Dopo la guerra franco-prussiana del 1870

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beato “don Luigi Monza”
Dopo la guerra franco-prussiana del 1870-71, l’Europa conobbe uno dei più lunghi periodi di
pace, concluso con l’inizio della Prima guerra mondiale. Tuttavia non fu vera pace.
Sviluppo del socialismo
Nel 1776, nello stesso anno della proclamazione d’indipendenza
delle Tredici colonie d’America, in Inghilterra fu pubblicato il primo trattato di economia
politica, intitolato Indagine sull’origine della ricchezza delle nazioni di Adam Smith. Per la
prima volta furono collegati tra loro fenomeni esaminati fin allora in modo isolato: valore d’uso
e valore di scambio, gioco della domanda e dell’offerta per stabilire i prezzi, agricoltura
industria e settore terziario divisi tra loro ma interdipendenti, tasse e imposte, risparmio e
banche, burocrazia e ordine pubblico. Alla base di tutto ciò la costatazione che la ricchezza è
creata dal lavoro umano, non dal possesso di oro o argento o altre materie prime. La cosa che ci
interessa sottolineare è la centralità assegnata al lavoro umano. Il libro dello Smith configura il
lavoro dal punto di vista del datore di lavoro. La teoria è ottimista perché, per funzionare, la
ricchezza deve essere diffusa perché siano molti i potenziali acquirenti dei beni prodotti
dall’industria. Seguirono dopo il 1776 anni difficili che coincidono con la rivoluzione francese,
quando si cominciò ad assistere ai primi crolli bancari e industriali, al fenomeno della
disoccupazione dovuto all’introduzione delle macchine automatiche (luddismo). Furono diffuse
teorie allarmanti circa la crescita della popolazione che sarebbe avvenuta senza una
corrispondente crescita dei viveri prodotti (Malthus) e la crescente necessità dello Stato di
reperire nuovi mezzi finanziari mediante tassazione (Ricardo). Alla fine, tuttavia, prevalse il
principio ottimista del liberalismo come il migliore dei regimi politici possibili (Stuart Mill).
Il marxismo Nel 1848 Marx pubblicò il Manifesto dei comunisti, un opuscolo che rovesciava
la concezione liberale. Utilizzando la dialettica hegeliana fusa col materialismo egli ricavò la
teoria del materialismo dialettico, dove ancora una volta il protagonista è il lavoro umano, ma in
questo caso esaminato dal punto di vista del prestatore d’opera e utilizzato come leva per la
conquista del potere politico. La dialettica marxiana riteneva possibile che, come si era passati
dal predominio della nobiltà a quello della borghesia, così era in procinto di realizzarsi il
predominio del proletariato sulla borghesia, mediante la dittatura del proletariato che si sarebbe
impadronito della titolarità dei mezzi di produzione materiale della vita e poi avrebbe proceduto
alla distruzione delle classi sociali privilegiate, prospettando un’ipotetica società futura in cui
non ci sarebbe stato sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo. Qualche anno dopo Marx
pubblicò un volume intitolato Per una critica dell’economia politica, dopo dieci anni di studio
trascorsi nella biblioteca del British Museum di Londra. Da autodidatta qual era, Marx ritenne
d’aver scoperto la legge della caduta del saggio marginale dei profitti, ossia la tendenza
dell’economia a formare enormi oligopoli che ponessero tutta la produzione industriale nelle
mani di pochi proprietari. “Quando il proletariato si fosse accorto di poter perdere solamente le
proprie catene, si sarebbe impadronito del potere, espropriando gli espropriatori”. Qualche anno
dopo fu pubblicata la prima parte del Capitale che non ebbe successo. La seconda parte fu
pubblicata da Engels dieci anni dopo la morte di Marx, avvenuta nel 1883. Nella prefazione
compare la singolare affermazione che le analisi economiche potevano apparire inesatte, ma che
la teoria era vera, un modo di dire che se i fatti non si adattano alla teoria, tanto peggio per i
fatti. Le teorie di Marx finirono per eclissare e destituire di ogni valore altre teorie più o meno
fantasiose di tipo socialista proposte in quel secolo. In Germania, il regime di Bismarck che era
autoritario, ma non totalitario, permise la nascita e lo sviluppo di un partito socialdemocratico,
che a partire dal 1875 cominciò ad avere crescente successo alle elezioni politiche.
