Gentile Onorevole Nicola Ciraci',
nonostante la sentenza della Corte Costituzionale pubblicata il 5 giugno
sulla Gazzetta Ufficiale abbia cancellato il divieto di accesso alla fecondazione
assistita per le coppie fertili portatrici di patologie genetiche e nonostante la
prossima udienza in Corte Costituzionale valuterà il divieto di utilizzo per la
ricerca degli embrioni, abbiamo bisogno del Suo aiuto per smantellare uno degli
ultimi divieti che ancora rimangono in vigore della legge 40: quello che impedisce
la “sperimentazione sugli embrioni umani” non idonei per una gravidanza e
quindi la possibilità di donare le blastocisti scartate dalla procreazione
medicalmente assistita (PMA) per la ricerca con le cellule staminali embrionali.
Potendo infatti utilizzare tali cellule ma non l’intera blastocisti (definita dalla legge
“embrione” in modo, come vedremo, non scientificamente preciso) da cui
vengono estratte, gli scienziati italiani sono oggi costretti ad utilizzare cellule
staminali embrionali importate dall'estero.
Questo evidente paradosso deriva da una non chiara definizione nella normativa
del termine “embrione”. In termini strettamente scientifici il prodotto della PMA
che viene crioconservato e a cui ci stiamo riferendo si definisce “blastocisti” ma
non embrione come viene comunemente inteso. Quest’ultimo infatti si sviluppa
solo dopo l'impianto della blastocisti in utero, solo a quel punto acquisendo la
capacità di generare prima un feto e poi un individuo. Le blastocisti di cui stiamo
parlando (che non diventeranno mai un essere umano, perché dichiarate in stato
di abbandono o non idonee, a vario titolo, per una futura gravidanza e quindi
destinate ad estinguersi) contengono un agglomerato di cellule totalmente
indifferenziate e identiche tra loro, le cellule staminali embrionali. Non a caso
questo agglomerato di cellule si definisce "embrioblasto", che, come suggerisce
la sua etimologia, ha la potenzialità di generare l'embrione, ma solo dopo
l'impianto in utero.
Se, anziché dover obbligatoriamente lasciare inutilizzate dentro i crioconservatori
le blastocisti non idonee per una gravidanza, le coppie potessero donarle per la
ricerca come qualsiasi altra cellula o tessuto, i ricercatori italiani potrebbero
ricavare informazioni preziosissime sul loro potenziale terapeutico sin dall’inizio
della loro manipolazione, cosa che è invece impossibile dovendo utilizzare solo
linee cellulari derivate altrove. E potrebbero risultare più competitivi sul piano
internazionale nella ricerca di una cura per molte malattie gravi e invalidanti,
come quelle della retina o il morbo di Parkinson, che i loro colleghi all’estero
stanno già sperimentando sull’uomo. La stessa ricerca sulle cellule pluripotenti
indotte (le famose iPS, cioè cellule adulte riprogrammate per riportarle ad uno
stato di pluripotenza simile a quello delle cellule staminali embrionali) ha bisogno
della ricerca sulle staminali embrionali, se non altro per dimostrare la loro
eventuale equivalenza sia biologica che (potenzialmente) clinica. Inoltre, la
possibilità di utilizzare cellule staminali embrionali derivate dalle blastocisti
portatrici di malattie genetiche (identificate oggi grazie alla possibilità di effettuare
la diagnosi pre-impianto) consentirebbe di fare importanti ricerche sulle stesse
devastanti malattie.
Per questo come Associazione Luca Coscioni abbiamo lanciato
una petizione (LINK) in cui chiediamo al Governo e al Parlamento di approvare
le proposte legislative e regolamentari al fine di garantire la libertà di ricerca
scientifica sugli embrioni umani e non aspettare per l'ennesima volta che siano
i giudici a ripristinare libertà costituzionalmente rilevanti.
Tra i promotori della Petizione, Giulio Cossu, professore di Human Stell Cell
Biology presso lo University College di Londra, Amedeo Santosuosso, Docente
di Diritto, Scienza, Nuove tecnologie all’Università di Pavia, Marco Cappato,
Tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni.
Hanno già firmato oltre 2000 tra scienziati, esperti della materia, malati e disabili,
semplici cittadini.
Le chiediamo di firmare le proposte che abbiamo elaborato per rimuovere tale
divieto, di presentare interpellanze al Governo, e di rispondere a questa email.
Cordiali saluti,
Michele De Luca, co-presidente dell'Associazione Luca Coscioni, Direttore del
Centro di Medicina Rigenerativa "Stefano Ferrari" dell'Università di Modena e
Reggio Emilia
Filomena Gallo, Segretario dell'Associazione Luca Coscioni per la libertà di
ricerca scientifica, avvocato e docente ac “Legislazione e etica nelle biotecnologie
in campo umano”Univ. Teramo