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Italian Journal of
Geriatrics and Gerontology
Volume 1, Numero 0, 2013
Articolo originale
NOVITÀ NELLA DIAGNOSI E NEL TRATTAMENTO DEL GLAUCOMA
NEW APPROACHES IN THE DIAGNOSIS AND TREATMENT OF GLAUCOMA
MARIO A. GIULIANO
Professore Aggregato in Oftalmologia
Università di Roma Tor Vergata
I glaucomi costituiscono un gruppo eterogeneo di malattie oculari associati o meno ad
elevata pressione intraoculare culminanti in un
quadro clinico caratteristico di atrofia del nervo
ottico e perdita del campo visivo. La malattia
glaucomatosa è associata ad una perdita progressiva della visione che può essere misconosciuta per lunghi periodi dal paziente.
La struttura anatomica principalmente connessa nella genesi della otticopatia glaucomatosa è l’angolo irido-corneale, anatomicamente
deputata alla filtrazione dell’umore acqueo prodotto continuativamente mediante un processo
di secrezione attiva e passiva dai processi ciliari.
La secrezione dell’acqueo non è, almeno entro
certi limiti, pressione oculare dipendente, tuttavia una ridotta perfusione ciliare secondaria ad
ipotensione arteriosa o aumento delle resistenze periferiche può ridurne la produzione.
Lo squilibrio idrodinamico che determina un
incremento della pressione intraoculare è secondario in gran parte ad un aumento delle
resistenze al deflusso dell’umore acqueo che
avviene attraverso due vie: trabecolare ed uveosclerale. Il trabecolato corneo-sclerale è diviso in
due porzioni funzionalmente distinte: porzione
“non filtrante anteriore” e “filtrante”. Il deflusso
dell’acqueo in questa sede anatomica avviene per
fenomeni pressione intraoculare dipendente.
Superato il filtro trabecolare, l’umore acqueo penetra all’interno del lume del canale di
Schlemm il cui pavimento è a diretto contatto
con il trabecolato filtrante. Dalla parete esterna
del canale di Schlemm hanno origine circa 30
canalini collettori comunicanti con il sistema
venoso episclerale della regione limbare.
Con l’età, il sistema di deflusso trabecolatoSchlemm-collettori tende a ridurre la sua funzionalità come conseguenza dell’aumento del volume delle lamelle trabecolari e della riduzione di
diametro del lume del canale.
La seconda via di deflusso dell’umore acqueo
è uveo-sclerale, origina negli spazi intermuscolari delle fibre longitudinali del muscolo ciliare e
conduce l’umore acqueo verso lo spazio sovracoroideale per poi poter fuoriuscire attraverso
il tessuto sclerale. Caratteristica fisiologica di
questa via anatomica di deflusso è di non essere
pressione-dipendente. La peculiarità di questa
regione è stata la scoperta che alcune prostaglandine riducono la pressione intraoculare aumentando il deflusso uveosclerale.
La neuropatia ottica glaucomatosa è caratterizzata da atrofia delle cellule ganglionari con
perdita assonale per apoptosi, assottigliamento
dello strato delle fibre nervose e restringimento
deIla rima neurale. La valutazione clinica della
rima neurale, e non l’escavazione della papilla
ottica, fornisce importanti informazioni sullo
stato di salute del nervo ottico.
Diversi studi epidemiologici (Ocular Hypertension Treatment Study, Early Manifest Glaucoma Trial), hanno consentito l’identificazione
di importanti conoscenze circa i fattori di rischio
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principalmente connessi con l’insorgenza e la
progressione della malattia glaucomatosa: età,
familiarità, sesso, razza, elevata pressione intraoculare, una cornea sottile alla pachimetria, un
danno glaucomatoso dell’occhio controlaterale,
una pseudoesfoliazione della capsula lenticolare, una miopia > di 4 diottrie, una ipermetropia
elevata, diabete mellito.
Emorragie del disco ottico e atrofia peripapillare od altri fattori sistemici cerebrali e cardiovascolari, il vasospasmo (mani e piedi freddi,
malattia di Raynoud, emicrania), l’ipotensione
arteriosa e la riduzione della pressione di perfusione oculare, le dislipidemie ed altro costituiscono importanti concause di progressione del
danno glaucomatoso.