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I socialdemocratici accettarono le regole del governo parlamentare e, per così dire, misero in
soffitta le teorie marxiane, mantenendo la pericolosa ambiguità implicita in una dottrina
rivoluzionaria che promette la rivoluzione senza mai realizzarla.
La dottrina sociale della Chiesa Finché questi dibattiti avvenivano in aree prevalentemente
protestanti, la Chiesa cattolica non aveva occasione di intervenire nella discussione, ma quando
le dottrine socialiste e liberali si diffusero anche nelle aree dell’Europa meridionale
prevalentemente cattoliche, si rese necessario un chiarimento dottrinale. Tutto ciò avvenne con
la produzione da parte della Chiesa di una serie di documenti che formano un corpus di enorme
valore, perché frutto di un esame accurato dei fatti e delle dottrine antagoniste confrontate col
patrimonio cristiano: si tratta della dottrina sociale della Chiesa divenuta necessaria da quando
la società prese la decisione di regolarsi a priori contro i principi cristiani.
Leone XIII
Al papa Pio IX successe Leone XIII Pecci, che resse la Chiesa nel corso di un
lungo papato dal 1878 al 1903. Nella piccola diocesi di Perugia, il cardinale Gioacchino Pecci
ebbe modo di studiare a fondo i problemi dell’epoca moderna anche sotto il profilo culturale.
Giunse alla conclusione che l’errore andava cercato nella cultura e che occorreva trovarne
l’origine. Era già in atto un vigoroso recupero della cultura medievale nel campo delle arti
figurative e della letteratura. A Lovanio fu riscoperta anche la filosofia medievale. Il papa Leone
XIII individuò nella filosofia di san Tommaso d’Aquino il migliore punto d’incontro tra la fede
che cerca la ragione e la ragione che non è ostile a farsi misurare dalla fede. Dopo l’enciclica
programmatica Leone XIII pubblicò l’enciclica Aeterni Patris e con lo stile che gli era proprio
ordinò alle università pontificie e ai seminari di insegnare teologia e filosofia ad mentem divi
Thomae Aquinatis. Logicamente incontrò molte difficoltà perché quella decisione spazzava via
anche esperimenti di notevole importanza come quello compiuto da Antonio Rosmini. Tuttavia
occorre ammettere che così è stata resa possibile quella grande stagione rappresentata dalla
filosofia neoscolastica che ha espresso personalità altissime come Jacques Maritain, Étienne
Gilson, Cornelio Fabro seguiti da una schiera di pensatori altrettanto grandi. Tuttavia questa
decisione era difficilmente realizzabile nell’area culturale tedesca dove da due secoli la filosofia
aveva espresso i pensatori più significativi e dove il ritorno a una filosofia del XIII secolo
appariva anacronistico. La filosofia scolastica, in ogni caso, seppe entrare in un fecondo
dibattito con le varie correnti della filosofia moderna di cui enucleò i limiti e i punti morti.
La questione sociale Con altrettanta sicurezza Leone XIII affrontò il problema sociale con la
più famosa delle sue encicliche, intitolata Rerum novarum. Le due soluzioni antagoniste,
socialismo e liberalismo, furono riconosciute errate: la prima perché negava il diritto alla
proprietà lecitamente acquisita, la seconda perché trattava il lavoro umano alla stregua di
qualunque altra merce il cui valore è stabilito dal rapporto tra domanda e offerta. Al contrario, il
lavoro umano è espressione di una certa analogia che esiste tra Dio e l’uomo. Infatti, come Dio
crea così l’uomo lavora. Si tratta della riscoperta di un patrimonio che la Chiesa possedeva da
sempre, espresso fin dal primo libro della Bibbia, nel Genesi, in cui si legge che “Dio creò
l’uomo perché lavorasse”. Si tratta del fondamento da cui è partita la teologia del lavoro
realizzata nel XX secolo, dalla quale è lecito attendersi sviluppi che daranno al laicato cattolico
la consapevolezza che la sua missione specifica consiste nel salvare la cultura da derive
massimaliste creando sempre nuova cultura ben raccordata col Vangelo.
