ORCHESTRA E CORO DELL’ACCADEMIA NAZIONALE DI SANTA CECILIA BRUNO CAGLI Presidente - Sovrintendente ANTONIO PAPPANO Direttore Musicale ciro visco Maestro del Coro e del Coro di Voci Bianche CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE BRUNO CAGLI Presidente ALBERTO BASSO Vicepresidente GiaNni Alemanno Sindaco di Roma - Consigliere Luigi abete Consigliere Giorgio Battistelli Consigliere Paolo Buzzetti Consigliere Giovanni Carli Ballola Consigliere fulvio conti Consigliere AZIO CORGHI Consigliere giuseppe Dalla Torre Consigliere vittorio di paola Consigliere gabriele galateri Consigliere COLLEGIO DEI REVISORI DEI CONTI Giovanni Sapia Presidente andrea pirrottina ANTONIO SIMEONI L’ACCADEMIA NAZIONALE DI SANTA CECILIA RINGRAZIA Sostieoi l’Accademia! mecenati Associazioni Briguglio Siracusano Vaccarella Studio associato Pirola Pennuto Zei & Associati Tommaso Addario, Tessa Bressi, Antonio Briguglio, Nicola e Beatrice Bulgari, Maite Bulgari, Francesco Carbonetti, Federica Cerasi Tittarelli, Vittorio e Mimma Di Paola, Carla Fendi, Franca Fendi, Paola Fendi, Donatella Flick, Laura Fontanesi Ghella, Andrea e Cecilia Guarino, Luigi Gubitosi, Berardino Libonati, Francesco Musumeci, Yoko Nagae Ceschina, Alexander Rachmaninoff, Ludovica Rossi Purini, Laurel Schwartz, Dino Trappetti, Carla Zaffiri Cappelli benefattori Associazioni Arte Musica Solidarietà onlus Maria Luisa Aglioti, Angiola Armellini, Lorenza Caputi, Claudia Cornetto Bourlot, Cristiana D’Attorre, Anna Fendi Venturini, Giovanni Fiori, Maria Cecilia Lazzarini Merloni, Elena Testa Cerasi, Milena Ugolini, Maria Teresa Vincenzi Mastromarino Donatori Associazioni Circolo Canottieri Aniene, Compagnia per la Musica in Roma FondazioniFondazione Dino ed Ernesta Santarelli, Libera Fondazione Giovanni Aldobrandini, Anna Maria Ambrosini Massari, Giuliana Annoni, Alfonso Archi, Teresa Berry e Gary Goodman, Antonietta Bufano, Marina Cascini, Anna Rosa Cotroneo, Pilar Crespi, Paola De Angelis Campilli, Andreina De Clementi, Valerio Di Gravio, Giorgio Donati, Nicoletta Fiorucci, Ileana Florescu Franchetti, Sabrina Florio, Maria Rita Grassi Lattanzi, Maddalena Labricciosa Amato, Gennaro Lalli, Luisa Laureati, Marina Letta Ottaviani, Gaetano Maccaferri, Franca Mancini, Cornelia Mattiacci, Adalvera Mayro, Anna Maria Monorchio Mottura, Camilla Morabito, Federico Nordio, Elena Penta, Mirella Petteni, Antonio Puri Purini, Sonia Raule, Stefania Repaci, Andrea Ripa di Meana, Livia Salini, Gabriele Savarese, Giuseppe Scassellati Sforzolini, Nicola Staniscia, Paola Tittarelli, Laura Vento, Maria Teresa Venturini Fendi Sostenitori Associazioni Associazione Musicale Arcangelo Corelli, The Maestro’s Circle of the Royal Opera House, Covent Garden FondazioniFondazione Ettore Paratore Oscar Argentieri, Alberto Asor Rosa, Maria Teresa Berruti, Luigi Bianchi, Jeffrey Blanchard, Daniela Blasutto, Federico Bonoli, Mario Biritognolo, Giuseppe Brusone, Giovanna Cadorna, Augusto Carli, Luigi Emanuele Carratelli, Giovanna Casalino, Stefano Catena, Giulia Catenacci, Giuseppe Chiarante, Domenico Chiaravalloti, Armande Cholette Guerreri, Maria Teresa Ciccone, Loretta Cifone, Paolo e Cristina Cobianchi, Ferdinando Corelli, Rosario Cupolillo, Francesca D’Ambrosio, Carla Dello Strologo, Pasquale De Marinis, Luisa Di Nicola, Antonio Fekeza, Silvia Genovese, Ada Gentile, Vincenzo Giribaldi, Rosalba Giugni, Matelda Grassi, Nicoletta Jelmoni di Stefano, Alessio Lupoi, Giandomenico Magrone, Flavio Mastrangelo, Noli Mazza, Stefano Monami, Tullio Monini, Carlotta Montefiore Cocchi, Donata Origo, Bruno Orvieto, Cristina Ottieri, Francesco Palladino, Matilde