l’altra musica — 27
a cura di John Vignola
E
lisa rimane un’artista inafferrabile.
ge a metterti alla prova, va bene. Forse il punto è quello
della creatività.
Ovvero?
Il talento si scorge, secondo me, quando si tratta di creare qualcosa. Immergersi troppo nelle cover, e solo in
quelle, rischia di non alimentarlo.
Sei considerata una delle migliori voci della tua generazione. Una
generazione che è lontana dalla melodia tipicamente italiana e più
vicina al rock internazionale.
Forse mi fai una domanda del genere perché ho cantato molto in inglese, però ti assicuro che non ho mai pensato di appartenere a una tradizione, nemmeno straniera.
Ho i miei gusti, chiaramente. Ma il mio stile sul palco e
in studio sono un fatto di pelle, di carattere: qualcosa che
non saprei spiegare esattamente dove si è nascosto. So so-
Non solo il suo ultimo progetto discografico, Ivy, vive di
contrapposizioni creative, quelle fra suono e visione, fra armonia e dissonanza (non a caso il nuovo album è stato pubblicato in una sola confezione, con una
parte sonora, su cd, e una visiva, su dvd), ma pure la sua tournée primaverile alternerà due scalette differenti, una legata all’acqua e l’altra
al fuoco, in un continuo alternarsi fra spirito e materia. Una scelta di cui è ben consapevole chi, in tempi non sospetti, ha scelto
l’inglese come propria lingua d’arte e continua a non seguire strade precostituite.
«Ho più che altro scelto di percorrere
una strada meno segnata. Le canzoni sono importanti, fanno parte del mio mondo e del mio lavoro. Di sicuro si tratta di
una forma che sopravvivrà alla fine del cd
e dei file digitali. Mi sono concentrata di
più su quella forma, sui modi in cui la si
può rendere viva».
Il tour quindi non ha niente di precostituito.
Beh, le scalette sono già scelte, in realtà.
Diciamo che non si voleva ripetere sempre lo stesso concerto e così si è deciso di variare la gamma delle emozioni.
Due differenti percorsi, anche se non
troppo vincolanti, per riflettere sulle
emozioni che la musica trasmette.
Ivy e Lotus: due album acustici e sette anni in mezzo.
Molti cambiamenti, una pianta invece
di un fiore a cercare di spiegarli. Ivy è una
pianta rampicante e resistente, sempre verde,
che va verso l’alto. È la tensione verso il cambiamento: la vita ti cambia comunque, ma se prendiamo
noi la decisione, allora si crede di poter gestire le cose che capitano.
È un’illusione?
Solo in parte. La strada non è segnata, perché
non sappiamo mai dove andremo a finire. Anche
in quello che faccio: non avrei mai pensato di collaborare con un rapper e invece in Fabri Fibra ho trovato un’affinità sostanziale in
ciò che faccio anche io.
Trieste – Politeama Rossetti
Da talento a musicista affermata. Come giudi21 marzo e 22 aprile, ore 21.00
chi il tuo percorso, rispetto alla strada di chi oggi,
Venezia – Teatro Malibran
magari, sceglie un talent show per farsi conoscere?
30 e 31 marzo, ore 20.30
Sono convinta che la disciplina sia un
fattore importante nell’addomesticare il
Udine – Teatro Nuovo
proprio talento. A me è andata bene, nel
3 aprile, ore 20.30
senso che sono stata scoperta e anche accudita, senza che questo limitasse la mia
Verona – Teatro Filarmonico
20 e 21 aprile, ore 21.00
libertà. Quando un talent show ti costrin-
l’altra musica
Il nuovo tour
di Elisa
parte da «Ivy»
lo che c’è e che riesce a entrare in contatto con gli altri.
Il richiamo continuo alla natura, per noi che viviamo in mezzo al cemento, è…
Un tentativo di farci respirare, a fondo,
di ricordare che prima dell’asfalto e delle
metropoli ci sono le radici, le nostre, che
sono fatte di terra, di acqua, di aria e di
fuoco. Meglio non dimenticarlo. ◼
Elisa (foto di Fabio Lovino).
28 — l’altra musica
È l’«Ora»
di Jovanotti
Lorenzo Cherubini presenta
dal vivo la sua creatura
A
di Ilaria Pellanda
l’altra musica
nticipato dal singolo «Tutto l’amore che ho», è
dance, come «Spingo il tempo al massimo» o «Io danzo», brani più tradizionali, come il rock di «Il più grande
spettacolo dopo il Big Bang», le ballate «Le tasche piene
di sassi» e «L’elemento umano»; non mancano poi i riferimenti alla canzone francese – si pensi a «Quando sarò
vecchio» – e alla musica etnica – è il caso della «Bella vita», con Amadou & Mariam, un pezzo irresistibile, che
trasuda ottimismo.