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L’esegesi biblica
Nel campo dell’esegesi biblica la Chiesa cattolica aveva accumulato un
ritardo rispetto all’esegesi dei protestanti che, non avendo in pratica molti impegni nei confronti
dei fedeli, potevano dedicare allo studio biblico ogni energia. Le conoscenze linguistiche e
archeologiche nel secolo XIX erano aumentate in modo enorme. Poiché in campo protestante
fin dagli inizi si era proclamata la libertà di interpretazione del testo sacro, le varie letture del
testo sacro, confrontate con le scoperte archeologiche in Egitto e Mesopotamia, avevano dato
luogo a clamorosi rovesciamenti di valore tra i libri sacri e quelle scoperte. Si arrivò a dire che
la Bibbia era un centone di miti egiziani e mesopotamici malamente cuciti tra loro. Tutto ciò
giungeva in ambienti ristagnanti, abituati ai metodi esegetici di due secoli prima. Occorreva
togliere di mezzo alcune norme di prudenza divenute troppo rigide. Il papa Leone XIII lo fece
mediante l’enciclica Providentissimus Deus che in qualche modo dettava le nuove norme
dell’esegesi biblica con la necessaria prudenza per non provocare sussulti eccessivi. In questo
campo il papa non fu ascoltato, perché si scatenarono impazienze, fughe in avanti e inopportune
volgarizzazioni che obbligarono il successore, il papa Pio X Sarto al noto intervento di
condanna del modernismo.
Prestigio della Santa Sede
Da molti segnali si comprende che il prestigio della Santa Sede
era crescente. I pellegrinaggi a Roma divennero sempre più numerosi con l’esplicito scopo di
assistere il papa nel suo isolamento. Alle necessità economiche provvedeva una specie di
colletta internazionale che va sotto il nome di obolo di San Pietro. Spagna e Germania
deferirono la soluzione del problema circa il possesso delle isole Marianne al papa così come
fecero Cile e Argentina per le isole della Terra del Fuoco. Con l’Italia non furono fatti progressi
circa la questione romana, anche a causa dell’eccessivo potere assunto dalla Massoneria sul
governo: alla mancata soluzione del rapporto tra Chiesa e Stato, poco dopo l’arrivo di Crispi al
potere, seguì la decisione di organizzare un congresso internazionale sull’ateismo con numerosi
delegati che, al termine dei lavori, fecero una colletta per erigere il monumento a Giordano
Bruno in Campo dei Fiori a Roma.
L’Opera dei congressi
Fin dal 1874 i cattolici avevano dato vita all’Opera dei Congressi
divisa in sezioni che si occupavano delle esigenze del culto, di opere sociali, di un possibile
intervento futuro nella politica nazionale, di educazione e di arte sacra. A turno in una delle
varie città italiane si celebrava ogni due anni un congresso di delegati per esaminare i problemi
e le soluzioni da prospettare. I cattolici trovarono nel settore agricolo l’ambito più bisognoso di
intervento a causa della crescente crisi del settore nell’ultimo quarto di secolo. Gli emigranti
stagionali e definitivi dall’Italia raggiunsero una cifra impressionante: si trattava di persone
poverissime, analfabete, parlanti dialetti molto stretti, spesso incomprensibili dagli altri italiani.
Il papa individuò in una suora energica e intelligente, Francesca Saverio Cabrini, la persona in
grado di realizzare una grande opera a favore degli emigranti nelle terre che li ospitavano.
Giunta negli Stati Uniti, essa si rese conto che in quel paese chi aveva l’idea giusta per risolvere
certi problemi e il management per dirigerla, avrebbe trovato anche i denari per realizzarla.
Iniziò così una catena di ospedali, scuole, ospizi, orfanotrofi, cucine economiche ecc. che hanno
dell’incredibile per la qualità del servizio reso agli emigranti più poveri giunti nel nuovo mondo.
Il papa era evidentemente orgoglioso della Cabrini che da sola aveva fatto molto di più di tutti i
governi italiani che si erano succeduti dall’unità d’Italia fino al 1914. La Cabrini ottenne la
cittadinanza americana e perciò è anche la prima santa canonizzata di quel continente.
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Nelle campagne italiane furono innumerevoli le casse rurali, le cooperative di produzione e di
consumo, le banche mutue, i giornali fondati e diretti da cattolici che rimanevano in attesa
dell’allargamento del suffragio elettorale per rivendicare il diritto di partecipare alla direzione
politica del paese. Nella direzione dell’Opera dei Congressi, peraltro, si sviluppò un confronto
sempre più serrato tra i “vecchi” che preferivano protrarre l’astensione dalle elezioni politiche
nazionali e i “giovani” nati dopo il 1870 e perciò estranei ai fatti che avevano comportato la
distruzione dello Stato della Chiesa.
