AUTISMO – Vademecum Informativo Di recente è stato pubblicato da parte dell’associazione dei genitori “Oltre l’autismo” in collaborazione con la Dott.ssa Francesca Caltagirone (neuropsichiatria infantile e referente del Centro Kairos di PC) e SVEP, un OPUSCOLO INFORMATIVO che descrive le problematiche più salienti, le strategie metodologiche, le risorse disponibili sul territorio, link ed indirizzi utili. Nel capitolo successivo all’introduzione si legge quanto segue: Che cosa è l’autismo? Quando si parla di Autismo, in genere, si tende a dire che dell’autismo non si sa niente, che è un mistero, che ancora siamo lontani da dati certi. Questo è vero se pensiamo alla soluzione, al rimedio risolutivo. In questo senso ancora ignoriamo quale sia la causa precisa dell’autismo, tale da poter essere trattata con un farmaco o utilizzata per la prevenzione e profilassi. Potremmo addirittura affermare che non si sa bene se c’è “una causa”: potrebbero essere molte e svariate per i molti tipi di autismo che conosciamo. Se ci riferiamo quindi al rimedio, a quello che porta alla guarigione, allora è vero, non lo conosciamo. [ ….. ] Che cosa non è l’autismo? Non è psicosi infantile. Non è disturbo precoce della relazione. Non è ritardo psicomotorio. Non è relazione simbiotica madre-bambino. Non è una malattia mentale e non è causata da trauma. Che cosa è allora l’autismo? Classicamente viene definito disturbo dello sviluppo neurologico di origine biologica che si rivela precocemente (entro il terzo anno di vita) tramite comportamenti atipici che perdurano nel tempo e che possono essere riassunti nella triade sintomatologica che lo caratterizza: 1) Deficit qualitativo dell’interazione sociale Deficit qualitativo della comunicazione verbale e non verbale e dell’immaginazione Limitazione e ripetitività di interessi e attività. 2) 3) L’autismo si definisce anche “Disturbo generalizzato dello sviluppo” (DGS). Spieghiamo brevemente questa definizione, Il disturbo è generalizzato in quanto interessa lo sviluppo di tutte o quasi tutte le funzioni mentali: percezione e discriminazione, attenzione, motricità, memoria, linguaggio, imitazione, a volte intelligenza e, più in generale, adattamento all’ambiente. Rispetto agli altri DGS, l’autismo si caratterizza per una compromissione peculiare delle funzioni comunicative e interattive e per un uso, fin dall’inizio atipico, delle competenze man mano acquisite. L’autismo è un disturbo di sviluppo. Ha origine, infatti, in età evolutiva, ma è anche un disturbo in cui le disfunzioni di base si inseriscono in un organismo che cresce, modellandone lo sviluppo mentale ed hanno un peso diverso nell’organizzazione complessiva della persona. Ad esempio: è impossibile vedere un disturbo del linguaggio prima che sia evolutivamente possibile, ma anche le atipie linguistiche varieranno nel tempo man mano che compaiono le varie competenze fonologiche, semantiche, pragmatiche, linguaggio referenziale. Lorna Wing ha definito spettro autistico l’insieme dei disturbi che presentano menomazioni nella relazione sociale reciproca. In questo “spettro” le caratteristiche difficoltà di sviluppo compaiono in modo sfumato, senza soluzione di continuità, dal più grave al più lieve, dalla presenza di tutte le caratteristiche fondamentali alla presenza solo di una in forma leggera. È importante ricordare che quindi il numero di bambini con una forma di disturbo generalizzato dello sviluppo è molto maggiore di quello dei bambini colpiti da autismo in senso stretto. Alcuni dei bambini che hanno difficoltà “autistiche” nello sviluppo sociale e comunicativo, sono portatori anche di un ritardo mentale. Alcuni presentano sindromi neurologiche o genetiche (Landau Kleffner, Angelmann, X Fragile, Sclerosi tuberosa, ecc.). Cosa importante da ricordare è che, anche all’interno di queste definizioni diagnostiche, ogni bambino è diverso dall’altro non solo come capacità intellettive, carattere, stile, interessi, presenza o meno di altri disturbi associati, ma proprio nel modo in cui si manifesta la disabilità sociale e