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Terzo Millennio – periodico on line per l’organizzazione dei moderati
ANNO XVI n. 37 – Lunedì 1 novembre 2010
Ai lettori di “Terzo Millennio”.
Il nostro giornale on line viene inviato a 5.972 contatti soprattutto
di Pescara e della nostra Regione.
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Vogliamo raggiungere quota 6.000.
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Siamo coscienti che e-mail indesiderate sono oggetto di disturbo, quindi la preghiamo
di accettare le nostre più sincere scuse se la presente Mail non è di Suo interesse.
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In ottemperanza della Legge 675 del 31/12/96 così come modificata dal decreto
legislativo 196 del 30/06/2003, per la tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al
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Grazie della collaborazione.
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Questione di stile!!
Intervista a Giulio Andreotti (1977) di Oriana Fallaci,
pubblicata in “Intervista con la storia”.
“…finché non c’è un processo e un verdetto e un appello e una sentenza definitiva non si può
dire che una persona abbia violato la legge. No, non è giusto che nello spazio di una settimana
un uomo si trovi già giudicato dal clamore di un’accusa. Perché dopo, anche se viene assolto con
formula piena, la sua onorabilità è compromessa. E così quella del sistema. Noi abbiamo avuto
casi formidabili di procedimenti contro personaggi politici che in sede di appello, e perfino
d’istruttoria, si sono risolti con tante scuse. Il fatto è che ci vuole un maggior rispetto del segreto
istruttorio: in Italia, invece, il segreto istruttorio è una beffa. Ognuno dà conferenze stampa: dal
questore al magistrato. E poi, magari, si dà la colpa al giornalista: ma lei come fa a scrivere
questo. E gliel’ha detto il questore o il magistrato. Santa pace! In Inghilterra, se chiama
assassino un assassino che è reo confesso ma non è stato ancora giudicato, egli può darle querela
e chieder i danni. Da noi invece…”
(Giulio Andreotti in risposta ad una domanda di Oriana Fallaci)
Giulio Andreotti e Licio Di Biase
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Iniziativa della presidenza del consiglio del comune di Pescara
e dell’associazione “Abruzzo Media”
Progetto per la Salvaguardia del
patrimonio audiovisivo riguardante
la città di Pescara, la storia, i luoghi, i cittadini.
Il progetto "Pescara nella memoria" promosso dalla Presidenza del Consiglio del Comune di
Pescara con la Associazione Abruzzo Media si propone di sensibilizzare la cittadinanza alla
partecipazione per la salvaguardia del patrimonio audiovisivo.
Si cercherà di recuperare, catalogare e archiviare il patrimonio audiovisivo in possesso dei
cittadini.
Attraverso un avviso pubblico si inviteranno tutti i cittadini, Enti e Associazioni in possesso di
materiale audiovisivo di interesse storico, ambientale ad inviare i filmati presso la Presidenza
del Consiglio del Comune di Pescara.
Il materiale verrà trasferito su supporto digitale e archiviato con tutti i dati e le descrizioni
necessarie. Gli originali saranno restituiti ai proprietari.
Verrà realizzato un filmato con il materiale raccolto.
Si adotteranno in seguito forme di fruizione del materiale archiviato presso il Comune di
Pescara.
Si cercheranno sinergie con altre strutture coinvolte nella ricerca, catalogazione e
archiviazione di materiale audiovisivo pubbliche e private.
Per informazioni:
Presidenza del Consiglio Comunale di Pescara 0854283422
Giornata Mondiale
UNESCO
del Patrimonio Audiovisivo
Dal 2005, la 33esima Conferenza generale dell'UNESCO
ha proclamato il 27 ottobre Giornata mondiale del
patrimonio audiovisivo con l'obiettivo di 'ottenere una
migliore riconoscenza del valore storico e culturale del
patrimonio audiovisivo - di migliorare le conoscenze sulle
minacce che pesano sul patrimonio audiovisivo d'incoraggiare l'accesso diretto ai documenti audiovisivi di migliorare la formazione nel settore dell'archiviazione
dei documenti audiovisivi e di migliorare le conoscenze
sulla preservazione delle collezioni private.
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Presentazione del libro
“LA GRANDE STORIA.
PESCARA-CASTELLAMARE
DALLE ORIGINI AL XX SECOLO”
di Licio Di Biase
Sabato 20 novembre 2010 - ore 18,00,
Sala Bianchi, Viale Fantuzzi, n°11 (Belluno).
Saluti
Introduce:
Lia Di Menco,
Presidente del Circolo Abruzzese e Molisano della Provincia di Belluno
Interviene Licio Di Biase.
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speciale
BIENNALE habitat 2010
PESCARA, 9 ottobre - 19 dicembre 2010
“l’uomo del XXI secolo dovrà imparare un’arte ed una scienza nuove…
…l’ascolto creativo della storia e della natura”
(Ilya Pricogine premio Nobel)
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BIENNALE habitat 2010
PESCARA, 9 ottobre - 19 dicembre 2010
“l’uomo del XXI secolo dovrà imparare un’arte ed una scienza nuove…
…l’ascolto creativo della storia e della natura”
(Ilya Pricogine premio Nobel)
giovedì 18 novembre ore 17.30
ex Aurum - auditorium F. P. Tosti
Pescara Story
“Sogni inespressi e rughe cancellate”
Introduce:
Annika Patrignani
Saluti:
Amedeo D’Addario
Conduce:
Cristina Mosca
Interviene:
Licio Di Biase
per ulteriori informazioni:
HabitatLAB Onlus
via F. De Sanctis, 14 - int. 4 - 65122 Pescara
[email protected]
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Guerino Testa e Licio Di Biase durante l’inaugurazione della biennale di architettura.
L’Aurum
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Gli spazi delle mostre
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Politica
“Ci sono uomini che cambiano idee per il loro partito,
e altri che cambiano partito per le loro idee”
(Winston Churchill)
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MERCOLEDÌ
27 OTTOBRE 2010
Internet:
Rao, bene Maroni,
aspettiamo decisioniCdm
(AGI) - Roma, 27 ott - "Prendiamo atto con soddisfazione delle parole del Ministro Maroni, aspettiamo pero' di
vedere quello che accadra' al prossimo consiglio dei ministri in merito alle modifiche dell'art. 7 del decreto
Pisanu sul wi.fi e se alle promesse seguiranno i fatti".Lo dichiara in una nota Roberto Rao capogruppo UDC in
commissione giustizia della camera dei deputati. "Per l'UDC internet rappresenta l'ultima frontiera della liberta'
ed anche un volano determinante per lo sviluppo dell'economia. Se la soluzione che verra' indicata dal Consiglio
dei Ministri, determinera' novita' utili per lo sviluppo tecnologico del settore e favorira' gli utenti di internet
vorra' dire che l'iniziativa bipartisan insieme ai colleghi Lanzillotta, Gentiloni e Barbareschi delle scorse
settimane ha prodotto il risultato sperato. Altrimenti andremo avanti per via parlamentare per riuscire a
modificare la norma e colmare cosi' una delle tante lacune nelle infrastrutture tecnologiche del nostro paese".
Rai: Casini, ora dirigenza si dimetta,
sarebbe dignitoso
AZIENDA È ALLO SBANDO, CIASCUNO SI ASSUMA SUE RESPONSABILITÀ
Roma, 27 ott. (Apcom) - "Guardiamo in faccia alla realtà e ciascuno si assuma le sue responsabilità. La Rai è
allo sbando e sarebbe dignitoso che questa dirigenza rimettesse il proprio mandato". È quanto afferma il leader
dell'Udc Pier Ferdinando Casini, interpellato alla Camera. "Andare avanti così - aggiunge - fa solo il gioco di
Mediaset e Sky".
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Antonio De Poli
coordinatore nazionale “verso il Partito della Nazione”
segretario regionale dell’udc del Veneto
“Abbiamo fin qui ribadito con coerenza e con pazienza che non ci piace fare
opposizione preconcetta
né al governo nazionale né a quello regionale”.
Del primo abbiamo apprezzato le ricorrenti affermazioni del premier, dei ministri Tremonti, Sacconi e Brunetta
a favore del welfare, della famiglia, di una fiscalità premiante la società.
Proprio per questa rigorosa e non ideologica presa di posizione siamo tanto più delusi dalla manovra della
finanziaria che lancia segnali inequivocabili proprio contro il welfare e la famiglia. I dati sono brutali: nel 2011
si taglieranno 4...00 milioni ai non autosufficienti, 546 milioni da ripartire per le politiche sociali, 132 milioni
per le politiche famigliari, 73 alla ricerca e innovazione per la sanità pubblica e 61 per i giovani. Doppia
delusione perché all’oggetto dei tagli, welfare e famiglia si assomma la deprecabilità del criterio: tagli
indifferenziati, a volte maggiormente penalizzanti per le situazioni più virtuose, come il Veneto. Tagliare è
sempre impopolare, ma farlo senza uno straccio di un disegno è davvero disastroso. Altro che lo
scimmiottamento di Cameron! Almeno il premier inglese annuncia di tagliare sui sussidi di disoccupazione e
sugli assegni famigliari, che in Gran Bretagna sono una realtà consistente, ma per investire su sanità e istruzione.