Pio X Leone XIII morì ultranovantenne nel 1903. Il conclave elesse Pio X Sarto (1903-1914)
proveniente dal Veneto che allora era poverissimo, ma dove più a fondo aveva agito l’Opera dei
Congressi per far uscire dall’emarginazione i contadini. Quando tutto sembrava pronto per
l’esordio dei cattolici nella politica nazionale, il nuovo papa ritenne più urgente affrontare una
questione che a lungo ha afflitto gli storici. Pio X rimase sbalordito nel costatare la crescente
disaffezione del giovane clero nei confronti della dottrina tradizionale insegnata nei seminari.
Tale disaffezione riguardava i settori filosofico, scritturistico e pastorale. Ciò significa
l’esistenza di una specie di complesso di inferiorità dei seminari e delle università cattoliche nei
confronti della scienza contemporanea, inducendo qualcuno a compiere alcune scelte affrettate.
Per la prima volta giungevano in Europa notizie dal mondo americano dove il pragmatismo di
William James e poi di John Dewey insegnava che non esistono idee vere e idee false, ma
solamente idee inutili e idee operative. Un’idea operativa, che ottiene successo, potrebbe essere
anche falsa, ma finché è utile va sostenuta. Un’idea potrebbe essere vera ma se risulta inutile
dovrebbe essere abbandonata. In ogni caso, nel mondo americano non avvenivano discussioni
tra religioni diverse sulla base dei fondamenti teologici, bensì solamente su scelte pratiche che,
quando risultavano efficaci, andavano sfruttate fino in fondo. Tutto ciò fu definito
“americanismo” e rifiutato nel vecchio mondo perché assomigliava a un pericoloso relativismo.
L’enciclica Pascendi dominici gregis e il decreto Lamentabili del 1907, suscitarono non poco
dissapore tra coloro che si erano fatti paladini delle novità teologiche e scritturistiche. Il papa se
ne rendeva conto e ai vescovi disse che se i modernisti avessero fatto un passo verso di loro, essi
dovevano compierne due nella loro direzione. Per di più si formò un ambiente da caccia alle
streghe che produsse sofferenze ed emarginazioni ingiuste tra i supposti modernisti. Il papa
chiedeva che il clero obbedisse per il tempo necessario a superare l’emergenza dottrinale. Pio X
risultò abbastanza estraneo all’ambiente romano che procedeva secondo uno stile dalle origini
lontane, talune risalenti all’Impero romano, e perciò operò una riforma della Curia per snellirne
le procedure, la prima dal tempo di Sisto V. Molte procedure furono riformate e le materie
trattate dalle varie congregazioni furono meglio definite. Frutto di questo rinnovamento fu la
decisione di riunire in un Codice tutto il diritto canonico vigente, un progetto realizzato dal
successore Benedetto XV nel 1917. Memorabile fu la decisione di ammettere i bambini alla
prima Comunione non appena fossero in grado di capire la differenza tra il pane comune e il
pane eucaristico, la redazione di un Catechismo articolato su domande e risposte che ora non
soddisfa più, ma che aveva l’indubbio vantaggio di essere molto chiaro e preciso. Dall’uso
liturgico fu esclusa la musica e il canto di tipo operistico, adatti per un teatro ma non per una
chiesa. Fu rimesso in auge il canto fermo gregoriano che preludeva a una più ampia riforma
liturgica non ancora completata. Nell’agosto 1914, poco dopo l’inizio della Prima guerra
mondiale, Pio X morì. Certamente comprese che si erano scatenate forze immani e che il
conflitto, contro tutti gli ottimismi, sarebbe durato a lungo.
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La belle époque Dopo la Prima guerra mondiale gli anni di inizio secolo furono definiti belle
époque, ma si tratta di definizione ingannevole. Sul piano culturale la società borghese fu
attraversata da tensioni drammatiche. Sul piano delle arti figurative, dopo la grande stagione
della pittura impressionista, si ebbe un’esplosione anarchica confluita nel cubismo, nel
dadaismo, nel surrealismo, nel futurismo che è difficile accogliere come segni di salute
spirituale. Anche l’architettura subì evoluzioni analoghe anche se meno vistose a causa dei costi
di costruzione e della destinazione d’uso. La tanto vantata esplorazione dell’inconscio operata
da Freud, alla lunga si è risolta in una mitologia riduzionista. La protesta neopagana di
Nietzsche ha messo in luce le contraddizioni della borghesia così orgogliosa delle proprie
conquiste, ma anche così vuota, consigliando un rovesciamento di tutti i valori. Perciò era resa
auspicabile una rivoluzione per la quale era disponibile la filosofia di Marx, rivisitata da Lenin.
