giornale del Quartetto Periodico della Società e dei Concerti del Quartetto Gennaio Febbraio 2002 di Milano EVOLVERSI NELLA TRADIZIONE TEATRO DAL VERME il principio al quale da oltre un decennio si ispira l’azione del Consiglio Direttivo della Società del Quartetto: nell’intento voluto da Boito, Ricordi e dagli altri suoi Fondatori nel 1864 – «incoraggiare e diffondere il culto della musica pura» – adeguando la sua voce al contesto sociale e culturale di Milano. Il cammino si è aperto oltre dieci anni fa con la creazione dei «Concerti del Quartetto»: l’intensa attività di questa nostra nuova associazione, con le grandi iniziative scaligere, con le Settimane Bach, con la realizzazione, per il Comune di Milano, di Musica e poesia a San Maurizio ha riallacciato un forte rapporto del Quartetto con la città tutta, evitando che uno splendido isolamento si tramutasse in emarginazione dalla vita culturale milanese. Ora, il percorso può dirsi compiuto. L’Assemblea generale del 18 dicembre 2001 ha approvato il nuovo testo di statuto, eliminando la riserva dei concerti ai soli Soci: la compatta votazione in favore della modifica proposta ha indubbio significato di ampia condivisione. Il Consiglio ha delineato le prospettive attuali, nella volontà di mantenere la grande tradizione della Società del Quartetto al suo livello storico, conservando le prerogative dei Soci con attenzione alla realtà circostante e incoraggiando uno spirito associativo ancor più importante. • La Società del Quartetto sarà “aperta” in modo limitato e graduale, così da conservare la fisionomia di autentico ente associativo; • L’apertura è effettiva sin dalla stagione in corso: i biglietti in vendita saranno però riservati ai Soci, che avranno così la possibilità di essere i protagonisti e i registi dello sviluppo della Società; • Per i Soci verranno programmate anche altre iniziative specifiche: le prime consistono nella disponibilità dei prossimi concerti realizzati dai «Concerti del Quartetto» al Teatro Dal Verme: i tre appuntamenti domenicali Alla scoperta del repertorio per banda e le due prossime Note di Viaggio, per i quali i Soci possono disporre degli inviti a loro riservati. Il Consiglio Direttivo DOMENICA 10 FEBBRAIO - ORE 17 È DOMENICA 13 GENNAIO 2002 - ORE 17 DOMENICA 20 GENNAIO - ORE 17 La banda: tradizione e attualità Normalmente si ha un’immagine molto limitata della banda e del suo repertorio: una formazione buona per feste e per funerali, fatta per divertire e commuovere con il clangore dei suoi luccicanti strumenti e gli arrangiamenti colorati di motivi popolarissimi. La banda ha però anche un’altra natura, di interesse artistico ben maggiore; nel corso del secolo scorso e di quello precedente, compositori illustri come Nikolaj Rimskij-Korsakov e Gustav Holst hanno scritto pensando al suo particolarissimo impasto sonoro, e soprattutto in ambito anglosassone fra Otto e Novecento si è venuto a creare un repertorio di tutto rispetto. Ecco perché una delle più reputate formazioni bandistiche italiane, I Fiati della Valtellina, ha ideato il ciclo di tre concerti, intitolato Alla scoperta del repertorio per banda. Tradizione, modernità, sviluppi, che siamo lieti di presentare al Teatro Dal Verme. I tre programmi illuminano altrettanti aspetti del repertorio per banda: composizioni originali, trascrizioni operistiche, e per finire una serie di brani dov’è evidente la contaminazione con le tecniche jazzistiche. Con il direttore Lorenzo Della Fonte, I Fiati della Valtellina presentano diversi solisti di tutto rispetto: il clarinettista Fabrizio Meloni, l’oboista Francesco Di Rosa, il trombonista Jacques Mauger e il Quintetto Jazz di Maurizio Giammarco, Fabrizio Bosso, Massimo Colombo, Christian Meyer e Valerio Della Fonte. 