E’ una scelta, meno assistenza e più promozione delle risorse umane. Arduo, ma comunque dimostra una
strategia. Se a Roma si taglia indiscriminatamente e senza alcuna strategia, a Venezia è ancora peggio. A ormai
duecento giorni dall’insediamento il governatore Zaia non solo non ha ancora attuato nulla della sua campagna
elettorale “del programma dei cento giorni” ma sta scivolando dalla china degli annunci senza seguito all’amara
scoperta di cospicui buchi di bilancio, scoperta che la Lega fa dopo che è al governo del Veneto dal 2000. ha
inoltre perso tutta la baldanza di qualche mese fa sostituendola con la complice arrendevolezza nei confronti
dell’antifederalismo con cui il Veneto è considerato a Roma. Pertanto, anche qui tagli alla sanità e al sociale, ai
servizi per le fasce deboli come il trasporto pubblico. L’unica terapia che si sta prospettando è di mettere le
famigerate mani in tasca ai Veneti ripristinando l’aliquota Irpef e balzelli di ogni genere. Che gli annunci
elettorali si smascherino come inganni è, per una società matura e selettiva come quella veneta, una triste
scoperta. Ma, anche qui, è opportuno denunciare in quale vicolo cieco la Lega sta portando il Veneto. L’idea che
chiudendosi a riccio sul territorio si difendano veramente i suoi interessi indebolendo quelle istituzioni e quei
poteri economici, considerati “nemici” come le banche aperte alla globalizzazione, non fa altro che rafforzare i
poteri della globalizzazione che sono i veri nemici del nostro territorio.
Antonio De Poli
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LE INTERVISTE
di Rita Pagliara
Lo scorso 21 settembre, il coordinatore regionale dell'Unione di centro, Enrico Di Giuseppantonio, e il
presidente del coordinamento regionale, Rodolfo De Laurentiis, hanno nominato i nuovi coordinatori
provinciali dell'Udc; per la provincia di Pescara è stata scelta Lorella Di Giacomo, che conosciamo
meglio in questa intervista.
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A COLLOQUIO CON LORELLA DI GIACOMO
Come prima domanda/argomento di riflessione vorrei sapere da lei il significato e l’importanza della sua
recente nomina: quali responsabilità comporta?
«La Politica è una passione che ho cominciato a coltivare durante gli studi liceali, quando per curiosità storica
iniziai ad approfondire la conoscenza delle ideologie e dei sistemi che avevano determinato l’identità del nostro
Paese. Una passione che con il passare degli anni si è trasformata in impegno attivo partitico. “Politica vuol
dire realizzare”, diceva De Gasperi. Partire dal confronto ideologico per una condivisione progettuale capace
di determinare una reale partecipazione democratica alle scelte del futuro è il senso della responsabilità che
deve accompagnare amministratori e dirigenti di partito. Ho accettato con gratitudine ed entusiasmo la nomina
a coordinatore provinciale dell’Unione di Centro. Un incarico politico rilevante che richiede molto impegno e
consapevolezza e che mi vedrà particolarmente dedita a gestire la fase costituente di un partito che vuole e
deve rappresentare un’alternativa credibile, il Partito della Nazione».
La scelta dell’Udc di designare proprio una donna, anzi, una giovane donna come lei come coordinatore
provinciale quale messaggio può veicolare? Quale significato ha? Rappresenta, dunque per lei una sfida
questo incarico da poco conferitole?
«Credo che la mia nomina rappresenti una risposta tangibile alla richiesta di rinnovamento, all’esigenza ormai
manifesta di superare vecchi metodi e passate logiche. È difficile per i partiti scegliere persone giovani, ancor
più giovani donne. L’UDC ha saputo in tal senso lanciare coraggiosamente una sfida, dimostrare che si può
intraprendere un percorso alternativo e lo ha fatto con un segnale concreto. Non vivo il mio incarico quale sfida
ma quale possibilità. Possibilità di rilanciare un dialogo progettuale politico per tornare ad entusiasmare una
società ormai stanca del già visto e per ristabilire un rapporto fiduciario con la cittadinanza attraverso processi
di concreto rinnovamento. Credo sia questo il messaggio che l’UDC intende veicolare, credo sia questa la
opportunità che va colta se si vuole pensare con fiducia al nostro comune futuro».
Che frangente politico – istituzionale è l’attuale per l’Udc, che, come sappiamo, si avvia ad essere partito
della nazione? In che consisterà tale nuovo soggetto politico?
«Lo scenario della politica nazionale appare ormai molto chiaro. Il sistema bipolare, entrato in crisi, si sta
dimostrando fallimentare. Il problema reale oggi in Italia è l’ingovernabilità, con una maggioranza in affanno
ed un’opposizione confusa, con la evidente mancanza di identità dei grandi partiti contenitori, quali il PDL ed il
PD, lontani dalla tradizione storica del nostro Paese ed in balia di forze partitiche minori. Credo che Casini
abbia avuto in tal senso una grande intuizione. La sua scelta compiuta due anni fa di uscire da un sistema per
mostrarne l’inconsistenza e per tentare un possibile superamento, ha permesso all’UDC di mantenere
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un’identità partitica, di preservare una ideologia centrista e moderata e di lanciare, con il nascente Partito
della Nazione, la sfida per il Governo del Paese. La politica nel nostro Paese non può prescindere da una
riconosciuta tradizione storica, da un’identitaria unità nazionale, dall’etica del buongoverno, non può rimanere
ferma sulle divisioni ma deve portare avanti ricerca, innovazioni e riforme per un nuovo e credibile modello di
sviluppo. Questo è il percorso che caratterizzerà il Partito della Nazione, “un Partito che guarda al futuro,
moderno, europeista, che sappia dare spazio ai giovani e costruire una nuova classe dirigente, ma con radici
solide, fatte di storia, di tradizioni e valori…un Partito laico, liberale e riformatore, aperto alle innovazioni
della scienza ma fermo nella tutela di valori irrinunciabili come quello alla vita”, così come ribadito dal nostro
Segretario Cesa».
Come si sta muovendo? In varie occasioni di incontro e dibattito, sebbene la sua nomina sia ancora
“fresca”, si è evinto dalle sua parole una ferma convinzione, ovvero, “riavvicinarsi” alla realtà comunale e
da lì ripartire: come si spiega tale orientamento?
«Mio primo e grande impegno sarà gestire nel miglior modo possibile la fase di passaggio dell’UDC al Partito
della Nazione. Casini ci ha ricordato che “non può cambiare niente se viene tutto affidato a manovre
verticistiche…dobbiamo interloquire con la base”. Credo che quale Ente locale fondamentale, centro dinamico
di vita sociale, il Comune sia il luogo in cui la Politica può e deve entrare in contatto con i Cittadini. In questi
giorni sto innanzitutto riavviando, dopo la fase estiva ed il breve commissariamento, un confronto con i nostri
referenti comunali, dando ascolto all’esigenza da tutti avvertita di riportare la presenza partitica sul territorio.
Sono già tanti gli incontri ai quali ho partecipato e diverse le situazioni comunali prese in considerazione.
Nominerò a breve un Coordinamento provinciale ed i Coordinatori comunali e concorderò momenti pubblici di
riflessione e confronto. Non ci siamo mai fermati, tanti nostri Amministratori rispondono alle esigenze dei
Cittadini e portano avanti una linea di sviluppo strategico provinciale. Ma è oggi più che mai necessario fare
un passo in più, guardare in avanti, rinvigorire il senso di appartenenza all’UDC quale partito promotore di
una nuova fase politica nazionale, prendere piena consapevolezza della necessità di unire forze e risorse per un
nuovo scenario politico anche locale. Ricordava spesso Don Luigi Sturzo “un programma politico non si
inventa, si vive”. Questo è il momento in cui ciascuno di noi è chiamato a far vivere in ogni realtà comunale
della Provincia di Pescara la grandezza di un programma politico basato su credibilità e partecipazione, il
Partito della Nazione».
IDENTIKIT: Lorella Di Giacomo. Nata
a il 30/05/1978.
Istruzione:
Maturità classica
Laurea quadriennale in
antropologia filosofica
(110/110 e lode)
Esperienza lavorativa:
Enti pubblici
Esperienze extra-lavorative: Presidente
Ente
Manifestazio
ni
Spoltore
Ensemble XXVI
Lorella Di Giacomo
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Costume
“E dove le vecchie tracce si smarriscono,
un nuovo paese svela le sue meraviglie”.
(R.Tagore)
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Il Moderato
30 ottobre 2010
Mi pongo la domanda da un bel po’, ma non trovo risposta. Chi è il moderato? Quella persona che nel
gergo politico viene collocata al centro: né di qua né di là, sempre distante dalle posizioni più estreme
e radicali.
Mi sono chiesto soprattutto se io sono un moderato, che nella personalissima concezione del termine
è colui che sa contare fino a 10 prima di dare di matto se un tir gli taglia improvvisamente la strada, sa
ascoltare prima di aggredire, ha una vita “sana”, scandita da ritmi regolari e alza la voce solo quando
qualcuno non lo sente bene al citofono.
Non ci siamo proprio, sembra il profilo di un francescano. E io mi ci ritrovo solo in parte. E’ vero, mi
arrabbio davvero solo una volta l’anno. Ma quando succede ha l’effetto di un ciclone. Guardatevi
dall’ira dei buoni…, chi era che lo diceva?
Quindi sarei un moderato a metà. Non alzo mai il gomito, ma la voce sì. Qualche volta è successo.
In qualche modo sarei però anche un “pericoloso estremista”, visto che la mia passione civile mi porta
spesso ad abbracciare posizioni politiche radicali, se ritengo la causa giusta.
Lo ammetto: andrei più volentieri a cena con Vendola, Grillo e Di Pietro che con Bersani. La sua s
strisciata da romagnolo avrebbe per me l’effetto del Valium in una discussione prolungata.
Eppure non mi mischio mai nei cortei dove si tirano sassi contro la polizia, quasi tutti ragazzi del sud
finiti dentro una divisa per guadagnarsi un pezzo di pane.
Credo che tutto si possa riassumere nelle due scuole che hanno imprigionato la nostra esistenza: la
famiglia e la strada. La prima ti dà un cuore, la seconda lo fa battere forte e lo conduce lontano. Poi
dipende dal bivio che incontri e da chi tiri su in auto mentre fa l’auto stop per farne il tuo compagno di
viaggio.