L’Europa cadde in preda a tre maestri del sospetto che impedivano la lettura della realtà
ordinaria indicando mete oltre l’umano. Così avvenne il suicidio dell’Europa, giunta al culmine
del suo potere materiale, ma tradendo la presenza in essa del messaggio cristiano che nei secoli
precedenti aveva formato il suo fondamento.
Benedetto XV
Allora si pensava che il papa possedesse poteri diplomatici in grado di
appianare i conflitti internazionali e perciò il conclave elesse un notevole diplomatico,
Benedetto XV Della Chiesa (1914-1922) che per tutto il suo pontificato condusse sforzi poco
apprezzati dalle parti in conflitto, ostili alle speranze suscitate dal papa, nella convinzione che il
conflitto andava condotto fino all’annientamento dell’avversario. Il papa tentò di tenere fuori
del conflitto l’Italia che al solito non era pronta alla guerra a causa della conquista della Libia,
fortunosa e incompiuta. La neutralità italiana durò appena dieci mesi, poi ci fu l’intervento
favorito da Mussolini a sinistra; da d’Annunzio e dai letterati delle riviste fiorentine a destra; dal
re che condusse trattative personali con le potenze della Triplice Intesa; e da Salandra che colse
così l’occasione di mantenere il potere escludendone il più sperimentato Giolitti, ostile
all’intervento. Tra i filosofi più noti di quel tempo, c’era Croce contrario all’intervento e Gentile
favorevole, giustificandolo col fatto che chi fa la guerra è protagonista della storia e chi non vi
partecipa subisce le decisioni dei vincitori. Il papa non fu ascoltato e fu costantemente
bersagliato dai mezzi di comunicazione nel timore che inducesse i soldati a una specie di
sciopero. Il massimo sforzo fu condotto da Benedetto XV nell’agosto 1917 quando affermò:
“Cessi l’inutile strage” una definizione profetica, rifiutata da tutti i contendenti. Per iniziativa
del governo italiano, il papa fu escluso dalle discussioni di pace di Versailles, concluse con
clausole vessatorie nei confronti delle potenze sconfitte, che in seguito alimentarono un
risentimento esploso nella Seconda guerra mondiale. Benedetto XV non poté far altro che
organizzare soccorsi per i prigionieri, elenchi di caduti e feriti a conforto delle famiglie. Nel
corso dell’anno 1917 maturarono l’intervento americano, la rivoluzione bolscevica in Russia tra
marzo e novembre, la disfatta di Caporetto sul fronte italiano che assunse dimensioni
apocalittiche, senza tradursi in un crollo completo del fronte interno solamente perché il
vincitore si trovava nella stessa condizione del vinto. Terminato il conflitto alla fine del 1918,
dal 1919 al 1922 in Italia si susseguirono circa tre anni difficilissimi, caratterizzati da inflazione,
disoccupazione, scioperi e movimenti di piazza particolarmente crudeli perché c’erano sempre
morti, con governi sempre più deboli. I cattolici fecero la loro comparsa elettorale col Partito
Popolare ed ebbero una buona affermazione, ma furono travolti anch’essi dal Partito Fascista
che alla fine del 1922 prese il potere. Il papa era morto e gli era succeduto un dotto studioso
milanese che assunse il nome di Pio XI Ratti (1922-1939).
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L’avvento di regimi totalitari
Per ammissione dello storico Eric Hobsbawm di formazione
marxista, se non ci fosse stata la rivoluzione bolscevica difficilmente sarebbero sorti i regimi
fascista e nazista, che scaturivano da istanze di sinistra, ma furono costretti ad assumere un
violento carattere nazionalista di destra, accettato dalla borghesia degli affari in Italia e in
Germania. Il regime sovietico, inaugurato da Lenin e forgiato con inumana violenza da Stalin,
ha ricevuto entusiastica accoglienza da parte degli intellettuali dei paesi occidentali, tuttavia le
riserve che si devono fare su fascismo e nazismo, nella stessa misura si devono avanzare anche
nei confronti dello stalinismo. L’aggettivo “totalitario”, che nega il valore unico e irripetibile di
ogni persona, caratterizza i tre regimi. Soggetto unico diventa il partito, il proletariato, lo Stato
nazione, la razza e altre astrazioni del genere. Il metodo democratico venne piegato per
giustificare elezioni farsa, preludio all’abolizione delle elezioni. La stampa fu piegata fino a
giustificare le scelte dei dittatori. La religione fu apertamente combattuta dal regime sovietico,
malamente tollerata dal nazismo, temuta dal fascismo che non osò dichiarare il suo fondamento
neopagano.
