di Milano giornale del - Società del Quartetto di Milano

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giornale del
Quartetto
Periodico della Società
e dei Concerti del Quartetto
Gennaio Febbraio 2002
di Milano
EVOLVERSI
NELLA TRADIZIONE
TEATRO DAL VERME
il principio al quale da oltre un decennio si ispira l’azione del Consiglio
Direttivo della Società del Quartetto: nell’intento voluto da Boito, Ricordi e dagli
altri suoi Fondatori nel 1864 – «incoraggiare e diffondere il culto della musica pura» – adeguando la sua voce al contesto sociale e culturale di Milano.
Il cammino si è aperto oltre dieci anni fa
con la creazione dei «Concerti del Quartetto»: l’intensa attività di questa nostra
nuova associazione, con le grandi iniziative scaligere, con le Settimane Bach, con
la realizzazione, per il Comune di Milano, di Musica e poesia a San Maurizio ha
riallacciato un forte rapporto del Quartetto con la città tutta, evitando che uno
splendido isolamento si tramutasse in
emarginazione dalla vita culturale milanese.
Ora, il percorso può dirsi compiuto. L’Assemblea generale del 18 dicembre 2001 ha
approvato il nuovo testo di statuto, eliminando la riserva dei concerti ai soli Soci:
la compatta votazione in favore della modifica proposta ha indubbio significato di
ampia condivisione.
Il Consiglio ha delineato le prospettive attuali, nella volontà di mantenere la grande tradizione della Società del Quartetto al
suo livello storico, conservando le prerogative dei Soci con attenzione alla realtà circostante e incoraggiando uno spirito associativo ancor più importante.
• La Società del Quartetto sarà “aperta”
in modo limitato e graduale, così da conservare la fisionomia di autentico ente associativo;
• L’apertura è effettiva sin dalla stagione
in corso: i biglietti in vendita saranno però
riservati ai Soci, che avranno così la possibilità di essere i protagonisti e i registi
dello sviluppo della Società;
• Per i Soci verranno programmate anche
altre iniziative specifiche: le prime consistono nella disponibilità dei prossimi concerti realizzati dai «Concerti del Quartetto» al Teatro Dal Verme: i tre appuntamenti domenicali Alla scoperta del repertorio per banda e le due prossime Note di
Viaggio, per i quali i Soci possono disporre
degli inviti a loro riservati.
Il Consiglio Direttivo
DOMENICA 10 FEBBRAIO - ORE 17
È
DOMENICA 13 GENNAIO 2002 - ORE 17
DOMENICA 20 GENNAIO - ORE 17
La banda: tradizione
e attualità
Normalmente si ha un’immagine molto limitata della banda e del suo repertorio: una formazione buona per feste e per funerali, fatta
per divertire e commuovere con il clangore
dei suoi luccicanti strumenti e gli arrangiamenti colorati di motivi popolarissimi. La
banda ha però anche un’altra natura, di interesse artistico ben maggiore; nel corso del
secolo scorso e di quello precedente, compositori illustri come Nikolaj Rimskij-Korsakov
e Gustav Holst hanno scritto pensando al suo
particolarissimo impasto sonoro, e soprattutto in ambito anglosassone fra Otto e Novecento si è venuto a creare un repertorio di
tutto rispetto. Ecco perché una delle più reputate formazioni bandistiche italiane, I Fiati della Valtellina, ha ideato il ciclo di tre concerti, intitolato Alla scoperta del repertorio
per banda. Tradizione, modernità, sviluppi,
che siamo lieti di presentare al Teatro Dal
Verme. I tre programmi illuminano altrettanti aspetti del repertorio per banda: composizioni originali, trascrizioni operistiche, e
per finire una serie di brani dov’è evidente la
contaminazione con le tecniche jazzistiche.
Con il direttore Lorenzo Della Fonte, I Fiati
della Valtellina presentano diversi solisti di
tutto rispetto: il clarinettista Fabrizio Meloni, l’oboista Francesco Di Rosa, il trombonista Jacques Mauger e il Quintetto
Jazz di Maurizio
Giammarco, Fabrizio Bosso, Massimo Colombo, Christian Meyer e Valerio Della Fonte.