È proprio fra l’ottimismo e la commozione che Ora
si trova a dondolare, ponendo in prima linea «la volontà di combattere per riuscire a mantenersi umani». Ed è
senz’altro anche «da ballare», come dice lo stesso Jovanotti. L’album prende infatti una strada un po’ diversa
dai suoi precedenti lavori in studio: è una creatura figlia
della contemporaneità, che denuncia il desiderio dell’artista di percorrere
strade sempre
inedite, perché
«la bellezza risiede nello scoprire continuamente cose nuove e nello sperimentare, per
sorprendermi e
sorprendere».
Per quel che riguarda l’immagine di copertina, che ritrae
il volto del nostro incastonato in uno spazio
ricco di stelle e
solcato all’altezza del naso da
una congiunzione astrale a
forma di barca a
vela, Lorenzo si
è affidato al lavoro di Maurizio Cattelan, conosciuto a New
York. «Mi trovavo nella Grande
Mela in occasione di alcuni
concerti. Maurizio, artista che
mi piace da sempre, era a uno di questi e quando me lo presentarono, dopo poche chiacchiere, ebbi immediatamente l’impressione di entrare in sintonia con lui. Gli proposi
così di prendere parte al mio nuovo progetto. Durante la
gestazione dell’album abbiamo lavorato moltissimo, passando da un centinaio di idee iniziali alla realizzazione
di cinque, sei immagini, una delle quali è diventata la copertina di Ora. È stato davvero affascinante confrontarmi con Maurizio, entrare nel suo processo creativo e vedere quanta passione e impegno mette nel suo lavoro». ◼
uscito verso la fine dello scorso gennaio, a tre anni da Safari (2008), il nuovo lavoro in studio di Jovanotti. Ora, questo il titolo dell’inedita creatura di Lorenzo Cherubini – il cui tour,
per quel che riguarda la nostra
Regione, approderà a Conegliano il 19 e il 20
aprile –, è un
disco che parla d’amore, di
universo, di cosmologia, di vita, e di quest’ultima si evince
il desiderio di
farne emergere non solo gli
aspetti più entusiasmanti ma
anche quelli più
commoventi e
meno razionali: quindici tracce nella versione «normale» e
25 nell’edizione
«deluxe» (dove
i dieci brani in
più sono tutt’altro che b-sides)
date alla luce –
nemmeno a farlo apposta… –
dopo nove mesi di gestazione,
e che Jovanotti ha voluto dedicare alla madre recentemente scomparsa.
«Si tratta di un album impegnato, ma nel senso in cui la
musica deve esserlo: nell’intento di far star bene la gente»,
ha dichiarato Lorenzo in un’intervista rilasciata a «Vanity Fair», ricordando anche che quando cominciò a «fare
musica», a quattordici anni, uno degli intenti era quello
di «far ridere la mia mamma, sapere che era orgogliosa di
me, alleviarle un po’ la fatica di dover tirare su quattro figli. E se ci penso adesso, che lei non c’è più, questa cosa
assume un senso ancora più profondo».
Il disco, come ha sottolineato Gianni Sibilla nella recensione pubblicata su Conegliano (Tv) – Zoppas Arena
19 e 20 aprile, ore 20.45
rockol.it, presenta canzoni decisamente
La copertina di Ora
ideata da Maurizio Cattelan.
l’altra musica — 29
Il «Sogno Eretico»
di Caparezza
parte di questo gruppo di rapper, che hanno saputo creare un proprio stile partendo dalle proprie origini, in questo caso pugliesi. Succede a pochi ma Caparezza è riuscito a sfruttare, anzi a crearsi una sua seconda possibilità,
visto che all’inizio della propria carriera, quando ancora
si faceva chiamare Mikimix, ottenne uno scarso successo anche presentandosi come artista a Castrocaro e Sanremo nel 1997. Tornato a Molfetta, sua città natale, rinasce sotto il segno di Caparezza, che in dialetto pugliese
significa testa riccioluta, proprio come la folta capigliatura che lo caratterizza. A seguito dell’interesse suscitato
di Tommaso Gastaldi
da alcuni suoi demo, nel Duemila riesce a ottenere un discreto successo con il suo primo album: ?!; la vera popoalla sua nascita a oggi il rap è passato attralarità arriva però con il disco Verità Supposte del 2003, che
verso molte evoluzioni: da iniziale urlo
conteneva singoli famosi come «Il Secondo Me»,
di ribellione e protesta dei quartieri
«Vengo dalla Luna» e soprattutto «Fuori dal
a maggioranza afroamericana delle granTunnel» che divenne vero e proprio tordi città americane, ha continuato un
mentone estivo di quell’anno. Lui steslungo cammino diventando un imso si è trovato più volte a dover difenportante elemento del mercato didere il brano dall’utilizzo in ambiscografico ormai non solo statuti che troppo si allontanavano dal
nitense. Un’espansione che ha
significato originale del testo.