I Patti lateranensi Mussolini, dopo la presa del potere e dopo qualche passo falso, decise di
concludere il contenzioso con la Santa Sede circa la questione romana. Imitando più o meno
coscientemente Napoleone che volle apparire agli occhi della nazione francese come il
pacificatore interno, per far digerire ai cattolici lo scioglimento del Partito Popolare, Mussolini
propose la stipula dei Patti lateranensi, avvenuta nel 1929. Essi prevedevano il riconoscimento
di Roma come capitale d’Italia da parte della Santa Sede. In cambio essa veniva riconosciuta
come alta parte contraente di un trattato di diritto internazionale con uno Stato simbolico di
pochi ettari, ma dotato di poste, telegrafo, ferrovia, radio, monete, francobolli che dovevano
indicare la sua sovranità. Inoltre era aggiunta una convenzione finanziaria per risarcire il
patrimonio ecclesiastico confiscato dallo Stato italiano. Mussolini ottenne ampi riconoscimenti
interni e internazionali subito messi a frutto nelle elezioni, immediatamente indette e risultate
plebiscitarie nei suoi confronti.
L’enciclica Quadragesimo anno
Nell’ottobre 1929, col crollo della borsa di Wall Street
iniziò una dura crisi economica che interessò il mondo intero. Negli USA si arrivò a dodici
milioni di disoccupati con distribuzioni gratuite di cibo per evitare la fame. L’economia politica
classica riteneva dannosi gli interventi dello Stato in campo economico: se i privati non
trovavano tornaconto a investire in un certo settore, non doveva farlo nemmeno lo Stato. Era
una follia. In Germania i disoccupati arrivarono a sei milioni, subito confluiti nel partito nazista
in grado di promettere tutto. Nel 1931, per commemorare il quarantesimo anniversario della
Rerum novarum, il papa Pio XI affermò che lo Stato aveva molte capacità di intervento
nell’economia e che doveva intervenire in tutte quelle attività che superavano le possibilità degli
investitori privati: si trattava del principio di sussidiarietà che possiede un valore perenne. Poco
dopo l’economista John Mainard Keynes sostenne qualcosa del genere, ossia che in momenti di
stagnazione lo Stato doveva intraprendere lavori pubblici in grado di fungere da volano per
l’economia, aprendo possibilità di investimento ai privati, anche a costo di una certa inflazione
variamente quantificata.
Hitler al potere in Germania
All’inizio del 1933 Hitler ricevette dal capo dello Stato
Hindenburg il compito di formare il nuovo governo. Fece incendiare la sede del Reichtag, il
parlamento; sciolse i partiti politici e i sindacati; aggiunse un’ora di lavoro all’orario degli
operai; strinse con gli industriali un patto che prevedeva l’acquisto senza limiti della produzione
di materiali destinati al riarmo. Il resto del mondo, traumatizzato dalla crisi, non reagì.
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Nel 1936 avvenne il ritorno delle truppe tedesche in Renania; nel 1938 avvenne l’occupazione
dell’Austria e l’anno dopo della Boemia, alla quale fu strappata la regione dei Sudeti, rendendo
Stato satellite la Slovacchia.
Le condanne del totalitarismo
Mentre il resto del mondo rimaneva attonito di fronte alle
imprese dei regimi dittatoriali, solamente il papa a nome della Chiesa prendeva posizione contro
l’involuzione politica in corso in Europa. Nel 1931, il regime fascista aveva voluto chiarire
rudemente di essere l’unico promotore di azione politica, l’unico centro di decisioni, l’unica
fonte di cultura aggredendo le sedi dell’Azione Cattolica che proponeva agli associati di
studiare la dottrina sociale cristiana. Il papa rispose alle aggressioni con l’enciclica Non
abbiamo bisogno, facendo conoscere a chi lo volesse capire il giudizio della Chiesa circa il
fascismo. Nel marzo 1937, nel giro di pochi giorni, comparvero due encicliche importanti: Mit
brennender Sorge e Divini Redemptoris. Con la prima avveniva la condanna del nazismo
riconosciuto come un movimento pagano; con la seconda si chiariva la condanna del
comunismo ateo. I governi reagirono secondo il loro stile, proibendo la diffusione dei
documenti non desiderati, come fecero anche alcuni governi alleati dei due regimi.
