- Lofarma

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N
ISSN 2038-2553
Anno 33 - 2014 • Volume 32, n. 1
OTIZIARIO
ALLERGOLOGIC
Medicina Molecolare
Approcci omici,
principi e prospettive
Uso dei probiotici
ricombinanti
nelle allergie
Linfociti Th17
e asma bronchiale
cosiddetta neutrofila
Allergia all’Ambrosia:
novità dalla Third International
Ragweed Conference
Evidenza di I livello
per la terapia iposensibilizzante
al nichel nella SNAS
sommario
Notiziario Allergologico, Anno 33 - 2014 - Volume 32, n. 1
editoriale 2
Il filo conduttore: Charles Bukowski
Fabrizio Ottoboni
aggiornamenti
Medicina Molecolare: approcci omici, principi e prospettive
3
Pier Luigi Mauri
Uso dei probiotici ricombinanti nelle allergie
13
Claudia Petrarca
Linfociti Th17 e asma bronchiale cosiddetta neutrofila
23
Francesco Liotta
Bando Premio Paolo Falagiani 201531
Allergia all’Ambrosia:
novità dalla Third International Ragweed Conference
32
Maira Bonini
recensioni Fabrizio Ottoboni
Eterogeneità della risposta IgE alla noce e alla nocciola
35
Asero R, Arena A, Cervone M, Crivellaro M, Lodi RF, Longo R, Macchia D, Manzotti G,
Minale P, Murzilli F, Polillo BR, Pravettoni V, Ridolo E, Savi E, Villalta D, Amato S, Mistrello G.
Potenziali biomarkers della severità della rinite allergica e della stagionalità dell’allergia agli acari
36
Michaud B, Gouvis-Echraghi R, Candon S, Couderc R, Jais JP, Bach JF, Chatenoud L, Just J.
L’ITS in gravidanza riduce le allergie dei figli?
38
Lieberman Jay
Rinite allergica: La strana spending review italiana
38
Hankin CS, Cox L, Bronstone A, Wang Z.
Addio a Chanel n°5?
40
Heisterberg MV, Menne T, Johansen JD.
Ophraella communa e lotta all’ambrosia
42
Müller-Schärer H, Lommen STE, Rossinelli M, Bonini M, Boriani M, Bosio G, Schaffner U.
lofarma news Evidenza di I livello per la terapia iposensibilizzante
al nichel nella SNAS
quesito Allergia al nichel: evidenze in pediatria
Gianni Mistrello
43
Maria Giovanna Colella
47
editoriale
Il filo conduttore:
Charles Bukowski
Fabrizio Ottoboni
B
uk, un uomo tra sbornie e scazzottate e scommesse e prostitute
e scrittura… Buk ha modificato la
scrittura. Un grande uomo, un filosofo misconosciuto. Cominciamo
da <durante il viaggio da qualche
parte ho comprato un libro di un tipo
famoso che di nome fa Hemingway.
Non riuscivo a leggerlo. Quel coglione
non sapeva scrivere! Ho gettato il libro
dal finestrino.> Avrete capito che io
amo Buk e la sua interpretazione:
infrangere gli schemi tradizionali è
inevitabile come pure comprendere
ed accettare il tempo necessario per la
comprensione del percorso creativo.
<I took another bus to New Orleans. I had a portable typewriter
with me. That’s all that I needed to prove I was a genius. That,
and another 35 years> <... avevo una macchina da scrivere portatile con me. Questo è quanto mi serviva per dimostrare che ero
un genio. Questo, e altri 35 anni ...>
Il Not Allergol deve farsi leggere e non buttare dal finestrino
perciò deve essere fresco ed originale e i lettori ce lo confermano ogni volta. Non abbiamo mai potuto fare due numeri della
rivista con la stessa impostazione di rubriche per questioni di
impegni degli Autori ed anche nostri così...
Ricevi un file, lo correggi, lo impagini, lo modifichi… c’è uno
spazio, l’articolo è troppo lungo e pesante, semplificare, aggiungi immagini, mancano due pagine, tre recensioni… e
2
così via. Un casino? Assolutamente
no, una vera manna per me e Maura. “possiamo inserire questo?” “forse, se lo strizzo un pochino… si, si
può” “e l’altro?” “non c’è niente da
fare è troppo lungo, per 10 righe
occupa una pagina…” “OK, tagliare questo…” oppure “scrivo io qualcosa di nuovo” e così via cercando
sempre di mantenere lo stile come
inteso da Buk. <lo stile è il meglio
che puoi fare in qualsiasi condizione.
E’ tutto qui. Quando uno non fa del
proprio meglio, qualunque siano le
condizioni date, manca lo stile>
In questo numero Not Allergol affronteremo alcune tematiche di attualità. La medicina molecolare spiegata con chiarezza da Pierluigi Mauri. Claudia
Petrarca a sua volta descrive come si manipola un probiotico
per indurre tolleranza, deviazione immunologica e riduzione
dell’infiammazione allergica. I Th17 nell’asma neutrofila sono
rivisitati acutamente da Francesco Liotta. Il Direttore commenterà il primo RDBPCT con Ni OHT nella SNAS, un
grande lavoro. Maira Bonini, nuovo Presidente dell’International Ragweed Society (IRS), infine parlerà della Conferenza
di Rho dedicata all’ambrosia e delle novità emerse. Per finire,
Maria Giovanna Colella risponderà al quesito sull’allergia al
nichel in pediatria.
Buona lettura
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
aggiornamenti
Medicina Molecolare:
approcci omici,
principi e prospettive
Pier Luigi Mauri
Laboratorio di Proteomica
e Metabolomica, ITB-CNR
& Istituto di Scienze della Vita,
Scuola Superiore Sant’Anna,
Pisa
Molecular Medicine:
omics approaches, methodologies and perspectives
Not Allergol 2014; vol. 32: n.1: 3-12.
introduzione
La realizzazione del sequenziamento
completo del genoma umano ha determinato diverse ricadute, anche oltre
i confini della genomica, sia in termini
tecnologici sia in termini di conoscenze
biologiche. In particolare, ha rappresentato una importante dimostrazione
che si possono affrontare problematiche
complesse e gestire una enorme quantità di dati. Inoltre, il sequenziamento del
genoma ha aperto la strada allo studio
complessivo di altri insiemi molecolari,
quali il transcritt-oma, il prote-oma ed
il metabol-oma, rappresentanti rispettivamente l’intero patrimonio di RNA,
proteine e metaboliti presenti in un organismo. Negli ultimi anni lo sviluppo
degli approcci omici ha determinato la
definizione di un nuovo impegnativo
obiettivo, rappresentato dalla caratterizzazione di come i diversi componenti molecolari che compongono cellule,
riassunto
Parole chiave e sigle
• Genomica • Proteomica • Metabolomica • Biologia dei Sistemi
• Profili Molecolari • Tecnologie omiche
Il sequenziamento dell’intero genoma e gli sviluppi tecnologici degli ultimi anni hanno permesso lo sviluppo delle “tecnologie omiche” in grado di studiare i diversi insiemi molecolari
(omici). Le metodologie disponibili permettono di studiare l’insieme dei geni (genoma), degli
RNA (trascrittoma), delle proteine espresse (proteoma) e delle piccole molecole (metaboloma)
presenti negli organismi viventi. Gli approcci omici hanno la finalità di descrivere quali-quantitativamente i profili molecolari di cellule, tessuti ed organismi e di correlare la loro variazione
con i diversi stati fisio-patologici. Ciò ha permesso lo sviluppo della “medicina molecolare”,
che coinvolge lo studio dei meccanismi molecolari per spiegare le variazioni osservate a livello
biologico. In questo modo è possibile caratterizzare i marcatori di malattia o dell’effetto terapeutico, non solo in base all’osservazione fenotipica, ma secondo la loro azione a livello delle
vie metaboliche o di interazione con le diverse componenti molecolari, utilizzando l’approccio
della Biologia dei Sistemi. I profili molecolari rappresentano non una alternativa alle tradizionali attività del medico, ma soprattutto un importante supporto per lo studio dettagliato delle
malattie, sia per lo sviluppo di metodi diagnostici sia per la valutazione delle terapie, in tempi
notevolmente ridotti. Un aspetto importante della medicina molecolare è la possibilità di ottenere una ulteriore classificazione, oltre a quella fenotipica, basata sui profili molecolari, permettendo così una più dettagliata descrizione dei gruppi di malati (stratificazione molecolare).
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
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aggiornamenti
summary
Key words and Acronyms
• Genomic • Proteomic • Metabolomic • Systems Biology
• Molecular profiles • omics methodologies
Human genome sequencing stimulated the technological and scientific improvements of
molecular investigations in medicine. Methodologies such as Next Generation Sequencing
(NGS) and Multidimensional Protein Technology Identification (MudPIT) are allowing important information concerning genome and proteome, respectively. Also, metabolomic approach,
based on NMR and mass spectrometry, is increasing the impact on medicine. The molecular
(omics) methodologies are focused on quali-quantitative analysis of complex biological samples and correlation between molecular and phenotypical aspects of diseases; these allow
the discovery of new biomarkers of diseaseand targets for therapies. In particular, molecular
investigations represent innovative aspect of medicine (molecular medicine) that elucidate
biochemical mechanisms of diseases, also. The combination of phenotypical and molecular
stratifications of populations is an important step for realizing the ideal personalized medicine. In this context, Systems Biology, and specifically Systems Medicine, is a global approach for
integrating clinic, biological and molecular data.
tessuti ed organismi sono correlati tra
di loro e come cambiano quali-quantitativamente in presenza di “disturbi”
interni (ad esempio mutazioni geniche),
od esterni (quali ad esempio esposizione
a cancerogeni, agenti infettivi od altri
ambienti. (1). Più precisamente, attraverso la raccolta dell’enorme quantità
di dati molecolari si intende spiegare
come funziona l’equilibrio dell’organismo attraverso lo studio della biologia
dei sistemi (meglio nota come “Systems
Biology”). Da qui deriva la definizione
di medicina molecolare, intesa come lo
studio complessivo delle diverse componenti molecolari (omiche) per spiegare e
prevedere la variazione dei sistemi biologici, e quindi gli stati di malattia, al fine
di poterli prevedere e predire.
Le recenti scoperte riguardanti il ruolo
dei microRNA, le metilazioni ed acetilazioni del DNA, la numerosità delle
modifiche post-traduzionali delle proteine, oltre alle fosforilazioni e glicazioni note da diversi anni, si sono aggiunte
metilazioni, deiminazioni e molte altre,
e le ossidazioni dei lipidi, hanno messo
in rilievo la grande varietà e variabilità
dei profili molecolari. Tutto ciò ha reso
sempre più importante caratterizzare la
composizione dei diversi insiemi molecolari (principalmente genoma, proteoma e metaboloma) e correlarli ai sistemi
biologici più o meno complessi partendo dalle membrane, passando agli organelli (ad esempio mitocondri e nuclei),
alle cellule, ed ai tessuti, con la finalità
di spiegare i meccanismi molecolari alla
base delle variazioni fisio-patologiche riscontrate a livello biologico.
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Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
Per affrontare la caratterizzazione di
ognuno di questi insiemi molecolari
si sono sviluppate, e sono in continuo
miglioramento, tecnologie sempre più
sofisticate, selettive e sensibili, definite
“tecnologie omiche” perché si occupano
di caratterizzare i diversi insiemi “omici”
di molecole descritte sopra; queste tecnologie devono soddisfare a determinate caratteristiche di seguito brevemente
descritte:
Profiling
fornire per l’insieme di molecole (-oma)
il “profilo molecolare”, che corrisponde
alla caratterizzazione simultanea delle
diverse specie dell’insieme considerato
(ad esempio DNA, o RNA, o proteine, o metaboliti) nello stesso campione;
in un’unica analisi si dovrebbero poter
seguire tutte le proteine, o tutti i metaboliti, tutti gli RNA presenti nella cellula o in un dato tessuto; ovviamente,
questa è una definizione ideale che è
servita comunque a stimolare il miglioramento tecnologico e ad incrementare
il numero di specie caratterizzabili per
ogni analisi.
Selettività
le tecnologie omiche devo essere in grado di distinguere in matrici complesse,
quali sono quelle biologiche, l’insieme
molecolare di interesse
Sensibilità
più la metodologia è sensibili meno
campione biologico è necessario, soprattutto se relativo a tessuti e biopsie, e più
molecole si possono caratterizzare
Riproducibilità
permette di sviluppare metodologie
quantitative che devono essere il più
possibile indipendenti dalle attività
aggiornamenti
dell’operatore.
Quantificazione
sia assoluta od anche solo relativa (confrontando i livelli in due o più campioni); ciò è importante per poter individuare le specie che subiscono una
variazione di livello in campioni correlati a stati fisio-patologici diversi; tali
specie molecolari rappresentano potenziali biomarcatori da seguire, una volta
confermati, sia per la diagnosi sia per il
follow-up della malattia e/o della terapia
attuata sia come potenziali bersagli di
terapie
Data Mining
La grande quantità di dati prodotti
dagli approcci omici richiede l’utilizzazione di sistemi computazionali che
permettano l’estrazione dei dati più importanti, ad esempio identificazione dei
biomarcatori, in modo oggettivo, senza
la necessità di intepretazione da parte
dell’operatore, ed in modo relativamente semplice; ad esempio, applicando la
“unsupervised clustering analysis” o la
Principal Component Analysis (PCA)
si può ottenere la classificazione dei
campioni in base alla composizione
dell’insieme molecolare considerato.
La finalità è di ottenere una buona sovrapposizione dei campione tra la loro “stratificazione molecolare” (2) e quella
ottenuta da parametri biologico-clinici,
e la individuazione degli elementi molecolari distintivi (denominati descrittori)
dei diversi campioni analizzati, correlati
alla variazione fisio-patologica studiata.
Correlazione con i network
relativi alle interazioni
ed ai pathway metabolici
Tutte le molecole individuate nei cam-
pioni, ed in particolare quelle che hanno evidenzito variazioni (descrittori e/o
differenziali) devono essere posizionate
nelle “reti interattomiche e/o metabolomiche” , al fine di evidenziare la loro
funzione e la relazione con le altre molecole dello stesso insieme. Il più diffuso
sistema di “networks analysis” si basa su
Cytoscape (3), una piattaforma sviluppata presso l’ISB (Institute for Systems
Biology) di Seattle. In questo contesto
le reti annotate principali si riferiscono
a dati genomici, ma in prima approssimazione queste possono essere usate
anche per i dati proteomici, trasformando il codice proteina nel relativo gene.
Un’altra piattaforma da cui si possono
trarre dati funzionali è KEGG (Kyoto
Encyclopedia of Genes and Genomes),
database sviluppato dall’Università di
Kyoto e che raccoglie informazioni sui
pathway metabolici derivanti dagli approcci omici (4). Questa attività permette di individuare i pathway e/o le
interazioni coinvolte nelle variazioni
degli stati fisio-patologici, caratterizzando quindi i meccanismi molecolari alla
base delle alterazioni biologiche.
Di seguito è riportata una panoramica
del livello di innovazione raggiunto per
le principali tecnologie omiche.
di circa tre decadi; in particolare, negli
ultimi anni i miglioramenti hanno riguardato le dimensioni delle sequenze
nucleotidiche identificabili e la velocità
di sequenziamento. Sono ampiamente note le capacità dei nuovi sistemi di
sequenziamento (Next Genereration
Sequencing, NGS) (5) che permettono
l’individuazione di mutazioni o perfino
il sequenziamento dell’intero genoma
di un individuo in poche settimane o
giorni (6).
Le diverse piattaforme NGS utilizzano
una procedura parallela e massiva con
diversi cicli di estensioni nucleotidiche
mediante una DNA-polimerasi o ligazione di oligo-nucleotidi, consentendo
il sequenziamento da milioni a miliardi
di basi nucleotidiche per ogni analisi (7),
e con costi per il futuro inferiori a 1000
dollari per genoma sequenziato (8).
La enorme quantità di dati prodotti con
le piattaforme NGS stanno richiedendo
una grande cura nella archiviazione, gestione ed elaborazione dei dati, compresi
nuovi algoritmi e personale specializzato
per il trattamento bioinformatico (9).
Le piattaforme NGS si stanno rivelando molto utili anche nello screening dei
microRNA (10), che sono delle corte
sequenze (8-20 basi) di RNA a singolo
filamento non codificanti con funzione
di regolazione sugli RNA messaggeri,
solitamente inibendone la traduzione.
Genomica/Trascrittomica
Per quanto riguarda l’analisi genomica
e trascrittomica, le tecnologie basate
sugli array e sul sequenziamento sono
migliorate notevolmente, sfruttando
un background scientifico e tecnologico
Proteomica
Le tecnologie proteomiche sono quelle che negli ultimi anni hanno subito
il più ampio stravolgimento dal punto
di vista della strategia di investigazione.
Infatti, si è passati dalla metodologia
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
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tecnologie omiche
aggiornamenti
“gel-based” con un grande intervento manuale da parte dell’operatore, a
quella “mass spectrometry (MS)-based”
caratterizzata dalla completa automazione dell’analisi. In particolare, dalla fine
degli anni ’90 l’approccio gel-based ha
utilizzato la separazione in elettroforesi
bidimensionale delle proteine intere:
mediante il confronto delle immagini
ottenute, dopo colorazione, da campioni diversi (ad esempio controllo e
patologico) si individuano gli “spot”
(macchie) che presentano una diversa
densità o abbondanza tra due condizioni; questi spot sono digeriti direttamente nel gel ed i peptidi risultanti analizzati
mediante spettrometria di massa (11). Il
primo miglioramento si è ottenuto nel
passaggio da spettrometri di massa che
individuavano i peptidi dal loro peso
molecolare (spettometri MALDI-TOF)
a strumenti che ne permettono anche
il sequenziamento (MS/MS analysis).
L’approccio gel-based, pur con il merito
di aver permesso lo sviluppo dell’analisi
proteomica, ha in sè alcune limitazioni
tra cui la necessità di operazioni manuali nell’esecuzione del gel, la variabilità
delle separazioni legata sia all’operatore
che all’ambiente di laboratorio, senza
considerare la relativa bassa produttività. Inoltre, intrinsiche limitazioni
dell’elettroforesi non permettono di
studiare proteine ad alto peso molecolare od ad alto punto isoelettrico (pI),
nè quelle con alta idrofobicità come per
esempio le proteine presenti nelle membrane cellulari (12).
In alternativa all’approccio gel-based
da qualche hanno è stato proposte
la metodologia MS-based MudPIT
(Multidimensional Protein Identification Technology) (13): in questo caso
la miscela complessa di proteine non
viene separate nelle sue diverse componenti, ma digerita enzimaticamente,
(solitamente utilizzando la tripsina) e la
miscela peptidica risultante analizzata
mediante cromatografia liquida accop-
6
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
piata alla spetrometria di massa tandem
(MS/MS). In particolare, vista l’enorme
complessità dei peptidi presenti, si utilizza per la separazione cromatografica
una doppia colonna (separazione cromatografica bidimensionale, LC/LC):
la prima a scambio ionico, che separa i
peptidi per la loro carica; la seconda a
Mappa proteica da MudPIT
Figura 1
500000.0
MW
400000.0
300000.0
200000.0
100000.0
0.0
3.00
5.00
7.00
9.00
11.00
13.00
PL
Tipica mappa proteica, pI vs e MW, delle proteine identificate dall’analisi proteomica MudPIT. Il
box rosso riporta i limiti sperimentali dell’analisi proteomica in gel elettroforesi.
aggiornamenti
fase inversa, che effettua la separazione
per idrofobicità; inoltre, la separazione in fase inversa permette di eluire i
peptidi in una fase contenente acqua e
solvente, senza sali, condizione questa
per l’analisi in spettrometri di massa. Le
operazioni manuali necessarie per l’analisi MudPIT sono limitate (digestione enzimatica ed iniezione nel sistema
cromatografico) e comunque facilmente
e normalmente automatizzabili, mentre
gli step successivi di eluizione dalle due
colonne e di analisi con lo spettrometro
di massa sono obbligatoriamente automatiche. Inoltre, poiché è prevista una
riduzione di tutte le proteine a peptidi, non ci sono problemi legati alle dimensioni, al pI o alla idrofobicità delle
proteine. I miglioramenti tecnologici,
sia degli spettrometri (in termini di velocità di acquisizione, di risoluzione
nella misura del rapporto massa/carica
e di sensibilità) sia dei sistemi cromatografici (in termini di riproducibilità
e di riduzione dei flussi fino a nanolitri
al minuto) hanno permesso di migliorare la sensibilità fino ad attomoli (per
una proteina da 20 kDa, corrisponde a
pochi femtogrammi) e di aumentare il
numero di proteine identificate da centinaia a diverse migliaia per ogni campione analizzato (Figura 1).
