GLI ALBERI CHE CURIAMO Il gelso di Luvinate - Va All’interno di una proprietà privata a Luvinate, un piccolo borgo in prossimità di Varese, è radicato un annoso e secolare esemplare di gelso – Morus alba L. –, la cui presenza è sicuramente antecedente alla creazione del giardino a contorno dell’abitazione. Certo non è un campione, se per tale si intende un soggetto di dimensioni e portamento inusuali. Ma un albero monumentale è anche quello cui è collegato un fatto storico, una cultura o una tradizione locale. E quale albero meglio del gelso incarna la memoria storica e economica delle popolazioni prealpine? Il gelso è pianta bella e resistente. Plinio lo definisce l’albero più intelligente – “morus sapientissima arborum”– perché germoglia solo quando non sono più da temere le gelate. In effetti il gelso è tra le ultime spoglianti a perdere le foglie – rimane bello verde fine a fine novembre – e l’ultimo a riemetterle – a maggio –. Il gelso si diffuse nelle campagne varesine e comasche nel secolo XIX, quando, grazie all’impulso voluto da Maria Teresa d’Austria, l’allevamento del baco per produrre seta divenne una floridissima attività. La sericoltura creava profitto senza grandi investimenti e costituì un bene comune del povero, del benestante e del ricco. A quest’ultimo garantiva un’alta rendita fondiaria grazie al nutrimento per i bachi da seta prodotto dalle sue coltivazioni, al 2 Lo storico gelso, non più in forma obbligata povero che materialmente gestiva la produzione dava il pane quotidiano per vivere, al benestante borghese agiatezza e un cospicuo patrimonio attraverso il commercio e la produzione della seta. Ecco spiegato il successo che l’industria sericola ottenne e di conse- guenza la diffusione del gelso nelle nostre campagne. Illustri nobili e borghesi divennero degli autentici esperti nella coltivazione del baco da seta, arrivando a scrivere volumi tecnici come il Conte Vincenzo Dandolo o a fondare Scuole professionali, per diffonderne la tecnica, come l’ing. Cristoforo Bellotti che inaugurò un centro sperimentale di bachicoltura sui monti prealpini. L’industria della seta diede ricchezza e agio alle nostre terre; divenne fatto sociale e culturale. Molte Ville padronali furono costruite con i piani superiori adibiti a ricovero dei telai e dei supporti per l’allevamento del baco – Bombyx mori – e la pianta di gelso, originaria della Cina, invase il nostro paesaggio. Vere e proprie coltivazioni, alberi disposti in filari, sulle balze lombarde, ma anche all’interno dei numerosi parchi privati che sorsero nell’alta Lombardia nella seconda metà dell’ottocento. La pratica imponeva che ogni anno, in inverno, l’albero fosse pesantemente potato, così da privarlo di tutti i rami e costringerlo ad emettere sempre nuova vegetazione con tenere foglie, molto appetite dalle larve del vorace lepidottero. Il gelso veniva, con i tagli periodici, costretto a svilupparsi in forma obbligata con un tronco tozzo e la chioma appressata sulle tipiche “teste di salice”. Questo tipo di potatura, antichissimo, influenza l’anatomia e la fisiologia degli alberi sotto molto aspetti. I ripetuti e costanti tagli, tutti evidentemente di piccole dimensioni e localizzati nello stesso punto, sono facilmente compartimentati dall’albero con ridotto dispendio energetico. Se si seziona trasversalmente, infatti, una testa di salice si può facilmente notare come non vi sia sviluppo di marciumi al suo interno e come tutti i tagli annuali siano perfettamente isolati all’interno del legno. Dal punto di vista meccanico la potatura in forma obbligata, mantenendo ridotte le dimensioni dell’albero, ha un indubbio vantaggio sulla stabilità del soggetto che si ritrova ad avere un’architettura più consona a resistere alle sollecitazione esterne. Questo consente all'albero potato un ridotto dispendio energetico per sostenersi e per produrre nuovo legno per l’accrescimento primario e secondario. Gran parte delle riserve energetiche della pianta sono destinate ogni anno a riformare la chioma con foglie ampie e tenere capaci di ottimizzare al massimo la funzione clorofilliana. La sericoltura ha dunque prodotto alberi piccoli, tozzi, dalle forme contorte e inusuali. Piante esteticamente particolari, bellissime, che a lungo hanno punteggiato, caratterizzandolo, il paesaggio lombardo e prealpino. Qualche gelso è sopravvissuto alla fine dell’industria della seta e continua a rappresentare una vestigia importante del passato, testimone fedele di un tempo e di una civiltà che non ci sono più. Oggi purtroppo l’impiego dei gelsi nei giardini è quasi scomparso; lo si vede talvolta – ahimè –, usato come “ultimo dei Mohicani“, in qualche rotonda stradale dal forte connotato “padano”. L’esemplare, sottoposto ormai da anni alle nostre cure e attenzioni, è sicuramente un ricordo dell’allevamento del baco da seta. Oggi si erge isolato in posizione centrale di un giardino moderno e ne rappresenta il punto focale e caratterizzante. Il gelso, secolare, ormai da decenni non è stato più sottoposto a potature annuali in forma obbligata; la chio- ma è stata lasciata libera quindi di ricrescere naturalmente senza tagli di raccorciamento o di capitozzo. In queste situazioni i problemi meccanici di sostegno diventano cruciali per il soggetto arboreo che si trova a dover sopportare un riscoppio e una vigoria vegetativa su rami e branche strutturalmente deboli. E’ dunque fondamentale cercare di alleviare gli stress meccanici cui l’albero è sottoposto, andando periodicamente a contenere e sfoltire la chioma. Il ritorno a potature obbligate in questo caso, dopo decenni, avrebbe gravi ripercussioni sulla fisiologia dell’esemplare e come tali sono da escludersi. L’albero, libero di svilupparsi, e non costretto da altre piante vicine, ha trovato lo spazio per allargarsi ed espandersi. E’ stato così necessario mettere in opera su alcuni rami particolarmente espansi e a sviluppo longitudinale cavi di consolidamento Boa. In queste situazioni sarebbe anche ottimale sostenere piuttosto che mettere in trazione le strutture a rischio di schianto. Si è così proceduto anche a mettere apposite “grucce” di sostegno cosicché i rami basali, particolarmente pesanti, avessero l’agio e il modo di adagiarsi ed essere sostenuti. Quante cure e attenzioni per un gelso… e pensare che un tempo era solo buono per l'appetito dei voraci bachi da seta! è in via Orazio, 5 angolo corso Europa -Varese Tel.0332/241316 - Fax 0332/830990 http//www.fito-consult.it E-mail: [email protected] 3