Il nervo ottico penetra nella porzione posteriore del bulbo oculare in un punto situato
supero-medialmente rispetto al polo posteriore,
si presenta di aspetto lievemente ovalare con il
diametro verticale più allungato. È costituito da
una rima neurale, area compresa tra il margine
esterno dell’escavazione fisiologica ed il perimetro discale e dall’escavazione fisiologica della
testa del nervo ottico, depressione imbutiforme
centrata sul disco ottico. Contiene gli assoni delle cellule ganglionari.
Il glaucoma determina modificazioni strutturali della testa del nervo ottico e della regione
limitrofa. Tra le più importanti, un incremento
dell’escavazione papillare fisiologica (generalizzato, localizzato o da denudamento della lamina
cribrosa), una riduzione della rima neurale,
anch’essa generalizzato o localizzato, un aumento del pallore papillare (diffuso o localizzato
ad un’area del bordo) ed infine modificazioni
vascolari come spostamento dei vasi papillari,
nasalizzazione, aspetto vasale a baionetta, denudamento del vaso circumlineare, loop venose
ed emorragia a fiamma.
L’evoluzione della malattia glaucomatosa è
compresa da una fase di malattia non determinabile caratterizzata da minima perdita assonale
di cellule ganglionari associata ad una alterazione dello strato delle fibre retiniche nervose non
dimostrabile con esami clinici e strumentali,
seguita da uno stadio successivo della malattia cosiddetto “asintomatico” ma clinicamente
identificabile che, in assenza di una terapia antiglaucomatosa, progredisce fino alla evidenza di
alterazioni campimetriche gravi e progressive
con esito in cecità.
La patogenesi della neuropatia ottica glaucomatosa ha come elemento di centrale interesse clinico il progressivo deterioramento
anatomo-funzionale del nervo ottico conseguente a malnutrizione. Quest’ultima come
sequela di fattori di rischio più o meno presenti
come l’ipertensione oculare, una deformazione della lamina cribrosa, un danno assonale
derivato delle cellule ganglionari per deprivazione di neurotrofine, presenza di vasospasmo,
ipo-ipertensione arteriosa, emorragie del disco
ottico, microangiopatia diabetica ed alterata
autoregolazione vascolare della circolazione
intraoculare.
Per pressione intraoculare “normale” si intende un misura statistica misurata in millimetri
di mercurio riscontrata in soggetti sani e distribuita secondo una curva normale di Gauss. Nella gestione clinica di questo fattore di rischio, la
pressione oculare, è determinante individuare
“quanto” sia utile ridurre la pressione oculare,
concetto inquadrabile come “obiettivo pressorio”, quel valore pressorio che non costituisce
pericolo di danno per le cellule ganglionari o
comunque il minor possibile. Nello specifico,
l’obiettivo pressorio è calcolato in riferimento
alla profondità del danno perimetrico riscontrato, se questo è avanzato si rende utile ridurre
maggiormente la IOP ( pressione intraoculare ),
sull’aspettativa di vita del paziente, se giovane
riduco maggiormente la IOP, del valore di IOP
senza terapia, se questa è bassa (ex glaucomi
normobarici) la devo ridurre maggiormente rispetto ad un glaucoma iperbarico. Obiettivo
primario della terapia antiglaucomatosa è per
quanto possibile la riduzione al minimo della
perdita di cellule ganglionari stabilizzandola al
normale tasso correlato con l’età.
La gestione della malattia glaucomatosa richiede la valutazione di parametri connessi con
la qualità di vita del paziente. Determinata con
precisione la diagnosi di glaucoma ed indiscussa
la necessità di procedere con una terapia antiglaucomatosa è necessaria una valutazione dei
disagi e degli effetti indesiderati connessi con la
terapia oltreché il costo della stessa.
Altre realtà connesse con la riduzione visiva
secondaria al glaucoma sono le cadute accidentali e il maggior rischio di infortunistica stradale
nonché le diverse implicazioni sulle normative
riguardanti il rilascio della patente di guida in
riferimento alle nuove normative (legge 120 del
2011 del Codice della Strada).
Novità nella diagnosi e nel trattamento del glaucoma
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Il danno funzionale del nervo ottico nel glaucoma è diagnosticabile con la perimetria computerizzata, test soggettivo psicofisico.