Una variante del sistema MudPIT è la
separazione in cromatografia monodimensionale (LC-MS/MS) che riduce i
tempi di analisi a poco più di un’ora,
ma riduce anche il numero di proteine
identificate; allungando i tempi di eluizione (fino a 8-10 ore di analisi) i peptidi triptici sono meglio separati, se ne
aumenta il numero di identificazioni,
ma i tempi di analisi sono dello stesso
ordine della metodologia MudPIT.
L’analisi proteomica MS-based ha il
vantaggio di permettere in modo relativamente semplice la quantificazione,
solitamente relativa, cioè determinare
la variazione di livelli di abbondanza tra
due campioni di ognuna delle centinaia/migliaia di proteine identificate (14,
15). In questo modo è possibile effettuare simultaneamente la caratterizzazione delle proteine presenti e determinare la loro variazione in relazione agli
stati fiso-patologici considerati.
Pur inferiore a quanto prodotto dall’analisi genomica, l’analisi proteomica
MudPIT fornisce una gran quantità di
dati; per questo è stato di fondamentale
importanza sviluppare ed applicare sistemi computazionali specifici, al fine di
estrarre in modo semplice ed automatico i “segnali molecolari” (biomarcatori)
correlati alla variazione degli stati fisopatologici o all’azione di principi attivi
o terapie. In particolare, sono disponibili software che aumentano la confidenza di identificazione delle proteine,
di confronto delle liste proteiche e di
correlazione con i pathway metabolici.
In questo modo è possibile rappresentare le lunghe liste di proteine identificate
in una unica immagine che evidenzia
sia quelle che hanno subito variazioni di
abbondanza sia le loro interazioni.
Sono disponibili altre metodologie proteomiche dedicate principalmente allo
screening rapido e per un maggior numero di campioni. Prendendo spunto
per esempio dagli array di RNA si sono
sviluppati array di anticorpi (16) che
permettono di monitorare simultanea-
mente centinaia di proteine specifiche.
Gli array richiedono di predeterminare
quali proteine seguire e ovviamente si
basano sulla disponibilità di anticorpi
specifici per permettere una adeguata
quantificazione delle stesse. Un altro
sistema è quello SELDI-TOF (Surface
enhanced laser desorption/ionization
time-of-flight mass spectrometry) (17)
che confronta i segnali sperimentali derivanti dall’analisi in spettrometria di
massa ed estrae le loro variazioni in relazione alle diverse condizioni considerate. Questo sistema, è semi-quantitativo
e non permette l’identificazione delle
specifiche proteine o peptidi correlati ai
segnali strumentali estratti, ed è quindi necessario ripetere gli esperimenti su
scala preparativa per poter effettuare l’identificazione. Inoltre, recentemente è
stato osservato che la riproducibilità statistica dei segnali sperimentali è inferiore a quella che si ottiene dalla lista delle
proteine identificate mediante l’analisi
MudPIT (18).
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
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Metabolomica
Un altro grande insieme di molecole è
rappresentato dai metaboliti (metaboloma), cioè l’insieme delle molecole a
basso peso molecolare (indicativamente
inferiore a 1000 Dalton, Da) e rappresentato da un’ampia varietà (ormoni,
lipidi, polifenoli, vitamine, ATP, ADP,
zuccheri semplici). A volte si fa una
distinzione puramente accademica tra
metabolomica, intesa come insieme dei
metaboliti in condizioni fisiologiche, e
metabonomica, che si occupata delle
variazioni dei livelli dei metaboliti in
relazione a situazioni patologiche (19).
aggiornamenti
Applicazioni cliniche
N° PUBBLICAZIONI
Figura 2
2500
2000
1500
1000
500
0
Genome
Proteome
Metabolome
Pubblicazioni riguardanti le applicazioni cliniche basate sullo studio del genoma,
proteoma o del metaboloma.
Le tecnologie utilizzate per l’analisi del
metaboloma si basano principalmente
sulla Risonanza Nucleare Magnetica
(NMR), sui sistemi di separazione quali
la gas-cromatografia (GC), la cromatografia liquida (LC) o l’elettroforesi capillare (CE), spesso accoppiate alla spettrometria di massa (MS). I sistemi NMR
sono stati tra i primi ad essere impiegati
per studiare l’insieme dei metaboliti, ma
hanno lo svantaggio sia della bassa sensibilità sia di essere poco quantitativi. Al
contrario, i sistemi MS-based richiedono tempi più lunghi di analisi e sistemi
computazionali più complessi per confrontare ed estrarre i dati, ma sono più
sensibili e quantitativi (20).
L’analisi metabolomica inizialmente si è
sviluppata per lo studio dei sistemi vegetali e successivamente per studi in ambito nutrizionale; solo recentemente la
metabolomica è stata proposta per studi
clinici. Infatti, il numero di lavori pub-
blicati riguardanti l’applicazione clinica
dello studio dei diversi sistemi omici
sono sostanzialmente diversi, come riportato nella Figura 2 (21), ed è correlato allo sviluppo tecnologico.
Da alcuni anni si teorizza la necessità
di confrontare i risultati ottenibili dallo studio dei diversi insiemi molecolari
(22) per ottenere una reciproca conferma dei dati. Finora però sono pochi gli
studi realizzati di integrazione dei dati
omici. Ciò è dovuto sia a problemi legati alla necessità di avere nello stesso
laboratorio un’ampia varietà di tecnologie che devono essere continuamente
aggiornate, quali ad esempio sequenziatori di nucleotidi, spettrometri di massa
ed NMR, sia alla complessità dei diversi
insiemi da integrare. Per quanto riguarda la complessità delle tecnologie omiche una soluzione è rappresentata dalla
costituzione di reti di laboratori in grado ciascuno di sviluppare un continuo
8
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
aggiornamento sia della strumentazione
che delle competenze tecnico-scientifiche del personale. In tale contesto, un
esempio di rete integrata di tecnologie
omiche applicate allo studio della salute è rappresentato dalla infrastruttura iGMPomics (integrated Genomics,
Proteomics and Metabolomics) (23)
presente all’interno del Dipartimento di
Scienze Chimiche e Tecnologie dei Materiali (DSCTM) del CNR. Si tratta di
una rete di laboratori con strumentazione innovativa e personale competente
per diversi studi omici, orientati all’applicazione in ambito bio-medico (Figura 3) ed alla stretta collaborazione con
ospedali, industrie e gruppi di ricerca.
Per quanto riguarda il problema della
integrazione tra i diversi dati omici prodotti, questo è dovuto alla mancanza
di modelli interpretativi; lo sviluppo di
tali modelli è molto complesso, ma ci
si sta arrivando grazie allo sviluppo di
piattaforme computazionali comuni basate sulla biologia dei sistemi, o Systems
Biology (24).
applicazioni
delle tecnologie omiche
Gli approcci omici sono ormai una realtà e sono in crescita gli studi che cercano
di correlare le osservazioni biologicomediche con la caratterizzazione dei diversi insiemi molecolari (Figura 4).
In particolare, oggi gli studi molecolari
sono utilizzati principalmente nelle attività di discovery di marcatori di stati
fisio-patologici in modo da ottenere metodi diagnostici per le malattie. Sono in
crescita anche le attività di tipizzazione/
aggiornamenti
stratificazione della popolazione all’interno delle patologie; ciò al fine di individuare, oltre alle componenti genetiche
(genotipi), anche i meccanismi molecolari (definiti “endotipi”) correlati alla
risposta contingente di diversificazione
e che si esprimono macroscopicamente
come fenotipi (25). Infine, gli approcci
molecolari si stanno rilevando utili nella
valutazione degli effetti dei farmaci, ed
in generale dei follow-up terapeutici.
In ambito genomico ci sono diversi
esempi delle ricadute positive degli studi effettuati, quali ad esempio la scoperta che la herceptin funziona nel 25
% delle pazienti affette da tumore della
mammella, perché in tali pazienti è positivo lo Human Epidermal growth factor Receptor 2 (HER2+) (26); in questo
modo è stato approvato il farmaco anche se non funziona almeno nel 75 %
dei malati, perché esiste un metodo predittivo per “stratificare” (o sottotipizzare) la popolazione affetta dalla malattia.
Un esempio riguardante l’ambito diagnostico è rappresentato dalla scoperta
mediante l’analisi genomica del oncotype DX (ODX), che ha un significato
sia prognostico che predittivo sul tipo di
terapia da adottare (27).
Come riportato in precedenza, le applicazioni cliniche dell’analisi proteomica
sono meno numerose rispetto a quelle
genomiche, ma stanno comunque crescendo. Ad esempio, recentemente la
caratterizzazione dei profili proteici del
grasso periombelicale ha dimostrato
essere utile ed applicabile sia per la diagnosi di amiloidosi che per la sua sottotipizzazione (28); ciò è particolarmente
importante, perché la definizione del
sottotipo è di grande utilità per il clinico nel definire la terapia più adeguata.
L’analisi proteomica sta anche permettendo di seguire a livello molecolare teRete infrastrutturale iGMP-omics
Figura 3
Legenda: a) Strumentazioni disponibili; b) progetti; c) personale; d) tipologia collaborazioni.
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
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aggiornamenti
Titolo breve
Figura 4
Genomica
Proteomica
Metabolomica
Tecnologie Omiche per Profili Molecolari
Geni/mRNA
Proteine
Metaboliti
Marcatori/target
DIAGNOSI & TERAPIA PERSONALIZZATA
rapie che solitamente vengono monitorate a livello istologico; ad esempio,
nel caso del trattamento post-infarto,
l’analisi proteomica ha confermato
l’effetto di diversi trattamenti farmacologici ed inoltre ha caratterizzato i
pathway attivati dalla terapia (29).
Per quanto riguarda l’analisi metabolomica, le sue applicazioni in ambito clinico sono ancora limitate, ma
sembrano comunque promettenti;
ad esempio, dal profilo metabolico di
campioni di urine è stata osservato che
il metabolismo degli aminoacidi ed
il ciclo degli acidi tricarbossilici sono
correlati con l’invecchiamento (30).
10
prospettive
Lo sviluppo delle tecnologie omiche
ha evidenziato la capacità di produrre
e gestire una enorme quantità di dati
molecolari. In particolare, gli approcci
“omici” si stanno orientando ad affrontare sempre di più tematiche mediche e
concorrono allo sviluppo di una medicina molecolare basata non tanto sulla
sostituzione delle metodologie biologico-cliniche (ad esempio, istologia ed
epidemiologia), ma piuttosto sulla loro
integrazione con i profili molecolari.
Singolarmente le diverse metodologie
omiche stanno sempre più evidenziando
la possibilità sia di individuare marcato-
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
ri di stati fiso-patologici sia di spiegare
i meccanismi molecolari alla base delle
variazioni biologiche, cioè dei motivi
per i quali i marcatori molecolari caratterizzati sono segnali affidabili di un
determinato stato biologico. Ciò rende
i risultati della “medicina molecolare”
indipendenti da fattori statistici (elevato numero di analisi), ma li lega ad una
relazione di causa-effetto (completezza e
specificità dell’analisi), stratificando gli
individui e le patologie in relazione ai
profili molecolari.
In tale contesto, la Biologia dei Sistemi
(Systems Biology) costituisce una metodologia di studio che ingloba sia gli
aspetti molecolari sia quelli biologici e clinici. La Systems Biology (o nel
caso della salute Systems Medicine) può
fungere da piattaforma comune e/o da
traduzione tra i tre principali approcci/
insiemi molecolari (genoma, proteoma
e metaboloma), utilizzando un linguaggio condiviso per relazionarsi alle azioni
svolte dai sistemi biologici, a livelli di
complessità e manifestazione crescente
(organelli, cellula, tessuto, organismo).
Come ben riportato da Hood e Flores
(31) la Systems Medicine è un approccio olistico ed integrato per approfondire lo studio dei meccanismi molecolari
alla base delle malattie, per monitorare
lo stato di salute e malattia a livello individuale, per stratificare sia le malattie
sia i gruppi di individui in funzione della loro predisposizione alle malattie e/o
alla risposta a specifiche terapie e per
fornire indicazioni su bersagli e procedure terapeutiche più selettivi. In particolare, gli studi omici stanno rendendo
possibile la descrizione e la spiegazione
aggiornamenti
delle variabilità individuali nelle reazioni ad agenti interni ed esterni; tali studi
rappresentano un primo passo importante verso la “Medicina Personalizzata”
che da qualche anno è stata teorizzata,
ma finora mai concretizzata.
In tale contesto, l’allergologia è sicuramente un campo medico molto importante nel quale testare la capacità dell’analisi molecolare nel fornire innovativi
e consistenti miglioramenti delle conoscenze, compresi i metodi diagnostici
e gli approcci terapeutici. Negli studi
allergologici si cominciano ad utilizzare
sia la diagnostica molecolare per individuare gli allergeni (32) sia metodi computazionali innovativi, quali i sistemi
esperti (33).
Sicuramente c’è ancora molto fare e da
scoprire in ambito allergologico utilizzando le potenzialità degli approcci
omici. E’ pero evidente che l’applicazione della analisi molecolare rappresenta, oltre che una sfida, un valore
aggiunto in diversi contesti, quali per
esempio la possibilità di migliorare la
caratterizzazione sia dei fattori “esterni”, principalmente attraverso lo studio
proteomico degli allergeni, comprese le
loro varianti ed interazioni, sia che dei
fattori “interni”, cioè della predisposizione genomica dell’individuo a specifici allergeni, e sia delle reazione specifiche dell’organismo (impiegando le
analisi in transcrittomica, proteomica e
metabolomica).
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12
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
aggiornamenti
Uso dei probiotici
ricombinanti
nelle allergie
Claudia Petrarca
Unità di Allergologia e Immunotossicologia
Ce.S.I. - Ageing Research Center
Fondazione Università “G. d’Annunzio”
Chieti
Use of recombinant probiotics in allergy
Not Allergol 2014; vol. 32: n.1: 13-22.
introduzione
L’immunoterapia specifica (ITS) è l’unica modalità di trattamento della patologia allergica mediate da IgE in grado di
sopprimere, non solo le sue espressioni
sintomatologiche, ma anche le cause
che la determinano. In particolare, la
ITS riequilibra l’assetto immunologico
dei soggetti allergici, i quali sviluppano
risposte immunitarie anomale mediate
da IgE verso gli allergeni, proteine esogene normalmente innocue che entrano
nell’organismo dall’ambiente esterno
con l’alimentazione, la respirazione
o l’assorbimento cutaneo. Alla base
dell’efficacia della ITS vi sono meccanismi immunologici molto complessi
e non ancora del tutto chiariti. Il ruolo
centrale in questo scenario sarebbe ricoperto dalle cellule presentanti l’antigene
(APC), tipicamente cellule dendritiche
e macrofagi, che sarebbero indotte dalla
ITS a maturare verso un fenotipo adatto
a guidare la maturazione funzionale di
riassunto
Parole chiave e sigle
• Probiotico • LAB Lactobacilli • Bet v 1; ITS immunoterapia specifica
• ST Streptococcus thermophilus • Treg cellule T regolatorie • IgE • eosinofili
I batteri probiotici stimolano l’espressione delle molecole co-stimolatorie sulla superficie delle
cellule dendritiche, la produzione di citochine TH1 e l’attività delle cellule T regolatorie. In modelli murini di allergia, i probiotici prevengono o sopprimono le risposte TH2 dannose e potenziano la ITS. I loro effetti immunomodulanti spiegherebbero la loro efficacia nella prevenzione
delle patologie allergiche nei bambini e ne suggeriscono un possibile impiego nella ITS delle
malattie allergiche. I vaccini antiallergici mucosali basati su probiotici esprimenti l’allergene
potrebbero risultare vantaggiosi per la non invasività e l’effettivo trasporto ai siti di azione.
Gli studi sull’uso di probiotici ricombinanti confermano le loro proprietà immunomodulanti
in vivo, ma non chiariscono la loro capacità di indurre tolleranza immunologica e ridurre i
sintomi. La possibilità di sequestro dell’allergene all’interno della cellula e, pertanto, non specificità della risposta evocata sono possibili limiti dei probiotici ricombinanti. Il nostro gruppo
ha generato un probiotico con attività autolitica, in grado di produrre rBet v 1, trasportarlo
e rilasciarlo nell’intestino. Topi BALB/c sono stati sensibilizzati verso rBet v 1 e trattati con il
probiotico ricombinante e sottoposti a challenge respiratorio. Il probiotico ricombinante ha
indotto aumento delle Treg, diminuzione del rapporto IgE/IgG2a, diminuzione della IL-4 indotta da rBet v 1, aumento di IL-10 e IFN-g, riduzione degli eosinofili nell’organo bersaglio. I dati
indicano che il probiotico ricombinante trasporta l’allergene al GALT e induce la tolleranza, la
deviazione immunologica e riduce l’infiammazione allergica.
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
13
aggiornamenti
summary
Key words and Acronyms
• Probiotic • LAB= Lactobacilli • Bet v 1 • SIT specific immune therapy • ST Streptococcus
thermophilus • Tregs T regulatory cells • IgE • eosinophils
Research efforts to improve the efficacy of SIT involve the discovery of new adjuvants. Some
strains of probiotic bacteria are able to induce up-regulation of co-stimulatory molecules in
DCs, promote Th1 cytokines production and increase in Treg activity.
In mouse models, they have been shown to prevent or suppress the harmful TH2 response and
to potentiate allergoid-SIT.
This could explain the observed effectiveness of the prolonged administration of probiotics
in the prevention of allergic disorders in infants and envisage the possible use of probiotics
expressing the allergen for the SIT of allergic diseases.
Mucosal allergy vaccines based on live bacterial cells expressing the therapeutic allergen may
advantageous for several reasons: (i) a non-invasive route of administration, (ii) the use of
characterized recombinant allergens instead of undefined extracts, (iii) an easier production,
and (iv) the effective transport to mucosal sites by microbial carriers with intrinsic adjuvant
properties.
Few studies reported the development of SIT strategies based on recombinant bacteria expressing the allergen, mostly describing only favorable immunomodulatory properties, but not the
development of immune tolerance or symptoms reduction. Limits of recombinant probiotics
might be allergen sequestration inside the bacterial cell and lack of specificity of the immune
response. Hence, we developed a novel SIT strategy based on a food-grade bacterium, with
autolytic activity, owning the ability to induce a TH1 skewing activity of the immune response, to produce the allergen intracellularly, and to release the allergen at intestinal level. The
airborne allergen Bet v 1 from white birch pollen was used as a model. Hence, we evaluated
Streptococcus thermophilus (ST) expressing rBet v 1 as allergen delivery tool and adjuvant
factor for immunotherapy. rBet v 1 gene was introduced and expressed in ST (ST[rBet v 1]).