Passa, Massimo Pistacchi, Elisabetta Veronica Poli, Davide Poznanski, Bianca Riccio, Terenzio Sacchi Lodispoto, Michela Santoiemma, Daniela e Alessandra Sbrigoli, Raffaella Spaccarelli, Sara Staccioli Chiarante, Carlotta Staderini Chiatante, Mario e Marisa Stirpe, Luisa Todini, Rosita Tordi Castria, Maria Gabriella Vismara Currò, Gigliola Zecchi Per diventare Mecenate, Benefattore, Donatore o Sostenitore: www.santacecilia.it alla voce Sostieni l’Accademia o scrivi a [email protected], tel. 06 80 24 25 00-01. Aggiornato al 14 novembre 2011. stagione di MUSICA DA CAMERA 2011-2012 AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA Sala Sinopoli Venerdì 25 novembre - ore 20.30 Turno V-Z quatuor mosaïques Erich Höbarth violino Andrea Bischof violino Anita Mitterer viola Christophe Coin violoncello Il concerto è registrato da Radio3 Rai per successive trasmissioni prima parte franz joseph haydn (Rohrau 1732 - Vienna 1809) Durata: 20’ circa Quartetto per archi in sol minore op. 20 n. 3 Allegro con spirito Menuetto (Allegretto) Poco adagio Allegro molto wolfgang amadeus mozart (Salisburgo 1756 - Vienna 1791) Durata: 30’ circa Quartetto per archi in sol maggiore K. 387 Allegro vivace assai Menuetto (Allegro) Andante cantabile Molto allegro seconda parte ludwig van beethoven (Bonn 1770 - Vienna 1827) Quartetto per archi in mi bemolle maggiore op. 127 Maestoso. Allegro teneramente Adagio, ma non troppo e molto cantabile Scherzando vivace Finale Durata: 35’ circa le musiche in programa di Simone Ciolfi Haydn e il quartetto “classico” Giacomo Leopardi sosteneva che ogni “classico”, una volta divenuto creazione esemplare da studiare e celebrare, rischiava di perdere la forza e l’incisività del suo messaggio. Messo in bella vista nella biblioteca, il “classico” rischiava di non essere più letto con genuino interesse, e la sua freschezza intellettuale o trasgressività rispetto alla norma finivano per scomparire, o peggio, per diventare essi stessi normativi. Il discorso di Leopardi valeva per tutte le arti e non solo per la letteratura. Ce lo testimonia il fatto che l’osservazione scrupolosa di una partitura “classica” rivela sicuramente strategie ricorrenti, schemi, contenitori formali generali, ma finisce spesso anche per sorprendere le nostre aspettative. Dobbiamo avvicinarsi ai classici con la coscienza della loro originalità, non solo con l’aspettativa di una rassicurante consuetudine. In particolare, a Joseph Haydn piaceva infinitamente il geniale matrimonio tra norma e trasgressione di essa, al punto da diventare il padre fondatore di vari generi (la Sinfonia, il Quartetto) e al contempo il maestro indiscusso dell’effetto “sorpresa” in musica. Fra le due cose, innegabilmente, c’è un rapporto. Dopo una gioventù difficile, Haydn trovò serenità lavorativa e tranquillità economica presso la ricca famiglia Esterházy, dipendente dei quali fu occasionalmente dal 1760 e stabilmente dal 1766 (il congedo avvenne nel 1790). Gli Esterházy si dilettavano molto di musica da camera ma la vena cameristica del compositore era stata sempre fluente, già nei primi anni di lavoro. Tra il 1755 e il 1771 Haydn scrisse ben trentadue Quartetti per archi pubblicati come Quartetti op. 1, op. 2, op. 3, op. 9 e op. 17. Sebbene il gioco strumentale di queste creazioni sia sempre elaborato e impeccabile, è solo con i Quartetti op. 20, scritti nel 1772, che arriva il “vero” Haydn, quello classico ed eccentrico, quello che fa corrispondere a una spiccata libertà del gioco tematico un aumento del rigore contrappuntistico fino alla non infrequente comparsa della Fuga. È pur vero che il