8 Il repertorio originale Orchestra di Fiati della Valtellina Lorenzo Della Fonte direttore Fabrizio Meloni clarinetto Francesco Di Rosa oboe Jacques Mauger trombone Rimskij-Korsakov – Konzertstück per clarinetto e banda Variazioni su un tema di Glinka per oboe e banda Concerto per trombone e banda Holst – Prima suite per banda in mi bemolle maggiore op. 28 n. 1 Hammersmith Prelude and Scherzo op. 52 Seconda suite per banda in fa maggiore op. 28 n. 2 Le trascrizioni operistiche Orchestra di Fiati della Valtellina Lorenzo Della Fonte direttore Bellini – Norma, ouverture (trascr. Laurendeau) I Capuleti e i Montecchi, ouverture (trascr. Della Fonte) Donizetti – Don Pasquale, ouverture (trascr. Van Leeuwen) Anna Bolena, ouverture (trascr. Godfrey) Rossini – La Cenerentola, ouverture (trascr. Della Fonte) La Cambiale di matrimonio, ouverture (trascr. Hudson) Verdi – Nabucco, ouverture (trascr. Cesarini) La Forza del destino, ouverture (trascr. Rogers) La contaminazione con il jazz Orchestra di Fiati della Valtellina Lorenzo Della Fonte direttore Russell Bennett – Symphonic songs for band Gaslini – Fellini’s song Andriessen – A suite for jazz ensemble and band Bencriscutto – Symphonic jazz suite TEATRO DAL VERME MARTEDI 15 GENNAIO - ORE 21 10 Una rising star di versatilità sorprendente A diciassette anni, nell’agosto scorso, Alexander Romanovsky ha vinto il Concorso Busoni di Bolzano, una delle più ardue e autorevoli competizioni pianistiche esistenti; l’ha anzi stravinto, conquistandosi anche il Premio del pubblico. Il giovanissimo pianista è il fiore all’occhiello di Leonid Margarius, illustre docente alla cui scuola prosperano i talenti (già dieci anni fa una sua allieva, Anna Kravtchenko, vinse il Busoni); dalla nativa Ucraina, Romanovsky l’ha seguito nel 1997 all’Accademia Pianistica di Imola, dove Margarius è venuto a insegnare. Questo “astro nascente” di sorprendente precocità (che siamo lieti di ospitare nella data in origine destinata al vincitore del Concorso Micheli, conclusosi senza l’assegnazione del primo premio) a nove anni suonava già con l’orchestra, a undici ha dato il primo recital. Quattro anni dopo è diventato Accademico honoris causa dell’Accademia Filarmonica di Bologna; un onore riservato, prima di lui, solo a due altri quindicenni: Mozart e Rossini. Maestro Romanovsky, il Busoni non è stato il primo concorso da Lei vinto in Italia, vero? «In effetti in vista del Busoni, per prepararmi all’esecuzione con l’orchestra del Terzo concerto di Rachmaninov, qualche tempo prima mi ero presentato al Concorso pianistico di Cantù: alla fine, l’ho anche vinto». Quali cambiamenti, quali novità le ha portato la vittoria a Bolzano? «Dopo il Concorso mi sono stati proposti tantissimi concerti, una sessantina: ora finalmente potrei incominciare a fare quello a cui ho pensato per tutta la mia vita». Lei ha già un repertorio di ragguardevole estensione: solo i concerti per pianoforte e orchestra, Terzo di Rachmaninov compreso, sono sette. In che direzioni pensa ora di spingersi? «In effetti ho già toccato tutte le aree del repertorio, da Bach con le Variazioni Goldberg alla musica romantica – ora in recital porto la Sonata in si minore di Liszt e la suonerò anche a Milano – fino alla musica del Novecento: Prokof ’ev, Rachmaninov. Ora vorrei approfondire la conoscenza della musica contemporanea, anche se in questo ambito può succedere di incontrare delle composizioni non proprio soddisfacenti». Ci