BALB/c mice were sensitized with rBet v 1 and then treated with either ST alone, ST[rBet v 1], or
the combination of ST and rBet v 1, for 20 days. After two aerosol challenges, Treg frequency, in
vitro allergen-induced cytokines, rBet v 1-specific IgE and IgG2a and bronchial histology were
made in harvested spleen, sera and lung. ST[rBet v 1] induced immunological and histological
changes typical of successful SIT: increased frequency of Tregs and expression of Foxp3; decreased allergen-specific IgE/IgG2a; decrease of in vitro rBet v 1-induced IL-4 from spleen cells;
increased allergen-induced IL-10 and IFN-g; drop of bronchial eosinophilia. ST and ST+rBet
v 1 combination were ineffective in reducing bronchial eosinophilia, allergen induced IL-4
and rBet v 1-specific IgE/IgG2a ratio. ST[rBet v 1] has tolerogenic and TH1 skewing properties
and efficiently delivers the allergen to the GALT, restraining and readdressing the established
specific TH2 response.
14
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
linfociti naïve (TH0) in linfociti T helper di tipo 1 (TH1) oppure in cellule T
regolatorie (Treg). Le APC promuovono
questi due effetti attraverso il rilascio di
pattern di citochine alternativi, IL-2 e
IL-12 nel primo caso e IL-10 nel secondo. A loro volta, le cellule TH1, attraverso la loro citochina IFN-g, favoriscono la produzione di IgG4, che vanno a
competere con le IgE per il legame con
l’allergene. Le citochine prodotte dalle
Treg (IL-10 e TGF-b) hanno un’azione
inibitoria che induce anergia o apoptosi
nelle cellule TH2, con conseguente blocco della produzione della loro citochina
caratteristica, IL-4, il fattore specifico
che stimola i linfociti B alla produzione
di IgE. Di conseguenza, i basofili e gli
eosinofili non possono essere attivati a
rilasciare mediatori dell’infiammazione
allergica che, com’è noto, alimentano ed
amplificano la sintomatologia; inoltre
viene inibita la presentazione dell’antigene facilitata delle IgE da parte delle
APC e la stimolazione di cloni TH2 specifici. Tutte queste modifiche immunologiche contrastano la risposta allergica
e ripristinano risposte immunitarie non
patologiche verso sostanze esogene innocue. L’effetto finale che si produce è
la desensibilizzazione e la attenuazione o
scomparsa dei sintomi allergici. Però la
ITS, comportando la somministrazione
di un allergene in forma nativa a scopo
terapeutico, presenta un certo grado di
rischio di anafilassi, specialmente quando è necessario raggiungere alte dosi per
ottenere l’efficacia clinica.
Pertanto, l’impegno della ricerca scientifica per migliorare la sicurezza e l’efficacia della ITS nelle patologie allergiche
aggiornamenti
punta allo sviluppo di antigeni ipoallergenici (1,2), o a molecole adiuvanti
(3), cioè sostanze in grado di stimolare
il differenziamento e la proliferazione di
linfociti Treg e TH1, e sostanze veicolanti che ne favoriscano una presentazione
ottimale al sistema immunitario. Un
esempio di trasferimento nella clinica di
queste indagini è certamente rappresentato dagli allergoidi, molecole ottenute
mediante modifica chimica delle proteine allergeniche in modo da ridurne
l’affinità di legame per le IgE specifiche
che, quando somministrate per via sublinguale, presentano rischio scarso o
nullo di effetti indesiderati (4).
i batteri probiotici
e i lattobacilli
Da alcuni anni, diversi gruppi di ricerca,
tra i quali il nostro, ha come oggetto di
studio i batteri probiotici. I probiotici
sono generalmente batteri commensali
e/o simbionti gram-positivi, resistenti
all’ambiente gastrico e capaci di colonizzare in modo transiente l’intestino tenue
e di creare con esso un sistema complesso, il microbiota, che contribuisce allo
sviluppo dell’intestino e alla sua normale funzione fisiologica e rappresenta un
possibile target per il trattamento delle
malattie allergiche perché, essendo in
grado di sviluppare risposte immunitarie regolatorie attraverso dell’induzione
di IL-10 (5) può fornire stimoli adeguati
per l’acquisizione della tolleranza verso
gli antigeni. I batteri probiotici, potrebbero essere adatti a questo scopo. È stato
dimostrato che certi ceppi di probiotici regolano l’omeostasi immunologica
della mucosa intestinale (6) e hanno un
ruolo nello sviluppo delle malattie allergiche (7). Inoltre, studi epidemiologici
hanno rivelato che la composizione della microflora intestinale e la prevalenza
di atopia sono correlate (8). I lattobacilli
(LAB) sono i principali batteri probiotici impiegati per la produzione di prodotti caseari e per le preparazioni commerciali di probiotici per l’uso umano;
ciò è possibile perché essi non sono
patogeni, non danneggiano le mucose,
non possiedono geni per la antibioticoresistenza e non sono degradati dagli
acidi biliari (4). Perciò, l’uso dei LAB
come elementi adiuvanti nell’immunoterapia allergene specifica rappresenta
un approccio innovativo nella terapia
desensibilizzante. Infatti, alcuni ceppi
sono in grado di sopprimere la risposta
TH2 dannosa che caratterizza l’allergia
(9). Il meccanismo alla base della soppressione della risposta TH2 indotta dai
LAB non è stato ancora completamente
chiarito. Diversi studi in vitro e in vivo
dimostrano che certi specifici ceppi di
lattobacilli, ma non tutti, possiedono
Petrarca C, Clemente E,
Toto V, Iezzi M, Rossi C,
Zanotta S, Mistrello G,
Zanoni I, Granucci F, Arioli S,
Mora D, Guglielmetti S,
Paganelli R, Di Gioacchino M
rBet v 1 immunotherapy of sensitized
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as vehicle and adjuvant.
Human Vaccines & Immunotherapeutics.
2014;10(5): in stampa.
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
proprietà adiuvanti del sistema immunitario, come ad esempio la capacità di
attivare le DC e indurre la produzione
di citochine TH1, inibire la produzione
di citochine TH2 e ridurre la produzione di IgE (10) (Tabella 1).
In modelli murini di allergia è stato dimostrato che vari ceppi sono in grado
di indurre cellule Treg (11) e le loro
citochine inibitorie IL-10 and TGF-b
(12) e anche protezione dalla risposta
infiammatoria allergica delle vie aeree
(13). All’origine di queste modifiche
immunologiche vi sarebbero complesse
interazioni tra i probiotici e le cellule
dell’ospite, cioè le cellule epiteliali intestinali (IEC) e le cellule dendritiche
(DC). L’avvicinamento tra i probiotici
e le DC residenti nella lamina propria
potrebbe avvenire nel lumen intestinale, grazie alla protrusione dei prolungamenti dendritici attraverso lo strato
di IEC, oppure nella “dome region”
del tessuto linfoide associato all’intestino (GALT), dove i probiotici sarebbero trasferiti attraverso cellule epiteliali
specializzate (cellule M). Il contatto
avverrebbe mediante molecole esposte
sulle superfici cellulari, come i Pattern
Molecolari Associati ai Microorganismi
(MAMP) e i Toll-like receptors (TLR) e
DC-SIGN delle DC; il legame tra ligando e recettore induce le DC a maturare
e a produrre due possibili tipi alternativi di citochine, IL-12 oppure IL-10 e
TGF-β, fondamentali per la polarizzazione delle cellule naïve T CD4+ (TH0)
rispettivamente verso cellule TH1 o Treg
(14) (Figura 1).
Questi dati giustificano lo studio in
vitro e in vivo di nuovi ceppi di latto-
15
aggiornamenti
Tabella 1
Effetti di diversi ceppi probiotici nei meccanismi
delle patologie allergiche in modelli sperimentali
Ceppo probiotico
Effetto studiato
Risultato
Bfdbm lactis/bifidum;
Lctbs acidophilus;
Bfdbm bifidum/infantis;
Lctbs lactis; Bfdbm longum;
Lactobacillus plantarum;
Bfdbm bifidum
(più potente polarizzatore DC)
Bilancio Th1/Th
▼
Lctbs rhamnosus GG (LGG)
Lctbs casei
Bfdbm bifidum
Bilancio Th1/Th2
▲
Lctbs reuteri/casei
Attivazione MD-DC
▲
Produzione IgE
▼
Bfdbm
Attivazione DC in neonati
▲
Lctbs rhamnosus
Modulazione della funzione delle DC
▲
Bfdbm bifidum/infantis; Lctbs salivarius
Attivazione TLR-2
▲
Lctbs reuteri
Attivazione TLR-9
▲
Bfdbm bifidum; Lctbs acidophilus
Produzione TGF-β
▲
Lactobacillus plantarum
Inibizione risposte
specifiche delle cellule T
▲
Bfdbm lactis/bifidum;
Lctbs acidophilus;
Bfdbm longum;
Bfdbm lactis Bb-12;
LGG; Bfdbm bifidum;
Lctbs acidophilus
▲ : aumento dei sintomi o effetti negativi;
▼: diminuzione dei sintomi o effetti positivi; Bfdbm: Bifidobacterium; Lctbs: Lactobacillus;
LGG: Lctbs rhamnosus GG; Th1: T helper type 1; IL: interleuchina; TGF: transforming growth
factor; IFN: interferone.
Tratto da: Ozdemir O- Various effects of different probiotic strains in allergic disorders: an
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16
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
bacilli che possano migliorare l’efficacia
terapeutica dei vaccini antiallergici per
la ITS.
I lattobacilli possiedono proprietà
immunomodulanti che coinvolgono
cellule T effettrici e regolatorie anche
nell’uomo; nonostante ciò, l’applicazione clinica dei lattobacilli nelle malattie
allergiche è ancora controversa. Infatti,
alcuni trials clinici hanno dimostrato
che la somministrazione di lattobacilli
previene l’insorgenza di malattie allergiche nella prima infanzia (15-17), ma
altri studi non hanno riscontrato alcun
effetto o solo effetti a breve termine
(17,18). Alcuni studi clinici in adulti affetti da dermatite atopica o rinite allergica, i lattobacilli hanno prodotto una
modulazione della risposta immunitaria
(19,20) e, in uno di questi, anche riduzione dei sintomi nasali (20); invece,
essi si sono rivelati inefficaci nell’asma
allergica (21). Anche in pazienti con rinite allergica trattati con lattobacilli non
è stato osservato alcun miglioramento
dei sintomi, sebbene si fosse manifestato
un chiaro spostamento TH2-TH1 e l’induzione di Treg (22).
E’ possibile che l’assenza di remissione
clinica sia dovuta al fatto che i probiotici evocano risposte immunologiche
che sono indipendenti dall’allergene
e, quindi, non specifiche per esso. Ciò
potrebbe limitare l’efficacia clinica durevole del trattamento, per l’ottenimento
del quale è fondamentale la tolleranza
immunologica che viene instaurata da
cellule Treg specifiche per l’antigene
(23). E’ stato quindi ipotizzato che l’effetto immunomodulante dei probiotici
potesse essere reso specifico e più po-
aggiornamenti
tente mediante somministrazione congiunta con l’allergene. E’ possibile però
che una semplice associazione vaccinoprobiotico possa non risultare efficace
a seguito della degradazione enzimatica
cui è esposto l’allergene somministrato
oralmente, che finora ha reso inefficace
qualsiasi approccio di ITS con questa
modalità. In questo caso, l’associazione
del probiotico con un allergoide, piuttosto che con allergene, potrebbe risultare
più adatta. A sostegno di questo concetto, in un nostro studio precedente,
abbiamo dimostrato che l’efficacia della ITS basata su allergoide Amb a 1 di
Ambrosia è potenziato dalla co-somministrazione del lattobacillo Lactobacillus
paracasei Lp6 (24).
Un’altra opportunità per lo sviluppo di
un vaccino antiallergico più sicuro ed
efficace, da poter somministrare per via
orale, è data dai probiotici ricombinanti
producenti l’allergene.
Figura 1
Interazioni dei batteri probiotici con il GALT
Tratta da Latvala S, Miettinen M, Kekkonen RA, et al.- Lactobacillus rhamnosus GG and Streptococcus thermophilus induce suppressor of cytokine signalling 3 (SOCS3) gene expression
directly and indirectly via interleukin-10 in human primary macrophages. Clin Exp Immunol.
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i probiotici
ricombinanti
I probiotici sono microorganismi che
possono essere modificati (trasformati)
per produrre al loro interno o in forma
secreta proteine esogene, per ottenere
probiotici ricombinanti. I probiotici
ricombinanti esprimenti allergeni potrebbero rappresentare vaccini innovativi con caratteristiche di efficacia potenziate o potenziabili per l’applicazione in
protocolli di ITS.
Grazie alla tecnologia del DNA ricombinante e dell’ingegneria genetica, oggi
è possibile produrre grandi quantità di
proteine pure e in forma nativa o muta-
ta, inclusi gli allergeni utilizzando come
“incubatori” naturali per la produzione microorganismi quali batteri, anche quelli probiotici. Mediante questa
tecnologia una qualunque sequenza di
DNA può essere inserita, per esempio,
all’interno di un vettore di espressione
batterico che viene a sua volta introdotto nel batterio che lo trascrive e traduce
in catena polipeptidica all’interno della sua cellula o la secerne nel mezzo di
coltura. Inoltre, mediante la mutagenesi
sito-specifica, è possibile modificare in
modo mirato tratti della sequenza del
gene per ottenere proteine con attività
modificate. Nel caso degli allergeni, è
possibile ottenere molecole ipoallergeniche che mantengano la loro immunogenicità.
Un probiotico ricombinante esprimente
un allergene potrebbe essere utilmente
impiegato come vaccino antiallergico,
con aspetti innovativi rispetto alle terapie convenzionali e all’uso del solo probiotico o della associazione probiotico e
allergene perché: (i) potrebbe essere agevolmente somministrato in modo non
invasivo, per via orale, (ii) la cellula probiotica proteggerebbe l’allergene dalla
degradazione proteolitica e lo rilascereb-
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
17
aggiornamenti
Tabella 2
Panoramica degli studi sui probiotici ricombinanti nell’allergia sperimentale
Protocollo Probiotico Allergene Sito di
Modello di
Effetti immunologici
ricombinante vaccinazione sensibilizzazione (e sintomatologici)
allergica
Riferimenti
bibliografici
↓ IgE specifiche ↑ IgG2a specifiche
↑ IFN-γ
Effetti correlano con livelli di BLG espressa da L. lactis
(Ref. 25)
Lactobacillus Bet v 1
Intranasale
Topi BALB/c
plantarum; Lactococcus lactis
↓ IgE specifiche
↑ IgG2a specifiche
↓ IgG1/IgG2a
↓ Eo in BALF e
↓ IL-5 in BALF
↑ sIgA specifiche in polmone e intestino
(Ref. 26)
PROFILASSI IN TOPI ADULTI
Lactococcus BLG
Intragastrica Topi BALB/c
lactis
Lactococcus OVA
Intragastrica Topi BALB/c
↓ risposta locale e sistemica;
lactis (TCR specifico
↑ linfociti T CD4(+)CD25(-);
per OVA)
↑ IL-10 ↓ IFN-γ in splenociti riattivati in vitro;
↑ Foxp3 e CTLA-4 in Treg
(Ref. 27)
↑ IgG2a specifiche
↓ Eo in BALF e
↓ IL-5 in BALF
(Ref. 28)
Lactobacillus Bet v 1
Colonizzazione Topi BALB/c
plantarum delle madri
(madri
NCIMB8826 in gestazione)
Nei neonati
Pre sensibilizzazione: profilo Th1 (IFN-g da splenociti
stimolati in vitro con Ag).
Post sensibilizzazione:
↓ IL-4 e IL-5 in cellule SP and MLN riattivate in vitro con Bet v 1;
↓ IgE, IgG1, IgG2a specifiche nel siero;
↑ Foxp3 mRNA in splenociti
(Ref. 29)
Lactobacillus Bet v 1
Orale
Topi BALB/c
paracasei (madri in gestazione
NCC 2461
o lattazione)
Nei neonati:
↓ Eo nei polmoni;
↓ IL-5 nel BAL, polmoni e linfonodi mediastinici in vitro;= IgE, IgG;
↓ IL-4 e IL-5 in splenociti riattivati in vitro con Bet v 1 o ConA;
↑ Foxp3 mRNA polmone;
↑ TGF-β nel siero;
↓ infiammazione peribronchiale e muco
(Ref. 30)
↓ IFN-γ (non specifica)
↓ IL-5 (specifica)
(Ref. 31)
TERAPIA IN TOPI ADULTI
PROFILASSI PRENATALE E NEONATALE
Lactobacillus Der p 1
Intranasale
Topi BALB/c
plantarum;
Lactobacillus Der p 1
Mucosale
Topi C57BL/6 J
plantarum(peptide)
Lactobacillus Der p 5
Orale
Topi
↓ IgE specifiche
acidophilusBALB/c
↑ IgG specifiche ??
↓ Eo in BALF e
↓ Risposta ipereattiva delle vie respiratorie (AHR)
Lactococcus Beta-
Intranasale
Topi BALB/c
lactis
lattoglobulina bovina (BLG)
18
↓ IgG1 in BAL;
↓ IL-4 ↑ IFN-γ in splenociti riattivati in vitro;
↓ risposta locale a challenge nasale
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
(Ref. 32)
(Ref. 33)
aggiornamenti
legenda Tabella 2
BAL lavaggio broncoalveolare
Der p 5 Dermatophagoides
pteronyssinus group-5 allergen
BLG beta-lactoglobulina bovina
OVA ovalbumina
Bet v 1 allergene maggiore
del polline di Betulla
ConA Concanavalina A
TCR T-cell receptor
Cry j 1 allergene maggiore del polline
di cedro giapponese
Der p 1 epitopo T immunodominante
del D. pteronyssinus
be in situ, (iii) e quindi consentirebbe di
veicolare l’allergene nei distretti immunologici dove si sviluppa la tolleranza
immunologica, i linfonodi mesenterici
e le placche del Peyer dove (iii) insieme
al probiotico potrebbe esercitare la sua
azione immunomodulante in modo favorevole e specifico (Figura 1).
Un aspetto molto interessante di questo
tipo di approccio è la possibilità di ottenere, grazie all’accumulo dell’allergene
all’interno della cellula del probiotico,
alte concentrazioni locali di allergene
che potrebbero rendere il vaccino efficace a dosi cumulative di allergene più
basse, con riduzione del rischio di effetti
secondari di tipo anafilattico.
Fino ad oggi solo un numero limitato di
studi riportano lo sviluppo di strategie
di SIT basate sull’uso di batteri ricombinanti esprimenti l’allergene (25-33), e
nessuno di questi è stato ancora traslato
all’uomo.
Gli studi pre-clinici in modelli murini di
allergia dimostrano i probiotici ricom-
binanti presi in esame sono in grado di
contrastare il processo di sensibilizzazione allergica con le opportune modifiche
immunologiche, sia in topi neonati che
adulti, quando il trattamento è somministrato come profilassi. Però, negli studi
riguardanti i topi maturi non sono forniti
dati circa l’induzione di Treg e la risposta
infiammatoria locale dopo challenge respiratorio. Invece, i due studi sui neonati
rilevano anche l’aumento di Foxp3, il fattore di trascrizione che identifica specificamente cellule Treg e, nella prole di madri
trattate durante la gestazione e la lattazione, anche riduzione della reattività bronchiale. In questi due casi però, fenomeno
di tolleranza coinvolga, l’educazione del
sistema immunitario nel corso della sua
maturazione, con effetti sull’immunità innata e sulle cellule Treg naturali (che non
Figura 2
Il lattobacillo
probiotico
Streptococcus thermophilus
sono antigene specifiche, ma che potrebbero avere un effetto aspecifico anche su
risposte verso uno specifico allergene), un
processo molto diverso da quello che deve
instaurarsi in soggetti adulti già sensibilizzati che richiede l’intervento dell’immunità adattativa e delle cellule T regolatorie
inducibili e specifiche per l’allergene. Infine, in topi adulti già sensibilizzati l’uso
dei probiotici ricombinanti somministrato secondo una modalità terapeutica è associato, in due studi su tre, alla riduzione
dei sintomi dell’infiammazione allergica,
ma non è chiarito il coinvolgimento delle
cellule T regolatorie nell’effetto osservato
(Tabella 2).