comunicativa. Avremo quindi il bambino ritirato, che non cerca il contatto nemmeno dei genitori; il bambino che al contrario è costantemente attaccato in modo esagerato alla mamma e ha però difficoltà nello scambio sociale e “usa” quindi il contatto come rassicurazione o gioco o mezzo per soddisfare le sue necessità; il bambino interessato ai coetanei anche se incapace di reggere la difficoltà dello scambio sociale e del gioco; il bambino che se aiutato, guidato od opportunamente diretto può interagire in semplici scambi sociali. Tutti questi bambini, anche se ognuno a modo suo e ciascuno con diversa intensità, hanno avuto difficoltà ad integrare in modo armonioso la loro dotazione sociale innata con le risposte dell’ambiente. Ribadiamo comunque con forza che, nonostante quello che si è detto e scritto per molti anni su questo disturbo, e nonostante quello che molto ancora si sostiene, oggi sappiamo in modo chiaro ed evidente che i bambini soffrono di difficoltà nella socialità, nella comunicazione e nella flessibilità di pensiero e immaginazione senza che i genitori abbiano procurato o meritato in alcun modo questa condizione. Quali le cause? Alcuni ipotizzano all’origine del disturbo alterazione genetiche, anomalie del sistema immunitario, eventi infettivi, disfunzioni intestinali, malformazioni a livello corticale, problemi biochimici (teoria degli oppioidi, carenza di dopamina, alterazioni metaboliche della serotonina ecc.) ed altro. Con alcune persone autistiche ci sono stati miglioramenti significativi con l’utilizzo di diete ed integratori mirati ai sistemi biochimico ed immunitario e ai disturbi metabolici. Tali miglioramenti riguardano l’area sensoriale, della comunicazione, del comportamento, della elaborazione delle informazioni e delle emozioni (diete prive di latte, glutine, zuccheri, additivi, ecc.). E’ importante in ogni caso rivolgersi a professionisti e non utilizzare il “fai da te”, poiché un uso scorretto di tali trattamenti potrebbe sostanzialmente fare più male che bene. Anche se è assodata la predominanza delle cause di tipo biologico, a tutt’oggi la ricerca non è riuscita a chiarire in modo soddisfacente l’evoluzione della sindrome. Quello che è certo è che non trae origine dal comportamento distaccato e freddo della cosiddetta “madrefrigorifero”. Come si fa la diagnosi dell’autismo? Essendo talmente eterogenee le cause, la diagnosi viene fatta con scale di comportamento. Prima dei due anni la diagnosi è difficile: alcuni bambini sembrano avere uno sviluppo normale, ma sono presenti spesso segni che devono mettere in allerta i pediatri. Il bambino può apparire estremamente passivo o estremamente agitato, non riesce ad anticipare l’essere preso in braccio, non compare l’indicazione, non risponde al suo nome, sembra sordo. Dopo i due anni i segni tipici dell’autismo si fanno sempre più evidenti: evitamento dello sguardo, difficoltà a stare con altri bambini, impressione di sordità o difficoltà visiva, difficoltà di apprendimento, incoscienza per i pericoli reali, opposizione ai cambiamenti, mancanza del sorriso e della mimica, iperattività fisica accentuata, attaccamento inappropriato agli oggetti, utilizzo stereotipato e non funzionale degli oggetti, atteggiamento fisico rigido. I bambini autistici inoltre hanno spesso una ridotta sensibilità al dolore, risposte anomale ai suoni, al tatto o ad altri stimoli sensoriali che possono contribuire a determinare sintomi comportamentali come la resistenza ad essere abbracciato, comportamenti autostimolatori (dondolarsi, agitare le mani ecc.), autolesionistici, iper o ipoaffettività e deficit dell’attenzione. Il soggetto autistico spesso non ha linguaggio verbale o, quando è presente, lo utilizza in modo bizzarro: ripete parole, suoni o frasi in modo ecolalico e presenta una notevole difficoltà ad iniziare o sostenere una conversazione. Esiste una cura? Non esistono “cure” specifiche per l’autismo, ma oggi ci si avvale di trattamenti educativi strutturati ed individualizzati mirati allo sviluppo dell’autonomia e della capacità di comunicazione, oltre