Rappresentanza politica e capitale sociale Il Trimestrale. The Lab`s

Rappresentanza politica e capitale sociale
O ltre il funzionalismo, verso una visione culturale
Il Trimestrale. The Lab’s Quarterly
Lorella Cedroni
Università degli Studi di Roma “La Sapienza”
Abstract
Il capitale sociale assume un ruolo centrale nel funzionamento delle democrazie
rappresentative e può produrre esiti positivi per il sistema, facilitando il buon governo. Non sempre,
tuttavia, lo stretto rapporto di fiducia che si determina all’interno dei gruppi, partiti, movimenti, può
favorire il miglioramento delle istituzioni; spesso genera etnocentrismo e irrigidimento strutturale
del sistema politico.Questo articolo si sofferma in modo particolare sul rapporto tra rappresentanza
politica e capitale sociale.
Se intendiamo il CS sociale come una proprietà della struttura è al suo grado di coesione e/o
di apertura verso l’esterno che dobbiamo fare riferimento. Il punto centrale è se si possa stabilire
una correlazione tra partecipazione associativa (che genera fiducia orizzontale e reciprocità tra
individui) e fiducia nei confronti delle istituzioni (fiducia verticale). Mentre dal punto di vista
dell’individuo, il CS si concretizza attraverso la rete di relazioni personali dirette e indirette, dal
punto di vista collettivo il CS assume la caratteristica di bene pubblico, nel senso che è in grado di
produrre benefici collettivi. Pertanto si possono analizzare le reti personali partendo da individui
focali, per studiare il potenziale di capitale sociale di cui dispongono (approccio egocentrico),
oppure si può esaminare la totalità delle relazioni sociali di un determinato sistema per studiarne la
dotazione complessiva di capitale sociale (approccio sociocentrico).
Essendo il CS un tema ad ampio spettro, deve essere considerata la stretta connessione
esistente con le caratteristiche del contesto istituzionale in cui è inserito oltre a tener conto, in
quanto concetto situazionale e dinamico, della relazione tra gli attori e i fini che questi intendono
perseguire. Il focus del problema sta nel tipo di relazione che si stabilisce tra elettori ed eletti. La
rappresentanza si fonda, infatti, su una obbligazione politica “fiduciaria”; essa può essere
considerata come una relazione tra un principale (il corpo elettorale) che delega e un agente
(Parlamento) che riceve autorità dalla delega. La concessione della delega (fiducia) è la prima e più
importante forma di legittimità delle istituzioni ed è la condizione fondamentale affinché il sistema
politico disponga delle migliori condizioni per funzionare.
Resta infine come condizione irrinunciabile il fatto che il sistema politico fornisca le
condizioni appropriate, in termini di beni collettivi (infrastrutture, servizi, garanzie giuridiche,
sicurezza) e di mediazione con il mercato, affinché il capitale sociale non agisca come fattore
ostativo andando ad incrementare quello che Weber ha definito capitalismo politico, caratterizzato
dall’uso predatorio delle risorse politiche a svantaggio della collettività e del rendimento delle
istituzioni.
Parole chiave
Capitale sociale, rappresentanza politica, fiducia, istituzioni.
1. Rendimento delle istituzioni e “ideale della comunità civica”
Sul rapporto tra capitale sociale e rappresentanza politica si sono soffermati diversi studiosi
a partire da Putnam che per primo ha individuato le condizioni che fanno sì che un'istituzione
rappresentativa "sia forte, efficace e responsabile”1. Egli ha posto in evidenza come la fiducia possa
estendersi dall’interno (fiducia interpersonale) all’esterno di un gruppo finendo per interessare
l’intero sistema sociale e politico.
Al di là dei limiti comprovati che al cospetto del contesto istituzionale e politico mostra la
variante funzionalista della teoria del capitale sociale, limiti che – come ha sostenuto Trigilia possono essere superati tenendo presente la distinzione tra concezione strutturale e visione culturale
del capitale sociale, quest'ultimo può avere un impatto positivo sul rendimento delle istituzioni in
termini di produzione di benessere generale e di realizzazione del bene comune, o, diversamente,
negativo e generare clientelismo e corruzione all’interno del sistema politico2.
Nel circolo virtuoso tra capitale sociale e rendimento delle istituzioni si colloca la stretta
relazione esistente tra rappresentanza politica, partecipazione associativa e disposizione positiva nei
confronti delle istituzioni e della politica.