Gli studi preclinici appena descritti confermano l’effetto adiuvante dei probiotici ricombinanti nella prevenzione e nella
terapia delle allergie, ma non chiariscono se essi siano degli strumenti vaccinali
validi in grado di stimolare la tolleranza
immunologia mediata da Treg duratura
verso l’allergene.
Per questo motivo, recentemente, anche
il nostro gruppo ha svolto uno studio
in vivo utilizzando un ceppo probiotico
dalle caratteristiche peculiari, non trascurando di valutare la risposta Treg e la
risposta a livello polmonare.
il nostro studio
con un lattobacillo
ricombinante
M/E (fattore di ingrandimento: 1000x).
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
Per questo motivo, recentemente, anche
il nostro gruppo ha svolto uno studio
in vivo utilizzando un ceppo probiotico
dalle caratteristiche peculiari, non trascurando di valutare la risposta Treg e la
risposta a livello polmonare. In partico-
19
aggiornamenti
Effetti desensibilizzanti del probiotico ricombinante rBet v 1
Tabella 3
Siero
Gruppo
Trattamento
Naïve
nessunonessuno
Splenociti in vitro
(risposta specifica verso rBet v 1)
Milza
Polmoni
IgE Anti-rBet v 1 IgG2a Anti-rBet v 1 IgE/IgG2a
IL-4
IL-10
IFN-γ TregEo
+
-
+
+
+
++
++
-
Sensibilizzati 3x i.p.
nessuno
++++
-
++++
++++
+
++
++
+++
Probiotico
3x i.p.
15x i.g.
++++
+
++++
+++++
++
++
++
++
Probiotico 3x i.p.
ricombinante
esprimente
rBet v 1
15x i.g.
++
++
++
++
+++++
++++
+++
+
15 x i.g.
++++
+
+++
++++
++
++++
++
++
Probiotico +
rBet v 1
3x i.p.
lare nello studio è stato utilizzato come
sistema di trasporto e rilascio dell’allergene ricombinante Bet v 1, un ceppo del
batterio Streptococcus thermophilus (ST)
(Figura 2), un lattobacillo omofermentativo che rappresenta il più importante
starter (innesco) termofilico dei prodotti
caseari usato nella produzione di yogurt
e formaggi ed è quindi abitualmente introdotto nel nostro organismo con l’ingestione di tali alimenti.
La scelta del ceppo ST è stata dettata da
una serie di considerazioni:
a) abbondante presenza di peptidoglicani nella parete cellulare e, in aggiunta
come un batterio gram-positivo, possiede un rivestimento di acidi (lipo)teicoici, noti per esprimere attività immunomodulatrici.
b) carattere autolitico in virtu’ del fatto
che contiene un batteriofago lisogeno
che esprime un enzima in grado di degradare la parete batterica; questo fa sì
che una volta che il lattobacillo ST arriva nell’intestino tenue si verifica la sua
completa lisi, con conseguente liberazione delle molecole in esso contenute.
c) è un sistema procariotico di espressione adatto ad integrare stabilmente ed
esprimere geni estranei.
Si può quindi ipotizzare che l’impiego
in campo allergologico di un lattobacillo ST ricombinante funzioni come un
sistema di trasporto e “dosatore” dell’
allergene a livello del tessuto linfoide associato all’intestino tenue (GALT), dove
potrebbe esprimere il suo potenziale effetto immunomodulatore e inibire la
risposta allergica. Il fatto di usare nella
“costruzione” del probiotico ricombinante un ceppo di lattobacillo che non
sia in grado di riprodursi in virtù del
suo carattere autolitico e quindi di colonizzare l’intestino con il conseguente
rischio di trasferimento di antibioticoresistenza, renderebbe lo stesso partico-
20
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
larmente sicuro e adatto ad un impiego
terapeutico nell’uomo.
Nello studio si è provveduto inizialmente
a generare un ceppo di Streptococcus termophilus in grado di esprimere stabilmente il
Bet v 1, l’allergene maggiore del polline di
Betula verrucosa e successivamente a verificarne il suo eventuale effetto adiuvante
e/o terapeutico in topi Balb/c resi IgEresponsive verso lo stesso Bet v 1, somministrandolo per via orale secondo un
protocollo di immunoterapia.
Il livello di immunomodulazione e l’efficacia terapeutica del probiotico ricombinante ST[rBet v 1] è stato verificato e
confrontato con gli effetti del solo ST e
della associazione di ST+rBet v 1, misurando vari parametri immunologici ed
istopatologici (citochine nel siero e prodotte da cellule del sistema immunitario
in vitro, cellule Treg, cellule e citochine
dell’infiammazione allergica nel tessuto
polmonare).
aggiornamenti
I risultati dello studio, come riassunto nella Tabella 3, hanno dimostrato che il trattamento con il probiotico ricombinante
ST[rBet v 1] produce effetti specifici, locali e sistemici quali: (i) riduzione di IgE
anti-Bet v 1 nel siero e aumento del rapporto IgE/IgG2a, (ii) riduzione di IL-4
e aumento di IFN-g e IL-10 da parte di
splenociti ristimolati in vitro con l’allergene, (iii) riduzione della infiammazione
eosinofila dei polmoni dipendente dall’allergene che, nel topo, caratterizza la risposta infiammatoria dell’asma allergica. In
confronto al solo probiotico ST e al trattamento associato probiotico e allergene
ST+rBet v 1, il ricombinante ha prodotto
la risposta IL-10 specifica per l’allergene
più elevata. e non trattati.
conclusioni
Lo studio dimostra che il lattobacillo
probiotico Streptococcus thermophilus
esprimente l’allergene rBet v 1 somministrato per via orale induce una
significativa riduzione della reazione
infiammatoria allergica TH2 in topi sensibilizzati, con uno spostamento verso
risposte immunitarie specifiche TH1 e
Treg. Questi risultati suggeriscono che
il probiotico ricombinante autolitico
protegga l’allergene dagli enzimi proteolitici del tratto gastro-intestinale e che
lo rilasci, immunologicamente attivo,
direttamente nell’intestino, dove stimola le cellule immunitarie residenti,
determinando la deviazione TH2-TH1
osservata dei pattern di citochine e il
differenziamento e proliferazione di
cellule Treg specifiche. Quindi, il probiotico ricombinante agisce da veicolo,
dispensatore e adiuvante per l’allergene.
Quest’ultimo, a sua volta, fornisce specificità alle cellule effettrici e regolatorie
evocate per il raggiungimento dell’effetto terapeutico. I risultati del presente
studio seppur preliminari rafforzano il
concetto che i probiotici ricombinanti
possano costituire dei validi candidati
per il trattamento di patologie allergiche
umane, favorendo probabilmente una
migliore aderenza alla terapia sia per la
semplicità di somministrazione che per
la prevedibile riduzione dei costi di produzione.
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aggiornamenti
Linfociti Th17
e asma bronchiale
cosiddetta neutrofila
Francesco Liotta
Dipartimento di Medicina Interna
S.O.D. Immunologia e Terapie Cellulari
Università degli Studi di Firenze
Th 17 cells and neutrophilic bronchial asthma
Not Allergol 2014; vol. 32: n.1: 23-30.
introduzione
I linfociti T helper vengono distinti in
sottopopolazioni dotate di diverse proprietà funzionali, sulla base del pannello di citochine prodotte: i linfociti
T helper di tipo 1 (Th1), caratterizzati
dalla produzione di IFN-gamma, sono
implicati nell’immunità cellulomediata
nei confronti dei patogeni intracellulari
oltre che di vari patogeni extracellulari;
i linfociti Th2, grazie alla produzione
di IL-4, IL-5, IL-9, IL-13, sono coinvolti nella risposta contro gli elminti,
i linfociti Th17 infine, caratterizzati
dalla produzione di IL-17, coordinano
la risposta contro funghi e batteri extracellulari. Queste sottopopolazioni linfocitarie tuttavia sono coinvolte anche
nella patogenesi di diversi tipi di patologie infiammatorie. L’asma bronchiale
è una malattia infiammatoria cronica
delle basse vie aeree che si presenta con
fenotipi clinici diversi. In generale si distingue l’asma di tipo allergico, in cui
la risposta Th2 giuoca un ruolo fondamentale, dall’asma non allergica, in cui
l’entità e l’eterogeneità della flogosi sono
solitamente maggiori. In tale contesto
sono spesso coinvolti oltre ai linfociti
riassunto
Parole chiave e sigle
• Linfociti Th17 • Th1 • Th2 • granulociti neutrofili • granulociti eosinofili
• asma grave • asma steroido-resistente
L’asma bronchiale è una malattia delle vie aeree caratterizzata da infiammazione cronica,
iperreattività bronchiale e attacchi dispnoici parossistici ricorrenti con respiro sibilante. Si tratta di un problema rilevante di salute pubblica che interessa oltre 300 milioni di persone in tutto
il mondo, la cui prevalenza è in aumento particolarmente nei paesi occidentali.
Si distinguono due forme principali di asma: quella allergica e quella non allergica. Nella prima
Il ruolo dei linfociti Th2 nel coordinare la risposta immunitaria e flogistica contro allergeni
ambientali innocui, è ormai ben circostanziato. Nella seconda, l’asma non allergica, l’entità
e l’eterogeneità della flogosi sono solitamente maggiori: è ormai accettato che in tale forma
sono coinvolti, oltre ai linfociti Th2 e ai granulociti eosinofili, anche i linfociti Th17 ed i granulociti neutrofili. Tuttavia di recente è stato dimostrato che probabilmente anche l’asma allergica
ha una biologia più complessa di quanto precedentemente ritenuto, infatti in soggetti affetti
da tale tipo di asma, sono stati individuati linfociti Th allergene-specifici in grado di produrre
contemporaneamente sia citochine Th17 che Th2, definiti TH17/Th2. Tali dati mettono in luce
come il tipo di flogosi presente nelle diverse forme di asma è da considerarsi un continuum
in cui sia i linfociti Th2 che Th17 al pari dei granulociti eosinofili e neutrofili sono coinvolti,
sebbene probabilmente con peso diverso nelle diverse tipologie di asma e verosimilmente in
diverse fasi della malattia in uno stesso soggetto. E’ da tenere presente in fine che sia nell’asma
grave, solitamente non allergica, che in quella controllata, solitamente allergica, coesistono
nell’escreato granulociti eosinofili e neutrofili con differenze piccole, sebbene statisticamente
significative su ampie coorti di soggetti, solo riguardo alle conte di granulociti neutrofili. Da
tali osservazioni e da vari studi clinici emerge che l’entità della flogosi nel suo complesso di
cellule e molecole, più che la sola tipologia dell’infiltrato granulocitario, sia alla base della
gravità dell’asma e della resistenza alla terapia steroidea.
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
23
aggiornamenti
summary
Key words and Acronyms
• Th17 • Th1 • Th2 Lymphocytes • neutrophil granulocytes • eosinophil granulocytes
• severe asthma • glucocorticoid-resistant asthma
Asthma is an inflammatory disorder of the airways characterized by chronic inflammation,
airway hyper-reactivity and recurrent attacks of breathlessness and wheezing. Asthma is a
major public health problem, affecting 300 million people worldwide, whose prevalence is
continuously increasing , particularly in western countries.
Two major types of bronchial asthma have been defined: the allergic and the not allergic one.
In the former Th2 cells have a pivotal role, coordinating immune response and flogosis against
innocuous environmental allergens. In not allergic asthma the flogosis seems to be more
complex and more intense. It is generally accepted that in this type of asthma not only Th2
cells and eosinophil granulocytes, but also Th17 cells and neutrophils are involved. Anyway the
picture seems to be more complex than previously thought also in allergic asthma, in fact in
the peripheral blood of allergic asthmatic subjects it has been found a new Th allergen-specific
cell population, able to produce both Th2 and Th17 cytokines, therefore named Th17/Th2. On
the basis of these data it is possible to assess that inflammation in bronchial asthma is a
continuum in which both Th2 and Th17 cells, as well as eosinophils and neutrophils granulocytes coexist, even if their contribution to flogosis is probably different in different types of
asthma and in different phases of the disease in the same subject. In conclusion the severity
of asthma and the resistance to glucocorticoids, depend essentially on the intensity and on
the complexity of the flogosis, including both cells and molecules involved, not only the type
of granulocytes present at level of sputum.
Th2 e ai granulociti eosinofili, anche i
linfociti Th17 ed i granulociti neutrofili.
Recentemente inoltre sono stati descritti nell’asma bronchiale di tipo allergico
linfociti Th caratterizzati dalla produzione contemporanea di IL-4 e IL-17
(definiti Th17/Th2). Tale osservazione
rinforza il concetto che il tipo di flogosi
presente nelle diverse forme di asma è
da considerarsi un continuum in cui sia
i linfociti Th2 che Th17 sono coinvolti,
sebbene con peso diverso nelle diverse
tipologie di asma e probabilmente in
diverse fasi della malattia in uno stesso
soggetto. In questo contesto la gravità
della malattia asmatica e la sua resistenza
alla terapia steroidea dipendono sia dalla tipologia delle cellule coinvolte nella
risposta infiammatoria che, soprattutto,
dall’entità della flogosi stessa.
24
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
il paradigma th1/th2
in fisiologia
ed in fisiopatologia
I linfociti T CD4+ comprendono sia
linfociti T con funzione effettrice
(Teff ) che linfociti T regolatori (Treg).
I primi sono responsabili della protezione dai patogeni, mentre i secondi
sono adibiti alla regolazione della risposta immunitaria quando la stessa
divenga dannosa per l’organismo.
Nei primi anni ’90 sono stati descritti
due tipi di linfociti T helper effettori,
denominati T helper di tipo 1 (Th1) e
di tipo 2 (Th2) sulla base della tipologia di citochine prodotte (1, 2).
I Th1 producono come citochina
prototipica IFN-γ, producono inoltre
altre citochine in comune con altri fenotipi Th, tra le quali IL-2 e TNFα.
I Th1 sono in grado di attivare la risposta macrofagica e inducono la produzione di IgG in grado di opsonizzare e fissare il complemento, e sono
implicati nella risposta contro varie
tipologie di patogeni, in particolare
intracellulari. i linfociti Th2 invece
sono caratterizzati dalla produzione di
interleuchina(IL)-4, IL-5, IL-9, IL-13
e sono implicati nella risposta contro
gli elminti. Entrambi i fenotipi Th
possono essere coinvolti nella patogenesi delle malattie immunomediate:
i Th1 contribuiscono allo sviluppo
delle malattie autoimmuni organo
specifiche e di malattie infiammatorie
croniche tra cui il morbo di Crohn,
la sarcoidosi, oltre ad essere coinvolti
nella patogenesi della aterosclerosi. I
Th2 giuocano un ruolo centrale nella
patogenesi delle malattie atopiche (3).
Alcuni anni fa è stato identificato un
terzo fenotipo Th, sia nel topo che
nell’uomo, che è stato denominato
Th17 perché caratterizzato dalla produzione di IL-17 (figura1) (5, 6).
aggiornamenti
i linfociti th17
L’esistenza della IL-17 ed in particolare
la sua produzione da parte di colture di
linfociti T CD4+ attivati era nota già
oltre 10 anni fa, tuttavia l’identificazione di una sottopopolazione discreta
Th caratterizzata dalla produzione di
tale citochina è più recente. In realtà
esistono cinque isoforme di IL-17: da
IL-17A a IL-17F, di queste i linfociti
Th17 producono esclusivamente IL17A e IL-17F, queste a loro volta possono trovarsi sotto forma di omodimeri
o di eterodimeri A-F. La IL-17 è fortemente, ma indirettamente, coinvolta nel
reclutamento dei granulociti neutrofili:
il principale bersaglio di tale citochina
Figura 1
Th1
sono le cellule tissutali residenti ed i macrofagi tissutali, su tali elementi IL-17
induce la produzione di chemochine tra
cui IL-8 (o CXCL-8) che è il principale
fattore chemotattico neutrofilo, inoltre
induce la produzione di NO che oltre
ad avere una azione antibatterica vasodilata i capillari rallentando il flusso ematico e facilitando la diapedesi ed induce
infine la produzione di metalloproteasi
che degradano la matrice extracellulare
facilitando il transito delle cellule della
flogosi nel tessuto (8, 9). Inoltre la IL17 è in grado di stimolare la produzione
di CSF, mucine e beta defensine (10,
12); sulla base di queste conoscenze e di
modelli murini di infezione microbica,
si ritiene che i linfociti Th17 siano imI principali fenotipi dei linfociti T
helper nell'uomo
IFN-γ
Th2
IL-4, IL-5, IL-9, IL-13
Th17
IL-17 (IL-17A, IL-17F),
IL-22
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plicati prevalentemente nella difesa da
fungi e batteri extracellulari (10, 11). I
linfociti Th17 sono in fine caratterizzati dall’espressione del fattore di trascrizione RORC (ortologo del RORγt nel
modello murino) e dall’espressione in
membrana del recettore per la IL-23
(IL23R), del recettore chemochinico
CCR6 e del recettore lectinico CD161,
caratteristico anche dei linfociti NK
(12, 13, 14). Il gruppo di Immunologia di Firenze ha recentemente dimostrato che i linfociti Th17 originano da
un precursore CD4+CD161+ presente
nell’uomo a livello del timo e del sangue di cordone ombelicale, in risposta
a stimolazione sul TCR in presenza di
IL-1β e di IL-23, citochine entrambe
secrete da cellule dell’immunità innata
e in particolare dalle cellule dendritiche
mieloidi (14). Al pari dei linfociti Th1 e
Th2, anche i Th17 non sono coinvolti
esclusivamente nella difesa contro i patogeni, ma anche nello sviluppo di alcune malattie immunomediate, in particolare malattie infiammatorie croniche ed
alcune malattie autoimmuni sistemiche
(15). A tale proposito va sottolineato
che in un primo momento gran parte
della comunità scientifica riteneva che i
Th17 fossero alla base della patogenesi
si pressoché tutte le condizioni infiammatorie croniche, sostituendo del tutto
il ruolo che fino a quel momento era
stato riconosciuto ai linfociti Th1 e addirittura conferendo a questi ultimi una
funzione regolatoria antiinfiammatoria
(16). Tuttavia successivamente una serie di studi condotti su modelli murini
di encefalo mielite autoimmune sperimentale, di artrite, di colite, di uveite
25
aggiornamenti
autoimmune e di diabete mellito insulino-dipendente ha dimostrato chiaramente il coinvolgimento di entrambi i
fenotipi Th1 e Th17 nella patogenesi di
detti modelli murini. Più recentemente
è stata dimostrata anche nell’uomo non
solo la presenza di entrambi i fenotipi
Th nel tessuto infiammato di malattie
quali morbo di Crohn e artrite idiopatica giovanile, ma anche la capacità dei
linfociti Th17 di produrre oltre alla IL17 anche IFN-γ (linfociti Th17/1) e addirittura di differenziarsi verso fenotipi
Th caratterizzati dalla sola produzione
di IFN-γ, e per tale motivo denominati
“linfociti Th1 non classici”. Tali linfociti acquisiscono la capacità di produrre
IFN-γ sotto la spinta di citochine proinfiammmatorie quali la IL-12 e mantengono l’espressione di RORC e di
CD161 (19).
fenotipi di asma
bronchiale
L’asma bronchiale è una malattia delle
vie aeree caratterizzata da infiammazione cronica iperreattività bronchiale e attacchi parossistici ricorrenti di dispnea
con presenza di respiro sibilante. Si
tratta di un rilevante problema di salute
pubblica che affligge oltre 300 milioni
di persone in tutto il mondo, la cui prevalenza è notevolmente aumentata nelle
ultime tre decadi particolarmente nei
paesi occidentali.