Da “abruzzoitalia.it”
Il quotidiano degli abruzzesi
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“Stai con noi”
Nella società contemporanea servono stimoli continui. L'offerta è troppo vasta e la nostra scelta di un
programma televisivo, di un sotfware, di una marca di cellulare, di un'università dipende dall'abilità di
chi propone il prodotto.
Nel terzo millennio si corre, si ha fretta, siamo la società dei trecento chilometri orari e la nostra soglia
di attenzione verso ciò che è intorno a noi è bassissima, allora vince lo slogan, l'immediatezza.
Tutto diventa spot, in pochi secondi devi convincerci a scegliere te piuttosto che la concorrenza.
Sembra di vivere in un'asta in cui noi siamo il prodotto e gli acquirenti fanno carte false per averci.
Aziende, produttori, politici, editori cercano in ogni modo di capire cosa vogliamo e come colpire la
nostra attenzione. Cos'è che davvero determina le nostre decisioni ? Ci troviamo a domandarci se chi
ci offre determinate prospettive invitandoci a “stare con lui” lo faccia per consegnarci qualcosa di utile
o solo per un profitto personale.
Ogni tanto arriva qualche crisi di nervi e allora servono guide che ci ricordino che non siamo sempre
un prodotto in vendita, che c'è ancora qualcuno che non vuole riempire le nostre teste solo di belle
parole e diversivi seducenti.
Non sapremo mai di chi fidarci allora non ci resta che scommettere con la società e se bara,
riprenderci quello che abbiamo messo in gioco e ricominciare
Da “abruzzoitalia.it”
Il quotidiano degli abruzzesi
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Public-Private Technology Partnerships:
una strada per lo sviluppo dell’innovazione in Sanità
di Francesco Saverio Profiti - Pubblicato su Synthesis settembre-novembre 2010
Il progressivo invecchiamento della popolazione del nostro Paese, accompagnato da una domanda di servizi
sanitari sempre più qualificata metterà, nel prossimo futuro, i sistemi sanitari regionali di fronte ad una
situazione di difficile sostenibilità economica. In particolare, la scarsità delle risorse rispetto alla dimensione
complessiva del fenomeno renderà sempre più centrale e delicato il ruolo dell’innovazione tecnologica intesa
non soltanto come processo per lo sviluppo di nuovi prodotti (farmaci, dispositivi biomedicali, etc.), ma anche
come strumento di supporto alla pianificazione, alla programmazione e al controllo delle risorse economiche
stesse. Che l’innovazione tecnologica sia considerata oggi come una delle poche leve in grado di portare ad un
sistema sanitario qualitativamente migliore ed economicamente sostenibile è avvalorata da diverse ricerche
nazionali ed internazionali. Con riferimento al panorama nazionale e all’innovazione nel settore delle tecnologie
ICT, è di giugno 2010 la ricerca dell' “Osservatorio ICT in Sanità” della School of Management del Politecnico
di Milano (presentata a Bologna nell'ambito di Exposanità) che evidenzia come in Italia l’innovazione in Sanità
esista e sia positivamente percepita dai relativi stakeholders (Chief Information Officer, Direttori Generali,
Direttori Amministrativi e Direttori Sanitari). In dettaglio, da questa ricerca emerge come nei prossimi tre anni,
nel nostro Paese, una struttura sanitaria su tre (precisamente il 32%) aumenterà la spesa in innovazione ICT di
oltre il 20% rispetto al triennio scorso. L'investimento solo in nuovi progetti ad alto contenuto tecnologico nello
stesso periodo crescerà da 1 a 1,2 milioni di Euro, facendo segnare un incremento del 17%. Purtroppo, dalla
stessa ricerca (così come in varie altre), accanto a questo dato positivo emerge anche un quadro fortemente
disomogeneo e sbilanciato verso il Nord del Paese, con qualche eccezione nelle regioni del Centro e del Sud, dal
quale palesa una situazione complessiva dell’innovazione in Sanità “a macchia di leopardo”. Analizzando i
contesti in cui l’innovazione tecnologica in ambito sanitario viene relegata ad un ruolo marginale e non
strategico, ci si accorge che in essi vengono a mancare uno o più elementi legati alla definizione stessa di
innovazione come processo, ovvero innovazione intesa non soltanto come semplice capacità del singolo di
ricercare e sperimentare, ma come “processo continuo nello spazio e nel tempo” che vede coinvolti in modo
organico e multilaterale una molteplicità di attori. Per cui, in questi contesti, si osserva che:
1. le pubbliche amministrazioni regionali non hanno definito dei piani organici di sviluppo orientati in tal senso
e volti a migliorare e razionalizzare i processi e i servizi sanitari;
2. non si è formato a livello territoriale un contesto integrato per la ricerca e l’innovazione tra pubblica
amministrazione, università, aziende sanitarie, centri d’eccellenza e imprese;
3. le imprese non hanno interesse ad investire importanti risorse economiche in certi territori per mancanza di un
contesto che assicuri la profittabilità di tali investimenti;
4. si osserva il verificarsi di più fattori contemporaneamente e di cui ai punti precedenti.
Con particolare riferimento al punto 3., esistono degli ambiti, come quello sanitario, in cui accanto ad una bassa
profittabilità dell’investimento si ha, contemporaneamente, un evidente valore sociale. In questi casi, quali
strategie possono essere messe in campo affinché si arrivi a sviluppare in un territorio nelle condizioni di cui al
punto 3. un contesto di ricerca e di innovazione? Lo spunto per rispondere a questo interrogativo è possibile
trovarlo nell’articolo "Public-Private Technology Partnerships: Promises and Pitfalls" del settembre del 1999, in
cui Joseph E. Stiglitz (premio Nobel per l’economia e membro della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali)
e Scott J. Wallsten hanno individuato nelle Public-Private Partnerships (in seguito abbreviato in PPP)
tecnologiche un approccio innovativo al finanziamento delle attività di ricerca e innovazione in quei settori in
cui l’innovazione tecnologica ha, appunto, un’ampia prospettiva sociale e, contemporaneamente, un basso
rendimento in termini d’investimento. In Italia esistono delle esperienze significative in tal senso, fatte in regioni
quali l’Emilia-Romagna, il Veneto, la Lombardia e la Puglia. Non resta che provare a mettere a fattor comune
queste esperienze progettuali già svolte e valutarne l’attuazione in tutti quei territori dove ancora l’innovazione
tecnologica non è un fattore di sviluppo strategico per la Sanità.
di Francesco Saverio Profiti –
Fellow e Responsabile Innovazione e New Media del Centro Studi Tocqueville-Acton.
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Cultura
“Io ricordo una Pescara diversa, con cinquemila abitanti:
al mare ci si andava con un tram a cavalli e le sere si passeggiava,
incredibile! per quella strada dove sono nato, il Corso Manthonè,
ora diventato un vicolo e allora persino elegante…”
(Ennio Flaiano – da una lettera a Pasquale Scarpitti)
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Ensemble ‘900: sabato 30 ottobre a Lanciano
prima esecuzione di spartiti inediti
del compositore celanese Giuseppe Corsi
Venerdì 29 dalle 11 c’è stata l’ anteprima per la stampa
Prosegue il lavoro incessante di rivalutazione e riscoperta del patrimonio musicale abruzzese: l’associazione
pescarese Ensemble ‘900 ha proposto sabato 30 ottobre alle ore 21 presso la chiesa di Santa Giovina in largo
dell’Appello a Lanciano un concerto di presentazione del nuovo cd in prossima uscita, composto da brani di
compositori seicenteschi originari di Villa Santa Maria (Ch) e di Celano (Aq). Sono intervenuti i rappresentanti
della Fondazione Negri Sud e del mondo politico abruzzese.
La serata si è posta come ulteriore suggello al legame che l’associazione Ensemble ‘900 e la Fondazione
Negri Sud di Santa Maria Imbaro hanno stretto da oltre due anni: come ogni appuntamento dell’Ensemble,
infatti, anche il concerto di sabato è stata occasione di una raccolta fondi per il Negri Sud: raccolta che
grazie agli ultimi due Festival internazionali di musica antica di Ensemble ‘900 ha permesso di devolvere circa
4mila euro alla ricerca farmacologica.
Pierluigi Mencattini e Giovanni Rota (violini barocchi), Giovanni La Marca (viola da gamba), Maurizio Ria
(violone), Michele Carreca e Dimitri Goldobine (tiorbe) e Walter D’Arcangelo (organo e cembalo) hanno
interpretetato due sonate di Michele Mascitti, quattro toccate a cembalo solo di Carlo Cotumacci, una sinfonia
di Pietro Marchitelli e soprattutto, in prima esecuzione assoluta, cinque mottetti di Giuseppe Corsi da
Celano.
Il soprano Claire Decaux, il mezzo-soprano Laurraine Huet, il contralto Matthieu Peyregne, il tenore Paolo
Riccucci e il basso Riccardo Ristori hanno eseguito Caro mea, Ego sum pastor bonus, Isti sunt qui venerunt,
Lumen pacis, Omnes sancti: cinque mottetti per soprano solo, 3 o 4 voci, trascritti e realizzati strumentalmente
da Dimitri Goldobine nel pieno rispetto della prassi esecutiva del tempo.
«I Mottetti erano custoditi dall’Accademia nazionale dei Lincei, che ci ha permesso di eseguirli e di inciderli –
spiega Pierluigi Mencattini, presidente dell’associazione – Non è la prima volta che ci dedichiamo a prime
esecuzioni assolute di abruzzesi: solo negli ultimi cinque anni abbiamo riportato alla luce brani dei villesi
Michele Mascitti e Pietro Marchitelli».