Il danno anatomico del nervo ottico è valutabile con l’esame clinico della papilla ottica in
oftalmoscopia, mediante fotografie stereoscopiche utili per una documentazione statica delle
condizioni morfologiche o, in ultimo, attraverso
l’analisi computerizzata della testa del nervo
ottico (HRT III) e delle fibre nervose retiniche
(RNFL).
La misurazione della pressione intraoculare
viene eseguita clinicamente durante la visita
oculistica con differenti strumenti denominati
“tonometri”. Ne esistono di diversi tipi:
- tonometri portatili di Perkins e Draeger
- tonopen, sottostima se la IOP è elevata
- pneumotonometro, sovrastima semplice
- tonometri no contact, sono poco attendibili (± 3 mmHg) specie se IOP >21 mmhg.
Lo strumento per la misurazione della pressione intraoculare considerato ancora come
“gold standard” è il tonometro ad applanazione
di Goldmann. Ci sono casi in cui il valore pressorio deve essere correlato con la misurazione
dello spessore corneale centrale (pachimetria).
La pachimetria corneale è utile nella correzione
dei valori pressori intraoculari misurati con il
tonometro di Goldmann nei casi in cui vi sono
dubbi se trattare un iperteso oculare o meno,
quando si hanno reperti clinici non congrui con
la IOP riscontrata oppure dopo interventi di chirurgia laser refrattiva corneale.
Esistono fattori di conversione pachimetrici
che variano da 0.2-0.7 mmHg per ogni 10 micron di spessore o numerici di 0.65 mmHg /
diottria dopo chirurgia refrattiva corneale.
Esiste una correlazione tra spessore corneale
e valori pressori intraoculari basali. Una pachimetria corneale inferiore a 550 micron associata
ad una IOP elevata costituiscono un alto rischio
di insorgenza di danno glaucomatoso (Ocular
Hypertension Treatment Study). La correzione
del valore di IOP in relazione alla pachimetria ha
consentito in uno studio di Coart et Al del 1999
di riclassificare glaucomi normotensivi come
glaucomi primari ad angolo aperto e di considerare nel 56% dei casi ipertesi oculari come normali. Solo il 10% degli ipertesi oculari svilupperà
glaucoma ed 1/6 dei pazienti glaucomatosi non
ha mai avuto una IOP >18 mmhg.
Nel glaucoma, i difetti delle fibre nervose precedono i deficit campimetrici (Bucci-
Giuliano,1994). Lo studio delle fibre nervose e
utile in quanto queste risultano alterate nell’88%
degli ipertesi oculari quando si evidenzia un
danno perimetrico e il 60% degli ipertesi oculari
presenta un difetto delle fibre nervose 6 anni
prima del difetto campi metrico.
Un disco ottico ed una campimetria normali non indicano l’assenza di anomalie glaucomatose. I programmi perimetrici automatizzati
correntemente in uso non sempre consentono
di identificare danni funzionali glaucomatosi
in stadio iniziale. In aggiunta, non esiste una
corrispondenza temporale tra danno anatomico
della papilla ottica e delle fibre nervose in rapporto al difetto perimetrico. La riduzione della
soglia di sensibilità retinica dimostrabile con i
perimetri computerizzati di ultima generazione
non è correlata al numero di cellule ganglionari fino a quando queste non subiscono una
riduzione numerica pari al 40-50%. Pertanto,
esiste un periodo in cui il danno anatomico non
può essere dimostrato con la perimetria dovuto
alla riserva funzionale che le cellule ganglionari
conservano fino a quando non si è raggiunto il
50% della loro riduzione numerica. Il sistema
recettoriale retinico è ad alta ridondanza per la
presenza di campi recettivi sovrapposti in grado
di compensare funzionalmente il campo visivo e
la funzione visiva fino ad una perdita di cellule
ganglionari del 50%.