E’ ormai ben noto che l’asma bronchiale
è una malattia multifattoriale in cui una
complesso substrato genetico si combina con vari fattori ambientali (21), dando forma a diversi fenotipi di malattia.
26
Tali fenotipi includono:
a l’asma bronchiale allergica, che costituisce la forma più frequente di asma,
bl’asma grave steroido-resistente,
c l’asma indotta da polluttanti,
dda obesità,
e da aspirina,
f da esercizio fisico (22, 24).
Questi diversi fenotipi di malattia non si
escludono l’un l’altro, ma anzi possono
coesistere aumentando la complessità
e la gravità del quadro clinico. L’identificazione dei diversi fenotipi di asma e
la conoscenza delle basi cellulari e molecolari alla base della loro patogenesi è
essenziale per individuare possibili strategie terapeutiche altamente personalizzate. La “Global Initiative for Asthma”
(GINA) del 2005, prevede una classificazione dell’asma sulla base della gravità
di malattia e dell’entità del trattamento
necessario per il controllo dei sintomi e
degli indici di funzione respiratoria. La
presentazione clinica tuttavia è in gran
parte condizionata dalla natura e dell’entità dell’infiammazione bronchiale la cui
conoscenza è una guida essenziale per il
corretto trattamento dell’asma bronchiale [48], e sta alla base dello sviluppo di
nuove terapie individualizzate.
linfociti th2 e th17
nella patogenesi
dell’asma bronchiale
Il ruolo dei linfociti Th2 nel coordinare la risposta immunitaria contro
allergeni ambientali innocui, inducendo e mantenendo la flogosi allergica
in corso di asma atopica è ormai ben
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circostanziato. In particolare IL-4 e IL13 regolano la sintesi di IgE specifiche
contro gli allergeni da parte dei linfociti B, la IL-5 induce la proliferazione dei
precursori dei granulociti eosinofili a
livello midollare ed aumenta la sopravvivenza degli elementi maturi nel tessuto, la IL-9 induce proliferazione dei
mastociti (26). Inoltre la IL-9 e la IL13
aumentano la produzione di muco, la
IL-4 l’ipertrofia della muscolatura liscia e la fibrosi delle piccole vie aeree,
contribuendo al loro rimodellamento.
Inoltre altri mediatori solubili quali
prostaglandine e chemochine, ampiamente prodotti nel microambiente
della flogosi allergica promuovono il
reclutamento di linfociti Th2, granuolociti eosinofili e mastociti (27). Come
già affermato l’espressione del fenotipo
allergico dipende sia da una suscettibilità genetica che da fattori ambientali
che sono radicalmente cambianti nelle
ultime decadi nei paesi maggiormente
industrializzati. A tale proposito vari
studi epidemiologici hanno dimostrato
che la variazione/riduzione dell’esposizione agli agenti microbici durante la
prima infanzia è un fattore cruciale per
lo sviluppo delle malattie allergiche in
generale (28).
Un contributo importante per la comprensione del ruolo dei linfociti Th2
nell’asma bronchiale allergica proviene dai modelli murini: il trasferimento
di linfociti Th2 specifici per l’allergene
(ovalbumina) induce nel ricevente lo sviluppo di infiammazione delle vie aeree
con iperreattività (29), mentre il trasferimento di linfociti Th1 allergene specifici
riduce l’infiltrato eosinofilo a livello delle
aggiornamenti
vie aeree e la produzione di muco (30).
Tuttavia l’asma bronchiale è molto più
complessa ed eterogenea di quanto si
pensasse un tempo ed il paradigma
Th2 soddisfa solamente alle forme di
asma bronchiale allergica.
Nei bronchi dei pazienti affetti da asma
bronchiale è nota da tempo la presenza
di granulociti neutrofili ed è stata dimostrata più recentemente la produzione di IL-17, particolarmente in quei
pazienti affetti dalle forme più gravi di
asma. Inoltre le terapie mirate in modo
specifico contro i linfociti Th2, spesso
non hanno avuto i risultati sperati (31).
In sostanza l’asma bronchiale è una
malattia eterogenea per presentazione
clinica e per gli aspetti patogenetici, in
cui oltre ai linfociti Th2 sono coinvolti
anche altre sottopopolazioni T helper,
come i linfociti Th17, particolarmente
nelle forme non atopiche (32).
linfociti th17
nell’asma bronchiale
Il ruolo della IL-17 nell’asma bronchiale è molto studiato dalla comunità
scientifica negli ultimi anni, e sembra
essere particolarmente rilevante in quei
pazienti asmatici, in cui la flogosi bronchiale non è IgE mediata, come accade
nelle forme non allergiche di asma, e
in generale nelle riacutizzazioni postinfettive. Dal momento che sono ben
noti i legami tra IL-17 e reclutamento
tissutale dei granulociti neutrofili, molti
studi negli ultimi anni hanno scandagliato il ruolo dei linfociti Th17 nell’asma bronchiale non allergica cosiddetta
neutrofila (34). In modelli murini è sta-
Figura 2
Linfociti T helper e fenotipi asmatici
Adattata da Cosmi et al. Allergy 2011 (41).
to evidenziato come i linfociti Th17, in
concerto con i Th2, siano in grado di
promuovere la flogosi e l’iperreattività
bronchiale. Nell’uomo è stata dimostrata l’espressione delle due isoforme
linfocitarie di IL-17 (A e F) a livello
submucoso nell’asma moderata e grave,
con aumento della neutrofilia nell’escreato dei pazienti con le forme più gravi di
malattia (35, 36).
Inoltre è stato dimostrato che la risposta alla stimolazione aspecifica con
metacolina correla positivamente con
i livelli di IL-17A nell’escreato (37), in
fine polimorfismi della IL-17F che determinano una riduzione della funzione
biologica di tale citochina, correlano in-
versamente con il rischio di sviluppare
asma bronchiale (38).
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27
identificazione
di un nuovo fenotipo
linfocitario t helper:
i linfociti th17/th2
Recentemente il gruppo della Scuola
allergologica fiorentina ha descritto
una nuova sottopopolazione T helper
in grado di produrre sia IL-17 che IL-4
(39); tali linfociti T sono presenti in
frequenza maggiore nel circolo periferico di soggetti asmatici rispetto ai
controlli sani di pari età. Inoltre nelle
colture linfocitarie ottenute da sogget-
aggiornamenti
ti asmatici sensibilizzati agli acari della
polvere, dopo stimolo in vitro con l’allergene maggiore del Dermatophagoides
pteronyssinus, Der p 1, i linfociti Th17/
Th2 sono risultati significativamente
arricchiti rispetto alle colture ottenute
con stimolo policlonale.
Da tali dati emerge che nel circolo dei
soggetti asmatici sensibilizzati agli acari della polvere sono presenti linfociti
Th17/Th2 specifici per tale allergene,
ponendo l’accento sul possibile ruolo
di tali cellule nella patogenesi dell’asma
bronchiale allergica e non solo nelle forme intrinseche. A tale riguardo, in un
modello murino dia asma bronchiale
allergico, è stato dimostrato che il trasferimento di linfociti Th17/Th2 specifici per l’allergene induce sia aumentata
infiltrazione eosinofila che neutrofila ed
una maggiore produzione di muco di
quanto non accada dopo trasferimento
di linfociti Th17 o Th2 puri, specifici
per lo stesso allergene (figura 2) (40).
luci ed ombre sul
concetto di eosinofilia
e neutrofilia nell’asma
bronchiale grave
Uno studio fondamentale che ha definito nel dettaglio il fenotipo clinico dell’asma grave è stato effettuato dallo “ENFUMOSA Study Group” nel 2003. In
particolare in tale studio i soggetti sono
stati suddivisi in “asmatici controllati”
ossia pazienti in buon controllo clinico e
strumentale con la sola terapia inalatoria
(n = 158) e pazienti “asmatici gravi” (n =
163) ossia pazienti che necessitano oltre
che di un trattamento steroideo inala-
28
torio massimale (almeno 1.600 mcg di
beclometasone/die o equivalenti + betaagonista long acting) anche di cicli
di terapia steroidea sistemica (42). Dal
confronto tra i due gruppi emerge innanzitutto che non ci sono differenze significative in termini di frequenza di granulociti eosinofili nel secreto bronchiale
tra i due gruppi essendo dell’ordine del
12% negli asmatici gravi contro il 10%
nei soggetti con asma controllata, mentre c’è una differenza significativa, sebbene non spiccata, in termini di neutrofilia:
36% contro 28% rispettivamente.
Tenendo conto di quanto detto e del
fatto che in entrambi i gruppi le conte di granulociti neutrofili superano
abbondantemente quelle degli eosinofili, la definizione di asma “neutrofila”
oppure “eosinofila” come due tipi nettamente distinti di asma è da ritenere
per certi versi una “overinterpretazione”
e probabilmente una eccessiva semplificazione della reale natura dei diversi
tipi biologici di asma. In sostanza l’asma grave è definita sulla base di parametri puramente clinici di risposta alla
terapia, i cui substrati biologici sono
sicuramente ben più complessi rispetto al semplice rapporto tra granulociti
neutrofili e eosinofili presenti nel secreto bronchiale.
asma bronchiale
e steroido resistenza:
correlati con tipologia
ed entità della flogosi
E’ noto che in generale i granulociti eosinofili sono ben più sensibili alla terapia steroidea dei granulociti neutrofili,
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
tuttavia abbiamo visto come nel gruppo
di soggetti asmatici gravi rispetto a quello degli asmatici ben controllati dalla
terapia (42) non vi siano differenze di
eosinofili nell’escreato, sebbene i soggetti con asma grave, per definizione, assumano dosi maggiori di steroidi topici e
facciano maggiore ricorso a steroidi per
via sistemica. Il motivo della steroidoresistenza è determinato principalmente
dal rapporto tra due diverse forme di
recettore per i glucocorticoidi (GCS):
GR(glucocorticoid receptor)-α e GR-β.
La prima isoforma, traslocando nel nucleo cellulare dopo il legame con i GCS,
è responsabile degli effetti antiinfiammatori dei GCS, mentre la seconda forma,
definita “dominant negative” impedisce
l’azione dei GCS (43). L’espressione di
alti livelli di GR-β è costitutiva in alcuni
tipi cellulari, ma è anche indotta da citochine proinfiammatorie come il TNF-α
e la IL-17 e da citochine Th2 quali IL-4
e IL-13. Tuttavia dosi elevate di steroidi
possono ripristinare un rapporto favorevole tra GR-α e GR-β, permettendo di
sbloccare il fenomeno della steroid-resistenza (44). Tale concetto già accettato
nel campo delle malattie autoimmuni e
infiammatorie croniche, è valido anche
nell’asma bronchiale, dove Brinke A e
colleghi ha dimostrato in uno studio
randomizzato e controllato che in soggetti affetti da asma grave steroido resistente (assunzione di almeno 1.600 mcg
di beclometasone/die o equivalenti + betaagonista long acting per via inalatoria
associato anche trattamento steroideo
cronico per via orale o a ciclici di steroidi
per os a dosi medie-elevate) presentavano
una risposta significativa allo steroide a
aggiornamenti
dosi elevate per via sistemica (triamcinolone 120 mg i.m.) rispetto ai soggetti del
gruppo di controllo (45). In particolare
nei soggetti trattati è stata apprezzata una
risposta significativa in termini di FEV1,
di ricorso a trattamenti “di salvataggio”
ed in termini di riduzione delle conte di
granulociti eosinofili nel secreto bronchiale. Da notare che in questi pazienti la
frequenza di granulociti neutrofili nell’escreato non ha subito alcuna riduzione
dopo il trattamento con triamcinolone.
conclusioni
La flogosi presente nei diversi fenotipi di asma vede coinvolti sia i linfociti
Th2 che Th17, sia i granulociti eosinofili
che neutrofili, sia pure con peso diverso. Questi tipi cellulari inoltre possono
essere coinvolti in misura maggiore o
minore in diverse fasi della malattia anche in uno stesso soggetto, in quanto
dipendono non solo dal substrato genetico ma anche dagli stimoli ambientali
incontrati. In conclusione la differenza
in termini di frequenze relative tra i diversi tipi T helper e ancor più tra granulociti eosinofili e neutrofili nei diversi
fenotipi di asma, sebbene presente, non
è così elevata come solitamente viene ritenuto; ne segue che la gravità dell’asma
e la resistenza alla terapia steroidea è probabilmente più legata alla quantità che
alla qualità dell’infiltrato cellulare, oltre
che alla tipologia ed entità dei numerosi
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44.Leung DY, Bloom JW - Update on glucocorticoid action and resistance. J Allergy Clin
Immunol. 2003;111(1):3-22; quiz 23. Review.
45. Brinke A, Zwinderman AH, Sterk PJ, et
al. - “Refractory” Eosinophilic Airway Inflammation in Severe Asthma. Effect of Parenteral
Corticosteroids Bel. Am J Respir Crit Care Med
2004;170: 601–605.
aggiornamenti
bando
Premio Paolo Falagiani 2015
Nome del concorso
Premio Paolo Falagiani
Finalità del concorso
La finalità del concorso è quella di commemorare il contributo scientifico del Dott. Paolo
Falagiani nello sviluppo del trattamento delle
varie forme allergiche.
Oggetto del concorso
e tema dell’elaborato
Oggetto del concorso è quello di premiare il
lavoro più originale di carattere clinico, immunologico, farmacologico o bibliografico
sull’Allergoide Monomerico Carbamilato o sul
Trattamento Iposensibilizzante Orale per le allergie da Nichel.
Premio da attribuire
Il premio, da conferire ad un unico vincitore,
ammonta a € 5000,00.
Il premio si intende al lordo della ritenuta
d’imposta che verrà effettuata direttamente
da Lofarma all’erogazione dello stesso.
Requisiti per la partecipazione
al concorso
Possono partecipare al concorso i laureati in
medicina e chirurgia.
Modalità e termini di partecipazione
Il lavoro, pertinente l’Allergoide Monomerico
Carbamilato o il Trattamento Iposensibilizzante Orale per le allergie da Nichel, identificato
da un breve titolo, sarà un testo strutturato
in razionale, obiettivo dello studio, materiali e
metodi, risultati, conclusioni e bibliografia. Le
immagini saranno in formato jpg.
L’elaborato in forma anonima dovrà essere in
italiano, stampato su carta formato A4 e salvato su supporto magnetico in formato testo
Microsoft Word.
Al lavoro dovranno essere allegati i dati anagrafici dell’autore, luogo e data di nascita,
domicilio fiscale, recapito eletto ai fini del
concorso, codice fiscale, copia del diploma di
laurea.
Il plico, contenente l’elaborato e i documenti,
dovrà essere consegnato o spedito a:
Commissione Scientifica
giudicatrice ed esito del concorso
La Commissione Scientifica sarà composta da
R. Asero, M. Di Gioacchino e G.Mistrello.
Il giudizio della Commissione Scientifica giudicatrice è definitivo ed inappellabile.
Criteri di valutazione per la Commissione:
originalità, rilevanza scientifica, metodologia, analisi, chiarezza, bibliografia (punteggio
1-10).
La Commissione Scientifica giudicatrice esprimerà la propria valutazione entro marzo 2016.
Premiazione
La cerimonia di premiazione si terrà in occasione di un evento scientifico.
Segreteria Concorso
“Premio Paolo Falagiani”,
Lofarma S.p.A., Viale Cassala 40,
20143 Milano
Altre informazioni
L'elaborato premiato potrà essere pubblicato
su riviste specializzate. Gli autori manterranno
la proprietà intellettuale dei lavori realizzati.
La partecipazione al concorso implica l’accettazione incondizionata di tutte le clausole
del presente bando.
e dovrà pervenire entro dicembre 2015.
Gli aspiranti si rendono garanti dell’originalità
delle opere presentate al concorso e del possesso dei requisiti per la partecipazione.
Il bando del premio può essere consultato
anche su: www.lofarma.it
Ulteriori informazioni possono
essere richieste a: [email protected]
Informativa D.Lgs. n. 196/2003
(Codice in materia di protezione dei dati personali)
Ai sensi di quanto disposto dall’art. 13 Vi informiamo che:
1. i Suoi dati, sono raccolti nelle nostre banche dati e sono oggetto di trattamento
elettronico e cartacei rispetto della normativa sopra richiamata e degli obblighi di
riservatezza. Tale trattamento ha come finalità quelle amministrative e contabili.
Decaduta la finalità verranno distrutti.
2. Facciamo presente che il conferimento dei Suoi dati, pur essendo facoltativo,
risulta necessario per l’esecuzione del rapporto in corso.
3. I dati sono trattati da operatori interni dell’Ufficio Scientifico, dell’Ufficio Amministrativo e dell’Ufficio Marketing, appositamente incaricati, autorizzati allo scopo
ed istruiti sulle regole da seguire al fine di garantire elevati livelli di riservatezza.
I dati sono comunicati agli Enti di competenza per assolvere gli obblighi di legge.
Non ci sarà alcuna diffusione all'esterno.
4. Per avere ulteriori delucidazioni su quanto riferito e per esercitare i diritti di accesso, rettifica, opposizione al trattamento e per gli altri diritti di cui all'art. 7, Lei si
potrà rivolgere a Lofarma S.p.A. referente Privacy all'indirizzo della Società indicato
nel presente modulo.
5. Il titolare del trattamento è la Società nel suo complesso.
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
31
aggiornamenti
Allergia all’Ambrosia:
novità dalla Third
International Ragweed
Conference
Maira Bonini
ASL Milano 1
Dipartimento di Prevenzione Pubblica
UOC Sanità Pubblica
UOS Ambienti di Vita
Parabiago (Milano)
3rd IRC: news about ragweed allergy.
Not Allergol 2014; vol. 32: n.1: 32-34.
Il 3 e 4 Aprile 2014, si sono tenuti a
Rho (Mi) due eventi dedicati all’Ambrosia: uno internazionale, la “Third
International Ragweed Conference”
(3° Conferenza Internazionale Ambrosia, 3rd-IRC) ed il Convegno abbinato
“Ambrosia day 2014 - Allergia all’Ambrosia: 15 anni di prevenzione”.
Entrambi gli eventi, accreditati ECM,
sono stati organizzati dall’ASL Milano1,
in sinergia con l’International Ragweed
Society (IRS) e con il supporto dell’Associazione Italiana di Aerobiologia
(AIA), dell’Università Milano Bicocca
e del Parco del Ticino. Le due giornata
scientifiche sono state patrocinate da autorevoli società scientifiche: l’International Association of Aerobiology (IAA) e
l’European Aerobiology Society (EAS).
Durante entrambi i simposi si anche celebrata la “Giornata Nazionale del Polline” (G.N.P.®) promossa dall’Associazione Italiana di Aerobiologia (A.I.A.),
che ogni anno, a partire dal 2007, vuole
presentare gli argomenti riguardanti la
qualità biologica dell’aria ed i fattori di
rischio per la salute dei soggetti allergici
a cittadini, decisori politici, organizzazioni sanitarie, amministrazioni locali
ed ai media.
La scelta di organizzazione la Conferenza Internazionale in questa sede è stata
fortemente connessa al particolare contesto territoriale che caratterizza l’area in
cui si trova.
La zona nord-ovest della Provincia di
Milano (coincidente sostanzialmente
con il territorio dell’ASL Milano 1) rappresenta infatti una delle aree più inquinate da polline di Ambrosia in Europa
e le persone che vivono in questa parte
della Pianura Padana conoscono bene
i problemi di salute dovuti alla grande
diffusione di questa pianta altamente
allergenica.