8
Il repertorio originale
Orchestra di Fiati della Valtellina
Lorenzo Della Fonte direttore
Fabrizio Meloni clarinetto
Francesco Di Rosa oboe
Jacques Mauger trombone
Rimskij-Korsakov – Konzertstück per clarinetto e banda
Variazioni su un tema di Glinka per oboe e banda
Concerto per trombone e banda
Holst – Prima suite per banda in mi bemolle maggiore
op. 28 n. 1
Hammersmith Prelude and Scherzo op. 52
Seconda suite per banda in fa maggiore op. 28 n. 2
Le trascrizioni operistiche
Orchestra di Fiati della Valtellina
Lorenzo Della Fonte direttore
Bellini – Norma, ouverture (trascr. Laurendeau)
I Capuleti e i Montecchi, ouverture (trascr. Della Fonte)
Donizetti – Don Pasquale, ouverture (trascr. Van
Leeuwen)
Anna Bolena, ouverture (trascr. Godfrey)
Rossini – La Cenerentola, ouverture (trascr. Della Fonte)
La Cambiale di matrimonio, ouverture (trascr. Hudson)
Verdi – Nabucco, ouverture (trascr. Cesarini)
La Forza del destino, ouverture (trascr. Rogers)
La contaminazione con il jazz
Orchestra di Fiati della Valtellina
Lorenzo Della Fonte direttore
Russell Bennett – Symphonic songs for band
Gaslini – Fellini’s song
Andriessen – A suite for jazz ensemble and band
Bencriscutto – Symphonic jazz suite
TEATRO DAL VERME
MARTEDI 15 GENNAIO - ORE 21
10
Una rising star
di versatilità
sorprendente
A diciassette anni, nell’agosto scorso, Alexander Romanovsky ha vinto il Concorso Busoni
di Bolzano, una delle più ardue e autorevoli
competizioni pianistiche esistenti; l’ha anzi
stravinto, conquistandosi anche il Premio del
pubblico. Il giovanissimo pianista è il fiore all’occhiello di Leonid Margarius, illustre docente alla cui scuola prosperano i talenti (già
dieci anni fa una sua allieva, Anna Kravtchenko, vinse il Busoni); dalla nativa Ucraina, Romanovsky l’ha seguito nel 1997 all’Accademia Pianistica di Imola,
dove Margarius è venuto a insegnare.
Questo “astro nascente” di sorprendente precocità (che siamo
lieti di ospitare nella data in origine destinata al vincitore del
Concorso Micheli, conclusosi
senza l’assegnazione del primo
premio) a nove anni suonava già
con l’orchestra, a undici ha dato
il primo recital. Quattro anni
dopo è diventato Accademico
honoris causa dell’Accademia Filarmonica di
Bologna; un onore riservato, prima di lui, solo
a due altri quindicenni: Mozart e Rossini.
Maestro Romanovsky, il Busoni non è stato il primo concorso da Lei vinto in Italia,
vero?
«In effetti in vista del Busoni, per prepararmi
all’esecuzione con l’orchestra del Terzo concerto di Rachmaninov, qualche tempo prima
mi ero presentato al Concorso pianistico di
Cantù: alla fine, l’ho anche vinto».
Quali cambiamenti, quali novità le ha portato la vittoria a Bolzano?
«Dopo il Concorso mi sono stati proposti tantissimi concerti, una sessantina: ora finalmente potrei incominciare a fare quello a cui ho
pensato per tutta la mia vita».
Lei ha già un repertorio di ragguardevole
estensione: solo i concerti per pianoforte e
orchestra, Terzo di Rachmaninov compreso, sono sette. In che direzioni pensa ora di
spingersi?
«In effetti ho già toccato tutte le aree del repertorio, da Bach con le Variazioni Goldberg
alla musica romantica – ora in recital porto la
Sonata in si minore di Liszt e la suonerò anche a Milano – fino alla musica del Novecento:
Prokof ’ev, Rachmaninov. Ora vorrei approfondire la conoscenza della musica contemporanea, anche se in questo ambito può succedere di incontrare delle composizioni non proprio soddisfacenti».