Quartetto era e sarà sempre, anche dopo Haydn, un genere in cui sperimentare il nuovo o perseguire soluzioni ricercate. Tuttavia, non bisogna trascurare che si trattava di composizioni destinate a un pubblico sì aristocratico e colto, ma amante del diletto e della leggerezza (nel senso in cui la intendeva Italo Calvino, ovviamente). L’inizio del primo movimento, Allegro con spirito, ci rende ben presto edotti del fatto che lo “spirito” evocato nell’indicazione agogica è il bonario demone dell’arguzia: l’incipit dell’esposizione passa repentinamente e in modo straniante dal piglio drammatico a un’atmosfera galante. Segue un momento di sospensione nel quale la direzione dell’armonia ci rimane assai dubbia. Dopo un brevissimo ma solenne inciso di marcia compare poi un intervallo di semitono ripetuto quasi come fosse un sussurro. Il brano è, infatti, tutto un rapido mutare d’atmosfera, con presenHaydn: za di alcune fermate ad effetto, soprattutto nella Quartetti per archi opp. 20 e 33 Le sette ultime parole sezione dello sviluppo, dove il materiale tematico di Cristo sulla croce viene combinato ed elaborato. Questi repentini Quatuor Mosaïques Naïve 2008 (5 cd) cambiamenti di luce (piano, forte, modo maggiore, Mozart: modo minore, gli strumenti suonano insieme, poi Quartetti “Haydn” nn. 14-19 Quatuor Mosaïques suonano da soli) rispondono a un’esigenza artistiNaïve 2003 ca di grande interesse: uno dei virtuosismi espresBeethoven: sivi del compositore seicentesco e settecentesco Quartetti opp. 127 e 130 Hagen Quartett era infatti la capacità di concatenare velocemente DGG 2005 variegati stati d’animo o, col termine dell’epoca, vari “affetti”. Nella musica strumentale, mancando il testo, gli affetti li si coglie più tramite la percezione della loro differenza che con l’adesione a stilemi che identificano certi mezzi musicali con un sentimento specifico (tali stilemi sono comunque presenti). Il secondo movimento, Minuetto e Trio, risponde a una logica di maggiore coerenza. Il ritmo di danza inserisce il brano in un’atmosfera galante tanto nobile e malinconica nel Minuetto quanto elegante nel Trio centrale. Con il Poco adagio entriamo nella dimensione cantabile propria dei movimenti lenti in stile classico. L’atmosfera è però arricchita da un rapporto di pieno e vuoto che genera anche raffinate soluzioni timbriche: si noti come talvolta un singolo strumento guidi il canto sopra una speciale aura timbrica degli altri o come a volte gli strumenti sembrino aggregarsi o sottrarsi all’insieme donando un respiro quasi organico al brano. Nell’ultimo movimento, Allegro di molto, Haydn intende sfruttare contemporaneamente tutti i mezzi usati in precedenza. Si torna qui a una dimensione drammatica e mobilissima con in più la presenza di un gioco di pieni e vuoti assai marcato, animato da fermate a effetto, da percorsi armonici a sorpresa, da ritmi insoliti. La cantabilità funziona da collante del movimento trasformando l’aspetto eccentrico di certe soluzioni in un dialogo convincente tra musica e spettatori. cd e libri Mozart “inganna il tempo” Fra l’ottobre del 1772 e i primi mesi del 1773 Wolfgang Mozart e il padre Leopold giungono in Italia per la composizione e l’allestimento del Lucio Silla, dramma per musica commissionato ad Amadeus dal Teatro Ducale di Milano. Gli spostamenti sono lunghi e noiosi, così come le soste. Scrive il padre in una lettera alla moglie da Bolzano il 28 ottobre 1772: “Wolfgang […] sta scrivendo un quartetto per ingannare il tempo”; anche il 6 febbraio 1773 Leopold registra che “Wolfgang sta componendo un quartetto”. Con sicurezza si tratta dei Sei