sono esecutori che si impongono di rispettare con il massimo scrupolo ciò che il compositore ha scritto, altri che si concedono grandi libertà associando l’interpretazione con il “ricreare”. Lei in che posizione si trova? «Secondo me sono tutt’e due atteggiamenti esagerati. Il mio obiettivo è quello di non fermarmi pedantemente a quello che è scritto, bensì di trovare quello che il compositore voleva esprimere. Non sono d’accordo con quegli interpreti che cercano di sovrapporre il proprio pensiero, senza rispetto, a una composizione; d’altra parte, quando suono intendo esprimere qualcosa di mio». Alexander Romanovsky pianoforte Mozart – Sonata in fa maggiore K 332 Beethoven – Sonata n. 14 in do diesis minore op. 27 n. 2 'Chiaro di luna' Liszt – Sonata in si minore SALA VERDI DEL CONSERVATORIO MARTEDÌ 22 GENNAIO - ORE 21 11 I due aspetti di una voce smagliante Da Mozart a Offenbach, da Bach agli spirituals, da Debussy al jazz, Barbara Hendricks ha sempre amato spaziare su territori differenti, sostenuta dalla duttilità della sua voce nitida e smagliante; non a caso la sua prima registrazione discografica, nel 1975, fu Porgy and Bess di George Gershwin. È una personalità, quella del soprano americano, in molti modi eclettica e generosamente dedita a interessi diversi: basti pensare che, prima di dedicarsi al canto e frequentare la Juilliard School di New York, Barbara Hendricks contava di diventare una scienziata: studiò fino al diploma, infatti, matematica e chimica all’Università del suo paese natale, il Nebraska; da diversi anni, invece, accosta all’intensa attività musicale una fervida partecipazione alle campagne per i diritti umani delle Nazioni Unite, del Consiglio d’Europa, dell’Unesco. Il suo amore per il jazz l’ha portata, dopo vent’anni di fortunatissima carriera sulle scene liriche, a esordire nel 1994 con grande successo al Montreux Jazz Festival; da allora, Barbara Hendricks continua ad alternare le due facce della sua attività, esibendosi regolarmente nei festival jazz di tutto il mondo. E ora si presenta in giro per l’Europa con un programma di improvvisazione che prenderà le mosse da George Gershwin, da Duke Ellington, e anche da Louis Armstrong e da Cole Porter, per sorprendere e coinvolgere un pubblico generalmente avvezzo ai Lieder e all’opera molto più che al jazz. Le sarà al fianco l’esperto complice pianista Geoffrey Keezer. Tale è lo charme di Barbara Hendricks, tali sono le attrattive della sua voce e della sua persona, che si può prevedere la più calorosa accoglienza a questa iniziativa eccentrica e invitante. Voi avete avuto un rapporto speciale con il Quartetto Alban Berg. Vuole parlarcene? «Dopo aver vinto i concorsi di Monaco e di Reggio Emilia sognavamo di fermarci per un anno a studiare, per approfondire la nostra conoscenza della musica prima che gli impegni concertistici ci portassero via troppo tempo; pensavamo di muoverci verso gli Stati Uniti, dove ci sono degli ottimi programmi per i giovani quartetti. Ma abbiamo incontrato il Quartetto Alban Berg durante uno stage presso la nostra scuola, la Musikhochschule di Lubecca: quattro personalità molto differenti, proprio come noi, e piene di calore umano. Allora, visto anche che dovevamo tenere diversi concerti in Europa, abbiamo rinunciato ad andare in America e abbiamo accettato l’invito a Vienna dell’Alban Berg. Ci hanno dato molto, siamo loro estremamente grati: abbiamo tuttora un bellissimo rapporto e quando siamo insieme non parliamo solo di musica, ma anche di cose della vita. Ci hanno anche invitato a suonare nel loro ciclo a Vienna: è stato straordinario