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EXPO 2015,
la deducibilità dei costi
Quali spese, e in quale percentuale, sono detraibili per le aziende che partecipano
alla manifestazione?
Marco Fiorentino
Fiorentino Associati / Synergia Consulting Group
[email protected]
A
bbiamo di recente assistito alla inaugurazione dell’Expo 2015, occasione veramente unica per il rilancio dell’immagine dell’Italia all’estero. Il tema è “Nutrire il
pianeta” ma questa nobile tematica ha fatto
sì che tutti i Paesi presenti abbiano simboleggiato la loro cultura, attraverso prodotti
alimentari tipici. Pertanto, l’Expo 2015 è divenuto anche una enorme fiera del food, cui
saranno presenti, quand’anche da visitatrici,
soprattutto le aziende del settore.
Ma che trattamento fiscale hanno le spese
inerenti tali tipi di eventi?
In linea di principio, i costi relativi a tali
eventi vengono suddivisi in tre grandi
macrocategorie: Spese di rappresentanza;
Spese di pubblicità; Spese commerciali.
Secondo il D.M. del 19 novembre
2008 (il “DM”), si definiscono spese di
rappresentanza:
- i costi di beni e servizi che sono erogati
a terzi a titolo gratuito, senza obbligo di
controprestazione;
- aventi finalità promozionali o di pubbliche
relazioni in senso lato;
- il cui sostenimento risponda a criteri
di ragionevolezza e abbia l'obiettivo di
produrre benefici per l'impresa.
Tuttavia, l’assenza di corrispettivo non deve
far assorbire nelle spese di rappresentanza
ogni operazione a titolo gratuito, ma solo
quelle aventi anche gli altri requisiti sopra
citati. Infatti, non sono costi qualificabili
come spese di rappresentanza (ad esempio):
• i beni distribuiti gratuitamente in
occasione di concorsi a premio;
• gli oggetti promozionali consegnati ai
clienti contestualmente ai prodotti venduti;
• gli sconti;
• le politiche di vendita "tre per due".
Poi, secondo la Relazione illustrativa al
DM, la finalità promozionale consiste
nella divulgazione sul mercato delle
attività dalla società, mentre le pubbliche
relazioni consistono nell’attività necessaria
a mantenere i rapporti con i rappresentanti
della società civile, Istituzioni, Mercato, ecc..
Non bisogna dimenticare, infine, che
l’ammontare delle spese non deve essere
irragionevole rispetto alla finalità sopra
descritta e deve sempre essere presente un
legame, seppur generico, con l’obiettivo di
dare benefici economici all’impresa. Tale
legame, in un certo senso, può presumersi
ove la spesa sia coerente con pratiche
commerciali di settore. Diversamente il
costo è indeducibile in assoluto.
Il DM individua anche talune spese
che, pur avendo natura di spese di
intrattenimento in senso ampio (e quindi, in
teoria, indeducibili per difetto di inerenza),
possono considerarsi attinenti all’attività
dell’impresa:
• spese per viaggi turistici in occasione dei
FI S CO
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Le spese commerciali in senso lato possono sovrapporsi, talvolta,
a quelle di rappresentanza, quando sono caratterizzate
dalla gratuità nei confronti di coloro che ne beneficiano,
sempre che entrambe abbiano
come obiettivo lo sviluppo delle vendite
quali siano in concreto svolte attività
promozionali;
• spese per feste e altri eventi
organizzati in occasione di ricorrenze
aziendali o festività ovvero di
inaugurazioni di nuove sedi, uffici o
stabilimenti;
• spese per feste e altri eventi
organizzati in occasione di fiere ed
eventi simili.
Le spese di rappresentanza, tuttavia,
non sono deducibili tout court,
ma nei limiti di un preciso plafond
parametrato all’ammontare dei ricavi
della gestione caratteristica dichiarati
nel periodo d’imposta in cui le stesse
sono sostenute. Come stabilito
dall’art. 1, co. 2, del DM, le spese di
rappresentanza sono deducibili nei
seguenti limiti:
a) 1,3 per cento fino a 10 milioni di
Euro di ricavi (130.000 euro);
b) 0,5 per cento per la parte che eccede
i 10 milioni e fino a 50 milioni di Euro
di ricavi (200.000 euro);
c) 0,1 per cento per la parte che eccede
i 50 milioni di Euro di ricavi.
Ne consegue che, per una azienda con
50 milioni di fatturato, il plafond di
deducibilità è pari ad euro 330.000. La
parte di spesa eccedente, è indeducibile
in via permanente dal reddito di
impresa. Si precisa che lo schema del
DLGS sulla internazionalizzazione ha
innalzato la soglia di deducibilità (1,5
per cento per il primo scaglione, 0,6
per cento per il secondo scaglione e 0,4
per cento per il terzo scaglione).
Le spese di pubblicità, invece, sono
quelle sostenute in forza di un
contratto a prestazioni corrispettive,
la cui causa va ricercata nell'obbligo
della controparte di pubblicizzare/
propagandare, a fronte della percezione
di un corrispettivo, il marchio e/o
il prodotto dell'impresa al fine di
stimolarne la domanda. Quindi,
occorre un rapporto sinallagmatico,
la pubblicità di un marchio o di un
prodotto/servizio e un collegamento
con un mercato anche potenziale.
Si precisa a tal proposito che la
Giurisprudenza e la prassi più
accreditata hanno affermato che, per
aversi spesa di propaganda (e non
spesa di rappresentanza), occorre che
la manifestazione sponsorizzata, sia
rivolta ad un pubblico, in grado, anche
in via potenziale, di fruire dei beni
dello sponsor.
L’inerenza si presume in ogni caso
(ex art.90 Legge 289/02) invece,
per le sponsorizzazioni a favore di
associazioni sportive dilettantistiche
per attività giovanili riconosciute dalle
Federazioni nazionali, nei limiti di
euro 200mila.
Le spese di pubblicità sono
integralmente deducibili dal reddito
d’impresa, senza soggiacere a
limiti quantitativi, tenendo conto,
per le prestazioni continuative,
dell’imputazione secondo il pro rata
temporis. Le spese commerciali
in senso lato possono sovrapporsi,
talvolta, a quelle di rappresentanza,
quando sono caratterizzate dalla
gratuità nei confronti di coloro che
ne beneficiano, sempre che entrambe
abbiano come obiettivo lo sviluppo
delle vendite. Affinché queste non
ricadano sotto la scure fiscale, occorre
che il link con lo sviluppo commerciale
sia diretto, sia sotto il profilo soggettivo
che oggettivo.
Sono pertanto ammesse le spese
commerciali - le cosiddette “spese
di ospitalità”, sostenute per ospitare
clienti o fornitori, anche potenziali,
in occasione di fiere ed esposizioni
- in cui sono pubblicizzati i beni
dell’impresa, ovvero per visite a sedi
dell’impresa.
Come pure sono costi commerciali
le spese sostenute per l’allestimento
di stand espositivi in fiere dedicate
a prodotti dell’impresa, nonché gli
inerenti costi di preparazione.
Ciò in quanto, la platea è rappresentata
da interlocutori diretti dell’azienda,
e la finalità anche teorica degli
incontri è quella di “chiudere” accordi
commerciali. Sono costi che l’impresa
sostiene nel proprio interesse,
senza alcuna ragione di liberalità,
caratterizzati da un univoco vincolo di
inerenza in rapporto ai ricavi generati
che ne sancisce la deducibilità.