«Nelle sonate di Michele Mascitti – spiega il musicologo Emiliano Giannetti – possiamo cogliere il gusto
raffinato del musicista che assimila nelle sue composizioni il modello corelliano che tanto aveva condizionato il
gusto del pubblico di tutta Europa. La fervida fantasia strumentale di Carlo Cotumacci trovò negli strumenti a
tastiera (più del repertorio sacro) la sua destinazione ideale. La Sinfonia a due violini e basso è probabilmente
uno dei lavori più interessanti di Pietro Marchitelli, che riesce a liberarsi dalle convenzioni della sua epoca
grazie anche ad una scrittura strumentale sempre viva e spontanea. La produzione musicale di Giuseppe Corsi è
rivolta quasi esclusivamente al repertorio sacro: i Mottetti presentati in questo concerto escono da secoli di oblio.
Negli ultimi due in particolare – Lumen pacis e Isti sunt qui venerunt – sono stati inseriti due violini accanto al
basso continuo prescritto dall’autore».
I compositori abruzzesi
Carlo Cotumacci nacque a Villa Santa Maria probabilmente nel 1709. Raggiunse il fratello maggiore Michele a
Napoli, dov’era compositore allievo del Provenzale al Conservatorio della Pietà dei Turchini, diplomandosi al
Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo e conoscendo, tra gli altri, Durante, Porpora e, pare, anche
Alessandro Scarlatti. Dal 1737 fece parte della Congregazione dei Musici di Napoli: apprezzato organista in
diverse chiese napoletane, nel 1749 fu assunto in tale ruolo presso la Santa Casa dell’Annunziata, incarico che
mantenne, per volere dei governatori, anche dopo l’incendio che distrusse la chiesa. Nel 1755 ricoprì l’incarico
che fu del suo maestro Durante nell’insegnamento al Conservatorio di Sant’Onofrio e lo mantenne fino alla
morte. Fra i numerosi allievi ricordiamo Giovanni Paisiello. Morì a Napoli il 29 luglio 1785.
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Nella sua produzione musicale troviamo molta musica sacra (5 Messe, un Requiem, un Te Deum, Responsori
per la Settimana Santa a 4 voci), composizioni dedicate al clavicembalo (14 Toccate e diverse Sonate) e molte
opere didattiche che circolarono sia manoscritte che a stampa nei secoli XVIII e XIX.
Il violinista Pietro Marchitelli nacque a Villa Santa Maria nel 1643. Apprezzato per la sua straordinaria
tecnica violinistica si trasferì a Napoli, dove fu violinista presso la Regia Cappella di Napoli e primo violino
dell’orchestra del Teatro San Bartolomeo. Conquistò una particolare fama nel 1702 quando, si racconta, umiliò
Arcangelo Corelli arrivato a Napoli per una serie di concerti. Insieme al nipote Michele Mascitti e colleghi
come Gian Carlo Cailò, Nicola Matteis, Nicola Fiorenza ed Emanuele Barella può essere considerato il
fondatore della scuola violinistica napoletana. Morì a Napoli nel 1729.
Fra le suo composizioni ricordiamo le quattordici Sonate a quattro per archi e basso continuo ed una Sinfonia a
due violini e basso d’organo.
Il violinista e compositore Michele Mascitti nacque a Villa Santa Maria intorno al 1664. Nella cittadina
abruzzese studiò il violino con lo zio Pietro Marchitelli, seguendolo poi nella città partenopea in qualità di
“violino soprannumerario” nell’orchestra della Regia Cappella. Successivamente si trasferì in diverse città
italiane, in Germania e in Olanda, ma nel 1704 quando si stabilì definitivamente a Parigi. Nella capitale
francese pubblicò almeno nove volumi di Sonate che ebbero all’epoca molto successo con conseguenti ristampe
anche in Inghilterra e Olanda. Nel 1739 acquisì anche la cittadinanza francese modificando il proprio nome in
Michel Masciti. Durante la sua lunga esistenza godette della protezione del Duca d’Orléans, dell’Elettore di
Baviera e del cardinale Ottoboni. Morì a Parigi il 24 aprile 1760.
Giuseppe Corsi, come riportava nel 1937 lo Schmidl, fu detto il Celano dal nome della città in provincia de
L’Aquila dove si ritiene fosse nato probabilmente nel maggio del 1630. Ricerche effettuate negli archivi della
Curia Vescovile della diocesi dei Marsi e della città si sono però rivelate infruttuose poiché mancano i registri e
i documenti di quel periodo. Fu maestro di cappella a Santa Maria Maggiore in Roma dal 1659 per poi
ricoprire il medesimo incarico nella basilica di San Giovanni in Laterano (1661-65), Sant’Apollinare e in Santa
Maria in Vallicella. Dopo un periodo trascorso alla Santa Casa di Loreto (1668-75) e poi ad Ancona tornò a
Roma (1677), dove ricoprì l’incarico di maestro di cappella nell’Oratorio di San Marcello e nella Chiesa
Nuova. Per il suo tenore di vita non del tutto consono con il suo ruolo ecclesiastico fu bandito da Roma da Papa
Innocenzo XI. Relegato a Narni venne successivamente nominato maestro di cappella dal duca di Parma (16811688). Morì, verosimilmente, a Modena, dove era al servizio del duca della città sicuramente dopo il 1690. Fra
le sue composizioni ricordiamo diversi Mottetti, 2 messe a 8 voci, 20 cantate e diverse arie.
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“FAVOLE A MERENDA”
Scorpacciate di storie e di torte
rassegna di teatro ragazzi al Florian Espace
tutte le domeniche di novembre alle ore 17
Il Florian Teatro Stabile d’Innovazione in collaborazione con Espace promozione culturale
propone nel mese di novembre, ogni domenica alle ore 17, una rassegna autunnale di teatro
ragazzi “FAVOLE A MERENDA, scorpacciate di storie e di torte, al Florian Espace (in via
Valle Roveto, 39), con inizio alle ore 17.
Sono quattro pomeriggi domenicali dedicati alle storie più classiche, alle fiabe più amate dai
bambini e ai loro protagonisti; 4 spettacoli, tutti dedicati al giovane pubblico, che da anni segue
appassionatamente le nostre rassegne di teatro ragazzi, sia in estiva che in invernale.
E dopo le storie, nel foyer del teatro, si farà una… scorpacciata di torte, un’allegra merenda
insieme agli attori dello spettacolo, con una fetta di torta “della nonna”.
Si inizia domenica 7 novembre con I tre Porcellini, della compagnia I Guardiani
dell’Oca/Abruzzo Tu.Cur. di Guardiagrele. Spettacolo musicale con attori e pupazzi, con
Tiziano Feola e Zenone Benedetto, regia di Zenone Benedetto. Un viaggio affascinante in un
classico della favola, la storia di un lupo che cerca di raccontare le sue maldestre avventure alle
prese con tre porcellini giocosi e divertenti. In un crescendo di emozioni e colpi di scena, il lupo
cercherà in tutti i modi di raccontare la storia tradizionale dal suo punto di vista.
Domenica 14 novembre va in scena la fiaba Ricciolidoro, uno spettacolo del Florian
Teatro Stabile d’Innovazione, di e con con Flavia Valoppi, e alla viola Irida Mero, liberamente
ispirato a Riccidoro dei F.lli Grimm; la regia è di Anna Maria Talone. Questo spettacolo riesce
con semplicità ma straordinaria efficacia, a portarci dentro il mondo dei bambini, attraverso il
fantastico viaggio tra gli oggetti quotidiani: tavoli, sedie, ciotole, tazze, letti. Ricciolidoro, come
tutti i bambini, trasforma nel suo immaginario gli oggetti, che diventano un prolungamento
affettivo del suo corpo, il confine tra il suo mondo e il mondo reale degli adulti fatto di divisioni,
pesi e misure. Lo spettacolo segue le avventure di Ricciolidoro nella casetta degli orsi, in punta
di piedi come guardando dal buco della serratura. L’attrice, di volta in volta, scopre gli oggetti
cercando di ritrovare quello stupore che accomuna il gioco della scena con le esperienze di
scoperta dei bambini.
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Domenica 21 novembre la compagnia del Florian propone Io sono tu sei…, la nuova
produzione di teatro ragazzi, liberamente tratta da “Io sono, tu sei” di Giusi Quarenghi, regia di
Mario Fracassi con Lisa De Leonardis e Irida Mero, musiche e canzoni di Paolo Capodacqua.
Lo spettacolo racconta la storia di due bambine, Beatrice e Liranda, quest’ultima di origine
albanese. Le due bambine costruiscono ciascuna la biografia dell’altra, raccontandosi le loro
storie, fatte di nostalgie, di giochi, di timori e di speranze, e scoprono qualcosa di importante,
”…come erano diverse nella loro uguaglianza, e com’erano uguali nella loro diversità.” Lo
spettacolo segue il racconto di Giusi Quarenghi, apprezzata autrice di letteratura per l’infanzia,
ed è stato tessuto con le improvvisazioni delle due attrici, che proprio come i due personaggi
della storia, sono una italiana l’altra albanese; si sono narrate e raccontate, riprendendo per mano
la propria infanzia, e hanno legato questo materiale con quello scaturito dai laboratori teatrali
condotti da regista dello spettacolo Mario Fracassi, con i bambini nelle scuole.
Infine, domenica 28 novembre il cartellone si conclude con una favola che ha fatto il
giro del mondo e ancora incanta i più piccoli come gli adulti, Le incredibili avventure di
Pollicino, della compagnia I Guastafeste di L’Aquila, adattamento e regia di Marco Valeri.
