Thomas Hobbes Thomas Hobbes nasce a Malmesbury il 5 aprile 1588. La sua educazione avviene in un collegio di Oxford dove si diploma nel 1607, e si dedica successivamente all'attività di precettore. Nel periodo conseguente al suo viaggio in Italia e in Francia, torna in patria entrando in contatto con i più famosi dotti inglesi del suo tempo. Dunque il contesto in cui Hobbes si trova è quello del 1628, del profondo contrasto istituzionale tra il re Carlo I e il parlamento, che nega al re il diritto di imposizione delle tasse. Secondo un'analisi storica, il parlamento ha contrastato il potere assolutistico. In particolare in quest'anno, i parlamentari inglesi presentano una petizione dei diritti con la quale ricordano al re, che i sudditi non possono avere alcuna imposizione di pagamento senza il consenso del parlamento stesso. Di conseguenza il sovrano decide di sciogliere il parlamento (verrà riconvocato ben 11 anni dopo) e la situazione economica diventa insostenibile con alti dazi doganali e aumento dei monopoli commerciali. E' tra il 1629 e il 1637 che Hobbes si impegna nella sua prima opera Elementi della legge naturale e politica (Elements of Natural and Politic Law), conclusa nel 1640. Questo è il primo abbozzo dell'opera Elementa philosophiae completa composta da tre parti articolate: De corpore, De homine, De cive. Nel 1640 scoppia la guerra civile che viene considerata anche di religione, in quanto la popolazione si divide in due schieramenti: il sovrano affiancato dalla chiesa anglicana, e il parlamento dai puritani e dissidenti religiosi. E' interpretabile anche come conflitto sociale tra la vecchia aristocrazia a favore della monarchia, e la piccola nobiltà che con la borghesia si affianca al parlamento. E' proprio alla vigilia della guerra che Hobbes abbandona l'Inghilterra, per paura che i suoi rapporti con la corte e la nobiltà, e le sue posizioni politiche lo avrebbero reso bersaglio dei numerosi nemici degli Stuart. Dal 1640 al 1652 si rifugia in Francia, e partecipa attivamente alla vita culturale. E' qui che si dedica ai temi politici, approntando un'edizione privata del De cive. Le idee di quest'ultima opera vennero riprese nel Leviatano, o la materia, la forma e il potere di uno stato ecclesiastico e civile (the Leviathan or the Matter, Form and Power of Commonwealth Ecclesiastical and Civil) pubblicato ufficialmente in lingua inglese nel 1651. In seguito alla pubblicazione del Leviatano, Hobbes torna in patria nella convinzione che si potesse praticare senza vincoli l'attività intellettuale sotto l'autoritario governo di Cromwell. Oliver Cromwell puritano e anti-monarchico figlio della gentry inglese, guida la New Model Army (esercito popolare) per liberare lo Stato dal re. Carlo I viene imprigionato e convinto a discutere sul patto del popolo che si appellava ai diritti naturali e alla sovranità popolare (richiedendo il suffragio universale, l'uguaglianza di fronte alla legge, l'abolizione dei privilegi di nascita e di proprietà). Il re riesce a fuggire, e dopo una seconda guerra civile viene ricatturato e condannato a morte dal parlamento per alto tradimento. Viene decapitato ed è la prima volta nella storia che un re viene giudicato e condannato da un tribunale in principio di sovranità popolare. Le riflessioni di Hobbes sulla politica sono radicate nel periodo storico, infatti analizza il contesto della Rivoluzione Inglese e sperimenta le atrocità della guerra civile senza però essere in grado di arrivare ad un risvolto storico positivo. Secondo il suo pensiero politico, la soluzione più efficace alla situazione anarchica della guerra civile, sarebbe ripristinare il potere assoluto di qualcuno. Questo perché il termine “assoluto” che deriva dal latino absolutus ovvero “sciolto” da vincoli, da controllo, significa che il potere non è diviso o controllato da esterni. “...