In glaucomatologia, la cosiddetta diagnostica
avanzata o di II livello comprende la perimetria
cromatica blu-giallo (SWAP-Short Wavelenght
Automated Perimetry), strumento che esamina
il sistema visivo a corta lunghezza d’onda. Questo perimetro computerizzato stimola selettivamente i coni maculari S che attivano canali
del sistema visivo a corta lunghezza d’onda, determinando la risposta del 6% di tutte le cellule
ganglionari. La determinazione della soglia a
due colori avviene mediante l’utilizzazione di 2
stimoli: stimolo blu, selettivo per i coni ed uno
stimolo giallo, utile alla soppressione dei coni
M ed L (rosso-verde) e dei bastoncelli. L’isolamento dei coni per il blu avviene infine con la
sovrapposizione di un filtro giallo che sopprime
la risposta dei coni M e L. I coni S vengono in
tal modo “isolati” dagli altri. L’esame SWAP è
utile nei difetti perimetrici molto precoci ancora
non dimostrabili con la perimetria acromatica.
Anche la localizzazione del difetto perimetrico
in SWAP è spesso sovrapponibile topograficamente allo stesso che verosimilmente compa-
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rirà successivamente in perimetria acromatica.
Limite della perimetria SWAP sono la eccessiva
variabilità di risposta rispetto alla perimetria
acromatica standard. Studi hanno dimostrato
che la variabilità interindividuale a breve e lungo
termine della SWAP e’ del 10-15% maggiore rispetto all’acromatica, mentre sul lungo termine
è maggiore per la SWAP. Un altro rilevante limite
della perimetria cromatica è la presenza di opacità dei mezzi diottrici oculari.
Altro esame diagnostico di II° livello nella
semeiologia del glaucoma è la perimetria “a
duplicazione di frequenza” (Frequency Doubling Perimetry). Le caratteristiche di questo
strumento sono il controllo della fissazione, la
disponibiltà di programmi di soglia di sensibilità
nei 10° centrali del campo visivo, il programma macula, il programma soglia e screening
24-2 FDT e 30-2 FDT, la possibilità di eseguire il
Glaucoma Hemifield Test (GHT). È un sistema di
studio del campo visivo che analizza principalmente le cellule ganglionari M (le più grandi),
precocemente alterate nel glaucoma. Le M sono
sensibili a stimoli a bassa frequenza spaziale ed
alta frequenza temporale e costituiscono circa il
3-5% delle cellule ganglionari.
I sistemi di imaging per lo studio morfometrico
della testa del nervo ottico e della regione peripapillare permettono una valutazione oggettiva e
mediante un software comparano le misurazioni
con un database normativo. Gli apparecchi disponibili sono la Tomografia a Coerenza Ottica(OCT),
il Polarimetro a scansione laser (GDX) e l’Heidelberg Retinal Tomography (HRT III).
L’OCT utilizza il principio fisico dell’interferometria a bassa coerenza misurando il tempo di
ritardo ecografico tra la radiazione emessa da
un diodo e le diverse strutture oculari. Lo spessore delle fibre nervose viene misurato su punti
fissi intorno alla papilla ottica. Tutti questi apparecchi sono simili ma danno risultati diversi, non
dispongono di un database normativo standardizzato per lo studio morfometrico della papilla
ottica. Anche lo studio dello spessore delle fibre
nervose non da risultati univoci e confrontabili.
Il GDx misura il ritardo e il cambiamento di
polarizzazione della luce incidente dovuto alle
proprietà birifrangenti dello strato delle fibre
nervose. Il grado di ritardo è direttamente proporzionale allo spessore delle fibre nervose.
Oltre allo strato delle fibre nervose anche la
cornea ed in misura minore il cristallino sono
strutture birifrangenti. Il GDx VCC misura indi-
vidualmente la birifrangenza corneale e lenticolare e compensa i risultati solo in relazione alle
fibre nervose, aumentandone la sensibilità e
specificità dei risultati (scansione compensata).
Il polarimetro a scansione laser da quando è
stato introdotto ha subito significativi cambiamenti nel software e nell’hardware (NFA I, NFA
II). La birifrangenza come detto è legata anche
a strutture anatomiche del segmento anteriore
e pertanto è necessario un compensatore fisso
(GDx). Anche la variabilità individuale della birifrangenza richiede un compensazione variabile
(GDx-VCC). Esistono pattern di ritardo atipici
(ARPs) legati allo scattering della luce all’interno
dell’occhio, altro dato che necessita di un nuovo
compensatore corneale avanzato (GDx-ECC).