Nel noto studio sulle regioni italiane Putnam formula un indice di “rendimento istituzionale”
considerando tre dimensioni fondamentali del funzionamento di un’istituzione: a) la capacità di
gestione amministrativa; b) la capacità di elaborare politiche dirette a rispondere ai bisogni dei
cittadini e c) la capacità di attuarle una volta deliberate. Putnam sostiene che il fattore che
maggiormente influenza il rendimento istituzionale delle regioni italiane è il “grado in cui la vita
politica e sociale di una regione si avvicina all’ideale della comunità civica”3.
Il livello di civicness dipende dal modo in cui le diverse regioni si sono sviluppate
politicamente nel corso dei secoli, ossia dal capitale sociale definito, ancora una volta, come “la
fiducia, le norme che regolano la convivenza, le reti di associazionismo civico, elementi che
migliorano l’efficienza dell’organizzazione sociale promuovendo iniziative prese di comune
accordo”4.
Il ruolo del capitale sociale nel funzionamento delle democrazie rappresentative è dunque
centrale e può produrre esiti positivi per il sistema, facilitando il buon governo. Non sempre tuttavia
lo stretto rapporto di fiducia che si determina all’interno dei gruppi, partiti, movimenti, può favorire
il miglioramento delle istituzioni; spesso genera etnocentrismo e irrigidimento strutturale piuttosto
che processi inclusivi nei confronti della società.
Benassi e Gargiulo hanno dimostrato che il modo in cui il viene creato il capitale sociale
può costituire un vincolo all’azione, inibendo processi di cambiamento ritenuti necessari all’interno
delle organizzazioni5. Tale ipotesi potrebbe essere estesa ai partiti o ai sindacati, al processo di
ristrutturazione che li interessa a livello di organizzazione interna, alla loro capacità di rigenerarsi e
di democratizzarsi.
Essendo il partito un sistema organizzativo di relazioni interpersonali la cui struttura è
costituita da persone che agiscono in relazione con altre, tale sottosistema potrebbe essere
considerato come unità strutturale di riferimento per analizzare la formazione del capitale sociale e
il suo impatto sul sistema di rappresentanza.
1
R. Putnam, La tradizione civica nelle regioni italiane, Mondadori, Milano, 1993.
Bagnasco A., F. Piselli, A. Pizzorno, C. Trigilia, Il capitale sociale. Istruzioni per l’uso, Il Mulino,
Bologna, 2002.
3
R. Putnam, op. cit., p. 140.
4
Ivi, p. 196.
5
M Benassi, M. Gargiulo, Struttura della rete di relazioni e impatto sul capitale sociale, in “Studi
organizzativi” n. 1 (2001).
2
Quale che sia il grado di rappresentatività e di efficienza dei partiti, come canali della
rappresentanza politica, resta un problema fondamentale: che gli effetti prodotti sul sistema
rimangono indefiniti dal punto di vista empirico. Nessuna teoria classica sul capitale sociale è stata
in grado di offrire contributi in tal senso. Tutt’al più gli studiosi si sono soffermati sul dilemma se il
capitale sociale debba essere considerato, in maniera più neutrale, come una proprietà della struttura
e non piuttosto come rapporto di fiducia.
Se il CS è traducibile in termini di fiducia6 e di beni collettivi, il nodo centrale del problema
diventa in che modo la fiducia varia e fino a che punto si estende dalle reti di relazione tra cittadini
al rapporto tra cittadini e politici dando vita a relazioni di autorità o ad altre strutture di
interazione7; se cioè possa stabilirsi una correlazione tra partecipazione associativa (che genera
fiducia orizzontale e reciprocità tra individui) e fiducia nei confronti delle istituzioni (fiducia
verticale).
A tal fine si possono considerare due approcci finora utilizzati che fanno riferimento a due visioni
opposte: quella tradizionale secondo la quale una rete di relazioni “a maglie strette”8, ossia molto
coesa, favorisce la fiducia e rende possibile la cooperazione tra gli attori e la visione opposta dei
“buchi strutturali” in cui si ipotizza che i benefici del capitale sociale divengano effettivi proprio
per una funzione di collegamento e di “brokeraggio intellingente”9.