averli non solo come docenti ma anche come partner. D’altronde la loro attitudine verso la musica è magnifica. Non puoi restare indifferente quando li senti suonare: hanno un approccio così onesto e sincero verso ciò che suonano, ancora dopo trent’anni non conoscono la routine. E questo si sente anche quando insegnano». Barbara Hendricks soprano Geoffrey Keezer pianoforte La vocalità e il jazz: da Gershwin alle improvvisazioni d'oggi SALA VERDI DEL CONSERVATORIO MARTEDÌ 29 GENNAIO - ORE 21 12 Quattro personalità non comuni Sono giovani, trentenni o poco più. Preparatissimi: fra i loro docenti ci sono stati Walter Levin del Quartetto LaSalle, il Quartetto Emerson e il Juilliard, per non parlare dell’Alban Berg con cui hanno studiato intensamente dal 1997 al ’99. Ciascuno di loro è uno strumentista di livello non comune, tanto che non c’è un primo violino ma il ruolo è tenuto, alternativamente, da Natascha Prischepenko e da Heime Müller. Con tali qualità il Quartetto Artemis, fondato nel 1989 a Lubecca dai due violinisti con il violista Volker Jacobsen e il violoncellista Eckart Runge, non poteva che collezionare vittorie ai più importanti concorsi internazionali, come l’ARD di Monaco di Baviera e il Borciani di Reggio Emilia. Ormai il Quartetto Artemis si esibisce regolarmente nelle maggiori sedi concertistiche; ma tiene vivo quell’interesse per l’approfondimento e la ricerca – non soltanto in campo musicale – che contribuisce a disegnare una fisionomia artistica di peculiare ricchezza e attrattiva. Sull’Artemis e sul programma che eseguirà a Milano abbiamo rivolto qualche domanda a Eckart Runge. Nel programma che eseguirete a Milano spicca il brano di un compositore pochissimo conosciuto, Emanuel Aloys Förster. Perché questa scelta? «Effettivamente si tratta di un nome oggi completamente dimenticato; eppure fu insegnante, oltre che amico, di Beethoven, e ai suoi tempi, a Vienna, era considerato con molto rispetto. È in effetti un ottimo compositore, molto espressivo, con superbe idee soprattutto in ambito melodico; d’altro canto non è un innovatore, e nel confronto con Beethoven non poteva che uscire schiacciato. Ma per noi che suoniamo in quartetto, e che siamo viziati avendo un repertorio infinito di capolavori, ogni tanto è utile e istruttivo anche interpretare qualcosa di buono, ma non assolutamente eccelso». Quartetto Artemis Förster – Quartetto in fa minore op. 16 n. 5 Bartók – Quartetto n. 3 Sz 85 Beethoven – Quartetto n. 14 in do diesis minore op. 131 TEATRO DAL VERME MERCOLEDI 30 GENNAIO - ORE 20.30 Una lettera di Mario Brunello « Caro pubblico del Quartetto, dopo i primi due appuntamenti del ciclo Note di viaggio sento l’esigenza di scrivere queste righe per farvi partecipi e, perché no, aprire una discussione, su pensieri e idee dalle quali è nato il progetto. L’idea di partenza non è “fare qualcosa di nuovo o di diverso”, ma cercare di avvicinare alla musica, ai concerti, alla musica nuova, quelle persone che dicono “la musica per intenditori... per quelli che la capiscono... la musica mi piace ma mi fermo a Brahms...!”