Quartetti K .155-160, ma non sappiamo le date precise né l’ordine in cui vennero composti. La scrittura di un Quartetto fu dunque assai presto praticata dal giovane Mozart, principalmente come esercizio privato, anche se poi il risultato lo si poteva usare per qualche esecuzione improvvisa, oppure come fonte a cui attingere per altre composizioni. Le quattro parti obbligate del quartetto erano infatti una palestra creativa essenziale per il compositore; lavorando su un quartetto un giovane musicista di metà Settecento poteva svolgere un ottimo esercizio di contrappunto, così come lo era stato la composizione di madrigali a quattro voci nel Seicento. In ogni modo, l’esercizio comportava un momento di sperimentazione, consisteva anche nel mettersi alla prova, nel trovare soluzioni ef- ficaci per risolvere un problema compositivo o espressivo. Questa è la ragione per cui molti fra gli ultimi Quartetti di Mozart non sorgono a seguito di una committenza specifica, ma sono scritti per il bisogno di sperimentare e perseguono soluzioni insolite e innovative. Mozart si cimenta nel genere per far progredire i propri mezzi compositivi e il proprio stile. Il Quartetto in sol maggiore K. 387 è il primo dei sei Quartetti d’archi (K. 421, K. 428, K. 458, K. 464, K. 465) che Mozart compose tra il 1782 e il 1785 e pubblicò presso Artaria nel 1785 con dedica a Joseph Haydn. È vero che in queste opere si avverte l’influenza di quelle di Haydn (soprattutto dei Quartetti “russi” op. 33), ma la presenza della dedica nascondeva, oltre alla stima per il celebre dedicatario, anche la consapevolezza di aver portato il modello a livelli di altissima qualità espressiva. Uno dei motivi per cui questi ultimi Quartetti mozartiani risultano composizioni eccezionali è che l’autore ha saputo armonizzarvi una molteplicità di stili e mezzi selezionando il meglio delle esperienze musicali a lui precedenti e contemporanee. Mozart aveva una mente sintetica capace di conferire a materiali disparati un’intensità unica e una rara pienezza espressiva. Ritroviamo nel Quartetto K. 387 la gaia vena melodica e gli schemi dello stile galante, lo stile “osservato” (cioè il contrappunto concepito per le composizioni sacre), lo stile contrappuntistico (la Fuga, l’imitazione delle parti), il principio dell’evidenza tematica (cioè la presenza di temi riconoscibili e cantabili, quello dell’elaborazione tematica (ovvero la scomposizione e ricomposizione dei temi, processo inteso come maturazione del “pensiero” musicale). Mozart compie uno sforzo sintetico sommo il cui risultato è la fusione dell’eterogeneo nella consequenzialità. Così, se in Haydn l’elaborazione tematica viene applicata ai quattro strumenti in modo indipendente rendendo possibile lo scambio dei temi tra le parti, Mozart va oltre il modello arricchendo la scrittura con un’intensità contrappuntistica che si ispira alla lezione di Bach e Händel. Tuttavia, nel compositore classico il rigore implica spesso libertà: l’Allegro vivace assai, il primo movimento, apre il Quartetto utilizzando soluzioni armoniche e polifoniche imprevedibili. Il chiaroscuro cambia sapientemente anche per via delle diverse armonizzazioni di uno stesso passo, e grazie a uno sviluppo che 10 si sottrae a ogni schematismo per dare vita a situazioni libri di teatralità virtuosistica sapientemente precedute da Stendhal cali di tensione. Vita di Haydn Nel secondo movimento, un Minuetto con Trio, Mo- Casagrande, Bellinzona 2009 zart si discosta assai dalla lezione di Haydn. Per nul- Ludwig van Beethoven Epistolario Vol. 1-6 la squadrato, per nulla animato dalla vitalità popolare Accademia