Se invece intendiamo il CS sociale come una proprietà della struttura è al suo grado di
coesione e/o di apertura verso l’esterno che dobbiamo fare riferimento. Putnam, in saggi più recenti,
distingue due dimensioni: il bonding proprio delle associazioni chiuse verso l’esterno e il bridging
caratterizzante le associazioni inclusive, come capacità dei gruppi di relazionarsi all’esterno con
istituzioni e attori, precisando come il CS non possa essere considerato un’alternativa all’azione
delle istituzioni pubbliche, né un sostegno all’azione dell’associazionismo e del volontariato in
momenti di crisi del welfare.
2. Dalla teoria dell’azione individuale alla teoria della democrazia
La nozione di CS è stata anche applicata alla teoria dell’azione individuale e alla teoria della
democrazia10.
Nel primo caso il CS viene assunto da un punto di vista epistemologico a partire da “un
soggetto d’azione il quale tratta le relazioni sociali entro le quali si muove come mezzi per il
perseguimento di determinati fini”11.
Seguendo la prospettiva dell’individualismo metodologico le relazioni di fiducia, autorità e
le norme di reciprocità possono essere fatte risalire alle scelte razionali individuali (che sono
sempre sotto il controllo di altri attori); si tratta di strutture di interazione che possono diventare
risorse per l’azione, ossia CS considerato come risultato di strategie di investimento, intenzionale o
inintenzionale, e orientate alla costituzione e riproduzione di relazioni sociali durevoli, capaci nel
tempo di procurare profitti materiali e simbolici12.
Nel secondo caso, invece, il CS viene considerato come un succedaneo delle istituzioni
rappresentative, una proprietà necessaria affinché la qualità democratica di una società trovi un
6
Sull’analisi sociologica di questa dimensione si veda N. Luhmann, La fiducia, Il Mulino, Bologna 2002.
C. Mongardini, La società politica, vol. I, Ecig, Genova 2002.
8
J. Coleman, Social Capital in the Creation of Human Capital, "American Journal of Sociology" n. 94,
(1988) pp. 95-120.
9
R.S. Burt, Strucutral Holes. The Social Structure of Competition, Harvard University Press, Cambridge,
1992; Id., The Contingent Value of Social Capital, “Administrative Science Quarterly 42, (1997), pp. 339364.
10
Bagnasco A., F. Piselli, A. Pizzorno, C. Trigilia, Il capitale sociale. Istruzioni per l’uso, cit.
11
Ivi, p. 23.
12
J. Coleman, Social Capital in the Creation of Human Capital, cit., p. 49.
7
sostegno che le istituzioni rappresentative da sole non sembrano in grado di assicurare (ipotesi,
come abbiamo visto, criticata da Putnam) oppure come un facilitatore dell’azione rappresentativa a
diversi gradi e livelli.
Mentre dal punto di vista dell’individuo, il CS si concretizza attraverso la rete di relazioni
personali dirette e indirette, dal punto di vista collettivo il CS assume la caratteristica di bene
pubblico, nel senso che è in grado di produrre benefici collettivi. Pertanto si possono analizzare le
reti personali partendo da individui focali, per studiare il potenziale di capitale sociale di cui
dispongono (approccio egocentrico), oppure si può esaminare la totalità delle relazioni sociali di un
determinato sistema per studiarne la dotazione complessiva di capitale sociale (approccio
sociocentrico).
Come, si vede, essendo il CS un tema ad ampio spettro, occorre considerare la stretta
connessione esistente con le caratteristiche del contesto istituzionale in cui è inserito oltre a tener
conto, in quanto concetto situazionale e dinamico, della relazione tra gli attori e i fini che questi
intendono perseguire13.
Ogni gruppo, associazione, partito, movimento ha una differente capacità di produrre
capitale in base alla propria struttura organizzativa e agli obbiettivi che si prefigge e,
conseguentemente, ha un diverso impatto sul rapporto tra società civile e politica14.
La nozione di fiducia riferita al CS è stata utilizzata anche da Fukuyama per spiegare i
mutamenti in corso nelle democrazie rappresentative attualmente in crisi15. Tale argomento
costituisce un motivo ricorrente nel dibattito politico che si è sviluppato a partire da dieci anni a
questa parte nei diversi paesi europei e occidentali.