messo radici in ogni nazione
Le tematiche sociali, il lavoro e
del mondo occidentale e non
l’ambiente, il disagio di persosolo, conformandosi semne che non vivono vite facili,
pre con le diverse realtà in
la lotta contro gli abusi del
cui ha trovato un pubblico
potere e della politica sono
di ascoltatori. Esiste il rap
alcuni dei temi che il rapfrancese, tedesco, spagnoper pugliese tratta nei suolo, indiano e così via. Pani brani, sempre attento ai
radossalmente proprio in
giochi di parole, sferzanAmerica, dove molti rapti, ironici caustici e diretper hanno ormai costruiti, mescolati a riferimenti
to dei veri e propri imperi
che vanno da Dante ai più
finanziari, si è persa molsvariati personaggi delta parte del senso originala cultura popolare. Con
rio che univa gli ascoltaHabemus Capam del 2006,
tori di questo genere, pasCaparezza analizza l’idea
sando dalla denuncia sodella morte dell’artista, irociale o alla condivisione di
nizzando sulla maggiore
disagi o a una autoreferenquantità di dischi venduti a
zialità colma di auto costose
fronte di una sua dipartita, un
e belle ragazze poco vestite.
viaggio dello spirito nell’ultraCon il tipico ritardo nazionaterreno fino alla propria resurle, anche in Italia il rap, e più in
rezione. Ancora più articolato è
generale tutta la cultura hip hop,
il progetto del 2008 Le Dimensioni
ha da alcuni anni un pubblico semdel mio Caos, colonna sonora del suo
pre in crescita. Si deve a Jovanotti (cfr.
libro Saghe Mentali: un disco concepito
p. 30), ben prima della sua conversione
dallo stesso autore come fonoromanzo, una
cantautorale, l’introduzione al grande pubsorta di radiodramma rappato che narra atblico di questo genere. La sua versione del rap
traverso varie situazioni la storia dell’adolescenera più che altro una brutta imitazione, con tanto di
te Ilaria, che dal 1968 si trova proiettata nel 2008. Docollanone d’oro, di artisti di oltre oceano come Run dmc o
po una pausa di tre anni e il passaggio a una nuova casa
Beastie Boys. In quanto musica nata in strada, il rap di
discografica, pubblica in questi mesi il suo nuovo disco,
casa nostra ha trovato una propria dimensione quando
Sogno Eretico, anticipato da un singolo che vanta la presenha trovato artisti che potessero dare realmente voce ai
za di Tony Hadley, leader degli Spandau Ballet, band di
mille problemi che molte persone vivono nei recinti urculto degli anni ottanta. Malinconia in questo caso non è
bani odierni. Dai 99 Posse a Frankie Hi nrg, gli Articoun sentimento ma l’immagine senza speranze di un’Italo 31, fino ai più recenti Fabri Fibra o Marracash: ognulia abbandonata da tutti: «Goodbye malinconia / come ti
no di questi artisti è caratterizzato da un legame cittadisei ridotta in questo stato? / goodbye malinconia / dimno o regionale molto forte, ma allo stesso
mi chi ti ha ridotta in questo stato?».
tempo riscuotono successo a livello nazioA ogni ascoltatore (e lettore) l’ardua sennale, forti del senso di comunanza che la
tenza. ◼
Padova – Gran Teatro Geox
19 marzo, ore 21.00
Caparezza.
loro musica instaura. Anche Caparezza fa
Torna il rapper di Molfetta
e duetta
con uno Spandau Ballet
l’altra musica
D
30 — l’altra musica
L’inesauribile energia
dei Van der Graaf
Generator
A Vicenza il gruppo culto
degli anni settanta
F
– critico, musicologo o semplice
appassionato che sia – è riuscito a giustificare l’inspiegabile successo che la musica progressive ha avuto e continua ad avere in Italia. Secondi solo all’Inghilterra, dove questo movimento è nato, nel nostro Paese il
prog rock ha trovato terreno fertile dando vita a una folta
schiera di fan e numerosi gruppi. Lontani dalla forma canonica della canzone pop, i progressisti del rock allungano i brani a dismisura, utilizzano ritmi e strumentazioni inusuali e si aprono a qualsiasi influenza musicale mai affrontata prima, dalla classica al jazz
e alla musica indiana. Un genere che è riuscito a sopravvivere a
tutte le mode musicali degli anni
ottanta, novanta e del nuovo secolo. Ancora oggi stiamo vivendo una rinascita del prog rock, celebrato da concerti con gli eroi di
allora, ne sia esempio il concerto
che la Premiata Forneria Marconi
terrà a giugno al Teatro alla Scala di Milano. Giunto alla quarta
edizione, anche il festival Schiolife continua questo revival musicale presentando al Teatro Comunale di Vicenza un cartellone degno di nota: nella prima data sono saliti sul palco Aldo Tagliapietra e Tony Pagliuca delle Orme (assieme alla pfm il riferimento del progressive italiano)
con il chitarrista Tolo Marton, i
The Watch, cover band dei Genesis, che hanno riproposto il capolavoro del gruppo di Peter Gabriel Selling England by the Pound e infine l’8 aprile suoneÈ la metafora della società moderna. «Come posso esseranno i Van der Graaf Generator. Il gruppo nasce nel