Nazionale Santa Cecilia/Skira, (come frequentemente accade in Haydn), questo brano di Roma/Milano 2008. è opera meditativa, impegnata. Accade spesso che Mo- Alberto Basso zart assegni al Minuetto una valenza che travalica assai Mozart in Italia. Cronistoria dei viaggi, quella usualmente conferita a tale danza nella musica a documenti, lettere, dei luoghi e lui coeva. L’idea cromatica iniziale del brano era presen- dizionari delle persone. te già nel primo movimento e viene mantenuta per tutto Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Roma 2006 il Minuetto. Tale idea possiede tratti scherzosi e nel contempo addolorati: Mozart gioca con la stessa valenza storica dei materiali che utilizza. L’unisono che apre il Trio è tagliente e drammatico; sembra sviluppare il suggerimento tragico del cromatismo iniziale, e lo fa tanto da influire sulla percezione di ciò che segue. Infatti, l’atmosfera del Minuetto, ripreso dopo il Trio, è ora come velata, più scura rispetto a quella che si percepiva all’inizio. Il successivo Andante cantabile è caratterizzato da un tessuto armonico messo alla prova da continue modulazioni e dissonanze. La parentela con lo stile di Haydn è qui più evidente. Fin dalle prime battute il brano lievita però in densità e profondità fino a librarsi in perturbamenti di grande sensualità dove le parti sembrano aspirare a un’individualità negata, lanciarsi in momenti di protagonismo per essere però riafferrati e immersi nuovamente nell’insieme. Il finale, Molto allegro, è ricco di passaggi contrappuntistici. Ma la solennità del fugato d’apertura non ci arriva in modo serioso: è infatti subito seguìta da un passo di frizzante vivacità ritmica. Il complesso contrappunto che Mozart introduce nel brano non è grave e pesante, anzi è per lui motivo di festa: il tutto pare scherzoso e al contempo sapiente, sembra nello stesso momento gioco e maestria. Mozart ingannava il tempo mettendolo a frutto nel modo più stupefacente: in questi ultimi Quartetti ha reso sublime il buon gusto della sua epoca. 11 Beethoven e gli “ultimi” Quartetti Nel novembre del 1822 Beethoven ricevette da San Pietroburgo un lettera inviatagli dal principe Nikolas Galitzin, violoncellista dilettante e suo ammiratore, in cui il nobiluomo chiedeva al compositore se avesse voluto scrivere !uno, due o tre nuovi quartetti”. Beethoven, come era il suo solito, rimaneva in silenzio ma raccoglieva l’invito. Erano passati dodici anni dal suo ultimo Quartetto, l’op. 95. Rivolgersi di nuovo a questo genere non doveva essere cosa facile: ci vollero tre anni perché il Quartetto op. 127 fosse terminato e poi dato alle stampe, nel 1826. Beethoven morirà l’anno dopo lasciandoci una serie di fantastici Quartetti di cui l’op 127 è il capofila. Il principe aveva lanciato un stimolo nella speranza di avere qualcosa di nuovo e di bello da suonare; Beethoven aveva rotto gli argini realizzando una serie di grandiosi monumenti. È noto come gli ultimi Quartetti beethoveniani costituiscano un corpus innovativo (quasi sconvolgente considerando gli anni in cui fu scritto) e in parte anticipatore di una modernità creativa la cui legittimazione arriverà un secolo dopo la loro pubblicazione. Queste ultime creazioni sono caratterizzate da una diffusa ambivalenza tonale, dall’uso di strutture formali utilizzate al di fuori 12 dei dettami tradizionali, dalla vaghezza delle linee melodiche, da un apparente condotta rapsodica del tessuto sonoro. Il punto d’arrivo di tali sperimentazioni quartettistiche è l’essenza stessa della musica, la trasfigurazione della sua libertà, quasi colta allo stato puro. Negli ultimi