Cercheremo ora di operare una maggiore specificazione empirica del rapporto che intercorre
tra capitale sociale e rappresentanza politica, entrambi intesi come risorse strutturali
dell’organizzazione socio-politica. La preferenza è da attribuirsi a un tipo di approccio
maggiormente congruente ad una teoria della rappresentanza propensa a considerare l’attività dei
rappresentanti o di un’assemblea in maniera prioritaria rispetto alle caratteristiche personali degli
eletti.
Come mostrano i dati dell’Istat (Rapporto 2002) e delle più recenti indagini sociali (CNV
1998; Censis 2002), ad un elevato grado di associazionismo, soprattutto per quanto riguarda il
volontariato, non corrisponde un analogo impegno politico espresso sottoforma di attivismo,
iscrizione ai partiti, voto. Piuttosto l’evidenza empirica mostra come l’aumento delle organizzazioni
di volontariato sia inversamente proporzionale al livello di partecipazione politica; nella maggior
parte dei casi l’associazionismo viene praticato come forma succedanea soprattutto rispetto alla
partecipazione elettorale. Sembrerebbe convalidata l’ipotesi secondo la quale tra fiducia sociale e
fiducia politica non c’è corrispondenza, così come fra il livello di associazionismo volontario e le
attitudini politiche di fiducia.
Inoltre il grado di fiducia nei confronti delle istituzioni è in continuo decremento, come
mostrano periodicamente le numerose indagini doxometriche anche a livello internazionale, mentre
aumenta sempre più la domanda di una maggiore o migliore rappresentanza. E mentre da un lato
aumenta il grado di sfiducia, dall’altro cresce la domanda di identità orientata verso forme nuove di
appartenenza collettiva.
Il focus del problema sta ancora nel tipo di relazione che si stabilisce tra elettori ed eletti.
Sappiamo che la rappresentanza si fonda su una obbligazione “politica” ossia “fiduciaria”; essa può
essere considerata come una relazione tra un principale (il corpo elettorale) che delega e un agente
(Parlamento) che riceve autorità dalla delega. La concessione della delega (fiducia) è la prima e più
13
Bagnasco A., F. Piselli, A. Pizzorno, C. Trigilia, Il capitale sociale. Istruzioni per l’uso, cit. p. 48.
Cartocci R., Chi ha paura dei valori? Capitale sociale e dintorni, in “Rivista italiana di Scienza politica”
n. 3 (2000).
15
Fukuyama F., Social Capital and civil society, “International Monetary Fund”, Washington D.C., Aprile,
2000.
14
importante forma di legittimità delle istituzioni ed è la condizione fondamentale affinché il sistema
politico disponga delle migliori condizioni di operatività.
Resta infine come condizione irrinunciabile il fatto che il sistema politico fornisca le
condizioni appropriate, in termini di beni collettivi (infrastrutture, servizi, garanzie giuridiche,
sicurezza) e di mediazione con il mercato, affinché il capitale sociale non agisca come fattore
ostativo, andando ad incrementare quello che Weber ha definito capitalismo politico, caratterizzato
dall’uso predatorio delle risorse politiche a svantaggio della collettività e del rendimento delle
istituzioni.
Bibliografia
Bagnasco A., Piselli F., Pizzorno A., Trigilia C., Il capitale sociale. Istruzioni per l’uso, Il Mulino,
Bologna, 2002.
Benassi M., Gargiulo M., Struttura della rete di relazioni e impatto sul capitale sociale, in “Studi
organizzativi” n. 1 (2001).
Burt R. S., Strucutral Holes. The Social Structure of Competition, Harvard University Press,
Cambridge, 1992.
Burt, R. S. The Contingent Value of Social Capital, “Administrative Science Quarterly 42, (1997),
pp. 339-364.
Cartocci R., Chi ha paura dei valori? Capitale sociale e dintorni, in “Rivista italiana di Scienza
politica” n. 3 (2000).
Cedroni L., La rappresentanza politica. Teorie e modelli, FrancoAngeli, Milano 2004.
Coleman J., Social Capital in the Creation of Human Capital, "American Journal of Sociology" n.
94, (1988) pp. 95-120.
Fukuyama F., Social Capital and civil society, “International Monetary Fund”, Washington D.C.,
Aprile, 2000.
Luhmann N., La fiducia, Il Mulino, Bologna 2002.
Mongardini C., La società politica, vol. I, Ecig, Genova 2002.
Putnam R., La tradizione civica nelle regioni italiane, Mondadori, Milano, 1993.