re libero? / Come posso ottenere aiuto?», sono le dispe1967 a Manchester attorno alla figura del cantante-filoso
rate richieste di «Man-Erg», ed infine «A Plague of LighPeter Hammill alla voce, chitarra e piano, al quale si afthouse Keepers», che conclude questo viaggio nella difiancano il bassista Nick Potter, il batterista Guy Evans
sperata segregazione umana. Tra momenti di apparente
e l’ottimo organista-tastierista Hugh Banton, passando
calma e profonda violenza di organo, la loro musica è un
negli anni attraverso scioglimenti e cambi di formaziocontinuo intreccio piano, sax e flauti e chitarre, qui suone. La particolarità che caratterizza i Van der Graaf Genate da Robert Fripp. Dopo questo disco Peter Hammill
nerator rispetto alle altre band del periodo, è la materia
scioglie il gruppo per ricomporlo nel ‘75 e pubblicare ben
con cui riempiono le proprie canzoni, lontane dai montre album. Dopodiché Hammill porta avanti una propria
di fantastici di gruppi come i Genesis, dispucarriera solista fino alla definitiva reunion con
tando piuttosto di «relazioni umane, invecchiai vecchi compagni con cui nel 2005 e nel 2008
mento, morte, follia, politica, consapevolezza,
compone due dischi, Present e Trisector, ricominintrospezione e religione» (Carlo Massarini, Deciando a calcare i palchi di tutto il mondo. ◼
Vicenza
ar Mr Fantasy, p. 58, Rizzoli). Una cupa dramTeatro Comunale
8 aprile, ore 21.00
I Van der Graaf Generator.
maticità che risuona in ogni nota della loro proinora nessuno
l’altra musica
di Tommaso Gastaldi
duzione e che, con le dovute differenze, li avvicina più ai
Pink Floyd di The Wall che ai richiami medievali e fantastici dei Genesis o dei Gentle Giant. I frutti più alti della
loro discografia ruotano attorno a tre album molto amati dalla critica: il primo di questi dischi, The Least We Can
Do is Wave to Each Other nel quale viene introdotto anche
il sax di David Jackson, manifesta da subito la loro volontà di rinnovamento musicale. Il successivo, H to He,
Who Am the Only One, è un triste e lugubre manifesto sulla solitudine analizzata nei cinque brani del disco: si apre
con «Killers», canzone che narra di un pesce assassino e
matricida che vive solo e temuto da tutti, e si chiude con
«Pioneers», con il suo astronauta solo e sperduto nell’infinità delle galassie spaziali. Negli stessi anni anche David Bowie manda in orbita il suo Major Tom. Tre tracce,
due da poco più di dieci minuti e un’altra da ben ventitré:
all’epoca si doveva fare i conti con le limitazioni imposte
dal vinile. Pawn Hearts è il capolavoro, un disco che ottenne un successo strepitoso e per certi versi inaspettato: tre
suite cupe e tenebrose, dove i «Lemmings» (titolo della
prima traccia) corrono verso il proprio suicidio di massa.
l’altra musica — 31
I Jamiroquai
son tornati
poi non le abbiamo ascoltate per due mesi. Quando le abbiamo riascoltate ci sono piaciute: vuol dire che avevamo
fatto bene». I testi non resteranno nella storia, anche se i
riferimenti ai temi cari al cantante (l’ecologia, la religione, lo spazio, la futurologia) non mancano. «Ma alla fine
– confessa il frontman della band – ci basterebbe ascoltare un po’ di più Stevie Wonder, che canta “nell’amore è
tutto giusto” o “ l’amore è un gioco per due persone”…
Alcune delle migliori canzoni della storia sono semplici,
di Giuliano Gargano
colpiscono il cuore e non il cervello».
Il primo brano estratto – «White Knuckle Ride» – ha
a vita comincia a quarant’anni». Detto da Japroprio il marchio di fabbrica di Jamiroquai: un funk
son Kay, classe 1969, leader e anima dei Jaelettronico orecchiabile e accattivante. Il video è un’aumiroquai, potrebbe suonare come
tocitazione e svela la nuova passione di Jason
un luogo comune. «È un cliché – ammette –
Kay. Il rimando è al video di «Cosmic Girl»,
ma è proprio vero, sento il privilegio e la fordel 1996, nel quale tre auto sportive (due Fertuna di essere ancora in gioco». E in effetti di
rari e una Lamborghini, appartenenti alla colMantova – Palabam
novità ce ne sono tante: una nuova etichetlezione di auto di lusso del cantante) gareg31 marzo, ore 21.00
ta discografica, un nuovo e travolgente cd –
giavano nel deserto. In «White Knuckle RiRock Dust Light Star
de», invece, a sfrec– dopo cinque anciare lungo le strade
ni di silenzio (il preè una Porsche, insecedente era Dynamiguita da un elicotte, del 2005, cui era
tero, pilotato proseguito il best of Hiprio dal cantante,
gh Times: Singles 1992al quale forse la ve2006), una nuova e
locità delle sue auadrenalinica pasto non bastava più!