Ci sono esecutori che si impongono di rispettare con il massimo scrupolo ciò che il
compositore ha scritto, altri che si concedono grandi libertà associando l’interpretazione con il “ricreare”. Lei in che posizione si trova?
«Secondo me sono tutt’e due atteggiamenti
esagerati. Il mio obiettivo è quello di non fermarmi pedantemente a
quello che è scritto, bensì di trovare quello che
il compositore voleva
esprimere. Non sono
d’accordo con quegli
interpreti che cercano di sovrapporre il proprio
pensiero, senza
rispetto, a una
composizione;
d’altra parte,
quando suono
intendo esprimere qualcosa di mio».
Alexander Romanovsky pianoforte
Mozart – Sonata in fa maggiore K 332
Beethoven – Sonata n. 14 in do diesis minore op. 27
n. 2 'Chiaro di luna'
Liszt – Sonata in si minore
SALA VERDI DEL CONSERVATORIO
MARTEDÌ 22 GENNAIO - ORE 21
11
I due aspetti di una
voce smagliante
Da Mozart a Offenbach, da Bach agli spirituals, da Debussy al jazz, Barbara Hendricks
ha sempre amato spaziare su territori differenti, sostenuta dalla duttilità della sua voce
nitida e smagliante; non a caso la sua prima
registrazione discografica, nel 1975, fu Porgy
and Bess di George Gershwin. È una personalità, quella del soprano americano, in molti
modi eclettica e generosamente dedita a
interessi diversi: basti pensare che, prima di dedicarsi al canto e frequentare la
Juilliard School di New
York, Barbara Hendricks contava di diventare una scienziata: studiò fino al diploma, infatti, matematica e chimica
all’Università del
suo paese natale, il
Nebraska; da diversi anni, invece, accosta all’intensa attività musicale una fervida partecipazione alle campagne per i diritti umani delle Nazioni Unite, del Consiglio d’Europa, dell’Unesco.
Il suo amore per il jazz l’ha portata, dopo vent’anni di fortunatissima carriera sulle scene
liriche, a esordire nel 1994 con grande successo al Montreux Jazz Festival; da allora,
Barbara Hendricks continua ad alternare le
due facce della sua attività, esibendosi regolarmente nei festival jazz di tutto il mondo. E
ora si presenta in giro per l’Europa con un
programma di improvvisazione che prenderà
le mosse da George Gershwin, da Duke Ellington, e anche da Louis Armstrong e da Cole Porter, per sorprendere e coinvolgere un
pubblico generalmente avvezzo ai Lieder e
all’opera molto più che al jazz. Le sarà al fianco l’esperto complice pianista Geoffrey Keezer. Tale è lo charme di Barbara Hendricks,
tali sono le attrattive della sua voce e della
sua persona, che si può prevedere la più calorosa accoglienza a questa iniziativa eccentrica e invitante.
Voi avete avuto un rapporto speciale con il
Quartetto Alban Berg. Vuole parlarcene?
«Dopo aver vinto i concorsi di Monaco e di
Reggio Emilia sognavamo di fermarci per
un anno a studiare, per approfondire la nostra conoscenza della musica prima che gli
impegni concertistici ci portassero via troppo tempo; pensavamo di muoverci verso gli
Stati Uniti, dove ci sono degli ottimi programmi per i giovani quartetti. Ma abbiamo
incontrato il Quartetto Alban Berg durante
uno stage presso la nostra scuola, la Musikhochschule di Lubecca: quattro personalità
molto differenti, proprio come noi, e piene di
calore umano. Allora, visto anche che dovevamo tenere diversi concerti in Europa, abbiamo rinunciato ad andare in America e abbiamo accettato l’invito a Vienna dell’Alban
Berg. Ci hanno dato molto, siamo loro estremamente grati: abbiamo tuttora un bellissimo rapporto e quando siamo insieme non
parliamo solo di musica, ma anche di cose
della vita. Ci hanno anche invitato a suonare
nel loro ciclo a Vienna: è stato straordinario
averli non solo come docenti ma anche come
partner. D’altronde la loro attitudine verso
la musica è magnifica. Non puoi restare indifferente quando li senti suonare: hanno un
approccio così onesto e sincero verso ciò che
suonano, ancora dopo trent’anni non conoscono la routine. E questo si sente anche
quando insegnano».