. Il compito spetterebbe alla scuola, ai media, a chi si occupa di organizzazione; ma noi musicisti dobbiamo rimanerne fuori? Non abbiamo forse qualche colpa, come l’aver usato e anche abusato del potere e del distacco che crea il palcoscenico o la maschera da “artista” che indossiamo? A quelle persone che stanno lontane dalla musica perché si sentono spaesate o annoiate in una fila di poltrone, vorrei far capire che il primo atteggiamento deve essere di “ascolto”, di “godimento” del suono. Il suono, nel suo insieme di armonia, ritmo, e melodia, è il primo elemento riconoscibile della musica, come il (di)segno per la pittura o la parola per la letteratura. Ma, mentre queste ultime parlano con un linguaggio a noi familiare, la musica sembra che usi una lingua sconosciuta, anche perché rispetto alle altre ha bisogno dell’interprete. E allora ho pensato questa volta di usare il “viaggio”, un esperienza che tutti hanno fatto, come chiave o linguaggio che avvicini ai concerti, alla musica poco frequentata e alla musica di oggi; e credo sia più interessante affrontare un viaggio avendo sentito prima qualche racconto o avventura vissuta da perdomenica 13 gennaio 2002, ore 17 Teatro Dal Verme d Orchestra di Fiati della Valtellina Lorenzo Della Fonte, direttore Alla scoperta del repertorio per banda I – Il repertorio originale Rimskij-Korsakov, Holst martedì 15 gennaio, ore 21 Teatro Dal Verme Alexander Romanovsky, pianoforte Mozart, Beethoven, Liszt sonaggi interessanti e non semplicemente avuta durante le visite guidate. Ecco perché in questi concerti, oltre ai musicisti, partecipano scrittori, giornalisti, grandi viaggiatori, fotografi e i compositori stessi; fare qualche riflessione, senza “sarò breve”, è come conoscere una persona durante un viaggio e scambiare qualche parola; e il pubblico è invitato a farlo, anche dopo il concerto. Con questo non voglio togliere la libertà di vivere il concerto come si vuole, ma sento che bisognerebbe restringere il campo di “ritualità” (che si è ormai allargato, forse inconsapevolmente) al solo fatto musicale, a quel momento di silenzio che precede la prima nota fino al silenzio che segue l’ultima. Tutto il resto è un po’ cornice, un po’ routine e lo si potrebbe vivere in maniera più quotidiana. Cordialmente, Mario Brunello » Orchestra d’Archi Italiana Richard Tognetti violino e direttore Note di viaggio III – Ultimo continente conosciuto Sculthorpe – Irkanda IV per violino e orchestra d’archi Dean – Carlo per violino, orchestra d’archi e nastro magnetico Schubert/Mahler – La Morte e la Fanciulla SALA VERDI DEL CONSERVATORIO MARTEDÌ 5 FEBBRAIO - ORE 21 13 Verso nuovi, liberi orizzonti Sono ben note la versatilità e la curiosità verso ambiti musicali sempre nuovi che contraddistinguono Katia Labèque. In celebre duo con la sorella Marielle da molti anni, la pianista francese ha nel contempo sperimentato con successo anche altri generi, in particolare il jazz. La sua nuova frontiera è il repertorio per pianoforte e violino: sembra paradossale, ma non lo è, visto che come partner Katia Labèque ha una musicista dalla mente altrettanto libera e aperta come Viktoria Mullova, con la quale potrà esplorare più a fondo il repertorio classico, ma anche scoprire nuovi stimolanti orizzonti. La Società del Quartetto è fiera di essere fra i primi a ospitare questo duo d’eccezione, nella tournée italiana che ne inaugura l’attività. domenica 20 gennaio, ore 17 Teatro Dal Verme d Orchestra di Fiati della Valtellina Lorenzo Della Fonte, direttore Alla scoperta del repertorio per banda II - Le trascrizioni operistiche Bellini, Donizetti, Rossini, Verdi martedì 22 gennaio, ore 21 Sala Verdi del Conservatorio Barbara Hendricks, soprano Geoffrey Keezer, pianoforte La vocalità e il jazz: da Gershwin alle improvvisazioni d’oggi Signora Labèque, come è nata l’idea del duo con Viktoria Mullova? «È stata Viktoria a propormelo. Qualche tempo fa Marielle mi aveva chiesto di diradare un po’ la nostra attività perché voleva avere più tempo da passare con il marito, il direttore d’orchestra Semyon Bychkov; ma io mi annoio quando resto sola e allora