sione (che scoprireUn’apparente conmo più avanti) e un
traddizione con il
tour che sta portannuovo stile adottado la band in tutto il
to da Jason Kay per
mondo, Italia com«Rock Dust Light
presa. Il 31 marzo
Star». «In questo diprossimo, infatti,
sco – spiega il canJamiroquai fa tappa
tante nel blog della
a Mantova, ai conband – ho usato la
fini del Nordest (le
voce in un modo un
altre tappe sono a
po’ differente, forse
Milano, Torino e
più rilassato. Ho un
Firenze).
po’ rallentato». E in
Il cd – godibile
effetti, come dardal primo all’ultigli torto ascoltando
mo brano, con alla suadente ballata
meno metà delle
«Blue Skyes»?
canzoni destinate
Lo show del 31
a essere estratti com a r zo prometme singoli – riporte comunque ritta Jamiroquai ai fami trascinanti. Sasti del passato, per
rà impossibile non
intenderci al sucballare sulle note
cesso di album cofunk di «All Gome The Return of the
od in the Hood» o
Space Cowboy, Tra«She’s a Fast Pervelling Without Mosuader», o farsi culving e A Funk Odyslare dal groove di
sey (dalla critica rite«Smoke And Mirnuto il loro capolarors», «Lifeline» e
voro). Un misto di acid jazz, funk e soul, con qualche picdalla particolarissima e ipnotica «Hey Floyd». E se vercola e curiosa incursione reggae. «Abbiamo evitato di ulrà confermata la scaletta delle ultime esibizioni del gruptra analizzare le canzoni in studio – spiega Kay – perché
po, si potranno riascoltare successi come «Little L», «Copoi alla fine ascolti i brani fino alla noia e rischi di prensmic Girl», «Virtual Insanity» e «Space Cowboy». ◼
dere la decisione sbagliata. Stavolta invece abbiamo inciso le canzoni, le abbiamo portate fino a un certo livello e
Jason Kay, leader dei Jamiroquai.
La band di Jason Kay
in concerto a Mantova
l’altra musica
«L
32 — l’altra musica
Elettricità a sette note
da Albert Lee
a Ryoji Ikeda
zioni dei futuristi Luigi Russolo e Balilla Pratella già negli anni dieci, alcune correnti di neoavanguardia denominate musique concrète in Francia (con André Schaeffer
e Pierre Henry) ed Elektronische Musik in Germania (con
Karlheinz Stockhausen) pensano di creare musica senza più spartiti, pentagrammi, strumenti tradizionali, ma
soltanto attraverso macchine o apparecchi (all’epoca rudimentali), che, grazie a un’azione sulla corrente elettrica, generano rumori o suoni artificiali. Sarà solo alla fine degli anni sessanta che arriveranno i primi sintetizzatori che uniranno le due logiche, anticipando tutta la mudi Guido Michelone
sica oggi ri-producibile attraverso la digitalizzazione con
il computer.
Tornando invece ai due protagonisti, Albert Lee da
l mese di marzo in Veneto si arricchisce
Nottingham, sessantasettenne con il piglio
di tanta musica elettrica o meglio ancora
dell’hippy ribelle, è uno dei «poeti» della chielettronica, per dirla con gli esponenti di
tarra elettrica, uno fra i padri fondatori a liuna serie di tendenze davvero variegatissime,
vello espressivo, un virtuoso delle potenzialiVenezia
che oggi transitano dai concetti del passato altà dentro e fuori lo strumento al pari di pochi
Palazzo Grassi
19 marzo
le utopie del futuro, coinvolgendo un presenaltri nella storia del pop-rock: Jimi Hendrix,
Ryoji Ikeda
te vicino alle tradizioni più o meno classiche e
Frank Zappa, Eric Clapton o Carlos Santana,
un avvenire ormai quasi da fantascienza. In tal
tanto per nominare eroi arcinoti. Gli esordi
Conegliano
senso, il britannico Albert Lee e il giapponese
professionali di Albert risalgono al 1966 quanTeatro Accademia
Ryoji Ikeda sono forse i due artisti che meglio
do dà vita al quartetto Ten Years After, assie24 marzo
rappresentano, di questi tempi, i due poli estreme a Ric Lee, Chick Churchill, Leo Lyon: fin
Albert Lee
mi nella filosofia dell’elettricità a sette note e
dal nome si intuisce quali siano le volontà delche, non a caso, saranno protagonisti rispettila band, che sussistono tuttora nella lunga carvamente al Teatro Accademia di Conegliano (24 marzo)
riera solista del leader medesimo, giacché, senza fronzoli,
e a Palazzo Grassi, a Venezia (19 marzo). Entrambi paioripete coerentemente il sound e il rituale di quegli anni. Il
no salutare in chiave simbolica la xiv edizione di Veneto
nome dunque vuol dire «dieci anni dopo» perché la muJazz Winter, che, iniziata a gennaio, vedrà ancora in scesica che Albert propone è in fondo un’originale revival e
na il pianista Raphael Gualazzi e la cantante Z-Star (riuna curiosa miscela di rock and roll e rhythm and blues,
spettivamente l’11 e il 26 marzo all’auditorium bhr Treviche addirittura riprende il vecchio boogie-woogie e maso Hotel di Quinto di Treviso), il cantante scat Gegè Tegari anticipa il nuovo hard-rock. Con l’album omonimo
lesforo al Teatro Giardino di San Giorgio delle Pertiche
Ten Years After (1967) c’è il debutto «live in studio»,
di Padova (18 marzo), il tango del duo fisarmonica-vioper mantenere fresca l’esuberanza della perforloncello Paier Valcic (il 25 a Salzano, il 26 a Chioggia, in
mance, tale e quale ai concerti. L’anno succescollaborazione con Ubi Jazz).
