano e i numerosi frammenti, ancora inediti, rinvenuti nel corso degli scavi della Soprintendenza Archeologica, tra gli anni cinquanta e gli anni ottanta, sull’acropoli e sulla collina occidentale nonché i reperti venuti alla luce grazie alle indagini effettuate dall’Università di Torino sulla collina orientale di Selinunte, custoditi nei magazzini del Parco Archeologico. Alcuni tetti appartengono a edifici non più identificabili sul terreno, pochi sono invece riferibili a un particolare edificio templare. I frammenti recentemente identificati hanno consentito sia più complete ricostruzioni per i tetti già noti agli studi sia l’identificazione di nuove coperture. Lo studio dei tetti evidenzia, anche in questo particolare aspetto dell’edilizia templare, l’originalità e la creatività proprie della cultura architettonica selinuntina. *** 12 5 – Dieter Mertens SSeelliinnuunnttee:: L L’’aaggoorràà SSttaattoo ddeellllaa rriicceerrccaa 13 6 - Claudio Parisi Presicce SSeelliinnuunnttee:: IIll ssaannttuuaarriioo ssuubb--uurrbbaannoo ddeellllaa M oros Maalloopphhoros SSttaattoo ddeellllaa rriice cerrccaa Il territorio di Selinunte, a Ovest del fiume Modione (l’antico Selinos), è delimitato da una serie di aree sacre contigue, di cui sono parte il complesso monumentale denominato Santuario della Malophoros, il Tempio M e il Santuario presso la foce del fiume. La frequentazione a scopi cultuali di tali spazi è documentata già all’epoca dello stanziamento della colonia, o al più tardi tra la fine del VII e gli inizi del VI sec. a.C. Dislocazione e orientamento degli edifici sacri sembrano dipendere da un preciso disegno urbanistico: il santuario presso la foce del fiume e il Tempio M risultano allineati sul prolungamento di due assi viari dei due sistemi della c.d. acropoli e di Manuzza; l’orientamento dell’edificio sacro della Malophoros potrebbe essere ricondotto alla presenza nelle mura arcaiche di una porta sul medesimo asse del sacello. Il santuario alla foce del Selinos Nel primo venticinquennio del VI secolo a.C., al centro di una vasta area sacra recinta da un muro, fu edificato un sacello senza peristasi con profondo vestibolo chiuso (c.d. edificio Triolo Nord) e altare monumentale antistante. In occasione di un intervento di ripristino successivo al 409 a.C, .il vestibolo fu dotato di un portico a quattro pilastri con capitelli ‘a gola egizia’ di tradizione punico-orientale. Tra le offerte votive, le figure di kourophoros e kourotrophos (dea stante che regge un bambino, dea in 14 trono che allatta un infante), rappresentate più che in ogni altro santuario, rimandano ad una funzione divina prevalentemente connessa con il nutrimento e l’educazione e con la riproduzione umana e vegetale. È stata così proposta un’attribuzione del santuario a Hera, divinità il cui ruolo sembra essere peraltro fondamentale nella fase dell’insediamento coloniale in un territorio sconosciuto. L’identificazione trova sostegno in un documento epigrafico frammentario rinvenuto nell'area. Attività cultuali, documentate da focolari, pietre sacrificali, stele anepigrafi e deposizioni, sono attestate ancora fino alla metà del III secolo a.C., ben oltre la distruzione dell’edificio sacro, intervenuta a seguito di un evento sismico nella seconda metà del IV secolo a.C. Il Santuario della Malophoros Nel primo quarto del VI secolo a.C. fu edificato il primo “megaron”, un sacello rettangolare indiviso; la realizzazione di un cortile antistante la fronte orientale determinò la sostituzione degli altari più antichi, presso i quali avevano avuto luogo le cerimonie cultuali fin dalla fine del VII sec. a.C., con tre nuovi altari di pietre più a Est. Alla metà del VI secolo a.C., gli spazi sacri del santuario ricevono compiuta definizione con la costruzione dei muri di peribolo e la separazione del temenos della Malophoros da quelli di Ecate e di Zeus Meilichios. Nella zona alta dell'area sacra viene costruito un nuovo “megaron” a pianta rettangolare tripartita, con altare monumentale antistante. Nella seconda metà del V sec. a.C. l’ingresso al peribolo viene monumentalizzato da un propileo. Il nome Malophoros, «colei che porta i frutti della terra», compare su una base iscritta dal temenos di Ecate, e figura tra le principali divinità della città nella celebre iscrizione del Tempio