Barbara Hendricks soprano
Geoffrey Keezer pianoforte
La vocalità e il jazz: da Gershwin alle improvvisazioni
d'oggi
SALA VERDI DEL CONSERVATORIO
MARTEDÌ 29 GENNAIO - ORE 21
12
Quattro personalità
non comuni
Sono giovani, trentenni o poco più. Preparatissimi: fra i loro docenti ci sono stati Walter
Levin del Quartetto LaSalle, il Quartetto
Emerson e il Juilliard, per non parlare dell’Alban Berg con cui hanno studiato intensamente dal 1997 al ’99. Ciascuno di loro è uno
strumentista di livello non comune, tanto che
non c’è un primo violino ma il ruolo è tenuto,
alternativamente, da Natascha Prischepenko e da Heime Müller. Con tali qualità il
Quartetto Artemis, fondato nel 1989 a Lubecca dai due violinisti con il violista Volker
Jacobsen e il violoncellista Eckart Runge,
non poteva che collezionare vittorie ai più
importanti concorsi internazionali, come
l’ARD di Monaco di Baviera e il Borciani di
Reggio Emilia. Ormai il Quartetto Artemis
si esibisce regolarmente nelle maggiori sedi
concertistiche; ma tiene vivo quell’interesse
per l’approfondimento e la ricerca – non soltanto in campo musicale – che contribuisce
a disegnare una fisionomia artistica di peculiare ricchezza e attrattiva. Sull’Artemis e
sul programma che eseguirà a Milano abbiamo rivolto qualche domanda a Eckart
Runge.
Nel programma che eseguirete a Milano
spicca il brano di un compositore pochissimo conosciuto, Emanuel Aloys Förster.
Perché questa scelta?
«Effettivamente si tratta di un nome oggi
completamente dimenticato; eppure fu insegnante, oltre che amico, di Beethoven, e ai
suoi tempi, a Vienna, era considerato con molto rispetto. È in effetti un ottimo compositore,
molto espressivo, con superbe idee soprattutto in ambito melodico; d’altro canto non è un
innovatore, e nel confronto con Beethoven
non poteva che uscire schiacciato. Ma per noi
che suoniamo in quartetto, e che siamo viziati
avendo un repertorio infinito di capolavori,
ogni tanto è utile e istruttivo anche interpretare qualcosa di buono, ma non assolutamente eccelso».
Quartetto Artemis
Förster – Quartetto in fa minore op. 16 n. 5
Bartók – Quartetto n. 3 Sz 85
Beethoven – Quartetto n. 14 in do diesis minore op. 131
TEATRO DAL VERME
MERCOLEDI 30 GENNAIO - ORE 20.30
Una lettera di
Mario Brunello
«
Caro pubblico del Quartetto,
dopo i primi due appuntamenti del ciclo
Note di viaggio sento l’esigenza di scrivere
queste righe per farvi partecipi e, perché no,
aprire una discussione, su pensieri e idee dalle quali è nato il progetto.
L’idea di partenza non è “fare qualcosa di nuovo o di diverso”, ma cercare di avvicinare alla
musica, ai concerti, alla musica nuova, quelle
persone che dicono “la musica
per intenditori...
per quelli che la
capiscono... la
musica mi piace
ma mi fermo a
Brahms...!”.
Il compito spetterebbe alla scuola, ai media, a chi si occupa di
organizzazione; ma noi musicisti dobbiamo rimanerne fuori? Non abbiamo forse qualche
colpa, come l’aver usato e anche abusato del
potere e del distacco che crea il palcoscenico o
la maschera da “artista” che indossiamo?