sivo Undead (davveMa prima di presentare Albert Lee e Ryoji Ikeda ocro «dal vivo») e
corre magari soffermarsi a riflettere su cosa si intende
quando si parla di musica elettrica o elettronica, per meglio gustarsi due eventi così interessanti, ma fra loro diversi, nonostante il filo sottile del richiamo tecnologico
che, fin dal primo Novecento, tiene legati fenomeni artistici eterogenei se non antipodici. È indubbio che l’invenzione dell’elettricità sia servita anzitutto a scopi utilitaristici, quindi a potenziare gli emergenti mass media
(mezzi di comunicazioni di massa) e solo in ultimo a interagire con la prassi (e la teoria) della creatività artistica.
E sotto quest’ultimo aspetto bisogna subito sgomberare
il campo da ogni equivoco, dal momento che oggigiorno si fa spesso un uso errato del termine «elettronica» applicato alla musica, riducendolo solo a recenti fenomeni commerciali, che a loro volta si limitano spesso ai balli da discoteca.
Tuttavia il rapporto tra musica ed elettronica vanta una
storia più nobile e intrigante, a partire dai suoni elettrici
prodotti dall’amplificazione degli strumenti tradizionali: un’esigenza sorta alla fine degli anni trenta in seno alle
jazz band, per consentire appunto alle chitarre una risonanza più forte rispetto ai suoni dei fiati già di per sé potentissimi; ed è quanto accade a partire da Charlie Christian nell’orchestra di Benny Goodman. Un decennio più
tardi, soprattutto in Europa, al seguito di alcune intui-
Le nuove edizioni
di Veneto Jazz Winter e Nu Fest
l’altra musica
I
l’altra musica — 33
visivi e la musica elettronica, prediligendo in Datamatics 2.0 le ultime tecnologie, come ad esempio la proiezione dlp (Digital Light Processing), che è la stessa che viene impiegata nel recente cinema digitale 3d (tridimensionale). L’autore esplora qui il potenziale di percezione
della multi-essenza invisibile dei numeri aritmetici che
permeano il mondo, usando semplici dati numerici quali fonti per i suoni e le immagini. E in tal modo Datamatics arriva a contenuti al contempo astratti e realistici, unendo tempo e spazio in un’opera singolare dal forte impatto comunicativo. Ikeda, come metodo, lavora
partendo da esplorazioni sonore di frequenze quasi impercettibili, al limite dell’udibile; attraverso queste forme di ultrasuoni si concentra perciò a inventare inedite
strutture audiovisuali, mostrando alla fine come si possa partire da metodi matematici per giungere a svelare al-
le radici delle sonorità afroamericane, dall’altro le metamorfosi subite dalla black music con l’ingresso dei suoni
amplificati, grazie in particolare ai timbri e ai ritmi chitarristici, non senza quegli assolo spesso improvvisati di
cui Albert resta un autentico prodigio.