Quella che viene presentata è una mise en éspace della favola di Charles Perrault riscritta e
adattata alla coralità di più voci, in cui ci si lascia trasportare da una narrazione ritmata da
canzoni e musiche. Lo spettacolo presenta pochi semplici oggetti, strumenti e travestimenti, per
lasciare spazio alla caratterizzazione dei personaggi della storia attraverso segni minimi e ben
riconoscibili.
L’inizio degli spettacoli è alle ore 17; il costo del biglietto d’ingresso è di 5,00 euro, sia
per i grandi che per i piccoli.
Il botteghino del Florian Espace sarà aperto un’ora prima degli spettacoli.
Florian Teatro Stabile d’Innovaz ione
[email protected] 085/4224087 - 085/4225129 - 393/9350933
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PRATOLA A TEATRO
anno sesto
stagione 2010/2011
Parte la sesta stagione teatrale del Teatro Comunale di Pratola Peligna con un doppio
cartellone, uno dedicato ad un pubblico adulto, Pratola a Teatro, ed uno per un pubblico più
giovane, Pratola per i ragazzi, entrambi ricchi di proposte artistiche importanti, a cura del
FLORIAN Teatro Stabile d’Innovazione di Pescara, e il sostegno del Comune di Pratola
Peligna.
Anche quest’anno il Teatro Comunale ospiterà compagnie originali ed interessanti del
panorama nazionale, tradizionale e di ricerca, e registi ed interpreti di livello nazionale. Non
mancheranno tuttavia anche autori appartenenti al nostro territorio conosciuti nella nostra
regione per l’originalità e l’alta qualità del loro lavoro.
Pratola a Teatro quest’anno ha in cartellone 8 diversi spettacoli teatrali per accontentare
un po’ tutti i gusti degli spettatori; Pratola per i ragazzi, invece, dedicherà 5 spettacoli la
domenica pomeriggio alle famiglie e 4 in matinés, alle scuole della città.
Il costo del biglietto d’ingresso agli spettacoli serali è anche quest’anno di 12 euro per
l’intero e 10 per il ridotto; mentre il biglietto per i bambini e i loro familiari la domenica
pomeriggio è di 4 euro.
Il sipario del Teatro Comunale si alza venerdì 12 novembre alle ore 21 con l’esilarante
Nunsense, le amiche di Maria, il musical delle suore di Dan Goggin, tradotto e adattato da
Fabrizio Angelini e Gianfranco Vergoni. Lo spettacolo è presentato dall’Accademia dello
Spettacolo di Ortona, diretta da Gabriele De Guglielmo, in collaborazione con il Tsa; Fabrizio
Angelini, che ha alle spalle una lunga esperienza nella Compagnia della Rancia, firma la regia
originale e le coreografie di questo spettacolo. Nunsense (gioco di parole tra NUN- suora e
NONSENSE) ha debuttato nel teatro Cherry Lane di New York nel 1985 ed è il secondo musical
della storia di Off-Broadway per permanenza continuativa in scena (8 anni!). Questo
divertentissimo spettacolo, in stile Sister act, ha come protagoniste cinque suore, ognuna con la
sua storia, ben calate nella vita di oggi ed informate sulla cronaca e sugli avvenimenti televisivi,
che cantano, ballano e recitano con grande vivacità.
Sabato 4 dicembre alle ore 21 va in scena Le Cognate di Michel Tremblay, considerato
un maestro del teatro canadese e uno dei leader della nuova generazione di scrittori del Quebec,
con la regia di Domenico Galasso per il Laboratorio Ribalta di Lanciano. Il testo è uno dei più
complessi e rappresentativi delle radici geografiche, familiari e culturali dell’autore, anche per il
dono inimitabile di far sentire tanto le voci contraddittorie e polifoniche di una moltitudine di
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personaggi, quanto la grandezza e le piccolezze di un’intera collettività.
Quindici donne in una cucina: questa la condizione di partenza per una curiosa esplorazione del
mondo. La padrona di casa ha vinto, per un concorso non precisato tra i tanti, un milione di
punti che le vengono recapitati a casa con gli album sui quali gli stessi dovranno essere apposti.
Chiama dunque le parenti, le amiche, le vicine, perché l’aiutino nell’incollaggio; ma la riunione
scatena le tensioni che le convenzioni sociali malcelatamente tengono a freno.
Il coro delle donne denuncia il disfacimento della macchina sociale che era la famiglia, e
il devastante ingresso della televisione in ogni casa, quella magica scatola vuota, strana madre
che riflette, come un magico specchio, negli occhi e nei desideri di ognuno e di tutti, le
immagini di un irraggiungibile altrove.
Venerdì 17 dicembre ore 21 andrà in scena uno spettacolo particolare, sospeso tra il
cabaret e la performance, con musiche dal vivo Cena a ritmo lento prove di cabaret, prodotto
da Skené.0. culture e territorio di Pescara. Il lavoro di Adriana C. Cardelli è un’azione teatrale
che si svolge tra il reale e il virtuale con l’intento di coinvolgere il pubblico a vivere
concretamente le emozioni provocate dalle diverse suggestioni e dal gusto del cibo, offerto agli
spettatori con modalità quasi cerimoniali. E’ un viaggio tra parole, immagini, odori e suoni
interpretati rispetto ai rapporti tra Eros/Sessualità e Morte. L’Eros è declinato nella sua
molteplicità di significati: dall’amore alla forza rivoluzionaria della trasgressione. Durante lo
spettacolo vengono proiettate immagini di Manet, Monet, Picasso ed opere di fotografi e pittori
contemporanei; sullo sfondo di immagini metropolitane e di un corto inedito, realizzato dalla
stessa Adriana C. Cardelli, verranno eseguiti dal vivo brani di Bizet, Kurt Weill, Poulenc e di
musica leggera scelti in base alla loro forza evocativa.
Domenica 26 dicembre alle ore 17 il cartellone propone uno spettacolo musicale di
Mauro Marino e Francesco Giardinazzo, LE CANZONI CHE HO VISTO viaggio nel
cinema attraverso 15 brani da Oscar; “Le canzoni che ho visto” nasce dall’idea di costruire
un viaggio nel tempo grazie alle canzoni che hanno contraddistinto non solo le pellicole ma
soprattutto il tempo cui appartenevano. La cronologia si estende dal 1935 al 2008, e compone un
affresco, una storia del nostro tempo scandita da brani intramontabili che hanno ottenuto il
premio Oscar: “The Continental”, “Over the Rainbow”, “Moon River”, “I’m Easy”, “Streets of
Philadelphia” o “Falling Slowly” ed altri. Un omaggio alla parola e al suo imprescindibile
legame con la musica, uno spettacolo di istantanee, frammenti di memoria cuciti da un
narratore-cantore che inventa per il pubblico un sogno possibile, una storia dentro la quale
ognuno può trovare posto, proprio come quando si spengono le luci in sala e il teatro della vita si
accende. In scena lo stesso Mauro Marino, attore e interprete, con una band di valenti musicisti
per la direzione musicale di Gianfranco Di Giovanni.
Sabato 22 gennaio alle ore 21 e domenica 23 gennaio in pomeridiana alle ore 17 va in
scena Il Malato Immaginario di Molière, in un’inedita trasposizione romanesca proposta dalla
compagnia teatrale La Quercia Incantata di Roma con la regia di Giuliana Bonopane. Jean
Baptiste Poquelin, detto Molière, ha dotato il teatro di commedie immortali che per la loro
comicità e profonda analisi delle debolezze umane, sono ancora molto attuali. Lo spettacolo è
ambientato nella Roma papalina, nell’anno 1848: la fuga di Pio IX da Roma e la scena politica
ricca di fermenti liberali e di guerre tra Stati confinanti, costituiscono lo sfondo storico della
vicenda. Il ricco don Argante si immagina malato e la sua ipocondria è il suo rifugio ed il
mezzo per sentirsi al centro dell’attenzione; anche se appare burbero ed autoritario, in realtà è un
debole, un malinconico che diventa oggetto di attenzione del medico curante, del notaio e
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dell’ambiziosa e venale moglie.
Venerdì 4 febbraio ore 21 la compagnia L’Effimero Meraviglioso di Sinnai –Cagliaripresenta Volevo vedere il cielo di Massimo Carlotto con Miana Merisi, regia di Maria Assunta
Calvisi. In scena c’è una donna, di cui non si conosce neanche il nome; si sa invece che il marito
si chiama Arturo, un brav’uomo, grande lavoratore, “sempre su e giù col muletto”, ormai
rassegnato alle avversità della vita. Curiosamente non si conosce neanche il nome della figlia,
“la ragazzina” che cerca in tutti i modi di sfuggire dalle grinfie della madre che la vorrebbe
velina o concorrente del Grande Fratello, anche battona purché non come lei, frustrata e infelice.
Un’infelicità annegata nel vermouth, unico sollievo ad una vita grigia da discount.
Non occorre un accadimento eclatante per far scoppiare il dramma. Il dramma è covato dentro,
pronto ad esplodere perché alimentato giorno per giorno dall’angoscia di una quotidianità
vissuta nella speranza di un riscatto che solo “la ragazzina” ormai può offrire.
“Volevo vedere il cielo, almeno un pezzettino…” dice la donna con amarezza. Ma per lei il
cielo non c’è mai stato nella sua stanza, come nella canzone.,. “Io volevo solo che la mia
ragazzina fosse felice, che almeno lei lo vedesse il cielo. Niente più niente al mondo potrà
rimettere a posto le cose”.