A quelle persone che stanno lontane dalla musica perché si sentono spaesate o annoiate in
una fila di poltrone, vorrei far capire che il primo atteggiamento deve essere di “ascolto”, di
“godimento” del suono. Il suono, nel suo insieme di armonia, ritmo, e melodia, è il primo
elemento riconoscibile della musica, come il
(di)segno per la pittura o la parola per la letteratura. Ma, mentre queste ultime parlano
con un linguaggio a noi familiare, la musica
sembra che usi una lingua sconosciuta, anche
perché rispetto alle altre ha bisogno dell’interprete.
E allora ho pensato questa volta di usare il
“viaggio”, un esperienza che tutti hanno fatto,
come chiave o linguaggio che avvicini ai concerti, alla musica poco frequentata e alla musica di oggi; e credo sia più interessante affrontare un viaggio avendo sentito prima
qualche racconto o avventura vissuta da perdomenica 13 gennaio 2002,
ore 17
Teatro Dal Verme
d
Orchestra di Fiati della
Valtellina
Lorenzo Della Fonte, direttore
Alla scoperta del repertorio per banda
I – Il repertorio originale
Rimskij-Korsakov, Holst
martedì 15 gennaio, ore 21
Teatro Dal Verme
Alexander Romanovsky,
pianoforte
Mozart, Beethoven, Liszt
sonaggi interessanti e non semplicemente
avuta durante le visite guidate. Ecco perché
in questi concerti, oltre ai musicisti, partecipano scrittori, giornalisti, grandi viaggiatori,
fotografi e i compositori stessi; fare qualche
riflessione, senza “sarò breve”, è come conoscere una persona durante un viaggio e scambiare qualche parola; e il pubblico è invitato a
farlo, anche dopo il concerto.
Con questo non voglio togliere la libertà di vivere il concerto come si vuole, ma sento che
bisognerebbe restringere il campo di “ritualità” (che si è ormai allargato, forse inconsapevolmente) al solo fatto musicale, a quel momento di silenzio che precede la prima nota fino al silenzio che segue l’ultima. Tutto il resto
è un po’ cornice, un po’ routine e lo si potrebbe vivere in maniera più quotidiana.
Cordialmente,
Mario Brunello
»
Orchestra d’Archi Italiana
Richard Tognetti violino e direttore
Note di viaggio III – Ultimo continente conosciuto
Sculthorpe – Irkanda IV per violino e orchestra d’archi
Dean – Carlo per violino, orchestra d’archi e nastro
magnetico
Schubert/Mahler – La Morte e la Fanciulla
SALA VERDI DEL CONSERVATORIO
MARTEDÌ 5 FEBBRAIO - ORE 21
13
Verso nuovi, liberi
orizzonti
Sono ben note la versatilità e la curiosità verso ambiti musicali sempre nuovi che contraddistinguono Katia Labèque. In celebre duo
con la sorella Marielle da molti anni, la pianista francese ha nel contempo sperimentato
con successo anche altri generi, in particolare il jazz. La sua nuova frontiera è il repertorio per pianoforte e violino: sembra paradossale, ma non lo è, visto che come partner Katia Labèque ha una musicista dalla mente altrettanto libera e aperta come Viktoria Mullova, con la quale potrà esplorare più a fondo
il repertorio classico, ma anche scoprire nuovi stimolanti orizzonti. La Società del Quartetto è fiera di essere fra i primi a ospitare
questo duo d’eccezione, nella tournée italiana
che ne inaugura l’attività.
domenica 20 gennaio, ore 17
Teatro Dal Verme
d
Orchestra di Fiati della
Valtellina
Lorenzo Della Fonte, direttore
Alla scoperta del repertorio per banda
II - Le trascrizioni operistiche
Bellini, Donizetti, Rossini, Verdi
martedì 22 gennaio, ore 21
Sala Verdi del Conservatorio
Barbara Hendricks, soprano
Geoffrey Keezer, pianoforte
La vocalità e il jazz: da Gershwin alle
improvvisazioni d’oggi
Signora Labèque, come è nata l’idea del
duo con Viktoria Mullova?