Tutt’altra elettricità invece con Ryoji Ikeda, il piatto forte della quinta edizione di Nu Fest, rassegna internazionale di musica elettronica organizzata sempre da Veneto
Jazz, tradizionalmente ospitata a Padova, ma ora espansa anche a Venezia con un evento multimediale davvero
straordinario, che s’avvale della collaborazione e della logistica di Palazzo Grassi (con la Fondazione François Pinault), dove tra video, arti figurative e suoni elettronici,
il poliedrico giapponese presenterà Datamatics 2.0, innovativa performance di esplorazione sonora e visiva: musiche, gesti, colori, immagini prenderanno corpo in diretta nell’atrio dello splendido edificio sul Canal Grande. Ryoji è tra le figure più interessanti di un’estetica postmoderna che adopera in parallelo la videoarte, gli audio-
la percezione dell’essere umano alcune proprietà fisiche
di suoni e immagini, che l’esperienza artistica non aveva
mai osservato né preso in considerazione. Nato a Gifu,
in Giappone, quarantacinque anni fa, ma da tempo residente a Parigi, Ryoji si fa conoscere attorno al 1995 grazie a concerti, installazioni e dischi che lo indicano tra i
compositori più radicali, originali, suggestivi e innovativi. Dei dieci cd finora editi a suo nome, i sei più noti – +/- (Touch 1996), 0° C (Touch 1998), Matrix (Touch
2000), Op.(Touch, 2002), Dataplex (Raster-Noton, 2005),
Test Pattern (Raster-Noton, 2008) – risultano ormai grandi opere pioneristiche nell’esplorare sonorità minimali,
dal rumore bianco alle onde sinusoidali, passando attraverso una sintesi storica di quasi tutti i suoni elettronici. ◼
l’altra musica
l’accoglienza a New York accanto a Hendrix e Jans Joplin
ne fanno già una stella del nuovo rock; e sempre live, immortalato dai dischi e dal cinema è il memorabile happening a Woodstock (agosto 1969) con gli oltre dieci minuti
del brano «Going Home», un classico blues, stracarico di
citazioni e reso velocissimo dal gioco delle dita sulle corde. È il sound appunto elettrico di una Gibson es335 a
trionfare: protagonista dell’album Sssssh (1969) tra le pietre miliari nella storia del rock, con brani quali «Bad Scene» e «The Stomp», è quella stessa chitarra con l’adesivo
«love and peace» che ancora usa: «È stato il primo amore,
e non me ne sono mai separato. Negli anni è rimasta praticamente intatta, oggi è un cimelio ma non potrei mai separarmene». Assieme al gruppo Hogan’s Heroes, a Conegliano Lee terrà sia un seminario sia un concerto, per ribadire con la propria musica da un lato i collegamenti con
A fronte: Albert Lee.
Sopra: Ryoji Ikeda, Datamatics 2.0.
34 — l’altra musica
Italia Unita:
altri eroi
che ci attende ci si ricorderà del soldato anarchico Augusto Masetti, muratore di San Giovanni
in Persiceto. In occasione della guerra di Libia, il giovane
viene richiamato per la seconda volta alle armi nell’ottobre del 1911. Alle sei di mattina del 30 ottobre, nel cortile della caserma Cialdini di Bologna, si stanno radunando le truppe in attesa del discorso di saluto del colonnello: improvvisamente un colpo parte dal fucile di Masetti e ferisce ad una spalla il tenente colonnello Stroppa.
L’autore del gesto grida: «Viva l’anarchia, abbasso l’esercito!»; mentre viene bloccato incita alla ribellione i camerati. Durante gli interrogatori si dichiara anarchico rivo-
cantata da un gruppo di contadine di Medicina nel 1966?
«Italia mia regina/di me non ti scordare/possa l’esempio mio/il tuo destin cambiare» prega il frate in punto
di morte. A dispetto di un’Italia che a fatica ricorda ogni
cinquant’anni, la cultura popolare conserva i «suoi» eroi
nella memoria e li tramanda nel tempo, oggi anche grazie alle moderne tecnologie che permettono la conservazione e la conoscenza critica di ciò che altrimenti sarebbe
stato ingoiato dall’ignoranza globale.
Una duplice iniziativa editoriale ha consegnato in questi giorni i documenti della memoria all’attenzione di chi
non si accontenta di lezioni ammaestrate o parziali. L’editrice discografica Ala Bianca di Modena e l’Istituto Ernesto De Martino di Sesto Fiorentino hanno pubblicato un
triplo cd dal titolo L’Italia nelle canzoni. 150 anni di storia attraverso il canto sociale e popolare, nel quale trovano posto 86
canti della tradizione popolare o della nuova canzone sociale, riproposti attraverso le registrazioni originali o le
esecuzioni che li hanno restituiti all’attenzione pubblica.
I materiali sono tratti dall’archivio dell’Istituto o dai
luzionario. Il reato è quello di «insubordinazione con vie
di fatto verso superiore ufficiale», punibile con la fucilazione alla schiena.
Lo slogan «viva Masetti, abbasso l’esercito» si diffonde
per tutta l’Italia centrale e settentrionale, nascono numerosi comitati locali, ovunque si tengono manifestazioni e
comizi costantemente osteggiati dalle forze dell’ordine.
Masetti viene dichiarato «soggetto degenerato» e rinchiuso in manicomio criminale. Ci tornerà anche durante il fascismo in manicomio e tutta la sua vita, conclusa
nel 1966, sarà legata al movimento anarchico.
Non si parlerà di lui, o meglio non ne parleranno le manifestazioni più o meno ufficiali così come pochi ricorderanno la vicenda di padre Ugo Bassi, frate garibaldino
che, dopo una vita dedicata al Risorgimento della patria,
a 48 anni fu fucilato dagli Austriaci a Bologna. Questa
città gli ha dedicato una delle sue vie principali e Padova
recentemente ha fatto altrettanto. Ma saranno capaci di
ricordarlo con il calore, l’amore di una semplice canzone
«Dischi del sole» e l’antologia è stata curata da Cesare
Bermani, storico e studioso delle tradizioni popolari italiane che ha legato il suo nome all’attività dell’Istituto Ernesto De Martino e alla storia delle edizioni del Gallo e
del Nuovo Canzoniere Italiano. Contemporaneamente
lo stesso Bermani ha curato per Rizzoli la pubblicazione del libro Pane, rose e libertà. Le canzoni che hanno fatto l’Italia che contiene, oltre ai 3 cd sopra illustrati, anche tutte
le informazioni storiche che aiutano a comprendere i materiali proposti.