Venerdì 25 febbraio alle ore 21 la Compagnia delle Rose di Roma presenta La Pupilla
(in commedia dell’Arte) di Carlo Goldoni, in un libero adattamento di Carlo Alighiero e Luca
Negroni, regia Luca Negroni. Lo spettacolo è un omaggio alla Commedia dell’Arte, patrimonio
del teatro italiano a cui tutto il mondo guarda con interesse e che ha lasciato tracce profonde
nelle opere di molti autori, tra cui Shakespeare. Le abilità dei comici italiani impressionarono e
stupirono nei quattro angoli del Globo. La nostra tradizione teatrale, il nostro stesso modo di
intendere l’arte del recitare trae origine e fondamento dalla Commedia dell’Arte, dalle sue
maschere, dai suoi meccanismi scenici, dai suoi tempi comici, dai suoi ritmi. La compagnia
delle Rose ha affrontato un testo di Goldoni e lo ha utilizzato come un canovaccio da riportare al
pubblico con le tecniche e le maschere della Commedia dell’Arte; in scena sono rappresentati i
caratteri più famosi: servitori e padroni, giovani e vecchi, furbi e sciocchi.
Venerdì 11 marzo ore 21 va in scena la nuova produzione del Florian Teatro Stabile
d’Innovazione, Sogno Dannunziano, drammaturgia di Giulia Basel, regia di Gian Marco
Montesano, con un cast notevole per numeroe qualità, tra cui l’applauditissima Anna Paola
Vellaccio, di ritorno dal Festival di Venezia dove era interprete nel film Notizie degli scavi di
Emidio Greco con Giuseppe Battiston e Ambra Angiolini.
Lo spettacolo, ideato da Giulia Basel che ne ha curato anche la drammaturgia, ha debuttato la
scorsa estate all’ex Aurum nell’ambito del “D’Annunzio Festival”, con la direzione di un
regista-artista come Gian Marco Montesano.
Personaggi, parole di prosa e di poesia di D’Annunzio sono affidate agli interpreti, primo fra
tutti Massimo Vellaccio che ci condurrà verso un D’Annunzio inedito.
“…emergerà la variabile notturna e femminile del suprematismo virile di D'Annunzio. Variabile
femminile che, nel Poeta, significa evocazione dell’anima femminile del mondo” (Gian Marco
Montesano).
E’ un D’Annunzio della confessione e della memoria mirabilmente accompagnato dal
pianoforte e dalle musiche di Silvio Feliciani, attraversato dalle installazioni coreografiche di
Anouska Brodacz che interagiscono con le videoproiezioni.
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Il ricco cartellone di Pratola per i ragazzi, invece, dedica 4 spettacoli in matinées alle
scuole della città, dalla scuola dell’infanzia alla scuola media, proponendo tematiche importanti
e attuali che invitano le insegnanti e gli alunni a una riflessione, e 5 in pomeridiana, di maggiore
intrattenimento, la domenica per le famiglie.
Si parte domenica 28 novembre alle 17 con la compagnia del Potlach di Fara Sabina,
con Ventimila leghe sotto i mari, regia di Pino Di Buduo, Progetto vincitore del bando
CREARR – Casa dei Racconti – Equipe - Allestimenti e Residenze Teatrali - Provincia di Rieti.
L’idea artistica di partenza è quella di coniugare tecniche narrative proprie del teatro
drammatico e tecniche di scenografia digitale, per ricostruire l’effetto visionario delle pagine del
famoso romanzo di Jules Verne. I due scienziati protagonisti, Nemo e Aronax, affrontano il
futuro fino ad una drammatica separazione. “Ventimila leghe sotto i mari” è un progetto artistico
multidisciplinare che nasce tra teatro, musica, scenografia digitale e videoarte. Le nuove
tecnologie nel campo delle scenografie digitali saranno combinate, grazie alla loro componente
interattiva, con le azioni degli attori a tal punto da entrare a far parte della partitura
drammaturgica.
Domenica 12 dicembre ore 17 andrà in scena Cappuccetto rosso, della compagnia
Fontemaggiore Teatro Stabile d’Innovazione di Perugia, uno spettacolo di Maria Rita
Alessandri. Lo spettacolo continua un percorso di narrazione attraverso il corpo, iniziato negli
anni ’90 con l’allestimento di “Nella pancia del lupo”, uno spettacolo che presentava interessanti
novità in campo espressivo e drammaturgico. Questo “Cappuccetto rosso” si distanzia
dall’allestimento precedente e il corpo diventa materia narrativa: le mani e i piedi si trasformano
in burattini, il corpo disegna personaggi e crea lo spazio della scena. Una delle chiavi di lettura
dello spettacolo è il gioco del raddoppiamento: il bosco come ambiente naturale in cui incontrare
gli animali dal vago sapore disneyano e il bosco immaginario nel quale interagire con i
personaggi delle fiabe.
Giovedì 30 dicembre alle ore 17 è la volta di I vestiti nuovi dell’Imperatore e altre
storie di Gianni Rodari, uno spettacolo di Mario Fracassi , un contributo che la Compagnia del
Florian propone in occasione dell’anno rodariano abruzzese 2010. Il 2010 è stato infatti un anno
importante per il ricordo dell'autore, un triplice anniversario, essendo nato ad ottobre del 1920,
morto nell'aprile del 1980, ed avendo ricevuto nel 1970 il Premio Andersen, 'nobel' della
letteratura per l'infanzia. Questo spettacolo è un percorso che attraversa il mondo del grande
scrittore, dalle storie più classiche alle filastrocche meno conosciute; narrazione, animazione,
canzoni e musica dal vivo, si succederanno in un’atmosfera davvero senza tempo.
Domenica 16 gennaio ore 17 andrà in scena Il brutto anatroccolo, della compagnia TFU di
Perugia, regia di Mario Tirabassi.
La storia nota a tutti scritta dal grande Andersen, è stata rivisitata in modo da cogliere gli aspetti
più significativi e moderni di questa storia, che mettono in evidenza la diversità come pregio,
più che come difetto; infatti il Brutto Anatroccolo non rinasce a nuova vita diventando un cigno
ma è semplicemente un cigno fin dalla nascita e il suo essere diverso in un contesto di simili sarà
oggetto di esperienze difficili, che hanno come punto di riferimento il bisogno di socialità e di
appartenenza. Lo spettacolo molto dolce, agisce con i ritmi tipici del racconto di fiabe, la
nascita, la scoperta del mondo e l’emancipazione; al centro della scena c’è un grande libro per
l’infanzia, che viene via via sfogliato diventando un pop up tridimensionale e svelando i vari
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luoghi della storia. All’interno delle pagine agiscono le figure realizzate attraverso una tecnica
innovativa che prevede delle soluzioni meccaniche molto avanzate, in modo da consentire alle
figure stesse dei movimenti quasi realistici..
Ultimo appuntamento domenica 20 febbraio con Barbablù della compagnia Teatrabile
dell’Aquila, regia di Eugenio Incarnati. Gli attori sono in riga, con lo sguardo nel vuoto e
strumenti musicali che suonano melodie improbabili. Presto la vicenda, fiabesca ed onirica, si
svilupperà attraverso capovolgimenti continui. Una narrazione serrata accompagnata da suoni,
rumori e versi si sviluppa con una logica a-logica: ogni possibile linguaggio è messo in
discussione, tutto è finto, tutto è visibile e svelato; tutto d’altro canto, è veloce. Nell’essenzialità
dell’allestimento, nel grottesco e nel ridicolo si ritrova, alla fine, il senso del linguaggio del
teatro.
Il primo appuntamento in scolastica, in programma giovedì 3 febbraio alle 10,30, ruota
intorno al tema dell’acqua come elemento vitale per la natura e per l’uomo: L’acqua di Lalla
della compagnia Terrateatro di Giulianova, regia di Ottaviano Taddei. E’ la storia di Nonna
Lalla che racconta ai bambini un’esperienza vissuta molti anni prima, quando era ragazzina,
insieme al suo amico Nico: un viaggio straordinario avvenuto lungo il fiume. Ma proprio mentre
inizia il racconto del meraviglioso viaggio, la nonnina assume le sembianze e le vesti di lei
bambina. La scenografia si anima, appare Nico e la sua fisarmonica; appare anche la
meravigliosa bicicletta di Lalla. Lo spettacolo intende muoversi attraverso i suoni, i colori, le
forme e perfino i gusti di cui l’acqua si compone, diventando multisensoriale, senza però perdere
mai la sua natura favolistica. La musica dal vivo attraversa continuamente la narrazione,
sottolineando i vari momenti nei quali l’acqua si svela ai sensi dei giovani spettatori, diventando
la vera protagonista del racconto.
Secondo appuntamento in solastica, lunedì 28 febbraio ore 10,30, è Storia di un punto
di Eventi Culturali di Porto Sant’Elpidio, regia di Oberdan Cesanelli e Marco Renzi. Due attori
si muovono su un impianto scenico che consente di essere agito a più livelli e raccontano una
storia, quella del principio del mondo a partire dalla comparsa di un piccolo punto nero che
dopo aver girato in lungo e in largo, comincia a sentirsi solo e a diventare triste. Fortunatamente
sopraggiunge una simpaticissima punta nera, i due si piacciono, si sposano e generano tanti
piccoli punti, tutti neri. I puntini sono chiassosi, non si fermano mai, corrono e saltano in
continuazione. Un giorno, per gioco, si prendono per mano allineandosi, si stringono forte forte,
fino a formare una linea., e in seguito delle forme Lo spettacolo fa uso di una serie di tecniche;
dalla narrazione, ai burattini, ai pupazzi, alle figure ed oggetti animati, fino a spettacolari
videoproiezioni che invadono l’intero spazio teatrale.
Martedì 15 marzo la compagnia Teatro Vivo di Ravenna presenta in orario scolastico
Armenia mon amour, di e con Tammara Fagnocchi, regia e drammaturgia di Marcela Serli.