è una teoria estremamente pericolosa per l'integrità dello Stato che il potere sovrano possa essere diviso, E vari sono i modi di dividerlo. […] Vi sono, infatti, alcuni che lo ripartiscono in modo da attribuire all'autorità civile la sovranità in tutte quelle materie che si riferiscono alla pace e al benessere di questa vita, e ad altre autorità il potere di regolare quanto riguarda la salvezza dell'anima. […] Vi sono anche di quelli che suddividono il potere sovrano in modo da attribuire la facoltà di dichiarare la guerra e di concludere la pace a una sola persona ( che chiamano re), ma poi attribuiscono non a lui ma ad altri il diritto di imporre tributi. […] quelli che dividono la sovranità […] dissolvono lo Stato perché non si può fare la guerra, se è necessario, né conservare la pubblica tranquillità, senza denaro.” 1 Hobbes deduce ciò perché assiste al radicale cambiamento dall'ordine che veniva garantito in Inghilterra dall'assolutismo della regina Elisabetta, alla guerra civile atroce ed anarchica. Questa situazione disordinata e pericolosa la definisce “Stato di natura – State of Nature”. Ovvero, ciò che avviene in assenza di un potere assoluto è l'incombente violenza dell'uomo soggetto continuamente a competizione - “Omo omini lupus”. Questa degenerazione collegata all'indole umana viene indicata come “la guerra di tutti contro tutti – war of all against all – bellum omnium contra omnes”. La sua politica si fonda sull'antropologia, che vede due caratteri principali: • autoconservazione (istintiva), ad ogni costo • desiderio di gloria, per soddisfazione personale e affermazione di superiorità nella società Queste caratteristiche della natura umana producono tanti problemi, ma sono fondamentali per garantire il benessere benessere psicofisico di un individuo. La società crea proprio questa situazione di competizione per appagare l'ambizione dell'uomo. Ma “ogni società si forma per l'utile o per la gloria, cioè per amore di sé e non dei soci. […] Si deve quindi stabilire che le società grandi e durevoli hanno tratto origine non dalla benevolenza reciproca degli uomini, ma dal timore reciproco. […] La causa della paura reciproca consiste in parte nell'uguaglianza naturale degli uomini, in parte nella volontà di nuocersi l'un l'altro. […] Considerati i molti pericoli di cui la cupidigia naturale degli uomini minaccia ogni giorno la vita di ciascuno, non si deve biasimare se prendiamo cura di noi stessi, dato che non possiamo volere agire diversamente.” 2Ed è a questo punto che Hobbes afferma che “in assenza di un arbitro, la competitività diventa violenta”. Tutto questo secondo l'istinto inalienabile dell'autoconservazione è stabilito come Diritto naturale. Il diritto naturale stabilisce che l'uomo è libero di fare ciò che vuole in caso di mancaza di un giudice, o meglio di leggi e regole. -“ Il diritto naturale, è la libertà, propria di ciascun uomo, di usare come vuole il suo potere per la conservazione della sua natura, cioé della vita; di conseguenza, di fare tutto ciò che secondo il tuo giudizio e la sua ragione riterrà essere il mezzo più adatto ad attuare quel fine.” 3Ma questo si presenta come contesto abbastanza precario nel quale il pericolo di morte è all'ordine del giorno. Subentra allora la ragione, stabilendo la Legge naturale e Hobbes ne enuncia in tutto 19. “Una legge di natura è un precetto, o regola generale, rivenuto con la ragione, per cui si proibisce all'uomo di fare ciò che è dannoso per la sua vita, o che lo priva dei mezzi di conservarla. […] il diritto consiste nella libertà di fare o di non fare, mentre la legge determina e vincola ad uno dei due; cosi che la legge e il diritto differiscono, come l'obbligazione e la libertà”. 