La Conferenza si è focalizzata sugli effetti nocivi causati dal polline di Ambrosia
in Europa e nel mondo. Sono stati trattati argomenti di ricerca di base uniti a
considerazioni pratiche nei campi della
genetica, dell’aerobiologia e della meteorologia, della salute dell’uomo e degli
animali e dei problemi di sanità pubblica. Sono stati inoltre affrontati aspetti
32
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
riguardanti l’ecologia e il management,
insieme a studi di laboratorio, studi pilota e modelli per nuovi ed innovativi
approcci, inclusa la lotta biologica.
Hanno partecipato rappresentanti di
venti diversi Paesi europei ed extra europei, per un totale di circa sessanta
contributi scientifici, organizzati in sei
diverse sessioni: “Ecological and Management aspects of ragweed”, “Aerobiology and meteorological aspects of
ragweed pollen movement”, “Clinical
aspects and genetic/environmental factors influencing ragweed pollen allergenicity”, “Veterinary aspects”, “Ragweed
pollen allergy: public health issues” ed
infine la “Poster session”.
Ogni sessione ha previsto una “Main
Lecture” e cinque o sei relazioni. La
sessione poster, organizzata secondo i
medesimi topics delle prime cinque sessioni, ha visto la presentazione di circa
30 poster.
Nella sessione dedicata agli aspetti ecologici e al management, è stato posto
l’accento su come i le piante di Ambrosia trovino il proprio habitat in situazio-
aggiornamenti
ni diverse, sia in termini di vegetazione
che di tipo di suolo. Possono essere usati
diversi strumenti di management (chimici, biologici, coltivazioni del suolo),
ma il problema principale è quello di
trovare, in base allo stadio di sviluppo
della pianta, il metodo che meglio si
adatta all’habitat in cui essa si trova (es.
banchine stradali, rive dei fiumi, campi,
aree urbane, etc) per poter aumentare le
possibilità di successo. Spesso, anche nel
caso si usino erbicidi, è difficile conseguire contemporaneamente i due obiettivi, cioè la riduzione della produzione
di semi e di polline, con un solo trattamento. In generale, qualsiasi metodo
si scelga, l’alta adattabilità della pianta e
la difficoltà di gestire simultaneamente
la produzione di pollini e di semi sono
i due fattori ampiamente responsabili
della sua diffusione.
Pertanto, solo un management di tipo
preventivo è efficace per controllare la
sua diffusione prima che si crei una vera
e propria banca di semi nel suolo e per
prevenire la diffusione fin dagli esordi,
è necessaria l’adozione di un pool di più
azioni efficaci di management. Senza
dimenticare che, in generale, il management richiede un tipo di lavoro a lungo
termine, anche in quei contesti dove il
controllo dell’Ambrosia non è ancora
una priorità.
Nella sessione dedicata all’aerobiologia,
ampio spazio è stato dato a protocolli e
modelli previsionali.
I primi permettono di valutare l’impatto sulla salute dovuto all’esposizione
ai pollini di Ambrosia, come ad es. il
modello francese basato su un “clinical
index” calcolato durante la stagione pol-
linica grazie a una rete di medici, oppure
il sistema PHD (Patient’s Hayfever Diary), messo a punto dalla EAN (European Aerobiology Network) e adottato
da alcuni Paesi europei, che permette di
raccogliere e registrare i sintomi direttamente dai pazienti e di calcolare quindi
uno “score symptom”. Questi due parametri (“clinical index” e “score symptom”) permettono di definire sia livelli
individuali di sensibilità dei pazienti,
che livelli medi di impatto sulla salute
a seguito dell’esposizione ai pollini di
Ambrosia in una certa area.
Tra i modelli previsionali, si segnala
COSMO-ART, adottato da Germania,
Svizzera e Italia (in particolare in Italia è stato adottato dalla Associazione
Italiana di Aerobiologia). Il modello
descrive l’emissione del polline e i processi di dispersione e sedimentazione. Il
dominio del modello copre il territorio
dell’Europa Centrale e del Sud, con una
risoluzione spaziale di 7 Km. Durante
la stagione pollinica, grazie all’attività di MeteoSwiss, vengono calcolate le
concentrazioni orarie dei pollini di ambrosia, betulla e graminacee con aggiornamenti giornalieri che permettono di
fare previsioni di 72 ore e di produrre le
relative mappe previsionali. Per l’Italia,
le mappe sono consultabili sul sito internet dell’AIA (www.ilpolline.it).
Sempre nella sessione dedicata all’aerobiologia è stato descritto l’andamento
della stagione pollinica dell’Ambrosia
nel 2013, caratterizzato in tutta Europa
da una situazione favorevole per i soggetti allergici: la germinazione è iniziata
due o tre settimane più tardi del solito e
lo sviluppo della pianta è stato tardivo.
In generale in Europa la pollinazione è
avvenuta dai tre ai dieci giorni più tardi e alla fine della stagione molte piante
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
33
aggiornamenti
sono seccate senza produrre polline.
Questa situazione è stata ancora più favorevole in alcune zone della Pianura
Padana e in particolare nella zona nord
ovest della Provincia di Milano, dove
proprio nell’estate del 2013 è stata osservata nei campi di ambrosia una massiccia presenza del coleottero Ophraella
communa LeSage. Questo coleottero si
ciba preferenzialmente delle foglie di
piante di Ambrosia provocandone il disseccamento e la morte e impedendone
di fatto la pollinazione. Contemporaneamente le tre stazioni di monitoraggio
aerobiologico dell’ASL Mi1, ubicate in
questa zona nelle immediate vicinanze
dei campi, hanno rilevato una notevole diminuzione delle concentrazioni di
polline aerodisperso di Ambrosia, in
misura molto maggiore di quanto rilevato nel resto d’Europa. I risultati preliminari dello studio presentato dal team
aerobiologico dell’ASL in collaborazione con colleghi di altri Paesi europei,
hanno evidenziato che in questa zona
le condizioni metereologiche del 2013
non sono sufficienti a spiegare la notevole diminuzione delle concentrazioni
di polline aerodisperso di Ambrosia rilevate e che molto probabilmente questa
drastica diminuzione è dovuta alla massiccia presenza di O. communa, anche se
sono necessari sudi a più lungo termine
per valutare più puntualmente altri fattori che possono aver contribuito, come
ad esempio i cambiamenti dell’utilizzo
del suolo e le pratiche di management
adottate nella zone a seguito della regolamentazione regionale sin dal 1999.
Il Convegno italiano “Ambrosia day
2014”, aperto anche agli Amministra-
tori Locali, ai portatori di interesse,
agli operatori delle ASL e delle Aziende
Ospedaliere, ai Medici di Medicina Generale e ai Pediatri di Famiglia, ha rappresentato un momento utile per definire il punto della situazione a distanza di
15 anni dal primo provvedimento regionale inerente la prevenzione dell'allergia
all'Ambrosia, sia alla luce degli ultimi
sviluppi in ambito clinico-diagnostico,
che degli strumenti preventivi ad oggi
disponibili e dei risultati e delle prospettive derivanti dai progetti europei.
Sono intervenuti dieci relatori, italiani e
stranieri, e vi sono state due tavole rotonde, una di carattere medico, dedicata
alla questione dell’interpretazione della
doppia positività Ambrosia-Artemisia
ed una dedicata alla prevenzione del
futuro, il tutto organizzato in quattro
sessioni. Un approfondimento è stato
dedicato ad O. communa, che potrebbe
candidarsi per la lotta biologica all’Ambrosia, e agli studi che verranno effettuati a partire dall’estate del 2014 dall’ASL
Mi1 e dai ricercatori della COST ACTION dell’Unione Europea “SMARTER” (Sustainable Management of Ambrosia artemisiifolia in Europe).
Per quanto riguarda la prevenzione, è
risultata positiva la strategia di prevenzione primaria improntata alla flessibilità e all’integrazione degli strumenti a
disposizione, sviluppata in questi anni
dall’ASL Mi1. Strategia che, oltre agli
studi sperimentali condotti per verificare l’efficienza e la fattibilità di diversi
metodi di contenimento dell’Ambrosia,
prevede il controllo del territorio, attraverso il monitoraggio aerobiologico e
la vigilanza delle aree infestate, la col-
34
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
laborazione e la consulenza ai Comuni e gli interventi di informazione ed
educazione sanitaria della popolazione,
questi ultimi fondamentali per rendere
accettabili gli interventi di contenimento dell’infestante proposti.
Non è possibile in questa sede affrontare tutte le tematiche discusse nelle varie
sessioni, ma ricordiamo che gli atti dei
due eventi sono stati pubblicati nel volume X, n. 2/2014 dell’European Journal
of Aerobiology and Environmental Medicine (GEA) e saranno a breve consultabili sia sul sito internet dell’ “International Ragweed Society” (http://www.
internationalragweedsociety.org), che su
quello dell’Associazione Italiana di Aerobiologia (www.ilpolline.it).
conclusioni
Possiamo concludere ricordando come
la collaborazione internazionale rappresenti un strumento essenziale per lo sviluppo di ricerca, educazione, informazione e legislazione e in tal senso sia la
“3 rd IRC” che l’ “Ambrosia day” hanno
costituito una buona opportunità per
condividere conoscenze ed esperienze e
per gettare le basi per nuove collaborazioni e ricerche.
▼
da non perdere
la recensione a pagina 42:
Ophraella communa
e lotta all’ambrosia
recensioni
Eterogeneità della risposta IgE
alla noce e alla nocciola
Heterogenity of IgE response to walnut
and hazelnut in Italian allergic patients.
Asero R, Arena A, Cervone M, Crivellaro M, Lodi RF,
Longo R, Macchia D, Manzotti G, Minale P, Murzilli F,
Polillo BR, Pravettoni V, Ridolo E, Savi E, Villalta D,
Amato S, Mistrello G.
Eur Ann Allergy Clin Immunol 2013;45(5):160-166.
N
oci e nocciole rappresentano gli esempi di tree nuts più
comunemente consumati nel mondo. L’allergia a questi
due alimenti non è poi così rara; va però sottolineato che in
diversi casi questa forma di allergia si manifesta in soggetti primariamente allergici al polline di Betulla ovvero a pan-allergeni
come la profilina. Questo è dovuto a fenomeni di cross-reattività tra Bet v1 (allergene maggiore del polline di betulla) ovvero
profilina e allergeni omologhi presenti nei due frutti sopracitati.
Anche se nella popolazione italiana la sensibilizzazione primaria
a tree nuts sembra rappresentare un evento quindi avere una incidenza modesta, la rilevanza clinica di questa forma di allergia
è notevole per via della estrema gravità dei sintomi che i suddetti tree nuts possono procurare ai soggetti che ne sono affetti.
Recentemente negli estratti corrispondenti si è evidenziata la
presenza di diversi allergeni (Tab. 1).
Visto che la loro caratterizzazione in termini di capacità
IgE-binding è ancora da definire, in questo lavoro gli autori si propongono di investigarla prendendo in considerazione
una popolazione di soggetti con sensibilizzazione primaria a
noci ovvero nocciole ed escludendo quindi coloro che erano
sensibilizzati ad allergeni cross-reagenti (PR-10 ovvero Bet v1,
profilina e LTP). A tale scopo 36 soggetti con storia clinica
di disturbi gastrointestinali o angioedema o sindrome orale
allergica ovvero anafilassi in seguito alla ingestione di noci o
nocciole con positività al prick test, sono stati arruolati nello
studio e la reattività IgE del loro siero valutata mediante immunoblotting. Dei 22 soggetti con allergia alle noci, 7 si sono
mostrati positivi all’immunoblotting ma estremamente eterogenei in un range di bande riconoscimento compreso tra 10 e
più di 67 kDa. In particolare 2 hanno mostrato una positività
solo verso la componente 10 kDa, altri con positività multiple
nei confronti delle bande a 45 e 67 kDa. Dei 19 soggetti aller-
Tabella 1
Allergeni di noci e nocciole
Nocciola Noce
Allergen
MW (kDa)
• PR-10
• Profilin • 2-S albumin
• Vicilin (7-S globulin)
• Legumin (11-S globulin)
• Lipid Transfer Protein
• Oleosin
• Thaumatin-like protein
Cor a 1
Cor a 2
Cor a 14
Cor a 11
Cor a 9
Cor a 8
Cor a 12
Cor a 13
Cor a TLP
18
14
Jug r 5
14
17
Jug r 1
15
48
Jug r 2
48
40
Jug r 4
58
10
Jug r 3
10
17
14
25
Cor a = Corylus avellana
Allergen
MW (kDa)
Jug r = Juglans regia
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
35
recensioni
gici alle nocciole, 7 sono risultati positivi di cui 3 solo verso la
componente 20 kDa. Gli altri presentavano una reattività IgE
nei confronti di varie bande comprese tra 10 e più di 90 kDa.
Una certa differenza di risposta è stata osservata in funzione
delle condizioni sperimentali (riducenti o non riducenti) usate
nella realizzazione dell’immunoblotting. Dei 6 casi con una
storia clinica di allergia sia verso le noci e che le nocciole, solo
2 hanno mostrato una reattività IgE verso entrambi gli estratti,
in particolare uno dei due riconosceva una banda a 30 kDa
sia nell’estratto di noci che di nocciole, mentre l’altro mostrava un profilo completamente differente nei confronti dei due
estratti. Difficile sulla base di questi dati definire gli allergeni
più clinicamente rilevanti nei pazienti con una sensibilizzazione primaria ai tree nuts. Una osservazione interessante che è
scaturita da questo studio è che molti dei soggetti considerati
nello studio sono giovani, suggerendo che almeno in Italia, la
sensibilizzazione primaria colpisce soprattutto la popolazione
giovanile. Un’altra osservazione abbastanza sorprendente è che
solo in pochi soggetti tra quelli con storia clinica di allergia
alle noci o nocciole è possibile dimostrare la presenza di una
reattività IgE in immunoblotting. Forse, secondo l’ipotesi degli autori, questo può dipendere da un diverso livello di anticorpi IgE specifici presenti o ad un diverso livello di affinità
degli stessi. Prendendo in considerazione i sieri positivi in immunoblotting gli autori hanno evidenziato che tar i soggetti
allergici alle noci, 4 reagivano contro la componente a circa
48 kDa, probabilmente la vicillina nota come Jug r2. Gli altri
sieri riconoscevano componenti di dimensioni molecolari diverse da quelle note finora (Jug r1, 15 kDa e Jug r4, 58 kDa).
Tra i soggetti allergici alle nocciole, 5 reagivano contro una
componente che potrebbe essere la 2-S albumin (Cor a 14, 17
kDa); altri 3 verso la banda a circa 40 kDa e altrettanti verso
quella a 48 kDa, corrispondenti a legumina e vicillina. Anche
in questo caso alcuni sieri reagivano contro componenti finora
non ben identificate. Gli Autori concludono affermando che la
lista degli allergeni presenti negli estratti di noce o di nocciola
è lontana dall’essere definita e che l’impiego dello skin prick
test o dei test in vitro con estratti interi, piuttosto che con molecole ricombinanti, rimane ancora uno strumento utile nella
diagnosi di queste particolari forme di allergia.
GM
36
Potenziali biomarkers della severità
della rinite allergica e della stagionalità
dell’allergia agli acari
Quantification of circulating house dust mite-specific
IL-4- and IL-13-secreting T cells correlates
with rhinitis severity in asthmatic children
and varies with the seasons.
Michaud B, Gouvis-Echraghi R, Candon S, Couderc R,
Jais JP, Bach JF, Chatenoud L, Just J.
Clin Exp Allergy. 2014 Feb;44(2):222-230.
L'
individuazione di bio-markers in grado di migliorare la
diagnosi ovvero monitorare la severità della patologia allergica può avere ricadute importanti nell’impostazione di una
corretta immunoterapia specifica (ITS). La determinazione dei
livelli di IgE è uno strumento validissimo per evidenziare la
sensibilizzazione allergica ma non per valutare la gravità dei
sintomi clinici. E’ ampiamente dimostrato che i linfociti Th2
giocano un ruolo centrale nella manifestazione allergica producendo una serie di citochine tra cui le interleuchine 4 (IL-4)
e 13 (IL-13). In questo lavoro gli Autori si sono proposti di
verificare se una quantificazione del numero di linfociti producenti IL-4 e IL-13 specifici per gli acari provenienti da bambini
allergici agli stessi e affetti da asma, associata o meno a rinite,
si correla con i loro sintomi clinici.
A tale scopo sono stati presi in considerazione 26 bambini con
sintomatologia respiratoria agli acari e 6 bambini asmatici non
allergici. I criteri di inclusione per i due gruppi erano molto
stringenti; in aggiunta i bambini con rinite mild (intermittente
o persistente) sono stati separati da quelli che mostravano una
rinite persistente, moderata o severa. La metodica utilizzata
nello studio è l’enzyme-linked immunospot (ELIspot) tramite
la quale è possibile identificare i linfociti T allergene-specifiche
producenti una data citochina e tutto ciò a livello di singola
cellula. In breve un certo numero di piastre sono state sensibilizzate con IL-4 o IL-13 e successivamente incubate con una
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
recensioni
soluzione bloccante prima di aggiungere ad ogni singolo pozzetto delle piastre
300.000 cellule (PBMC, peripheral blood mononuclear cells), provenienti da
ciascun soggetto in studio insieme a una
concentrazione di estratto di acari ovvero
a phytoemagglutinin (PHA), quest’ultima usata come controllo positivo. Dopo
un’incubazione di 20 ore a 37°C, le cellule erano rimosse dai pozzetti mediante
opportuni lavaggi e successivamente un
opportuno volume di soluzione di anticorpo anti-IL-4 o anti-IL-13 biotinilato era aggiunto ai rispettivi pozzetti. Dopo un’ulteriore fase di incubazione seguita
dall’aggiunta di una soluzione di anticorpo anti-biotina, la visualizzazione degli spot era ottenuta mediante l’aggiunta di un
opportuno reagente. La numerazione degli spot, ciascuno dei
quali rappresenta una singola cellula, veniva realizzata tramite
un lettore ELIspot (Fig. 1).
Dai risultati di questo studio sono derivate una serie di evidenze sperimentali interessanti:
a) nei soggetti allergici agli acari si è rilevato che in metà dei
pozzetti il numero degli spot (ossia il numero di linfociti T
producenti una particolare citochina) era superiore a 32
ovvero 33, rispettivamente per l’IL-4 e IL-13. Al contrario
usando le cellule PBMC di soggetti sani, non allergici, ovvero
di soggetti asmatici ma non allergici, stimolate con estratto
di acari, non si rilevava alcuno spot, mentre più di 300 spot
erano visibili quando le cellule venivano stimolate in maniera
aspecifica con PHA.
b) il numero di linfociti T producenti IL-4 ovvero IL-13 in
risposta ad un estratto di acari variava in rapporto al periodo
di effettuazione del prelievo. In particolare una risposta intensa era osservata in autunno e inizio primavera e, questa, era
statisticamente più elevata rispetto a quella rilevata in inverno
ovvero estate.
c) la severità delle rinite di cui erano affetti i soggetti dello
studio era distinta in intermittente/mild persistent ovvero
moderate/severe persistent. Lo studio ha evidenziato che il
numero di linfociti T producenti IL-4 o IL-13 in seguito a
stimolo specifico con estratto di acari risulta diverso in rap-
porto alla severità della rinite. In particolare i soggetti con
rinite da moderate a severe persistent presentavano un numero più elevato e statisticamente significativo di spot IL-4 o
IL-13 rispetto al gruppo di soggetti con rinite da intermittent
a mild persistent. Suggestivo il fatto che nessun altro parametro preso in considerazione (severità dell’asma, livello di IgE
specifiche) era associato alla severità della rinite.
Per gli Autori questo studio dimostra per la prima volta la possibilità di associare i risultati di un test biologico (ELIspot)
con i sintomi clinici di soggetti allergici, indipendentemente
dal loro grado di sensibilizzazione (livello di IgE specifiche).