che a potenziare le capacità del bambino e a ridurre i problemi di comportamento. Data la complessità del disordine, oggi si è tutti d’accordo sul fatto che nessuna metodologia è sufficiente da sola e quindi è necessario attingere da tutte le esperienze disponibili (Teacch, ABA, Denver Model, Portage, Delacato, tanto per citare i più noti). Gli interventi devono essere completamente individualizzati. Quello che oggi è da ritenere il trattamento più efficace è un sistema integrato composto da: • Diagnosi precoce, congiunta ad una chiara informazione alla famiglia. • Accertamenti medico-biologici e monitoraggio delle condizioni mediche. • Interventi educativo-comportamentali che mirino a sviluppare le capacità sociali e di comunicazione, e all’autonomia. E' necessario iniziare questi trattamenti il più presto possibile, anche se buoni risultati si raggiungono anche in età adulta. • Sostegno pratico e psicologico alla famiglia. • Servizi predisposti per l’intero ciclo di vita finalizzati all’inserimento sociale, alla formazione professionale, all’avviamento lavorativo. • Coordinamento tra Operatori e Servizi interessati. Una terapia farmacologia specifica e risolutiva non esiste: diverse sono le cause dell’autismo. Scopo principale della terapia farmacologica è quello di rendere possibile trattamenti comportamentali e psicoeducativi, riducendo i sintomi disturbanti. Il trattamento della patologia autistica deve avere come obiettivo: • Riportare il bambino nel mondo sociale e insegnare abilità nelle componenti elementari della vita sociale: imitazione, comunicazione emotiva, scambio di esperienze. • Migliorare l’adattamento dell’individuo mediante l’incremento del livello di abilità, fornendo quelle mancanti, rafforzando quelle presenti, riducendo i comportamenti socialmente non adatti e generalizzando, una volta acquisiti, i vari apprendimenti. • Insegnare la comunicazione intenzionale. A questo proposito si parla sempre più di Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA): l’insieme di conoscenze, di tecniche, di strategie e di tecnologie che è possibile attivare per facilitare la comunicazione di persone che presentano una carenza/assenza temporanea o permanente nella comunicazione verbale. L’aggettivo “Aumentativa” sta ad indicare come le modalità di comunicazione utilizzate siano tese non a sostituire ma ad accrescere la comunicazione naturale. Il termine “Alternativa” intende tutto ciò che è alternativo alla parola, cioè codici sostitutivi al sistema alfabetico quali: figure, disegni, fotografie, simboli, eccetera. Una strategia finalizzata a rendere efficaci le possibilità comunicative, non solo in ambito scolastico, è la metodologia denominata WOCE (WRITTEN OUTPUT COMMUNICATION ENHANCEMENT - Scrittura per lo sviluppo della Comunicazione). WOCE è una strategia riabilitativa ed educativa che supporta l’apprendimento delle abilità comunicative in persone con Disturbo Generalizzato dello Sviluppo (con assenza parziale o totale di linguaggio verbale) e in altre patologie con secondaria compromissione del linguaggio verbale. Questo termine va a sostituire quello di Comunicazione Facilitata. Conclusione L’Autismo è un disordine estremamente complesso e le necessità di questi individui variano notevolmente dall’uno all’altro. Dopo 50 anni di ricerche, approcci tradizionali e moderni ci stanno consentendo ora di comprendere e trattare terapeuticamente queste persone. E’ anche importante da menzionare il fatto che genitori e professionisti cominciano a realizzare che i sintomi dell’autismo sono trattabili e sono disponibili molti interventi che possono fare una differenza notevole. Il simbolo dell’organizzazione nazionale Statunitense per il supporto ai genitori (“Autism Society of America”) è un puzzle con il volto di un bambino. La maggior parte dei pezzi del puzzle è ancora sparsa sul tavolo, ma noi continuiamo ancora a sforzarci di capire come combaciano tra loro. Dobbiamo inoltre tenere in mente che questi stessi pezzi potrebbero combaciare e far parte anche di molti altri puzzle diversi.