4 La prima legge naturale di Hobbes è la seguente: “che ogni uomo debba tendere alla pace, finché ha speranza di ottenerla; e, quando non può ottenerla, gli sia permesso di cercare e di usare tutti gli aiuti e i vantaggi della guerra”5, e quindi l'uomo deve sempre ricercare la pace ma nel caso in cui questa sia impossibile da raggiungere, è portato ad utilizzare tutti gli ausilii della guerra. Questa stessa legge è divisibile in due principi: • cercare la pace e conformarsi ad essa; • difendere sé stessi con tutti i mezzi possibili. Da questa prima legge, deriva la seconda “che si sia disposti, quando anche gli altri lo sono, e nella misura in cui lo si ritiene necessario alla pace e alla propria sicurezza, a deporre questo diritto a tutte le cose, e ad accontentarsi di tanta libertà nei confronti degli altri, quanta se ne concede agli altri nei propri confronti”(5), ognuno deve rinunciare ad una parte della propria libertà, a patto che 1 Opere politiche di Thomas Hobbes a curi di Norberto Bobbio, 1959 Unione Tipografico-Editrice Torinese Pag. 238 239 2 Thomas Hobbes, Elementorum philosophiae. Sectio tertia: De cive (1642), trad.it. Di Tito Magri, De Cive, Elementi filosofici. Sul cittadino, Roma, Editori Riuniti, 1979 (pp.80-84) 3 Thomas Hobbes, Leviatano, a cura di Tito Magri, Editori Riuniti, pag.77 4 Thomas Hobbes, Leviatano, a cura di Tito Magri, Editori Riuniti, pag.77 5 Thomas Hobbes, Leviatano, a cura di Tito Magri, Editori Riuniti, pag.77 - 78 se lo fa il singolo lo facciano anche gli altri. La terza legge naturale invece stabilisce che i patti debbano essere rispettati, e l'insieme di queste prime tre leggi è il Patto di Unione. Ma chi garantisce il rispetto degli accordi apparentementi fragili? Il patto di soggezione, cioé di sottomissione ad una autorità che punisca. E' bene sottolineare a questo punto l'importanza di punire i trasgressori. Addirittura per Hobbes, il rapporto tra potere politico e religioso è di questo tipo “Il potere religioso dev' essere subordinato a quello politico”. Questa affermazione deriva dal fatto che Hobbes ha vissuto nel periodo dei conflitti religiosi in cui il parlamento puritano fronteggiava il re anglicano appoggiato dai cattolici. Se si prendono in considerazioni poi i possedimenti della chiesa, Hobbes fa un'accurata riflessione riguardo al Diritto di proprietà affermando che se l'uomo è guidato dal principio di autoconservazione secondo il “diritto di tutti su tutto”, ognuno è libero di accaparrarsi ciò che vuole. E di conseguenza, la proprietà privata nasce grazie al sovrano che non è tenuto a rispettare per mezzo del diritto positivo rispetta quella dei sudditi perché sarebbe una concessione, ma è fonte della loro proprietà perché sovrano assoluto “sciolto dalle leggi”. E' per questo che definiamo le leggi naturali vincolanti dall'uso previdente della ragione “natural laws are binding laws”, in quanto la libertà è realmente limitata dalla figura di potere. Ma questa sottomissione al potere viene considerata garante di sicurezza e pace, ed il sovrano è semplicemente il destinatario di tutti i patti non essendone coinvolto. Ma il diritto alla vita allora, diritto naturale per eccellenza, viene ceduto al sovrano unico garante di sicurezza (esterna) e pace (interna)? In questo caso è bene chiarificare la differenza tra Diritto Naturale e Diritto Positivo: • i Diritti Naturali, sono tutti quei diritti inalienabili ed universali; la concezione di Hobbes di di diritto naturale è vista dall' uomo nello stato di natura e dunque “usare il proprio potere e la propria forza al fine di preservare se stesso”; • i Diritti Positivi e le Leggi Positive sono “man-made” ovvero fatti dall' uomo quindi dalle autorità governative di uno stato. Thomas Hobbes muore nel 1679, e non riesce ad assistere ai risvolti della Gloriosa Rivoluzione Inglese in cui Giacomo II Stuart salito al trono nel 1685, fu costretto a fuggire da Guglielmo III d'Orange, statolder in Olanda. Guglielmo venne convocato dal parlamento per bloccare le tendenze assolutistiche di Giacomo tra le quali: istituire un esercito contro il parlamento, abolire il test act, e la dichiarazione di indulgenza nei confronti dei cattolici. Al rovescio della monarchia, Maria Stuart moglie di Guglielmo d'Orange divenne regina, ed entrambi accettarono di sottoscrivere il Bill of Rights (Dichiarazione dei Diritti) che esplicava chiaramente le prerogative del re e del parlamento, ponendo fine ai conflitti.