SkyDrive,la chiavetta di memoria Usb diventa

23 Febbraio 2008
Tech
INTERNET
Microsoft
completa
l’offerta
di servizi
Windows
Live con un
disco fisso
accessibile
via web da
qualsiasi pc
offerti gratis
5 Gb
di Davide Fumagalli
Salute
MEDICINA
Messi
a punto
test non
invasivi
per
diagnosticare la
fibrosi
epatica.
In corso
studi
su nuove
molecole
per curare
il tumore
e la steatosi
di Cristina Cimato
MILANO FINANZA
Personal
75
SkyDrive, la chiavetta di
memoria Usb diventa virtuale
A
ccusata spesso di rincorrere
l’arci-rivale Google nell’offerta di servizi internet innovativi, Microsoft si prende una
rivincita e batte sul tempo la società
di Mountain View nell’offerta di
storage gratuito su web. Il servizio
SkyDrive è infatti ora disponibile
anche in Italia e completa il pacchetto Windows Live, offerto senza
alcun costo. Per aggiudicarsi i 5
Gb di spazio web offerto gratuitamente da Microsoft basta possedere un account Windows Live
oppure crearne uno gratuitamente
all’indirizzo www.live.com. Una
volta completata l’iscrizione, per
chi non dispone già di un account,
è sufficiente collegarsi all’indirizzo
http://skydrive.live.com e attivare
il servizio per iniziare a utilizzare il disco fisso virtuale. Uno dei
principali vantaggi di SkyDrive
consiste nell’assenza di qualsiasi
software da installare sul pc: l’interfaccia a video permette infatti
di effettuare tutte le operazioni di
trasferimento dei file attraverso
delle icone decisamente intuitive
e assai simili a quelle presenti sul
desktop di Windows. Inoltre, questo
consente di accedere ai propri file
da qualsiasi pc collegato a internet,
permettendo in questo modo di
avere sempre a disposizione non
solo posta elettronica, contatti e
agenda, ma anche un vero e proprio
disco fisso virtuale per conservare i
documenti più utilizzati. Associato
all’account di Spaces, il servizio di
Microsoft per creare il proprio spazio web per condividere fotografie,
video e documenti sotto forma di un
sito personale simile a un blog, la
schermata principale di SkyDrive
divide lo spazio sul disco virtuale
a seconda dei diritti di accesso assegnati dal proprietario. È infatti
possibile riservare l’accesso ai dati
al solo utente, a uno o più dei propri
contatti registrati nell’account di
Windows Messenger oppure renderla pubblica. A ogni persona autorizzata ad accedere ai file è inoltre
possibile assegnare i diritti di sola
lettura dei file o anche di modifica,
così da creare una sorta di piano di
lavoro condiviso. Nessun problema
quindi in tema di privacy, mentre
per facilitarne l’identificazione i file
conservati su web vengono visualizzati sotto forma di miniatura,
nel caso di immagini, oppure con
le classiche icone associate ai di-
versi tipi di documenti Word, Excel,
PowerPoint e così via. Per salvare
i file nello spazio web di SkyDrive
non è possibile trascinarli direttamente sulla finestra del browser,
ma aggiungerli attraverso l’apposita maschera, selezionandoli da
qualsiasi posizione del pc. Ancora
più immediato lo scaricamento dei
file sul pc dal disco fisso virtuale:
basta fare il classico doppio clic
sull’icona per salvarli sul desktop
del pc oppure aprirli direttamente
con il programma associato al tipo
di documento stesso. I 5 gb di spazio sono sufficienti a conservare
su web circa 1.200 brani musicali
con qualità cd, oppure 5 mila fotografie
ad alta risoluzione
e decine di migliaia
di documenti Word
o Excel. Si aspetta
quindi la risposta di
Google, che potrebbe
scatenare una competizione a chi offre
più spazio gratuito
certamente gradita
a tutti gli utenti della rete. (riproduzione
riservata)
Caratteristiche
SkyDrive completa l’offerta di
servizi web di Windows Live
con un disco fisso virtuale
della capienza di ben 5 Gb.
Completamente gratuito, permette di salvare qualsiasi tipo di
documento su web e renderlo
poi disponibile al solo proprietario, a una cerchia di amici
selezionati o a tutti i visitatori.