Quartetti Beethoven vuole dare massima evidenza a tale libertà, uscendo dalle convenzioni, lasciando che la propria energia creativa manipoli forme e temi, inneschi proliferazioni esorbitanti o condensazioni minime della materia musicale. È una specie di romanticismo estremo, nel quale la musica diventa il buco nero che assorbe se stessa e la realtà. Con il Quartetto op. 127 siamo sulla soglia dell’antimateria, ma non ne siamo stati ancora completamente risucchiati. La serie di accordi che apre il primo movimento dell’op. 127 (Maestoso) ha carattere solenne, ma non ha il portamento della solennità, non dà il senso di un lento incedere. Le figure risultano statiche, decontestualizzate. L’attacco dell’Allegro possiede una cantabilità dolce ma incerta: gli strumenti si muovono interagendo in modo misterioso; c’è qui la volontà di evitare che certi passi somiglino troppo a strutture convenzionali o siano riconoscibili come tali. Beethoven vuole che questa musica suoni diversa, sia meno estroversa e più astratta, spirituale. Il ragionare dell’Allegro è interrotto due volte dall’enigmatico Maestoso iniziale: il procedere del movimento sembra spezzarsi e talvolta arenarsi su figurazioni iterate, come se Beethoven volesse letteralmente ferire la forma del brano o poi lasciarla languire senza aiuto. La continua mutazione delle armonie, libere da qualsiasi schema, innesca relazioni latenti, segrete. Il senso di frammentazione comunicativa continua nell’Adagio successivo, un tema con sei variazioni più una coda. Detto così sembra facile. Beethoven raggruppa la prima e la seconda variazione, isola la terza che è in tonalità maggiore e forma un terzo gruppo con le variazioni numero quattro, cinque e sei. Il tema, apparentemente pacato e soave, è frutto di un lavoro estenuante: esistono numerosi abbozzi autografi di questa melodia, la cui spontaneità è il punto d’arrivo di un artificio estremo. Alternando variazioni che ornano il tema, talvolta virtuosistiche, a vere rielaborazioni del materiale di partenza, Beethoven ottiene un effetto 13 straniante. La prima variazione è assai complessa, mentre la seconda è più accondiscendente verso l’ascoltatore, più propensa a parlargli un linguaggio in parte noto. La terza trasforma il tema in una specie di inno sorretto da solenni accordi, mentre nella quarta avviene la ripresa di esso nella tonalità iniziale. La quinta variazione immerge il tema in una tonalità minore; nella sesta il primo violino è protagonista e comunica il gioco virtuosistico a tutte le altre parti. La coda, preceduta da un prolungato e sorprendente silenzio, frena la marcia della sesta variazione e funziona da ricapitolazione del brano. L’arte della variazione diventa per l’ultimo Beethoven una sorta di cimento filosofico, uno strumento per formulare “pensiero” musicale al quadrato. Non che l’elaborazione dei temi manchi nei movimenti che non adottano questa tecnica, ma la sua presenza moltiplica le implicazioni tra elementi tematici e loro possibili alterazioni. Per creare un contrasto con l’ampia meditazione precedente, Beethoven carica il movimento successivo, Scherzando vivace, di pura energia. L’inciso ritmico eseguito dal solo violoncello subito dopo gli accordi d’apertura diventa una presenza costante di tutto il brano (un inciso che stimolerà molto la fantasia ritmica di Robert Schumann), ad eccezione del Trio centrale, che da momento di rustica beatitudine diventa luogo per liberare una certa frenesia motoria. Il brano ha numerosi cambi di indicazione di tempo (valevoli anche per poche misure), un elemento che tornerà spesso nella composizione del