L’azione religiosa
Come è naturale le maggiori cure del papa Pio XI furono riservate a
problemi propriamente religiosi. Nel 1925 fu indetto l’Anno Santo. Per l’occasione fu allestita
una mostra delle missioni, divenuta in seguito museo permanente. Si può dire che fu questo il
campo d’impegno più fruttuoso del papa, con la fine delle missioni di patronato regio e con la
creazione di una gerarchia di indigeni, quando era possibile, per esempio in Cina e in Giappone.
Nel 1933 fu proclamato l’anno della redenzione a ricordo dei trentatré anni di vita di Cristo in
terra. Avvennero molte e significative canonizzazioni tra cui quella di don Giovanni Bosco, di
Thomas More, di Giovanna d’Arco, di Alberto Magno. Il papa nutrì particolari speranze nei
confronti dell’Azione Cattolica, costantemente difesa quando occorreva stipulare concordati coi
vari Stati. Si deve ricordare che nell’Azione Cattolica di allora si formarono alcuni leader che in
seguito assunsero grandi responsabilità politiche quando i regimi totalitari crollarono.
Pio XII
Nel febbraio 1939 il papa morì. Fu nominato a succedergli Pio XII Pacelli (19391958). Era stato Segretario di Stato di Pio XI fin dal 1930. Raramente un papa è stato meglio
preparato dal predecessore alla successione. I due personaggi erano molto complementari: Pio
XI era decisionista, talvolta impulsivo; il suo segretario di Stato appariva più cauto e confidente
nell’azione diplomatica, che in primo luogo non deve aggredire l’interlocutore rinfacciandogli i
torti accumulati, se si vuole proseguire il dialogo. Finché fu in vita Pio XII non subì aggressioni.
Solamente a partire dal 1964, a seguito del noto dramma Il Vicario di Rolf Hochhut, è
cominciata un’astiosa campagna di denigrazione che gli attribuisce le maggiori responsabilità
morali circa la Shoah, lo sterminio degli ebrei in Germania durante il regime di Hitler. Il papa,
pur potendolo fare, non avrebbe denunciato il misfatto divenendo connivente di Hitler. La
questione è terribilmente sottile. Da una parte alcune associazioni di ebrei hanno proclamato Pio
XII “giusto trai gentili” una specie di canonizzazione di chi ha operato per la salvezza degli
ebrei: si calcola tra 750.000 e 850.000 mila il numero degli ebrei che mediante una rete
clandestina si sarebbero salvati passando dalla Francia fino ad Ancona per poi imbarcarsi. Il
Vaticano e alcuni edifici di Roma che godono del diritto di extraterritorialità accolsero gli ebrei
in fuga. Conventi di monache e frati dettero rifugio agli ebrei cedendo il loro letto, perché così
aveva consigliato il papa Pio XII.
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Esiste la conferma dell’ambasciatore Dino Alfieri che ebbe col papa un diverbio nel corso del
quale Pio XII disse che avrebbe potuto denunciare cose terribili e che non era stato trattenuto
dalla paura, bensì dal timore di rendere ancora più terribile la condizione degli ebrei. Altre
associazioni di ebrei hanno sottolineato le responsabilità del papa, ma solamente per rinfocolare
la questione e tenere desta nell’opinione pubblica l’immane gravità della Shoah. Al coro degli
accusatori si sono aggiunti alcuni cattolici che hanno inteso prendere le distanze dal sistema di
governo della Chiesa tenuto da Pio XII, creando una specie di cesura epocale col papato di
Giovanni XXIII che gli successe. In ogni caso è strano che il papa Pio XII sapesse tutto, mentre
le polizie segrete degli Stati europei e degli USA non sapessero niente, che la Croce Rossa non
sapesse niente, che i capi religiosi delle altre religioni non sapessero niente, facendo ricadere
ogni responsabilità su Pio XII. Infine bisogna considerare il fatto che il papa era a capo dei
cattolici tedeschi, circa il 40% degli abitanti di quel paese, vittime come tutti della propaganda
del regime nazista che si presentava come riparatore delle ingiustizie operate a Versailles. Per di
più il papato aveva sede a Roma il cui governo aveva stretto un patto d’acciaio con Berlino.