Inoltre essi osservano che poiché il saggio biologico viene
effettuato sui linfociti T circolanti, i risultati supportano il
concetto che, se adeguatamente misurata, la capacità funzionale dei linfociti stessi può costituire un riflesso attendibile
del processo infiammatorio di natura allergica in atto nella
mucosa delle vie respiratorie. Ultima osservazione: malgrado
l’allergia agli acari sia considerata come perenne, diversi studi sembrano suggerire che i livelli di allergeni acaridici sono
influenzati dalla stagione. Questo studio sembra confermare
ciò visto che il numero di linfociti T producenti IL-4 ovvero
IL-13 aumenta in autunno e inizio primavera, periodi in cui
risulta più elevata la concentrazione di allergeni degli acari.
Gli Autori concludono sottolineando come l’ELIspot possa
rappresentare un potenziale strumento per migliorare sia la
diagnosi di allergia che il monitoraggio dell’efficacia della
ITS, oltre che consentire una miglior selezione dei soggetti da
sottoporre alla ITS stessa.GM
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
37
recensioni
L’ITS in gravidanza riduce
le allergie dei figli?
Allergy Shots during Pregnancy may Decrease
Allergies in Children
indicazione oltre quelle già note.
Il Dr. Warner Carr, chair of the ACAAI Immunotherapy and
Diagnostics Committee, ha commentato la presentazione con
queste parole: "immunotherapy can result in health care savings of 33 to 41 percent".
In tempi di spending review i nostri politici dovrebbero tenerne conto…
FO
Lieberman Jay
Annual Scientific Meeting of the American College of Allergy, Asthma
and Immunology (ACAAI) BALTIMORE, MD. (November 8, 2013)
S
econdo uno studio presentato al meeting annuale 2013
dell’ACAAI (American College of Allergy, Asthma and
Immunology) a Baltimora, le donne in gravidanza che ricevono l’ immunoterapia specifica prima e la continuano durante
la gravidanza possono ridurre la probabilità dei loro bimbi
di sviluppare patologie allergiche. Il Dr Jay Lieberman, del
Le Bonheur Children’s Hospital di Memphis (Tennessee), ha
condotto uno studio pilota esaminando 143 donne (18-48
anni) con diagnosi di rinite allergica e sottoposte a immunoterapia specifica prima e durante la gravidanza. I 277 bambini
nati da madri in immunoterapia durante la gravidanza presentavano una “tendenza” ad avere meno asma, allergie alimentari, dermatite atopica (OR 0,84; 95% CI: 0,38-1,84).
L’Autore conclude dicendo che questa riduzione del 10-12%
delle allergie nei bambini purtroppo non è statisticamente significativa ma è un incoraggiamento per gli allergologi
ad esplorare questa possibilità con studi epidemiologici più
ampi. L’ITS, se confermata da altri studi, avrebbe un’ulteriore
Rinite allergica:
La strana spending review italiana
Allergy Immunotherapy Significantly Reduces Outpatient
Services Use For Allergy and Respiratory Conditions
In Patients With Newly-Diagnosed Allergic Rhinitis.
Hankin CS, Cox L, Bronstone A, Wang Z.
2014 Annual Meeting of the American Academy of Allergy,
Asthma & Immunology Abstract 579.
Allergen immunotherapy and health care cost benefits
for children with allergic rhinitis: a large-scale,
retrospective, matched cohort study.
Hankin CS, Cox L, Lang D, Bronstone A,
Fass P, Leatherman B, Wang Z.
Ann Allergy Asthma Immunol. 2010 Jan;104(1):79-85.
N
el meeting annuale della American Academy of Allergy,
Asthma & Immunology (AAAAI) tenuto a San Diego
dal 28 febbraio al 4 marzo uno dei lavori presentati che ha
riscosso molto successo e fatto meditare tante persone è quello presentato da Cheryl S. Hankin il 2 marzo alle ore 16 ora
locale nella Ballroom 6 Lobby del Convention Center.
Cos’ha dimostrato la D.ssa Hankin di tanto interessante?
Semplicemente e inequivocabilmente che una rinite ben diagnosticata e curata con l’immunoterapia (AIT) in 4.967 pazienti contro altrettanti controlli non trattati, dopo 18 mesi
38
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
recensioni
di AIT avevano <significantly reduced proportions of patients
receiving outpatient services for chronic URIs, nasal polyps,
influenza, allergic reactions or emphysema.> e inoltre < AIT
may mitigate the development and severity of other allergic and
respiratory diseases.>
La parte statistica era ottimale e ha concluso che <improving
AR control, AIT may mitigate the development and severity
of other allergic and respiratory diseases. Further analyses are
underway to examine the impact of AIT on healthcare use and
costs for these targeted conditions. >
"The public health and public policy message is that allergic
rhinitis is not just a nuisance disease but is a precursor for the
development of serious and extremely expensive respiratory disease," she said, noting that it also adds impetus to fast referral
from primary care.
Il messaggio è chiaro: <In an era of healthcare cost containment,
our results suggest that health systems could significantly and
quickly reduce the burden of outpatient care for chronic diseases of the upper respiratory tract by appropriately identifying
and treating patients with allergic rhinitis.>
In altre parole, per Hankin e Coll. la rinite allergica, non è una
semplice malattia fastidiosa ma l’anticamera di ben più gravi e
costose patologie respiratorie e pertanto dovrebbe essere curata
nel modo corretto al suo apparire.
Lo stesso gruppo in un precedente lavoro del 2010 aveva già
dimostrato in giovani pazienti sottoposti ad immunoterapia o
terapia farmacologica che esisteva una grande differenza in costi
sanitari tra i due gruppi a 18 mesi (Tabella 1), il risparmio era
evidente sin dal terzo mese di ITS.
Questo studio dimostra il potenziale di riduzione significativa
dei costi nei bambini con rinite allergica trattati con immuno-
terapia rispetto i controlli. La D.ssa Hankin conclude < This
study demonstrates the potential for early and significant cost savings in children with AR treated with immunotherapy. Greater use
of this treatment in children could significantly reduce AR-related
morbidity and its economic burden.>
Ed ora vediamo come questo concetto elementare è stato interpretato dai politici italiani e inglobato nella “spending review”
come verificabile sul sito:
http://www.prweb.com/releases/2014/03/prweb11632008.htm
La ricerca Doxa Pharma, promossa da SIAAIC (Società Italiana
di Allergologia Asma e Immunologia Clinica) e AAITO (Associazione Allergologi Immunologi Territoriali e Ospedalieri),
e realizzata con il contributo incondizionato di Meda Pharma
rileva come la RA sia spesso banalizzata, alla stregua di un normale raffreddore stagionale, e venga diagnosticata in media a 5
anni dalla comparsa dei sintomi). Gli esperti sono concordi: la
RA è una malattia cronica che incide pesantemente sulla vita
quotidiana delle persone colpite. Anticamera e spia dell’asma,
predilige bambini e giovani ma non disdegna altre età.
“I dati epidemiologici raccolti in Italia dalle Società scientifiche
di Allergologia– ricorda il Professor Massimo Triggiani, Presidente SIAAIC – parlano chiaro: la percentuale di rinitici sta
crescendo anche tra i giovani, il 24,2% fra gli studenti universitari italiani. La RA colpisce a qualsiasi età, ma la frequenza più
alta si riscontra tra i 20 e i 30 anni; da altri dati epidemiologici
emerge che c’è una lieve prevalenza nel sesso femminile e che
nel 50% dei casi sono presenti fattori ereditari. Si è constatato,
infatti, che figli di un genitore allergico possano avere il 20%
di probabilità di sviluppare allergie. Tale quota percentuale sale
fino all’80% qualora entrambi i genitori sono allergici”. In Italia, l’incidenza della RA è in crescita grazie anche al diffondersi
Tabella 1
Terapia farmacologica $
Immunoterapia $
• costi totali di assistenza sanitaria
4,872
3,247
P < .001
• costi ambulatoriali esclusivi
di assistenza immunoterapia-correlato
2,626
1,107
P < .001
• spese di farmacia
1,316
1,108
P < .001
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
39
recensioni
dell’industrializzazione e dell’urbanizzazione. Si calcola che la
Rinite Allergica colpisca dal 10% al 20% della popolazione.
“Quest’aumento è riconducibile all’irritazione delle mucose
respiratorie causata dall’inquinamento che a sua volta provoca un aumento dell’effetto degli allergeni sulle vie respiratorie.
Non solo, molti studi dimostrano che gli inquinanti atmosferici
sono anche in grado di interagire direttamente con i pollini,
rendendoli in qualche modo “più allergenici” – spiega Maria
Beatrice Bilò, Presidente AAITO – Un’altra causa può essere
ascritta ai cambiamenti climatici. Da non trascurare infine la
incrementata presenza nelle città di piante molto allergeniche
utilizzate come ornamento ambientale”.
La spending review all’italiana invece si abbatte sull'allergologia chiudendo molti Centri specialistici in tutta Italia, certamente in Lombardia, Liguria, Toscana. In quest'ultima regione
i centri sono stati ridotti da 14 a tre. Lo denuncia a Milano
Felice Amelia, presidente dell'Associazione Pazienti Allergici
(Apa) nell'ambito della presentazione della campagna 'Etciù!
Rinite?'. Ma proprio a causa del fatto che ''il numero dei Centri
specialistici di Allergologia è già di gran lunga inferiore rispetto
alle necessità'', come dice il Prof. Walter Canonica, presidente
eletto della SIAAIC, i pazienti con la rinite allergica giungono
alla diagnosi in media dopo 5 anni dalla comparsa dei sintomi. Questo perché le liste d'attesa sono tanto lunghe che spesso
superano il periodo stagionale in cui i sintomi si presentano.
''I problemi - continua Canonica - sono rappresentati anche
dall'eccesso di autodiagnosi dei pazienti che secondo la ricerca nel 58% dei casi cercano autonomamente informazioni su
Internet, nel 34% si rivolgono a familiari o amici e solo nel
49% dei casi si rivolgono al medico di famiglia o al farmacista
(13%)''.
La ricerca Doxa Pharma indica poca informazione tra medici e
farmacisti. La situazione è pericolosa, perché la rinite allergica è
considerata ''la porta dell'asma'', anche se ben il 20% dei medici di famiglia (che si occupano del malato allergico in 7 casi
su 10) non lo considera. Fra i farmacisti, cui il 59% dei pazienti
chiede un consiglio o una terapia, 1 su 4 non sa che la rinite
allergica può causare asma, solo in 1 caso su due consigliano il
ricorso al medico e il 50% non conosce i Centri allergologici
della propria città. L'87% dei farmacisti e il 49% dei medici
non conosce le linee guida internazionali Aria (Allergic Rhinitis
40
and Impact on Asthma). Il tema necessita quindi di maggiore
informazione fra medici, farmacisti e pazienti.
Ho molte difficoltà a chiudere questa recensione, oscillo anche come genitore tra l’indignato, lo sdegnato, l’inc……, ma
spero che la campagna 'Etciù! Rinite?', con la distribuzione
di opuscoli nelle farmacie, negli studi medici e nei Centri di
specialistici, l’apertura del sito www.nasolibero.it, e la realizzazione di due app (per pazienti e farmacisti) possa raggiungere
lo scopo che si prefigge.
FO
Addio a Chanel n°5?
Contact allergy to the 26 specific fragrance ingredients
to be declared on cosmetic products in accordance
with the EU cosmetics directive.
Heisterberg MV, Menne T, Johansen JD.
Contact Dermatitis 2011;65(5):266-275.
N
el 2002 Kristi Holt (Firmenich, UK) presentò dei dati
inquietanti su 347 profumi in vendita nel Regno Unito:
• il 3% dei prodotti in vendita conteneva più di 15 allergeni;
• il 24% ne conteneva 11-15;
• il 50% ne conteneva 6-10;
• il 22% ne conteneva 1-5;
• solo l’1% non conteneva allergeni noti.
Dopo anni di studio la Comunità Europea ha emanato nel
2013 la Cosmetics Directive 76/768/EEC (1), in cui elenca
26 sostanze usate in cosmetici e profumi da dichiarare in etichetta e possibilmente bandire per tutelare la salute del consumatore essendo capaci di provocare dermatite allergica da
contatto (Tabella 1).
Vediamo alcune conseguenze della loro eliminazione, in particolare dei licheni, nei profumi.
I licheni del genere Evernia, E. prunastri (oak moss), e Pseudoevernia, P. furfuracea (tree moss), sono utilizzati da oltre un
secolo nella composizione di famosi profumi. La resina raccolta sugli alberi dissolta in alcol produce un liquido verde
stabile che contiene cloroatranorina ed atranorina, che agi-
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
recensioni
scono anche come fissativo per
altri aromi oltre ad aggiungere
una sottile fragranza di erba.
Cloroatranolo ed atranolo, i due
prodotti di degradazione delle
molecole sopracitate, sono stati identificati come importanti
allergeni da contatto (2) ed il
gruppo di Nardelli ha dimostrato che concentrazioni residue di
25 p.p.m. e di 75 p.p.m., molto
al di sotto di quelle presenti nei
prodotti in vendita nelle profumerie sono pericolose per il consumatore (3,4) (Figura 1).
Come se la caverà il profumo più famoso e venduto al mondo?
Chanel n°5, creato nel 1921 dal grande chimico Ernest
Beaux, miscelando essenze naturali (gelsomino e rosa) e
sintetiche (aldeidi) con lo scopo di far sentire più a lungo
l’essenza e creare un mix originale.
Tabella 1
Lista dei 26 allergeni dei profumi
banditi dalla Comunità Europea
• Alpha isomethylionone
• Benzyl salicylate
• Eugenol
• Limonene
• Amyl cinnamal • Butylphenyl
methylpropional(Lilial) • Farnesol • Linalool
• Amylcinnamyl alcohol
• Cinnamal
• Geraniol
• Methyl 2-octynoate
• Anisyl alcohol
• Cinnamyl alcohol
• Hexyl cinnamal
• Pseudoevernia furfuracea
(Tree moss) extract
• Benzyl alcohol
• Citral
• Hydroxycitronellal • Evernia prunastri
(Oak moss) extract
• Benzyl benzoate
• Citronellol
• Hydroxyisohexyl
3-cyclohexene
carboxaldehyde (Lyral)
• Benzyl cinnamate • Coumarin • Isoeugenol Coco Chanel aveva le idee chiare “ non voglio olezzo di rosa,
voglio un profumo elaborato” ed il chimico esaudì il suo desiderio utilizzando il muschio ed il gelsomino di Grasse uniti
all’aldeide 2-méthylundécanal-4 che forniva l’odore di arancia
ed altri 77 ingredienti. Il risultato fu un profumo totalmente nuovo, che non assomigliava a nessun altro sul mercato,
gradevole ed artificiale, non riconducibile a nessuna essenza
specifica. Beaux presentò alla stilista 10 flaconi di profumi
diversi e lei scelse la n°5 dandogli anche un nome originale
<Ho lanciato la mia collezione il 5 maggio, il quinto mese
dell'anno, lascerò che questo numero gli porti fortuna>. Tecnicamente il profumo Chanel n°5 appartiene alla famiglia
fiorita-aldeidata in cui le note olfattive di testa sono aldeidi,
bergamotto, limone, neroli, quelle di cuore sono gelsomino,
rosa, mughetto, iris e per finire quelle di fondo sono vetiver,
sandalo, vaniglia, ambra.
Dopo questa divagazione torniamo al lavoro retrospettivo
condotto dal gruppo danese su 1508 pazienti con eczema e
testati con i 26 componenti di profumi. Il 7,6% dei soggetti
mostrava patch test positivi reazioni clinicamente rilevanti in
molti casi. Gli allergeni più importanti erano proprio i due
licheni citati in precedenza.
Oggi tutte le grandi aziende profumiere sono sul piede di
guerra contro la Comunità Europea che vuole la sostituzione
o riduzione drastica dei 26 allergeni e soprattutto un’etichetta
chiara. Ne vedremo delle belle e ci auguriamo che il consumatore vinca.
FO
Bibliografia
1. Cosmetics Directive 76/768/EEC del 2013
2. Johansen JD, Bernard G, Gimenez-Arnau E, et al.- Comparison of elicitation potential of chloroatranol and atranol-2 allergens in oak moss
absolute. Contact Dermatitis 2006; 54: 192–195.
3. Nardelli A, Giménez-Arnau E, Bernard G, et al.- Is a low content in atranol/chloroatranol safe in oak moss-sensitized individuals? Contact Dermatitis. 2009;60(2):91-95.
4. Nardelli A, Drieghe J, Claes L, et al.- Fragrance allergens in 'specific' cosmetic products. Contact Dermatitis 2011;64(4) :212-219.
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41
recensioni
Ophraella communa e lotta all’ambrosia
Figura 2
Semi di Ambrosia artemisiifolia
Ophraella communa, the ragweed leaf beetle,
has successfully landed in Europe:
fortunate coincidence or threat?
Müller-Schärer H, Lommen STE, Rossinelli M,
Bonini M, Boriani M, Bosio G, Schaffner U.
Weed Research 2014;54(2):109–119.
I
n questo “priority paper”, che consiglio di leggere in originale, i massimi esperti europei di Ambrosia artemisiifolia
durante il consueto monitoraggio della specie, nell’estate-autunno 2013, hanno trovato per la prima volta in Europa un
insetto conosciuto come suo specifico defogliatore, l’Ophraella communa (Figura 1) in più di 130 siti: 30 in Svizzera meridionale (Ticino), 121 in Nord Italia (Lombardia , Piemonte
ed Emilia - Romagna) e 4 in Francia.
Nei siti dove O. communa era presente, fino al 100 % delle
piante infestanti sono state aggredite con defogliazione completa, impedimento della fioritura e conseguente produzione
di semi. L’area in cui l’insetto è presente è ormai di 20000
Km² e data la sua enorme capacità di diffusione, 25-100 Km/
anno, è probabile che in pochi anni possa ridurre sensibilmente le popolazioni di ambrosia in tutta Europa.
L’utilizzazione dell’insetto per la lotta biologica, insieme ai metodi classici di lotta meccanica e chimica, si è rivelata utile in
Cina ed Australia. Soprattutto in Cina l’insetto è stato studiato
Figura 1
Il coleottero crisomelide
Ophraella communa (LeSage, 1986)
ed allevato intensivamente e diffuso nelle zone più infestate con
ottimi risultati ormai da 10 anni impedendo alla pianta di produrre i caratteristici semi forniti di uncini (Figura 2).
Il fatto che le prime osservazioni dell’insetto siano state effettuate nella zona dell’aeroporto internazionale di Malpensa (Varese)
e nelle province confinanti di Novara e Como, e conoscendo
la sua capacità di diffondere, suggerisce che l’insetto sia stato
introdotto accidentalmente dal traffico aereo meno di 5 anni fa.
Gli Autori si chiedono se questa introduzione casuale dell’insetto può rappresentare un pericolo per le coltivazioni di piante
oleaginose quali girasole e mais come suggerito da alcuni studi
americani. In realtà nuovi studi cinesi e giapponesi escluderebbero tale possibilità: l’insetto viene trovato sul girasole ma non
è in grado di completare il ciclo di sviluppo su questa pianta.
Gli stimolanti chimici che attirano Oprhaella sono due triterpenoidi (alpha-amyrin acetate e ß-amyrin acetate) e due derivati
del caffeic acid (chlorogenic acid and 3,5-dicaffeoylquinic acid)
e sono nella giusta proporzione solo A. artemisiifolia (Tamura,
2004). Dovremmo stare tranquilli...
FO
Bibliografia
Tamura Y, Hattori M, Konno K, Honda H, Kono Y- Relationship between
the host plant preference of the leaf beetle Ophraella communa LeSage
(Coleoptera: Chrysomelidae) and distribution of feeding stimulants in
asteraceous plants. Japanese Journal of Applied Entomology and Zoology
2004;48 (3):191-199.