“Armenia Mon Amour” è un monologo a più voci, ironico e onirico, che tratta la drammatica e
complessa vicenda del massacro degli armeni da parte del governo turco, definito come il primo
genocidio del XX secolo. Nonostante la tematica forte e tragica, ci sono diversi personaggi
comici, grotteschi, che alleggerendo i toni fanno sorridere, a volte addirittura ridere, raccontando
parte della storia. L’intento dello spettacolo è di far riflettere senza retorica. E’ proprio tramite la
risata, amara, che si coglie con ancor più immediatezza il dramma di persone che alla fine
potremmo considerare “uguali a noi”. Raccontare senza giudizio le tragedie del popolo armeno è
ora un atto dovuto soprattutto in questo momento in cui il giorno della memoria è episodio
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museale che quasi non ci appartiene. La storia degli armeni è la stessa degli ebrei, dei
tutsi, dei palestinesi, dei kossovari e di tutti quei popoli che vivono tra noi invisibili.
L’ultimo appuntamento con le scuole di Pratola, in cartellone venerdì 18 marzo, è con
PiK-Nik, uno spettacolo del Teatro del Canguro di Ancona, regia di Loretta Antonella e
Rebecca Murgi, collaborazione artistica Lino Terra.
Lo spettacolo interpretato da una danzatrice e un’attrice, è basato essenzialmente sulla diversità
dei linguaggi che le due interpreti utilizzano, vissuta in questo contesto come ulteriore
opportunità di comunicazione; affronta in modo giocoso e divertente una serie di tematiche
vicine al mondo dei più piccoli. C’è anzitutto l’incontro e l’accettazione dell’altro: uno dei primi
importanti passi che il bambino compie nei suoi iniziali approcci con i coetanei. Pik e Nik, sono
infatti due bizzarri personaggi che sembrano provenire da “mondi” diversi e che s’incontrano
casualmente durante un improvvisato picnic. I due sono diametralmente opposti: quanto l’uno è
confusionario e pasticcione, tanto l’altro è preciso e ordinato, quanto l’uno è apparentemente
controllato e poco propenso a socializzare, tanto l’altro è allegro ed estroverso. Tuttavia c’è la
scoperta di una collaborazione creativa che può avvenire nel riconoscere come ricchezza il
differente modo di porsi e di esprimersi dell’altro. C’è infine un bonario, ma pertinente richiamo
alle conseguenze più o meno disastrose che certi comportamenti, se pure vissuti con
divertimento e leggerezza, possono inconsapevolmente causare.
Accanto all’attività di programmazione della rassegna e di ospitalità di compagnie teatrali, è
iniziata, con la riapertura dell’anno scolastico, anche una fervida attività di laboratori nelle
scuole primarie e secondarie della città di Pratola, curata dal regista e pedagogo teatrale Mario
Fracassi, attivo da anni nel teatro dentro la scuola; sarà ancora nell’ambito del cartellone
teatrale pratolano che verranno presentati tutti i saggi finali di dimostrazione del lavoro svolto
con gli alunni e gli insegnanti della città dell’anno scolastico in corso.
Un teatro che parte dall’edificio teatrale e si inserisce nelle strutture della città e va incontro alle
persone, nelle biblioteche, nelle scuole, nei palazzi; un teatro che svolge un’attività culturale
capillare, e per tutti i gusti; sempre sensibile alle proposte delle diverse associazioni locali e che
promuove iniziative diversificate: questo è l’impegno anche quest’anno del Florian Teatro
Stabile d’Innovazione a Pratola Peligna.
Livia Tammaro
Ufficio stampa
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Auditorium Flaiano Pescara
domenica 7 NOVEMBRE ore 21,00
...tra le ostentate certezze dei salotti televisivi
e l'eterna fragilità dell'esistere
da rintracciare sotto le macerie di un terremoto...
Cosi è (se vi pare) di Luigi Pirandello
con Cristina Cartone, Tommaso Di Giorgio, Stefania Evandro, Federica Nobilio, Ottaviano Taddei, Alberto Santucci, Rita
Scognamiglio, Giacomo Vallozza
figure bianche: Massimo Piunti
regia Antonio Silvagni
una coproduzione Teatri d'Abruzzo -Teatro stabile d'Abruzzo -Regione Abruzzo
Verità fluttuanti e identità incerte da rintracciare sotto le macerie di un terremoto.Così è (se vi pare), forse l’opera più
corale di Pirandello, gioca sull’essere e sull’apparire, traendo spunto proprio dal terremoto del 1915. Lo spaesamento di
chi arriva da un luogo in rovina confligge con la messinscena delle presunte verità; e la morbida ricerca di un equilibrio
esistenziale da parte di coloro che arrivano dalla catastrofe appare follia a chi non ha ancora conosciuto il vuoto sotto i
piedi.
Il terremoto della Marsica cui Pirandello fa un rapido accenno nell’opera Così è (se vi pare ), corrisponde nell’allestimento
TdA al franare dell’architettura emotiva e psicologica del Signor Ponza e della Signora Frola, reduci volutamente anonimie
impegnati nella ricostruzione di un senso nuovo e possibile dell’esistere, ‘aperto a mille lampi’ se pur privo di una verità
burocratica. Il salotto Agazzi diventa un microcosmo autosufficiente in cui personaggi creati da una realtà mediatica
incarnano ruoli autoreferenziali, cui nulla importa della verità reale. La presente lettura dell’opera pirandelliana risente in
maniera profonda degli ultimi avvenimenti che hanno sconvolto l’Abruzzo: il terremoto, che per Pirandello era un pretesto
per azzerare certezze e fisionomie, e un non luogo da cui far emergere la critica alle sicurezze preconfezionate, diventa
ora punto di partenza per un’inchiesta sul profondo dissidio tra verità e realtà, tra le ostentate certezze dei salotti televisivi
e l’eterna fragilità dell’esistere.
Così è (se vi pare), prima produzione di Teatri d’Abruzzo, pur rispettando il testo pirandelliano, intreccia il passato al
presente: una riflessione sull’ingerenza dei mass media nella realtà quotidiana, l’alterazione e l’offuscamento della verità in
contrasto con la vita dei personaggi, vittime delle convezioni, anime alla ricerca di una ricostruzione del proprio equilibrio.
www.teatridabruzzo.it
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Un libro
Gli editori locali, quelli che cercano a fatica di farsi spazio nel panorama editoriale, hanno
bisogno di farsi conoscere e di far conoscere le loro proposte.
Diamo spazio ai libri degli editori locali o di autori locali.
“Un libro sogna. Il libro è l’unico oggetto inanimato
che possa avere sogni”
(Ennio Flaiano)
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il seme perduto della buona politica
Licio Sabatini è uno scrittore che pubblica periodicamente le sue riflessioni sul giornale Il
Centro e la sua attenzione si concentra su varie tematiche: fatti di cronaca, vicende politiche,
eventi di costume e su ogni aspetto che colpisca la sua sensibilità.
Dalla volontà di riunire le sue riflessioni pubblicate sul Centro negli anni che vanno dal 2007 al
2010 è nato il libro “Il Seme Perduto della buona politica”, fatti e personaggi protagonisti del
romanzo assurdo dei nostri tempi. Il titolo del libro che prende spunto da un articolo all'interno
della pubblicazione, ci inserisce subito nello spirito dal quale si avviano le riflessioni che
compongono il corpus del libro. L’autore Sabatini si pone con uno sguardo disincantato e offre
“un'analisi schietta degli avvenimenti – descritti con un linguaggio semplice – che si
accompagna ad una rappresentazione efficace dell'essenza della nostra società, oggi”. Queste le
parole utilizzate dal direttore del quotidiano Il Centro, Luigi Vicinanza, che ha firmato la
presentazione del libro.
La pubblicazione presenta una divisione in due parti del corpus degli articoli: I Italia tra crisi e
speranze e II Abruzzo una regione in cerca di una nuova identità. Essa consente al lettore un
approccio più immediato ai vari aspetti della esperienza umana che è passata sotto il vaglio
attento dell'autore, che non risparmia metafore e similitudini per raccontarci il suo punto di
vista.
Nella prima parte dagli articoli viene fuori una visione amara e di piena sfiducia della società e
della politica dalla quale emerge "un sistema logoro" dove "s'è perso il seme del senso della
moralità, della rettitudine e dello spirito di servizio". Sabatini ci invita ad una riflessione sugli
italiani, su un popolo "inaffidabile di furbi in cui i nostri santi e i nostri eroi servono come
vessilli per nascondere una generale cultura votata all'imbroglio e alla corruzione" ma che può
avviarsi ad una rinascita anche con "l'azione della magistratura non solo per la difesa della
legalità in sé, ma anche quale strumento di ripristino di un nuovo ordine morale".
Nella seconda parte, si parla di Abruzzo, terra d'origine dell'autore, e regione in cerca di una
nuova identità appunto, una regione colpita da calamità naturali che hanno aperto una profonda
ferita e che deve fare costantemente i conti con una spirale di fenomeni di corruzione e mala
politica che contribuiscono a peggiorare una già precaria situazione anche economica. Licio
Sabatini, Il seme perduto della buona politica, fatti e personaggi protagonisti del romanzo
assurdo dei nostri tempi, Ortona, pagg. 208, € 12,00.
storia del brigantaggio in abruzzo
dopo l’unità (1860-1890)
Il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia nella situazione politica attuale è occasione di vivaci
riflessioni, convegni, dibattiti, scontri mediatici. La casa editrice Menabò ha voluto dare il suo
contributo alla comprensione della complessa realizzazione dell’unificazione della penisola con
la ristampa di un documentato studio di Romano Canosa sulla storia del brigantaggio dopo
l’Unità pubblicato nel 2001. La nuova edizione si arricchisce di stampe dell’epoca e di un utile
indice delle località citate.