primo Novecento. Dimenticate le suggestioni melodiche del primo movimento, messe da parte l’atmosfera diafana e spirituale del secondo nonché la fantasia ritmica del terzo, nel finale le tensioni psicologiche delle precedenti sezioni si placano per dare spazio a soluzioni apparentemente più convenzionali. Il tema è però irregolare nella costruzione e insolito dal punto di vista espressivo. A lungo andare rivela tratti insistenti, forse sottilmente ironici. Mormorii, trilli, veloci note ribattute, una lunga “coda”, ci invitano a non credere a questo ultimo sguardo verso la tradizione. 14 gli interpreti 17 Il Quatuor Mosaïques è stato fondato nel 1982; i tre musicisti austriaci e il violoncellista Christophe Coin si sono conosciuti suonando nell’Ensemble Concentus Musicus di Vienna diretto da Nikolaus Harnoncourt. In quegli anni nacque l’idea di fondare un ensemble quartettistico ed estendere la lunga esperienza, acquisita con le esecuzioni su strumenti originali, al repertorio per quartetto d’archi, mantenendo sempre vivo il legame con la grande tradizione classica europea. Attualmente il Quatuor Mosaïques è tra i più richiesti e prestigiosi del mondo, come testimoniano i molti premi ricevuti: per la registrazione dei quartetti di Haydn è stato più volte premiato con il “Gramophone Award”. Inoltre collabora abitualmente con i pianisti András Schiff e Patrick Cohen, con i clarinettisti Wolfgang e Sabine Meyer e con i violoncellisti Miklos Pérenyi e Raphael Pidoux. Si esibisce regolarmente in Europa, Stati Uniti, Australia, Giappone ed è ospite di rassegne prestigiose quali i Festival di Edimburgo, Bath, Salisburgo, Styriarte Graz, Schubertiade Schwarzenberg, Lucerna, Brema, Weimar, Oslo; è stato anche protagonista 18 di una serie di concerti nel Wiener Konzerthaus, alla Wigmore Hall di Londra, al Concertgebouw di Amsterdam e alla Filarmonica di Berlino. Nel 2006 i quattro musicisti si sono esibiti in Spagna – con i celebri Stradivari di proprietà della Corona spagnola – interpretando pezzi di Arriaga (in seguito incisi su cd). Il repertorio del Quatuor Mosaïques comprende brani di rara esecuzione di Pleyel, Tomasini, Werner, Jadin, Gross; composizioni del “Classicismo viennese” di Mozart, Haydn e Beethoven fino ad arrivare a Schumann e Brahms. Più di recente si è dedicato anche ad esecuzioni di compositori del Ventesimo secolo come Debussy, Bartók e Webern. La loro discografia (per le etichette Naïve e Laborie) comprende brani di Arriaga, Beethoven, Boccherini, Boely, Haydn, Jadin, Mendelssohn, Mozart e Schubert. Erich Höbarth (violino), ha studiato con Grete Biedermann e Franz Samohyl perfezionandosi al Mozarteum di Salisburgo con Sándor Végh. Dal 1980 al 1986 è stato Konzertmeister dei Wiener Symphoniker e dal 1981 Konzertmeister e solista dell’Ensemble Concentus Musicus. Attualmente è Direttore artistico della Camerata Bern. Andrea Bischof (violino) ha studiato a Vienna con Grete Biedermann e Thomas Christian. Dal 1978 al 1988 è stata Konzertmeisterin e solista degli Österreichische Bachsolisten. Membro del Concentus Musicus, è docente di Musica da camera all’Universität für Musik di Vienna. Anita Mitterer (viola) ha compiuto i suoi studi musicali a Salisburgo, Praga e Vienna. È direttrice del Salzburger Barockensemble e insegna alla Musikuniversität Mozarteum di Salisburgo. Christophe Coin (violoncello) ha studiato a Parigi con André Navarra e con Jordi Savall. È solista ospite del Concentus Musicus Wien, dell’Academy of Ancient Music e del Giardino Armonico; fondatore del Quatuor Mosaïques attualmente è Direttore musicale dell’Ensemble Baroque de Limoges. 19