«È stata Viktoria a propormelo. Qualche tempo fa Marielle mi aveva chiesto di diradare un
po’ la nostra attività perché voleva avere più
tempo da passare con il marito, il direttore
d’orchestra Semyon Bychkov; ma io mi annoio
quando resto sola e allora Viktoria – siamo
amiche da dieci anni – mi ha detto: lo riempio
io il tuo tempo libero. Così, un paio d’anni fa,
abbiamo incominciato a lavorare insieme. Devo dire che io non ero mai stata attirata, in
passato, dal repertorio per violino e pianoforte, ma ho constatato che invece è molto soddisfacente, che permette di andare più lontano
rispetto a quello per duo pianistico, magnifico
ma limitato. Ma quello che per me fa la differenza è l’amicizia con Viktoria, che è una donna incredibile, molto coraggiosa e molto d’avanguardia nello spirito; un personaggio raro
nel mondo della musica classica. Soprattutto
fra i violinisti ci sono artisti molto convenzionali, ma lei non lo è per nulla. In ogni caso, fondando questo duo abbiamo tranquillizzato
Marielle, che ha sempre il timore che il mio interesse verso generi diversi e più sperimentali mi allontani dalla musica classica».
In questa prima tournée eseguirete il brano che un giovane compositore, Dave Maric, ha scritto per voi. Può parlarcene?
«Il programma della tournée è stato scelto
da Viktoria, che voleva completarlo con
un lavoro di
un giovane
compositore
non molto
noto. Abbiamo guardato tanti pez-
mercoledì 30 gennaio,
ore 20.30
Teatro Dal Verme
domenica 10 febbraio, ore 17
Teatro Dal Verme
Orchestra d’Archi Italiana
Richard Tognetti, violino
d
Orchestra di Fiati della
Valtellina
Lorenzo Della Fonte, direttore
e direttore
Note di viaggio III
Ultimo continente conosciuto
Sculthorpe, Dean, Schubert/Mahler
Alla scoperta del repertorio per banda
III – La contaminazione con il jazz
Russell Bennett, Gaslini, Andriessen,
Bencriscutto
martedì 5 febbraio, ore 21
Sala Verdi del Conservatorio
Viktoria Mullova, violino
Katia Labèque, pianoforte
Stravinskij, Maric, Schubert, Ravel
martedì 12 febbraio, ore 21
Sala Verdi del Conservatorio
Emanuel Ax, pianoforte
Debussy, Bach, Schubert
inverno02
martedì 29 gennaio, ore 21
Sala Verdi del Conservatorio
Quartetto Artemis
Förster, Bartók, Beethoven
martedì 19 febbraio, ore 21
Teatro Dal Verme
Leopold String Trio
Beethoven, Schoenberg, Mozart
zi ma nessuno ci aveva convinto finché, a Natale del 2000, il percussionista Colin Currie
mi ha inviato un cd con brani di Maric: ho capito subito che era lui il compositore che cercavamo. È difficile etichettare la sua musica:
Dave, che è nato nel 1970, non appartiene a
una scuola precisa e ha assorbito influenze
molto diverse. Falling to the Sky, che è in tre
movimenti, esiste in due versioni differenti,
una con live electronics e una senza, ed è quest’ultima che portiamo in tournée, perché l’altra ci avrebbe creato grossi problemi organizzativi. La cosa da tener presente è che Maric
ha scritto il pezzo proprio perché si accordasse con la Suite Italienne che lo precede nel
nostro programma: come un’ideale prosecuzione del brano di Stravinskij».
Viktoria Mullova violino
Katia Labèque pianoforte
Stravinskij – Suite Italienne da “Pulcinella”
Maric – Falling to the Sky (1a esecuzione a Milano)
Schubert – Fantasia in do maggiore per violino e
pianoforte op. 159 D 934
Ravel – Sonata in sol maggiore per violino e pianoforte
SALA VERDI DEL CONSERVATORIO
MARTEDÌ 12 FEBBRAIO - ORE 21
14
Una tastiera
contrastante
«
Ho deciso di eseguire entrambi i libri di
Images completi, incorniciando fra loro
la Quinta Partita di Bach, perché questa
combinazione consente di mettere in evidenza
un contrasto stupendo fra le diversissime ri-
sorse sonore del pianoforte, soprattutto nella
dinamica e negli effetti di colore. Così ascolteremo le inedite risonanze armoniche di Debussy intorno alla purezza e chiarezza di
Bach, le ricche ondate sonore accanto alla linearità di articolazione, e avremo occasione di
essere ad un tempo poetici e niente affatto
sentimentali (almeno spero!).