“Viva Francesco II! morte a Garibaldi e morte alla Nazione! Questo gridavano all’uscita della
Messa il 14 ottobre del 1860 una ventina di persone con coccarde rosse bene in vista a Gagliano
Aterno e subito dopo presero ad abbattere lo stemma sabaudo posto sulla facciata della sede
della Guardia Nazionale. Quando poi incrociarono tal Luigi Del Campo, conosciuto come
liberale, lo aggredirono colpendolo al capo con una pietra. L’uomo riuscì a rifugiarsi in una casa
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vicina, ma i rivoltosi ne sfondarono la porta e lo colpirono di nuovo con un bastone. Non
contenti di ciò, riuscito il Del Campo ancora a fuggire, lo inseguirono e, quando, sfinito, cadde a
terra, gli spararono contro un colpo di pistola.
Fatti non dissimili si verificarono anche a Castelvecchio Subequo, a Fontecchio, Castel di
Sangro dove fu assalita la casa di D. Eliseo Massari dal cui balcone vennero gettati in strada e
poi bruciati i mobili-.A Castelfrentano, Monteodorisio, Roc-camorice, e in tanti altri centri del-l’A-bruz-zo, il 21
ottobre, giorno del Plebiscito, il popolo tumultuante ne impedì lo svolgimento. Spesso furono
proprio le persone “compromesse” in questi tumulti a darsi alla fuga nelle campagne e a formare
il nucleo di quel brigantaggio che piccolo all’inizio assunse in breve tempo proporzioni
gigantesche, tanto che per debellarlo il giovane stato unitario, con la legge “Pica” che affidava i
processi di brigantaggio alla competenza dei tribunali militari di guerra, riconobbe che si trattava
di una vera e propria guerra civile che nel corso di quasi dieci anni, mietè migliaia di vittime.
Quali le cause del fenomeno? Si trattò di u-na guerra civile che i Piemontesi chiamarono
“brigantaggio” (fenomeno diffuso da tempo in Meridione) per delineare un Sud analfabeta e
senza i valori legalitari e libertari che muovevano le classi più agiate verso l’Unità? Si trattò di
ribellione contro le peggiorate condizioni di vita che il Nord bollò come delinquenza per non
riconoscere i danni economici che l’U-nità portava al Sud? L’autore, com’è sua a-bi-tudine, non
vuole sostenere né dimostrare nessuna tesi. Riporta le molte cause che spiegano questo
fenomeno in generale, ma si limita a disegnare il profilo del brigantaggio abruzzese attraverso i
numerosi documenti d’archivio.
Cannone, Mecola, Tamburini, Di Sciascio, Croce di Tola e altri capi briganti ci balzano vivi
attraverso i racconti di coloro che li hanno visti all’opera: la loro età, i loro variopinti vestiti, le
loro armi, le loro storie d’amore, le dichiarazioni tramite fazzoletti ricamati, i loro “protocolli”
di azione, le loro strade di fuga. E conosciamo quelli che li seguivano: poveri braccianti, pastori,
più facili alla collaborazione con la Guardia Nazionale e al tradimento. L’autore fa notare anche
la differenza tra il brigantaggio teramano e quello chietino ed aquilano e ne formula una ipotesi
di spiegazione. Un’opera da leggere per capire molto di più della nostra storia abruzzese e
italiana. Romano Canosa, Storia del brigantaggio in -Abruzzo dopo l’Unità, Ortona, pagg. 240,
€15,00.
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Luciano Garibaldi e Rossana Mondoni
NEL NOME DI NORMA
Norma Cossetto, la tragedia dell’Istria
e altre vicende a Trieste e sul confine orientale italiano
Norma, studentessa istriana di ventitrè anni, viene seviziata e gettata agonizzante in una foiba
nella notte tra il 4 e 5 ottobre 1943 da una banda di partigiani comunisti seguaci di Tito, è il
simbolo del martirio di tutto il popolo del confine orientale italiano. Fiore strappato dalla zolla,
quando era sul punto di sbocciare.
La sua sarà purtroppo solo l’inizio di una tragedia che mieterà, alla fine della seconda guerra
mondiale, migliaia di vittime innocenti, colpevoli solo di sentirsi italiane e di rifiutare
l’imposizione del credo comunista.
Qui parlano i testimoni, facendo prevalere i fatti storici che hanno colpito un luogo d’Italia che
iniziò il proprio calvario alla fine della seconda guerra mondiale, quando le grandi potenze
liberatrici erano intente a spartirsi l’Europa seguendo le ciniche regole della ragion di stato,
calpestando i diritti dei popoli.
Le vicende narrate portano l’eco di un mondo che non vuole e non deve essere sepolto.
Luciano Garibaldi e Rossana Mondoni
NEL NOME DI NORMA
Norma Cossetto, la tragedia dell’Istria
e altre vicende a Trieste e sul confine orientale italiano
Presentazione di Renzo Codarin
Edizioni Solfanelli
[ISBN-978-88-7497-706-2]
Pagg. 152 - € 12,00
http://www.edizionisolfanelli.it/nelnomedinorma.htm
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Pescara, Sabato 6 Novembre, ore 18,00
Libreria Libernauta
Via Teramo n. 27 - PESCARA
Presentazione del saggio di
GABRIELE FAGGIONI
LE GUERRE NAVALI NEL MAR BALTICO
L'epopea dei convogli e la guerra del Mare del Nord
Edizioni Solfanelli
Parteciperanno l'Autore e l'editore Marco Solfanelli
Scheda del libro:
Questo libro descrive, come mai è stato fatto prima, le operazioni aeronavali che si sono svolte nel Mare Baltico
durante i due conflitti mondiali, usando documenti inediti provenienti dagli archivi tedeschi e britannici.
Nel 1914 la Kaiserliche Marine allineava una piccola flotta nel Baltico, appoggiata in caso di necessità dalle
unità dell’Hochseeflotte dislocata nel Mare del Nord. La flotta russa mantenne un atteggiamento
prevalentemente difensivo. I principali combattimenti navali avvennero nel Golfo di Riga. I sommergibili
britannici, inviati nel Baltico su richiesta di Mosca, causarono importanti perdite alla flotta tedesca. Nel volume
sono descritte le missioni svolte dalla Royal Navy per appoggiare le forze, di solito definite "Bianche", che si
battevano contro il regime bolscevico durante la guerra civile (1918-21).
Quando il 22 giugno 1941, le truppe tedesche e i suoi alleati cominciarono l’invasione del territorio sovietico, le
unità della Kriegsmarine e della Marina finlandese posarono numerosi campi minati, che provocarono
gravissime perdite alla Flotta sovietica del Baltico. La Germania riuscì a controllare il Baltico senza dover
impiegare grandi risorse. Negli ultimi mesi di guerra la Kriegsmarine fu abile a evacuare dai territori minacciati
dall’offensiva russa oltre 2,5 milioni di civili e militari verso i porti della Germania occidentale.
La parte iconografica è costituita da oltre sessanta splendide fotografie delle principali navi, che presero parte a
questo conflitto, e mappe.
GABRIELE FAGGIONI LE GUERRE NAVALI NEL MAR BALTICO
L'epopea dei convogli e la guerra del Mare del Nord
[ISBN-978-88-89756-96-6]
Pagg. 144 + 32 ill. - € 13,00
Edizioni Solfanelli
http://www.edizionisolfanelli.it/guerrenavalimarbaltico.htm
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In edicola con il numero autunnale
Storia del Brigantaggio
in Abruzzo dopo l'Unità
di Romano Canosa
La Rivista
Un ampio servizio dedicato ai Writers di Pescara, espressione giovane di una avanguardia artistica emergente
anche nell’ambiente metropolitano, che tra legalità e illegalità sta cercando una sua dimensione. Un racconto
della vita di miniera del tutto diverso da quello dei recenti fatti di cronaca è quello proposto nel servizio dedicato
agli ex distretti minerari presenti nel territorio abruzzese del Parco Nazionale della Maiella. Il piccolo paese
di San Benedetto in Perillis, un gioiello medievale che conserva ancora le tracce del passato con l’acciottolato
dei vicoli, le chiese e gli oratori abbaziali, offre tutto il suo splendore nelle giornate autunnali.
Un importante recupero condotto dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Abruzzo è descritto dalle
immagini di Mario Vitale, riguardante l’antica abbazia di San Martino in Valle nelle gole di Fara San Martino
che durante i recenti scavi è “riemersa”, con la bellezza dei fregi che la ornano, esempio di abile arte dei lapicidi
medievali. L’itinerario autunnale ci conduce nella Valle di Vusci, tra Carapelle e Castelvecchio Calvisio per
visitare grotte e casini abbandonati, esempi di strutture antiche che testimoniano una fiorente economia agricola
basata sulla viticoltura, scomparsa nei primi decenni del secolo scorso a causa della fillossera.
La Riserva Naturale Regionale Lago di Serranella ospita un orto medievale rurale - con finalità didattiche e per
sensibilizzare l’opinione pubblica - sulla base di documenti storici e di indagini territoriali.
Il Libro
L’autore riporta le molte cause che spiegano il fenomeno del brigantaggio abruzzese attraverso i numerosi
documenti d’archivio. Cannone, Di Sciascio, Croce di Tola e altri capi briganti ci balzano vivi attraverso i
racconti di coloro che li hanno visti all’opera: la loro età, i loro variopinti vestiti, le loro armi, le loro storie
d’amore, le dichiarazioni tramite fazzoletti ricamati, i loro “protocolli” di azione, le loro strade di fuga. E
conosciamo quelli che li seguivano: poveri braccianti, pastori, più facili alla collaborazione con la Guardia
Nazionale e al tradimento.
L’autore scopre così anche la differenza tra il brigantaggio teramano e quello chietino ed aquilano e ne formula
una ipotesi di spiegazione. Un’opera da leggere per capire molto di più della nostra storia abruzzese e italiana.
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