Delicatezza e talento
L'eleganza, femminile
del Quartetto Jubilee
SIENA
La spontaneità e la naturalezza esplicativa della scrittura dei quartetti sono una realtà in quanto ogni traguardo, sul piano dell'invenzione e della forma, viene raggiunto. Una nuova prova della, particolare efficacia della
musica quartettistica, formula musicale da sempre ritenuta la più difficile e avventurosa, è venuta dal concerto
chigiano della Miv svoltosi nel salone di Palazzo Chigi
con protagonista il "Quartetto Jubilee" (archi), targato
con l'etichetta di "Talenti chigiani" cioè formato dai migliori allievi dei corsi di perfezionamento che si svolgono annualmente all'Accademia: un insieme strumentale
al quale è mancata la robustezza del suono, recuperata
dalla dolcezza espressiva. Il concerto è iniziato attingendo alla genialità del più grande compositore di ogni
tempo: Mozart. Il nome dice tutto e le esecutrici lo hanno onorato offrendo una interpretazione elegante del
"Quartetto in re minore", giudicato perfetto, appassionante e carico d'intensità: un "Allegro" moderato, un
nobile "Minuetto", un "Andante" audace, un "Allegro"
focoso formano l'intelaiatura strutturale di una composizione originale, alla quale però qualcosa è mancato: la
musica era, quella scritta da Mozart ma lui non c'era.
Legato ad un modernismo effervescente è il "Quartetto
n. 3" di Bela Bartok, compositore ungherese del primo
novecento. Nello svolgimento dell'esecuzione si sono fatti notare momenti di impressionante esplicitazione tecnica: glissati, pizzicati, acrobazie dell'archetto hanno arricchito gli effetti estetici a scapito dei risultati sonori. Un
linguaggio musicale assai ardito conclude la composizione che lascia poco nella mente dell'ascoltatore oltre al
segno dell'ottima esibizione. Di colui che fu considerato
il "principe del quartetto", il musicista austriaco Joseph
Haydn, è il "Quartetto in sol maggiore" Glie ha completato il programma e tenuto su le sorti del concerto.
Attilio Botarelli