Viktoria – siamo amiche da dieci anni – mi ha detto: lo riempio io il tuo tempo libero. Così, un paio d’anni fa, abbiamo incominciato a lavorare insieme. Devo dire che io non ero mai stata attirata, in passato, dal repertorio per violino e pianoforte, ma ho constatato che invece è molto soddisfacente, che permette di andare più lontano rispetto a quello per duo pianistico, magnifico ma limitato. Ma quello che per me fa la differenza è l’amicizia con Viktoria, che è una donna incredibile, molto coraggiosa e molto d’avanguardia nello spirito; un personaggio raro nel mondo della musica classica. Soprattutto fra i violinisti ci sono artisti molto convenzionali, ma lei non lo è per nulla. In ogni caso, fondando questo duo abbiamo tranquillizzato Marielle, che ha sempre il timore che il mio interesse verso generi diversi e più sperimentali mi allontani dalla musica classica». In questa prima tournée eseguirete il brano che un giovane compositore, Dave Maric, ha scritto per voi. Può parlarcene? «Il programma della tournée è stato scelto da Viktoria, che voleva completarlo con un lavoro di un giovane compositore non molto noto. Abbiamo guardato tanti pez- mercoledì 30 gennaio, ore 20.30 Teatro Dal Verme domenica 10 febbraio, ore 17 Teatro Dal Verme Orchestra d’Archi Italiana Richard Tognetti, violino d Orchestra di Fiati della Valtellina Lorenzo Della Fonte, direttore e direttore Note di viaggio III Ultimo continente conosciuto Sculthorpe, Dean, Schubert/Mahler Alla scoperta del repertorio per banda III – La contaminazione con il jazz Russell Bennett, Gaslini, Andriessen, Bencriscutto martedì 5 febbraio, ore 21 Sala Verdi del Conservatorio Viktoria Mullova, violino Katia Labèque, pianoforte Stravinskij, Maric, Schubert, Ravel martedì 12 febbraio, ore 21 Sala Verdi del Conservatorio Emanuel Ax, pianoforte Debussy, Bach, Schubert inverno02 martedì 29 gennaio, ore 21 Sala Verdi del Conservatorio Quartetto Artemis Förster, Bartók, Beethoven martedì 19 febbraio, ore 21 Teatro Dal Verme Leopold String Trio Beethoven, Schoenberg, Mozart zi ma nessuno ci aveva convinto finché, a Natale del 2000, il percussionista Colin Currie mi ha inviato un cd con brani di Maric: ho capito subito che era lui il compositore che cercavamo. È difficile etichettare la sua musica: Dave, che è nato nel 1970, non appartiene a una scuola precisa e ha assorbito influenze molto diverse. Falling to the Sky, che è in tre movimenti, esiste in due versioni differenti, una con live electronics e una senza, ed è quest’ultima che portiamo in tournée, perché l’altra ci avrebbe creato grossi problemi organizzativi. La cosa da tener presente è che Maric ha scritto il pezzo proprio perché si accordasse con la Suite Italienne che lo precede nel nostro programma: come un’ideale prosecuzione del brano di Stravinskij». Viktoria Mullova violino Katia Labèque pianoforte Stravinskij – Suite Italienne da “Pulcinella” Maric – Falling to the Sky (1a esecuzione a Milano) Schubert – Fantasia in do maggiore per violino e pianoforte op. 159 D 934 Ravel – Sonata in sol maggiore per violino e pianoforte SALA VERDI DEL CONSERVATORIO MARTEDÌ 12 FEBBRAIO - ORE 21 14 Una tastiera contrastante « Ho deciso di eseguire entrambi i libri di Images completi, incorniciando fra loro la Quinta Partita di Bach, perché questa combinazione consente di mettere in evidenza un contrasto stupendo fra le diversissime ri- sorse sonore del pianoforte, soprattutto nella dinamica e negli effetti di colore. Così ascolteremo le inedite risonanze armoniche di Debussy intorno alla purezza e chiarezza di Bach, le ricche ondate sonore