G. Che si tratti di un’epiclesi della dea Demetra si desume dalla testimonianza di Pausania, che ricorda a Megara Nisaea un santuario di Demetra Malophoros. Al culto demetriaco 15 e a un contesto tesmoforico, rimandano le terrecotte dalla stipe votiva che richiamano riti connessi con la continuità della stirpe umana e la promozione della fertilità agraria, su cui si fondano il benessere e la stabilità della comunità cittadina. Di celebrazioni anche nelle ore notturne è testimonianza l’altissimo numero di lucerne rinvenute nel santuario. L’area occidentale del recinto sacro è consacrata a Zeus Meilichios, divinità menzionata nella lex sacra di Selinunte, e a una divinità paredra. Le strutture monumentali, ossia un tempietto distilo, un portico e l’altare esterno risalgono all’inizio del V sec. a.C. Intorno all’altare sono state rinvenute numerose deposizioni e una serie di stele, in parte aniconiche, in parte antropomorfe, una delle quali reca la dedica al “Meilichios”. I sacrifici, prescritti dalla lex sacra ad espiazione di un delitto di sangue, sono testimonianza di una dimensione privata e gentilizia del culto, oltre che della sua funzione politica. Dal santuario proviene inoltre una serie di defixiones, maledizioni incise su laminette in piombo. Il santuario presso la Fonte della Gaggera La fonte di acqua potabile che riforniva il Santuario della Malophoros e l’area presso la foce del fiume sembra essere inserita all’interno di un temenos, delimitato dal muro a gradoni a Nord dell'area sacra di Zeus Meilichios. A pochi metri dalla fonte è stato messo in luce, tra le altre strutture, un basamento, datato nel corso del VI secolo a.C., forse pertinente a un altare simile a quello della Malophoros. 16 Il Tempio M (di Eracle ?) L’edificio sacro, a pianta rettangolare bipartita, fu edificato nel corso del VI secolo a.C. La trabeazione di ordine dorico possedeva un fregio con metope lisce. Una scalinata metteva in comunicazione il tempio con un piazzale pavimentato a una quota più bassa, dove si conservano le tracce di una struttura rettangolare, probabilmente un altare monumentale. *** 17 7 – Martine Fourmont Selinunte, lo spazio domestico: L’isolato FF1 Nord, stato della ricerca L’isolato FF1 Nord è situato sull’acropoli di Selinunte, a Nord-Ovest della zona dei templi. È in quest’area che ho svolto le mie ricerche il cui scopo era di osservare il modo di sviluppo e l’evoluzione dell’abitato sulla superficie di un isolato, scavato però solo parzialmente. Questa ricerca completava l’altro versante dell’indagine dell’équipe francese, quello dello studio della rete viaria i cui risultati, pubblicati da R. Martin e da J. de La Genière, sono stati ulteriormente ampliati da D. Mertens. Negli ultimi decenni l’indagine sull’abitato della colonia megarese è avanzata in diverse zone della vastissima superficie del Parco archeologico di Selinunte. Lo studio condotto su FF1 Nord intende contribuire alla ricerca sull’urbanistica, sull’evoluzione della pianta urbana, sulla tipologia delle case e sulla loro storia. La prima parte della mia relazione presenterà per grandi linee gli elementi che entrano nella riflessione archeologica, i dati del terreno, la topografia, etc., e ci fa chiedere “cosa abbiamo davanti ai nostri occhi quando, oggi, passeggiamo sull’acropoli selinuntina nella zona dell’isolato FF1 Nord?” 18 Si procederà adoperando un costante confronto tra i ruderi visibili, lo studio architettonico, le fonti scritte, lo scavo stratigrafico e l’analisi dei materiali. Si vedrà che non possiamo ricostruire tutto per tutti i periodi, dalla fondazione della colonia megarese - con un breve accenno ad un periodo anteriore -, all’apice di Selinunte e della civiltà greca nel V secolo, ad un secondo classicismo nel IV secolo e al passaggio al periodo ellenisticopunico tra la fine del IV e la prima metà del III secolo. Si vedrà invece come procede il confronto tra fonti scritte e archeologia. La relazione presenterà le grandi unità abitative che oggi si possono ancora leggere e tenterà di far capire la notevole distanza che esiste tra la “storia assoluta” e la realtà archeologica. Via via che l’argomento sarà sviluppato si potrà seguire l’approccio metodologico e il suo indispensabile e continuo adattamento ai dati incontrati sul terreno. Si vedrà, infine, come