Da questi lavori si dipana una storia fatta di storie, di vicende, di persone che talvolta l’unità d’Italia più che voluta, l’hanno subita, o meglio che hanno dovuto subire
quell’«Unità», quella classe dirigente, quel ceto padronale.
Affiorano così eroi inattesi, drammatici, testimoni di
innumerevoli sofferenze e sconfitte.
«S’odon voci dalle tombe/di Boyer, Chantel, Junod/e
dan fiato a mille trombe/li due Bruti, Azari, Arò». Sono
le voci dei giustiziati che avevano guidato anche in Pie-
D
di Gualtiero Bertelli
l’altra musica
ifficilmente nel tripudio di commemorazioni
l’altra musica — 35
to I, premia con una decorazione il generale Bava Beccaris che ha fatto tuonare il cannone contro i manifestanti nelle giornate dal 6 al 9 maggio del 1898. Sarà l’atto
che decreterà la sua morte per mano di Gaetano Bresci.
E non può stupire il senso di indifferenza che traspare
dalla canzone «Alla stazion di Monza/arriva un tren che
ronza/hanno ammazzato il re/con colpi tre», tutto qua?!
L’altra storia cantata si dipana fino ai giorni nostri e al
canto popolare si affiancano quelle canzoni che popolari sono divenute dagli anni sessanta in poi, con l’entrata
in scena del Nuovo Canzoniere Italiano, dei suoi ricercatori, dei suoi autori e interpreti. Se lo straordinario cantastorie Piazza Marino racconta «L’Attentato a Togliatti» che nel 1948 vide mezza Italia in sollevazione, Fausto
Amodei ci ricorda la vicenda dei «Morti di Reggio Emilia» caduti sotto il fuoco del governo «clerico-fascista» (si
diceva così allora) del democristiano Tambroni nel luglio del 1960, Ivan Della Mea ci riporta agli scioperi della Fiat del 1965/66 con «Cara moglie» e Giovanna Marini ci conduce a Reggio Calabria, dove il 22 ottobre 1972
È proprio dopo il ’61 che lo scontro sociale diventa più
duro.
In un’Italia in cui «S’affondano le mani nelle casse/Si
trovano sacchetti pieni d’oro/e per governare come fare?/rubar, rubar, rubar, sempre rubare» e dove «Ogn’anno siam gravati /d’imposte, e nuove spese, /crescon forse i guadagni? /dove son le riprese?», come testimonia
un foglio volante di fine Ottocento, le piazze del centro
nord rimbombano delle proteste di operai e braccianti in
sciopero.
«E per la strada gridavano i scioperanti/non più vogliam da voi restar sfruttati/ siam liberi, siam forti e siamo in tanti/ e vivere non vogliam da carcerati». La forza
è quella delle nuove organizzazioni operai e contadine: le
leghe, le società di mutuo soccorso, i sindacati.
D’altra parte la disperazione è tanta: «Alle grida strazianti e dolenti/di una folla che pan domandava/il feroce monarchico Bava/ gli affamati col piombo sfamò» e il
governo risponde con il piombo. Il «re buono», Umber-
i sindacati metalmeccanici decisero di organizzare una
grande manifestazione di solidarietà al fianco dei lavoratori calabresi.
Un triplo cd e un libro straordinari, da consigliare specialmente a scuole e biblioteche, al fine di contribuire a
proporre una storia condivisa, a tutto tondo della vicenda unitaria. ◼
l’altra musica
monte la speranza giacobina, le stesse voci che avevano
esultato in piazza «Or che innalzato è l’albero…».
L’incredibile voce di Giovanna Daffini ci porta in una
Venezia stremata. «Un bel giorno entrando in Venezia/
Vedevo il sangue scorreva per terra/E i feriti sul campo di guerra/E tutto il popolo gridava pietà»: È il 1849;
la Repubblica di Manin, ultimo baluardo delle rivolte
del ‘48, sta capitolando, il canto, che si è mantenuto vivo nel repertorio delle mondariso, ci restituisce gli ultimi respiri.
Ci scopriamo a seguire una madre di Forlì che va a Roma in cerca del figlio Achille, che l’ha abbandonata per
seguire Garibaldi, e che del figlio trova solo la tomba.
Rinchiuso nel Maschio di Volterra, col marchio d’assassino troviamo Cesare Batacchi, anarchico fiorentino,
condannato all’ergastolo perché accusato di aver lanciato
una bomba in via Nazionale il 18 novembre 1877. Si professerà sempre innocente il Batacchi, ma la sua condanna, graziata nel 1900, servì soprattutto a colpire la prima
internazionale che aveva preso piede anche in Italia.
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