accanto alla linearità di articolazione, e avremo occasione di essere ad un tempo poetici e niente affatto sentimentali (almeno spero!). In questo senso nell’eseguire Bach al pianoforte devo riconoscere – ad esempio nel criterio di non usare il pedale – il peso del riferimento allo stile di Glenn Gould: non è certo l’unico esempio possibile, né l’unica strada interpretativa: ma per me è stato un contributo decisivo. L’accostamento alla indefinibile grandezza della Sonata in si bemolle opera postuma di Schubert rende forse il programma un po’ più lungo del solito, ma sono convinto che vada bene così: proprio per un altro significativo contrasto, quello con la particolare leggerezza di spirito della Partita in sol maggiore. Altre opere di Bach avrebbero proposto un confronto impegnativo, con percorsi troppo analogamente intensi; ma in questo caso faremo risaltare l’unicità di un caposaldo romantico nel quale ognuno di noi ha modo di trovare riflesso un mondo di sentimenti e significati. Emanuel Ax » Emanuel Ax pianoforte Debussy – Images, libro I Bach – Partita n. 5 in sol maggiore BWV 829 Debussy – Images, libro II Schubert – Sonata in si bemolle maggiore op. post. D 960 SALA VERDI DEL CONSERVATORIO MARTEDÌ 19 FEBBRAIO - ORE 21 15 “Archi sorgenti” quasi solisti Kate Gould, violoncellista del Leopold String Trio, ci racconta le origini di una scelta cameristica rara e preziosa, che ha condotto questi giovani artisti alla serie ufficiale della European Concert Halls Organization Rising stars, presentate nella nostra Stagione grazie alla Fondazione Rusconi. Quartetto giornale del di Milano Periodico della Società e dei Concerti del Quartetto Registrazione al Tribunale di Milano n. 109 del 17-2-1999 Direttore responsabile: Enzo Beacco Redazione e testi a cura di Patrizia Luppi Grafica: G&R Associati Stampa: Grafica Aerre, Milano Editore: I Concerti del Quartetto Direzione e redazione: Via Durini 24 - 20122 Milano Tel. 02.7600.5500 - Fax 02.7601.4281 Email [email protected] www.quartettomilano.it «Dieci anni fa, Marianne Thorsen ed io eravamo studenti alla Royal Academy di Londra, e già suonavamo spesso in duo; a un certo punto ci siamo chieste: perché non aggiungere una viola (ora è Scott Dickinson), ed esplorare un repertorio più raramente eseguito, ma davvero molto attraente?». Perché tanto attraente? «Anzitutto perché comprende alcune punte di diamante che bisogna far conoscere al pubblico più vasto. D’altra parte, lo stesso stile di composizione per trio d’archi è in grado di offrire agli esecutori particolari soddisfazioni strumentali, perché la scrittura risulta necessariamente più solistica che nel quartetto d’archi. Ognuno ha modo di far risaltare la sua voce come protagonista; qui possiamo aspirare a una dimensione sonora un po’ più grande e individuale». Come dimostrerete questa varietà nel vostro programma? «Anche con la varietà dei brani che abbiamo scelto. Il Trio in sol maggiore di Beethoven è un inizio ideale, con il suo tono solare e il perfetto equilibrio fra le tre parti. Indispensabile per introdurre l’intensità esistenziale del Trio di Schoenberg, un’opera scritta come tornando dall’aldilà, con un’emotività che cercheremo di rendere nell’esperienza di esecuzione. Il capolavoro di Mozart incorona i vertici cameristici di tutti i tempi: solo lui era capace di concepire gli esperimenti compositivi più arditi e insieme raggiungere la perfezione definitiva della forma». Leopold String Trio Beethoven – Trio per archi in sol maggiore op. 9 n. 1 Schoenberg – Trio per archi op. 45 Mozart – Divertimento per archi in mi bemolle maggiore K 563