si arriva ad una visione molto articolata - e spesso piena di sfumature – delle strutture e dell’abitato a noi pervenuti. +++ 19 8 – Antonia Rallo SSeelliinnuunnttee:: L Laa nneeccrrooppoollii eelllleenniissttiiccoo--ppuunniiccaa ddii M Maannuuzzzzaa N Noorrdd 20 9 - Aldina Cutroni Tusa SSeelliinnuunnttee:: L Lee m moonneettee SSttaattoo ddeellllaa rriicceerrccaa La mia relazione sull’economia monetale di Selinunte ha preso l’avvio negli anni cinquanta del secolo scorso. Essa si è sviluppata nel tempo svolgendosi sui materiali portati alla luce dagli scavi della Soprintendenza, sull’approfondimento di alcune problematiche risultanti a seguito del rinvenimento di un ripostiglio nei pressi di Capo Granitola subito immesso nel commercio clandestino, sul rapporto tra moneta emessa dalla polis selinuntina, relativa chora ed aree di influenza. Allo stato attuale ho incentrato la ricerca sulla rilettura più approfondita dei ritrovamenti monetali provenienti dai saggi e dalle ricerche condotti dalla Missione francese, ma sopratutto dall’area compredente il Quartiere FF1 Nord sistematicamente messo in luce dalla dott.ssa Martine Fourmont. 21 Dai risultati di questa ricerca conto di ottenere un’ulteriore ed approfondita conferma dei dati finora ottenuti rielaborandoli globalmente, in una visione la più completa possibile su quella che sono state la politica economica di Selinunte a livello globale e le sue aperture al mondo esterno. *** 22 10 - Ferdinando Lentini SSeelliinnuunnttee:: Le Le iinnddaaggiinnii ar arcchheeoollogi ogicchhee aallllaa ffooccee ddeell M Mooddiioonnee L’area indagata nel corso di tre brevi campagne di scavo (febbraiomarzo 2004, luglio 2005, dicembre 2005-gennaio 2006) si trova lungo il tratto finale della foce del fiume Modione. Qui, in alcune planimetrie redatte tra il 1865 ed il 1872, S. Cavallari rilevava, parzialmente ricoperte da sabbia, la presenza di “Avanzi di edifizii” e un tratto di “Prima cinta di mura nel sobborgo occidentale” Con maggiore dettaglio J. Hulot tra il 1904 ed il 1910 mette in pianta nuove strutture come un “Petit fort de basse époque”, situato a breve distanza in direzione Nord / Ovest dall’odierna porta XVII, tratti di “Murs du port” ed una “Chapelle en ruines” identificabile con una struttura a pianta rettangolare sormontata sul lato Ovest da un piccolo arco, realizzata con elementi di reimpiego. All’epoca del nostro primo intervento nel febbraio del 2004, le uniche strutture visibili nell’area erano il “Petit fort de basse époque” e la “Chapelle en ruines”. La motivazione che ci spinse a prendere in esame quest’area, fu l’abbondanza di materiale fittile tardo-antico / bizantino disperso su una duna artificiale di terra di riporto parallela al fiume, formatasi a seguito dei lavori di scavo della trincea per la recinzione del Parco Archeologico lungo il fiume. 23 La terza campagna di scavo, finalizzata ad indagare quel edificio denominato da Hulot “Chapelle en ruines”, ci ha indotti a credere che la zona intorno alla foce del Modione, dopo Kaukana e S. Leone, può essere considerata la sede del terzo insediamento tardo-romano e bizantino della Sicilia giunto fino ai nostri tempi con tutte le sue componenti: abitazioni, edificio di culto, approdo marittimo / fluviale e probabile necropoli. Abbiamo ragione di credere che quest’ultima possa trovarsi nelle immediate vicinanze della “Chapelle” come testimonia il rinvenimento di un frammento di stele funeraria con epigrafe, riutilizzato in uno dei muri in epoca medievale. Il quartiere sorse su un’area già occupata da abitazioni di età classica comprese forse in isolati annessi alle strutture portuali e delimitati ad Ovest dalla cinta muraria arcaico-classico di cui non conosciamo l’esatta estensione su questo versante della città. Delle strutture murarie greche si sono conservati soltanto dei brevi tratti, realizzati con blocchi di medie dimensioni e da pietrame minuto e terra, fondati su uno strato di argilla sterile e visibili solo a livello di spiccato di fondazione. L’unico vano che abbiamo scavato di un’abitazione / magazzino(?), costruito tra il V ed il VI secolo d.C. e di cui non conosciamo ancora l’estensione, è a pianta quadrata.. L’ingresso era aperto a Nord/Ovest su un tratto di strada o di largo spiazzo con orientamento Nord / Ovest-Sud / Est, delimitata sul margine Est da un tratto di muro di blocchi, forse perimetrale, riferibile ad una probabile insula di cui il vano summenzionato farebbe parte. Il lato Ovest della presunta strada non è delimitato da alcun muro, scalzato forse ed asportato da ondate di piena del fiume. Sotto la pavimentazione della strada, una spessa colmata di terra scura, ricca di frammenti fittili (per lo più coppi a bordo inspessito, 24 ceramica da fuoco tipo “Pantellerian ware”, ceramica sigillata africana), di ossa e pietrame, andò a ricoprire le strutture di età greca. Un’intensa attività edilizia, dunque, che sembra testimoniare a favore della realizzazione di un progetto prestabilito che ebbe come fine la costruzione di nuove strutture intese a riqualificare quest’area dal punto di vista commerciale, attraverso l’esecuzione di una preventiva opera di demolizione, di spianamento e di riutilizzo di materiale lapideo prelevato da edifici di età greca. L’attività edilizia riguardò anche la costruzione di un banchina lungo la sponda sinistra della foce orientale del Lanarium, più vicina alle pendici dell’Acropoli. Proprio sul lato Sud della banchina abbiamo effettuato il nostro rinvenimento più importante. L’intersezione dei diversi muri, allettati su uno spesso strato di sabbia inclinato verso il mare e ricoperto da uno strato di limo formava dunque un lungo vespaio di fondazione costruito in modo tale da seguire l’andamento della sponda del fiume. I vani del vespaio furono colmati con terra mista a pietrame e a frammenti di ceramica (soprattutto anfore di produzione nordafricana e coppi a bordo inspessito) la cui datazione sembra dare ulteriore conferma circa la realizzazione di un progetto unitario che tra la fine del IV ed il V/VI sec. d.C. vide la nascita e lo sviluppo di un approdo marittimo / fluviale piuttosto efficiente, meta di imbarcazioni provenienti soprattutto dall’Africa settentrionale e da Pantelleria, in grado di rifornire di vasellame fine da mensa e da fuoco i diversi insediamenti rurali dislocati sulla piana costiera. risalendo il pendio Ovest dell’Acropoli, ricalcava un importante asse stradale greco per il collegamento dell’area portuale occidentale con quello orientale. Genericamente al Medioevo è da attribuire lo smantellamento di parte della banchina. 25 Non conosciamo il motivo che spinse Hulot ad interpretare come “Chapelle en ruines” un edificio a pianta rettangolare caratterizzato da un piccolo arco a tutto sesto inquadrante una nicchia semicircolare ricavata su alcuni blocchi del muro orientale della struttura. Evidentemente aveva visto qualche elemento, tra le costruzioni circostanti visibili al suo tempo, che lo indusse ad identificare nella costruzione un edificio di culto. In effetti la sua interpretazione non si discosta dalla nostra formulata dopo l’intervento di scavo. La recente indagine archeologica ha potuto appurare, al di sotto dell’arco che si appoggia sul muro Est, l’esistenza di una piccola vasca a pianta quadrata con quadrifoglio e croce inscritti all’interno destinata al rito del battesimo. La vasca battesimale è sopraelevata – con presenza di gradini – ed è da collegare con alcuni esmpi noti in Palestinia. Dal punto di vista strutturale, il nostro piccolo battistero sembra da collagare con l’ecclesia vicina.. L’assenza di autonomia strutturale del battistero trova riscontro in alcune basiliche bizantine dell’Africa del Nord. Nel resto della Sicilia, la nostra struttura rimane al momento un caso isolato per il fatto che molti edifici di culto noti non sono ancora stati indagati in tutte le loro parti. Possiamo dunque affermare di aver rinvenuto il primo battistero protobizantino in Sicilia. Una datazione al VI secolo potrebbe essere la più opportuna, sulla base di confronti con edifici simili per forma e per tecnica muraria. Il prosieguo delle indagini archeologiche riserverà grandi sorprese soprattutto con l’individuazione dell’ecclesia e la definizione del complesso episcopale (episcopeion) che pensiamo sia da rintracciarsi nell’edificio parzialmente scoperto sul lato Est del battistero. Un tratto di muro con un ampio ingresso monumentale al centro con ai lati due ingressi più piccoli che si affacciano su uno stretto ambitus forse metteva in comunicazione l’area di culto con quella portuale.*** 26