La tomografia del nervo ottico (HRT III) utilizza un sistema di luce laser confocale con
lunghezza d’onda di 670 nanometri ed analizza
la papilla ottica mediante immagini tridimensionali. Attraverso la acquisizione ottica laser
a scansione tomografica di immagini seriate
monodimensionali è possibile la ricostruzione
morfometrica in 3D della testa del nervo ottico. L’utilità diagnostica della tomografia HRT è
connessa con l’acquisizione di parametri quantitativi stereo-morfometrici della papilla ottica
come cup/disc area, disc area, rim area e rim
volume. Questi consentono il confronto numerico dei 2 dischi ottici bilateralmente mediante la
comparazione dei parametri acquisiti ed infine
è utile nel follow-up del paziente in riferimento
al primo esame eseguito (trend analysis) e alla
topographical change analysis (TCA).
È utile eseguire una tomografia della papilla
ottica con HRT III nei casi di ipertensione oculare
con perimetria standard normale, in pazienti
normotesi oculari con perimetria normale e papille ottiche clinicamente dubbie per glaucoma,
nei glaucomi con danno monolaterale e nei soggetti con anamnesi familiare positiva.
La terapia del glaucoma è efficace se si rispettano i seguenti principi basilari: diagnosi di
malattia più precoce possibile, prevenire l’esordio della sintomatologia e l’evoluzione di questa
verso la cecità.
I farmaci di prima scelta utilizzati nella terapia del glaucoma sono i beta-bloccanti (20-25%
di capacità ipotonizzante oculare), i derivati delle prostaglandine (25-30%) e gli inibitori dell’anidrasi carbonica (15-20%). Tra i farmaci di seconda scelta rientrano gli alfa 2 agonisti adrenergici,
i colinergici, la guanetidina ed altri.
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I farmaci antiglaucomatosi possono essere
usati in monoterapia o in associazione tra loro:
prescritto il farmaco di 1° scelta, ottenuta la
pressione oculare bersaglio ed una stabilizzazione campimetrica in assenza di effetti collaterali
può ritenersi soddisfacente la condotta terapeutica. In presenza di effetti collaterali o pressione oculare non sufficientemente ridotta con
danno campimetrico in progressione si ritiene
corretta la sostituzione del farmaco o la necessità di aggiungerne un altro. Quando nessuna
combinazione di farmaci antiglaucomatosi ha
efficacia ipotonizzante oculare si può ricorrere
alle terapie laser e/o chirurgica.
I beta-bloccanti presentano controindicazioni assolute o relative: tra le prime asma,
insufficienza cardiaca congestizia, bradicardia
sintomatica e sincope sine causa. Le relative
includono sintomi pre-sincopali, vertigini, ipersensibilità del seno carotideo.
La percentuale di sospensione per le diverse
terapie è ampiamente dovuta agli effetti collaterali dei farmaci ed alla scarsa tollerabilità di
questi sulla superficie oculare.
I derivati delle prostaglandine hanno una
buona tolleranza generale ma determinano un
incremento della pigmentazione iridea nel 33%
dei casi e questo si dimostra nel 74% dei casi
entro i primi 8 mesi di terapia. Altri significativi
effetti indesiderati sono l’iperemia congiuntivale, lo scurimento palpebrale e l’ipertricosi.
In conclusione, la diagnostica clinica e strumentale della malattia glaucomatosa è attualmente molto avanzata. Lo studio delle fibre
nervose con i più moderni sistemi di imaging
va correlato con le dimensioni della papilla ottica. Attualmente viene data grande importanza
nella gestione del paziente glaucomatoso ai
valori stereomorfometrici papillari acquisiti con
la tomografia HRT III, ricordando che il 50% dei
difetti delle fibre nervose sono di tipo diffuso e
sono ancora di difficile diagnosi. In casi dubbi
la perimetria convenzionale, anche di soglia
piena, non è sufficiente. Pertanto, possiamo
concludere affermando che l’occhio del buon
clinico non è superato dalla tecnologia diagnostica medica, ma ne è aiutato nella gestione
della malattia.
“OFTALMOPATIE DI INTERESSE GERIATRICO “
Lezione magistrale tenuta il 23 aprile 2010 presso l’Auditorium della I° Clinica Medica Policlinico
Umberto I° Roma
Corrispondenza:
Mario A. Giuliano
Professore Aggregato in Oftalmologia
Università di Roma Tor Vergata
Via Montpellier, 1 - 00133 Roma
[email protected]
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