L’interfaccia, semplicissima,
funziona con qualsiasi pc
Il fegato si mette in salvo
con un prelievo di sangue
N
uovi test indolori e affidabile in grado di diagnosticare la fibrosi epatica,
malattia provocata da un danno
cronico alla cellula epatica e da
seguenti depositi di materiale
cicatriziale nel fegato. I dati più
recenti relativi ai test, in grado
di sostituire nel 50-80% dei casi
la biopsia, sono stati presentati al
Convegno dell’Aisf (Associazione
italiana per lo studio del fegato)
che ha avuto luogo a Roma
dal 20 al 22 febbraio. «Fino
a poco tempo fa l’unico
modo per determinare
la fibrosi era proprio la
biopsia, che però causa
dolore nel 30% dei casi e
può anche provocare sanguinamenti. La ricerca
quindi negli ultimi anni
si è concentrata sulla definizione di marcatori capaci di dare un’informazione
affidabile in modo indolore», ha commentato Giada
Sebastiani dell’Unità di gastroenterologia ed epatologia
dell’Ospedale Umberto I di Venezia. Il centro, in collaborazione
con l’Istituto veneto di medicina
molecolare e con l’Università di
Padova, ha condotto studi su oltre
2 mila pazienti con epatite C per
capire quali di questi biomarcatori avessero maggiore accuratezza
diagnostica. «Abbiamo ristretto il
campo a due marker, uno che si
basa sul rapporto tra transaminasi e piastrine e l’altro, denominato
Fibrotest, composto da cinque
marcatori differenti. Abbiamo
quindi utilizzato questi due test
in maniera sequenziale e i dati
ci confermano la validità della
metodologia». Sono stati reclutati pazienti anche
dagli
Stati Uniti e
dalla Francia e in
oltre il 90% dei casi
i risultati erano comparabili
con quelli della biopsia.
«I primi dati relativi al sistema
sono stati pubblicati già nel 2006,
ma i test erano stati eseguiti
solo su numeri modesti, ora è
auspicabile che questa metodica
diagnostica possa entrare diffusamente nella pratica clinica». La
ricerca del centro si rivolge anche
allo studio di marcatori generici
di fibrosi che possono fornire indicazioni sui pazienti che hanno
un maggior rischio di sviluppare
la malattia. Di coloro che soffrono
di epatite B o C circa il 20-40%
sviluppa fibrosi e la percentuale
si attesta sul 25-30% per chi soffre di fegato grasso, ossia di un
accumulo di grasso nelle cellule
del fegato. «Stiamo cercando di verificare quali sono
i pattern generici
specifici associati a
una predisposizione a
sviluppare una fibrosi severa», ha spiegato
Sebastiani, «questo ci
permetterebbe di monitorare in modo più adeguato
i pazienti soggetti a un più
alto rischio».
Studi per la diagnosi molecolare,
trial sperimentali su nuove molecole e individuazione di marker
e sistemi sofisticati di imaging
sono alcune dei filoni di ricerca
condotti presso il Centro clinico
per gli studi sul fegato di Trieste,
realtà che unisce ricerca di base
e assistenza clinica.
Accanto a una fondamentale ricerca rivolta verso la storia delle
malattie per individuare quali
eventi possono predire le patologie del fegato e quali le complicazioni cui può andare incontro
il paziente, il centro si occupa
di individuare nuove metodiche
per una più precisa diagnosi del
cancro (che colpisce lo 0,5% della
popolazione) e delle numerose
malattie epatiche quali la cirrosi
(ha un incidenza del 2%), la steatosi (30%) e l’epatite C (3%).
«Stiamo portando avanti diversi
studi sulla diagnostica per immagini anche grazie alla collaborazione con Bracco, leader nel
settore dei mezzi di contrasto
e nell’individuazione di nuovi
marcatori non invasivi per capire
se sono sufficientemente specifici
della malattia», ha commentato
Claudio Tiribelli, direttore del
centro triestino, «con l’Università
di Napoli, invece, ci occupiamo
di diagnosi molecolare. Alcuni
soggetti con epatite C rispondono
al trattamento con interferone e
altri no. Per far questo stiamo
studiando un gene, chiamato Socs3, la cui presenza è predittiva
di una non risposta alla terapia».
Il centro è uno delle strutture
di riferimento all’interno di un
progetto internazionale per la
individuazione di nuove molecole
per la cura del cancro al fegato
e della steatosi. I test sono già
entrati in fase III, ma per avere
i primi risultati sarà necessario
attendere ancora alcuni anni.
(riproduzione riservata)