In questo senso nell’eseguire Bach al pianoforte devo riconoscere – ad esempio nel criterio di non usare il pedale – il peso del riferimento allo stile di Glenn Gould: non è certo
l’unico esempio possibile, né l’unica strada interpretativa: ma per me è stato un contributo
decisivo.
L’accostamento alla indefinibile grandezza
della Sonata in si bemolle opera postuma di
Schubert rende forse il programma un po’
più lungo del solito, ma sono convinto che
vada bene così: proprio per un altro significativo contrasto, quello con la particolare
leggerezza di spirito della Partita in sol
maggiore. Altre opere di Bach avrebbero
proposto un confronto impegnativo, con percorsi troppo analogamente intensi; ma in
questo caso faremo risaltare l’unicità di un
caposaldo romantico nel quale ognuno di noi
ha modo di trovare riflesso un mondo
di sentimenti e significati.
Emanuel Ax
»
Emanuel Ax pianoforte
Debussy – Images, libro I
Bach – Partita n. 5 in sol maggiore BWV 829
Debussy – Images, libro II
Schubert – Sonata in si bemolle maggiore op. post.
D 960
SALA VERDI DEL CONSERVATORIO
MARTEDÌ 19 FEBBRAIO - ORE 21
15
“Archi sorgenti”
quasi solisti
Kate Gould, violoncellista del Leopold String
Trio, ci racconta le origini di una scelta cameristica rara e preziosa, che ha condotto
questi giovani artisti alla serie ufficiale della
European Concert Halls Organization Rising stars, presentate nella nostra Stagione
grazie alla Fondazione Rusconi.
Quartetto
giornale del
di Milano
Periodico della Società e dei Concerti del Quartetto
Registrazione al Tribunale di Milano n. 109 del 17-2-1999
Direttore responsabile: Enzo Beacco
Redazione e testi a cura di Patrizia Luppi
Grafica: G&R Associati
Stampa: Grafica Aerre, Milano
Editore: I Concerti del Quartetto
Direzione e redazione:
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Tel. 02.7600.5500 - Fax 02.7601.4281
Email [email protected]
www.quartettomilano.it
«Dieci anni fa, Marianne Thorsen ed io eravamo studenti alla Royal Academy di Londra, e già suonavamo spesso in duo; a un certo punto ci siamo chieste: perché non aggiungere una viola (ora è Scott Dickinson),
ed esplorare un repertorio più raramente
eseguito, ma davvero molto attraente?».
Perché tanto attraente?
«Anzitutto perché comprende alcune punte
di diamante che bisogna far conoscere al
pubblico più vasto. D’altra parte, lo stesso
stile di composizione per trio d’archi è in
grado di offrire agli esecutori particolari
soddisfazioni strumentali, perché la scrittura risulta necessariamente più solistica che
nel quartetto d’archi. Ognuno ha modo di far
risaltare la sua voce come protagonista; qui
possiamo aspirare a una dimensione sonora
un po’ più grande e individuale».
Come dimostrerete questa varietà nel vostro programma?
«Anche con la varietà dei brani che abbiamo scelto. Il Trio in sol maggiore di Beethoven è un inizio ideale, con il suo tono solare e il perfetto equilibrio fra le tre parti. Indispensabile per introdurre l’intensità esistenziale del Trio di Schoenberg, un’opera
scritta come tornando dall’aldilà, con un’emotività che cercheremo di rendere nell’esperienza di esecuzione. Il capolavoro di
Mozart incorona i vertici cameristici di tutti
i tempi: solo lui era capace di concepire gli
esperimenti compositivi più arditi e insieme
raggiungere la perfezione definitiva della
forma».
Leopold String Trio
Beethoven – Trio per archi in sol maggiore op. 9 n. 1
Schoenberg – Trio per archi op. 45
Mozart – Divertimento per archi in mi bemolle maggiore
K 563
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