42
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lofarma news
I
n uno dei numeri precedenti del Not
Allergol, in occasione di una intervista sull’argomento, il Prof. Mario
Di Gioacchino ci aveva informati che
era in corso di pubblicazione uno studio
multicentrico avente come obiettivo la
valutazione dell’efficacia di una terapia
iposensibilizzante basata sull’impiego di
capsule di nichel solfato (NiOHT). Oggi
abbiamo avuto conferma dell’accettazione del lavoro (Nickel oral hyposensitization in patients with systemic nickel allergy syndrome) su una rivista prestigiosa
come Annals of Medicine (Impact Factor
Evidenza di I livello per
la terapia iposensibilizzante
al nichel nella SNAS
Gianni Mistrello
superiore a 5) e quindi ben volentieri ci
accingiamo a fornire una sintesi dello
studio che ha coinvolto Lofarma come
fornitrice del prodotto.
Come noto una percentuale significativa
di pazienti affetti da dermatite da contatto al nichel, presentano una serie di
sintomi a livello gastrointestinale (meteorismo, dolori addominali, diarrea, stipsi…) in seguito all’assunzione di alimenti
Arruolamento, randomizzazione e follow-up dello studio
160 patients were assessed for eligibility
Figura 1
19 were not eligible:
11 did not improve after diet
3 were negative to oral Ni-challenge
1 pregnancy
4 did not provide consent
141 Patients were randomized
34 were assigned to group 1
36 were assigned to group 2
36 were assigned to group 3
35 were assigned to group 4
2 did not show up at
the next visit
3 did not follow the diet
2 did not show up at
the next visit
2 did not follow the diet,
1 did not show up at visit 2
2 did not follow the diet
29 reached
the maintenance dose
34 reached
the maintenance dose
33 reached
the maintenance dose
33 reached
the maintenance dose
1 SNAS re-exacerbation
1 compliance <80%
1 consent withdrawn
1 did not show up at the last visit
1 compliance <80%
1 consent withdrawn
1 did not show up
at the last visit
2 SNAS re-exacerbation
2 consent withdrawn
2 SNAS re-exacerbation
1 compliance <80%
1 consent withdrawn
1 did not show up at the last visit
25 completed the study
31 completed the study
29 completed the study
38 completed the study
129 were included in the intention to treat analysis (ITT)
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
43
lofarma news
Di Gioacchino M, Ricciardi L, De Pità O, Minelli M, Patella V,
Voltolini S, Di Rienzo V, Braga M, Ballone E, Mangifesta R,
Contenuto di nichel negli alimenti
Tabella 2
Schiavino D- Nickel oral hyposensitization in patients with systemic
nickel allergy syndrome.
Annals of Medicine 2014;46:31-37.
Schema di updosing e mantenimento
Tabella 1
The reintroduction of Ni-rich foods started from the 5th month with
foods with maximum 100 µg/Kg nickel content, until 200 µg/Kg during the 6th month, until 500 µg/Kg during the 7th month and then all
other Ni-rich foods from the 8th month.
contenenti il nichel. Per definire questa
condizione si è coniato il termine “Systemic Nickel Allergy Syndrome” (SNAS).
Partendo da una serie di esperienze cliniche basate su “open, non-randomized
trials” che avevano dimostrato come la
NiOHT fosse in grado di indurre benefici significativi nei pazienti affetti dalla
suddetta sindrome, lo studio oggetto
della pubblicazione aveva l’obiettivo di
valutare l’efficacia clinica e tollerabilità
della NiOHT. Tale studio, multicentrico
di fase III, definito come “randomized,
double-blind, placebo-controlled trial”
(RDBPCT) è stato realizzato con il contributo di 8 diverse Unità Allergologiche
e ha previsto quattro gruppi di trattamento (tre attivi a differente livello di
dosaggio e un controllo).
I soggetti per essere arruolati nello studio
dovevano mostrare: a) un patch test positivo al nichel, b) una storia clinica riferibile alla SNAS, c) un test di provocazione
orale positivo al nichel (POS), d) un miglioramento significativo dei sintomi sulla base di un visual analogic scale (VAS),
dopo un mese di dieta nickel-free.
I pazienti arruolati sono stati 141; essi
sono stati randomizzati, divisi nei quattro gruppi previsti e trattati per un anno
con capsule di gelatina contenenti dosi
diverse di principio attivo (nichel solfato)
come indicato nello schema di Tabella 1.
Per la valutazione della efficacia si sono
considerati come endpoints primari la
scomparsa ovvero la riduzione dei sintomi
sistemici durante la reintroduzione degli
alimenti contenenti nichel (i pazienti ri-
44
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
portavano il loro status clinico in un diario raccolta dati e quindi erano sottoposti
ad una VAS ad ogni visita di controllo) e
l’uso di “rescue medication”(come riportato da ogni paziente nel diario), mentre
per la tollerabilità si è considerata la comparsa di eventuali effetti collaterali (come
riportato da ogni paziente nel diario).
Il protocollo prevedeva 4 visite, T1-T4,
di controllo in aggiunta alla visita To,
cioè quella della selezione dei soggetti da
arruolare nello studio; in tale occasione
gli stessi erano sottoposti a patch test,
VAS e a quelli che risultavano positivi era
prescritta una specifica dieta nichel-free
da mantenere per 30 giorni. Alla visita
T1, in coincidenza con il termine della
dieta, i soggetti venivano sottoposti ad
una nuova VAS; successivamente a coloro
lofarma news
che mostravano un miglioramento della
VAS del 70% veniva eseguito un POS
con una dose 1.25 mg di nichel solfato
e se, non sufficiente a indurre la comparsa delle manifestazioni cliniche tipiche
della SNAS, la dose era incrementata di
1.25 mg fino a 6 mg. I soggetti arruolabili (141) venivano randomizzati nei
4 gruppi previsti (Figura 1) e a ciascuno
veniva fornito il relativo trattamento, il
diario raccolta dati e i farmaci da usare
al bisogno.
Alla visita T2 (dopo tre mesi) i pazienti
venivano sottoposti a visita clinica, si valutava il diario raccolta dati e si procedeva
con una nuova VAS. Ai pazienti si iniziava
a prescrivere la re-introduzione degli alimenti contenenti nichel arrivando ad un
massimo di 100µg/Kg fino al quinto mese
per poi aumentare fino a 200µg durante
il sesto mese. Per standardizzare questa
fase, al paziente veniva dato un foglio con
l’indicazione del contenuto in nichel dei
Visual Analogic Scale
diversi alimenti da assumere (Tabella 2).
Alla visita T3 (settimo mese di trattamento), i pazienti venivano sottoposti a visita
con le stesse modalità descritte in T2. In
aggiunta ai pazienti veniva prescritto di reintrodurre alimenti contenenti nichel fino
a 500µg/kg per un mese, al termine del
quale potevano seguire una dieta libera.
Alla visita T4 (fine del trattamento) i pazienti erano visitati come descritto in precedenza e in aggiunta, venivano sottoposti
a patch test e POC.
Alla fine dello studio, 129 su 141 pazienti,
avendo raggiunto il dosaggio costante di
NiOHT sono stati inclusi nell’intentionto-treat (ITT) analysis. Nessuna differenza significativa in termini di VAS e sintomi vari è stata osservata tra i diversi gruppi
fino alla visita T3. Alla visita T4, coincidente con la re-introduzione degli alimenti con il più alto contenuto di nichel
(500µg/kg o più), i pazienti del gruppo 1
(che avevano ricevuto il dosaggio più alto
Figura 2
di NiOHT) hanno mostrato un miglioramento come VAS score statisticamente
significativo rispetto al placebo (Figura 2).
Nessuna differenza è stata invece osservata
per i pazienti del gruppo 2 e 3 nei confronti del placebo. Risultati analoghi in
favore del gruppo 1 rispetto al gruppo placebo sono stati osservati sia in termini di
miglioramento dei sintomi gastrointestinali (Tabella 3) che di rescue medication.
Viceversa nessun miglioramento statisticamente significativo è stato osservato sul
versante manifestazioni cutanee anche se
per un numero maggiore di pazienti del
gruppo 1 si è notata una negativizzazione
del patch test (Figura 3).
In aggiunta, per una percentuale di
soggetti del gruppo 1 significativamente più alta rispetto al gruppo controllo,
era necessario usare un dosaggio di nichel solfato superiore a quello usato per
scatenare il sintomo cutaneo prima del
trattamento (T1).
Cambiamento nei sintomi
gastrointestinali nel gruppo 1
versus placebo al T4
Tabella 3
There were significant differences between groups 1 vs 3 and group 1 vs
4 at T4 (end of treatment), during the re-introductionof Ni-rich foods.
ITT= Intention To Treat analysis.
*=Fisher’s exact test= 0.016;
Risk difference (95% CI): 26.6 (5.1 to 46.1)
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
45
lofarma news
Patch test
Figura 3
Test di provocazione orale con nichel solfato Figura 4
Comparing Group 1 to Group 3+4, p = 0,002 - Comparing Group 1 to 4, p = 0,05
Nessuna differenza tra i gruppi è stata altresì osservata per altri sintomi quali mal
di testa e tosse, confermando che questi
non rientrano tra i sintomi caratteristici
della sindrome anche in ragione del fatto
che non si manifestano mai dopo test di
provocazione orale specifico. Per quanto
riguarda la tollerabilità un solo paziente del gruppo 1 ha manifestato sintomi
gastrointestinali dopo la decima dose di
0.5µg di NiOHT, sintomi cessati nell’arco
di 3 ore dalla assunzione di desloratadina
e che non hanno comunque impedito al
paziente di terminare la terapia.
In conclusione questo studio rappresenta il
primo double-blind randomized, placebo
control trial avente come obiettivo la valutazione dell’efficacia del NiOHT in pazienti affetti da SNAS, che secondo una recente
indagine, costituiscono una percentuale significativa (circa il 30%) dei pazienti affetti
da dermatite da contatto. Il trattamento
risulta più efficace in coincidenza della reintroduzione nella dieta dei pazienti degli
alimenti a più alto contenuto di nichel e
sembra essere dose dipendente, risultando ottimale il dosaggio di 1.5µg/ week di
NiOHT. Interessante il fatto che i dati soggettivi (sintomi e VAS score) derivati dallo
studio correlano con i test oggettivi quali
patch e NOC. L’insieme dei dati osservati
in questo studio è in linea con quanto rilevato in precedenza in un open randomized
trial nel quale si era dimostrato che l’efficacia clinica era associata ad una significativa
riduzione del rilascio di interferon gamma,
IL-13 e Il-5 da parte dei linfociti stimolati in vitro derivati dai pazienti trattati con
NiOHT. D’altra parte in un altro studio di
Ricciardi et al. si era osservato che i pazienti trattati con NiOHT un incremento di
IL-10, la citochina ad attività regolatoria. I
cambiamenti nel rilascio di citochine conseguenti all’impiego della terapia NiOHT,
in particolare l’aumento di IL-10, suggerisce che la tolleranza indotta dalla suddetta
terapia potrebbe essere il risultato di un
fenomeno di differenziamento e proliferazione dei linfociti T-nichel specifici con attività regolatoria. Questa ipotesi troverebbe
46
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
conferma nelle basse dosi di NiOHT somministrate. E’ infatti noto che le alte dosi
di antigene favoriscono un meccanismo di
tolleranza “anergy driven”, mentre le basse
dosi di antigene tendono a promuovere un
fenomeno di tolleranza sostenuto dalle cellule T regolatorie che producono IL-10 e
TGF-α. Questo studio ha dei limiti quali
la scelta delle dosi di nichel, la dimensione
dei campioni, la durata del trattamento.
Non è escluso che un dosaggio più elevato di NiOHT possa indurre un effetto
significativo anche sui sintomi cutanei. La
scelta del dosaggio di nichel da usare nella
terapia, si è resa difficile dal fatto che, al
contrario di quanto succede con la terapia NiOHT in cui il nichel è immediatamente biodisponibile, non si conosce né
la forma chimica né la biodisponibilità del
nichel introdotto con gli alimenti. Non
è escluso che un dosaggio più elevato di
NiOHT possa indurre un effetto significativo anche sui sintomi cutanei e quindi
risultare di beneficio per i pazienti affetti
solo da dermatite da contatto.
quesito
Allergia al nichel:
evidenze in pediatria
Risponde: D.ssa Maria Giovanna Colella
Direttore U.O.C. di Pediatria,
Nido e Neonatologia dell’Ospedale di Formia-ASL, Latina
La dermatite da contatto (DAC) al nichel sembra
in aumento probabilmente in ragione del fatto
che si sono sviluppati test diagnostici più precisi. Recentemente è stata rilevata, almeno nell’adulto, una
sindrome a carattere sistemico nota come SNAS . Esistono evidenze che tali patologie si manifestino anche
nei bambini e se sì, ci sono esperienze cliniche al riguardo?
La dermatite allergica da contatto (DAC) nei bambini
è stata precedentemente considerata un evento raro.
Tuttavia, una revisione approfondita della letteratura recente
sulla prevalenza di reazioni positive ai patch test e DAC nella
popolazione pediatrica durante la decade passata, fornisce tassi di sensibilizzazione segnalati del 26,6-95,6% in gruppi sele-
zionati di bambini (1,2). Gli allergeni più comuni riscontrati
sono il nichel, il cobalto, il thimerosal, e profumi. Bambini
e adulti possono essere testati con uguali concentrazioni di
allergeni ai patch test (3).
Tra il 2006 ed il 2009, nel nostro ambulatorio, abbiamo selezionato dieci soggetti in età pediatrica di età compresa tra i
5 e 17 anni risultati allergici al nichel secondo la metodica
patch test, affetti principalmente da dermatite ed orticaria
recidivante, valutando altri sintomi suggestivi di SNAS (Tab.
1). I soggetti selezionati, erano negativi ai patch tests per gli
alimenti latte vaccino, uova, cereali mix, merluzzo, arachide,
soia, riso, pomodoro e Dermatophagoides mix; ai prick test
per alimenti( latte, uova, cereali mix, merluzzo, arachide,
soia, riso, pomodoro, noci, nocciola, arachide, leguminose)
ed principali inalanti (dermatofagoidi, graminacee mix, betullacee, olivo, parietaria , erba canina, cipresso, artemisia ,
aspergillo, alternaria).
Tutti i soggetti hanno effettuato Emocromo, indici di flogosi
(VES, PCR), TGO, TGP, amilasi, AGA, EMA, TGA, profilo
tiroideo es. urine, ricerca sangue occulto fecale, esame parassitologico delle feci e ricerca di Helicobacter pylori, per escludere
altre cause di orticaria e/o dolore addominale ricorrente.
Sintomatologia clinica e positività al nichel correlata
sesso
etàsintomatologia
Maschio
5
Maschio 6
Maschio 8
Maschio 9
Femmina
7
Femmina
9
Femmina
10
Femmina
12
Femmina
14
Femmina
17
Tabella 1
lettura patch test a 48 ore
Dermatite, Prurito, Orticaria
Orticaria
Dermatite, Prurito
Dermatite, Prurito, Orticaria
Dermatite, Prurito, Orticaria
Dermatite, Prurito, Orticaria
Dolenzia addominale ricorrente. Gonfiore Dermatite, Prurito, Dolenzia addominale
Dermatite, Prurito, Dolenzia addominale ricorrente, Cefalea
Gonfiore, Dermatite, Prurito, Dolenzia addominale ricorrente, Cefalea, Orticaria
lettura patch test a 72 ore
+
++
+
++
+
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+++
Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
47
quesito
I soggetti affetti da dolenzia addominale avevano già eseguito
alimentazione povera di lattosio, senza beneficio clinico.
In tutti i soggetti è stata indicata una dieta povera di nichel
per un tempo minimo di due mesi. Sono stati cioè eliminati
cibi ad alto contenuto, medio e discreto contenuto di nichel.
Successivamente sono stati reintrodotti gradualmente gli alimenti esclusi nei successivi due mesi iniziando da quelli a più
basso contenuto di nichel ed è stata rivalutata la sintomatologia clinica.
La sintomatologia clinica è migliorata in tutti i soggetti dopo
dieta a basso contenuto di nichel.
La reintroduzione graduale degli alimenti ha comportato ripresa della sintomatologia in quattro soggetti, tra i più grandi
d’età, mentre nessun peggioramento nei più giovani, come ad
indicare una sorta di tolleranza.
Nel soggetto femminile di 17 anni è stato intrapresa la desensibilizzazione con TIO Nichel secondo lo schema posologico
di assunzione di capsule a dosi crescenti da 0,1 ng fino a
FOLLOW ME
Bibliografia
1. Beattie PE, Green C, Lowe G, Lewis-Jones MS-Which children should we
patch test?. Clin Exp Dermatol. 2007;32(1):6-11.
2. Simonsen AB, Deleuran M, Johansen JD, Sommerlund M- Contact allergy and allergic contact dermatitis in children - a review of current data.
Contact Dermatitis 2011;65(5):254-265.
3. de Waard-van der Spek FB, Oranje AP-Patch tests in children with suspected allergic contact dermatitis: a prospective study and review of the
literature. Dermatology. 2009;218(2):119-125.
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per e-mail
[email protected]
[email protected]
per posta 48
500 ng in 10 settimane e poi reintroduzione di un alimento
escluso a settimana. A distanza di due anni , conduce una
dieta libera.
Non sono descritte in letteratura altre esperienze cliniche sulla
SNAS in età pediatrica.
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Not Allergol Anno 33 - 2014 • Vol. 32, n. 1
Anno 33, 2014 - Volume 32, n. 1
direttore responsabile
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redazione
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Registrazione Tribunale di Milano n. 306 dell’ 1.8.1980
Pubblicazione Quadrimestrale
Il Notiziario Allergologico è on-line su
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In copertina: Troglodytes troglodytes
(Linneo, 1758)
L’uccelletto fiero, orgoglioso, con le piumette
svolazzanti controvento sul capino è uno
scricciolo il “re degli uccelli” quello che ha
sfidato e battuto la grande aquila. In una fiaba
celtica, e di altri popoli, viene raccontato come
avviene la sfida per l’ambito titolo. Sarebbe
diventato re l’uccello che fosse riuscito a volare
più in alto. Lui parte per primo e ovviamente
quando sta per essere superato usa l’astuzia:
appena l’aquila gli passa sotto lui velocemente
si sistema sul suo dorso. L’aquila sale e sale
finchè non ce la fa più e solo allora lo scricciolo
riprende il volo e vince la gara.
Fotografia di
Daniela Zelaschi Ottoboni
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Es: Holt PG - Mucosal immunity in relation to the development of oral
tolerance/sensitization. Allergy 1998;4:16-19.
• Monografie e i trattati: cognome e iniziale del nome degli Autori, titolo, editore, luogo e anno di pubblicazione.
Es: Errigo E - Malattie allergiche. Etiopatogenesi, diagnostica e terapia.
Lombardo Editore, Roma, 1994.
• Lavori pubblicati come capitoli di volumi: indicare cognome e iniziale dei nomi degli Autori, titolo del capitolo, titolo del volume in cui il
lavoro è pubblicato, preceduto dall’indicazione del Curatore, e seguita da
quella dell’Editore, luogo e anno di pubblicazione, pagina iniziale e finale
del capitolo citato.
Es: Philips SP, Whisnant JP - Hypertension and stroke. In: Laragh JH,
Brenner BM (Eds.) Hypertension: pathophysiology, diagnosis and management. 2nd ed., New York, Raven Press, 1995, p. 465-478.
La bibliografia verrà ordinata in ordine di citazione nel corso del testo e
ogni citazione verrà contrassegnata da un numero progressivo di identificazione. In casi particolare, quando la bibliografia sia composta da riviste
sintetiche, trattati, monografie e sia limitata a poche voci, non verrà citata
nel testo ma raggruppata alla fine del lavoro sotto il titolo “Letture consigliate”. I titoli delle riviste dovranno essere abbreviati secondo le indicazioni
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1954; 120: 1078.
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