La Seconda guerra mondiale
Nel marzo 1939, quando fu eletto papa, Pio XII riteneva di
avere ancora qualche margine per impedire l’insorgere del conflitto. Trattenne a Roma i prelati
tedeschi per studiare con loro le mosse diplomatiche. In realtà il tempo delle trattative era finito
e quando ad agosto fu firmato a Mosca il trattato tra Ribbentrop e Molotov che prevedeva la
consegna all’Unione Sovietica di metà della Polonia e dei Paesi Baltici in cambio
dell’occupazione del resto della Polonia da parte della Germania di Hitler, la guerra e il destino
degli ebrei erano segnati. Al papa non rimase che promuovere un’azione umanitaria come in
precedenza aveva fatto il papa Benedetto XV. Nel corso del conflitto Pio XII resistette alle
pressioni degli alleati anglo-americani che avrebbero desiderato la proclamazione di una specie
di crociata contro fascisti e nazisti, ma col pericolo che poi, al momento della pace avvenisse
una replica dei trattati di Versailles. Può essere significativo il fatto che nel giugno 1944,
quando Roma fu liberata, la popolazione confluì in piazza San Pietro e non altrove,
riconoscendo nel papa il più efficace defensor civitatis.
I radiomessaggi Pio XII amava in occasione del Natale inviare un messaggio agli ascoltatori.
Sceglieva quell’occasione per trattare anche temi difficili, come fece nel 1941 con l’esame delle
condizioni necessarie per la pace dei popoli o i fondamenti dell’ordine internazionale. Anche
per i temi strettamente dottrinali il papa riteneva opportuno assumere l’iniziativa, presentando ai
teologi e ai vescovi i limiti rigorosi entro i quali doveva muoversi la dottrina. Non si trattava di
protagonismo, ma di vigilanza sulla dottrina tenendo presenti le varie parti del mondo che si
trovavano a livelli diversi di elaborazione culturale. Molto importante fu l’enciclica Humani
generis del 1943 per quanto concerne i problemi etici, il campo dove stavano avvenendo i più
radicali mutamenti in aperta violazione del decalogo.
La battaglia contro il comunismo
Nella battaglia contro i tre totalitarismi accennati, il
regime sovietico di Stalin, pur avendo provocato la guerra con gli accordi Ribbentrop-Molotov,
quando fu aggredito da Hitler nel giugno 1941, si trovò dalla parte giusta e contribuì più di ogni
altro paese alla sconfitta della Germania nazista. In una prospettiva di teologia della storia, si
potrebbe affermare che la funzione provvidenziale del bolscevismo in Russia è stato di aver
fermato la furia nazista. Pio XII sapeva perciò che il dopoguerra sarebbe stato dominato dai
partiti comunisti presenti in tutti i paesi occidentali.
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ut
unum
sint
Zona Omogenea
beato “don Luigi Monza”
Tra il 1945 e il 1947, nei paesi raggiunti dall’Armata Rossa sovietica andarono al potere i
comunisti anche là dove non avevano la maggioranza. Era concreto il pericolo che ciò avvenisse
anche in Italia e in Francia. Nel 1948 erano previste le elezioni in Italia, dove socialisti e
comunisti si presentavano uniti sotto un unico simbolo. Il papa Pio XII promosse la creazione
di comitati civici, aventi sede in locali delle parrocchie italiane, perché favorissero il successo di
un partito che sembrava rispettoso delle attese dei cattolici italiani, la Democrazia Cristiana.
L’anno seguente fu dichiarata la scomunica per quei battezzati che divenivano attivi sostenitori
del comunismo ateo.
Il dogma dell’Assunta
Al termine dell’Anno Santo del 1950 fu proclamato il dogma
dell’Assunzione in cielo della Madonna, una dottrina comune nella Chiesa che da quel
momento diventava di fede dichiarata. Negli anni successivi avvennero alcune decisioni
importanti come la riforma della liturgia della Settimana Santa, tuttavia molti storici insistono
nell’affermare che l’azione di Pio XII divenne meno lucida, come se la sua preoccupazione
fosse di tenere ben chiuso il coperchio di una pentola che minacciava di esplodere a causa
dell’eccesso di vapore. Erano in atto mutamenti epocali in tutti i campi dalla comunicazione
all’etica, dalla famiglia all’associazionismo giovanile, dalla cultura alla politica e il papa
prevedeva una tempesta che non sapeva come si sarebbe potuta arginare. In questi casi l’unica
cosa da fare è pregare e rimettersi alle decisioni del successore.
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