PRIMO ARCO TEMPORALE
2° Processo
EUROPA, SPAGNA E PORTOGALLO ALLE SOGLIE DEL ’500
L’Europa alla vigilia delle scoperte
La scoperta e la successiva conquista dell’America Latina non sono ovviamente dovute
esclusivamente alla libera iniziativa di Cristoforo Colombo. Esse, infatti, rappresentano il
prodotto di un lungo processo, costituito da rilevanti mutamenti di carattere scientifico,
economico, politico e culturale, avviatosi in Europa a partire dalla seconda metà del XIV secolo.
Le conseguenze dell’arrivo degli europei nel continente americano, che produce un grande
ampliamento dell’orizzonte geografico ed ha riflessi tali in Europa da modificare profondamente
la storia interna di questo continente, si rivelano di una portata tale da far sì che esso venga
considerato l’evento che, insieme alla riforma protestante, segna il passaggio ad una nuova fase
della storia dell’umanità, quella che gli storici definiscono “età moderna”.
A partire dalla fine del XV secolo l’oceano atlantico cessa di costituire una frontiera che
divide due continenti rimasti fino a quel momento privi di qualsiasi contatto degno di rilevanza.
I viaggi dei normanni (giunti dalla Groenlandia sulle coste dell’America settentrionale nell’XI
secolo), compiuti senza la consapevolezza di essere giunti in un diverso continente, non
producono, infatti, alcun ampliamento delle conoscenze geografiche delle popolazioni europee
e, presto dimenticati, non hanno alcuna conseguenza sul piano culturale, economico, politico e
sociale.
Nell’individuare le cause della scoperta dell’America, ossia quel complesso di spinte e
dinamiche che conducono gli europei alla ricerca di un collegamento diretto con i mercati asiatici
e le coste africane e Cristoforo Colombo ad organizzare la sua spedizione, devono essere tenuti
in considerazione diversi piani di analisi, relativi al campo economico-commerciale, scientifico,
politico, sociale e culturale.
Intorno alla metà del ‘300 in Europa si inizia ad assistere alla ripresa da una delle più
imponenti tra le crisi cicliche che caratterizzano la storia dell’Europa medievale e moderna, crisi
dovuta alla diffusione di un’epidemia di peste che è all’origine di un forte crollo demografico. Il
lento riattivarsi di iniziative in campo economico spinge verso la ricerca di nuove vie di
commercio, che conosce un’accelerazione in seguito alla conquista di Costantinopoli da parte
dell’Impero Ottomano nel 1453, e al conseguente crollo dell’Impero Romano d’Oriente.
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Con l’occupazione del territorio da parte dei turchi vengono infatti messe in crisi le
tradizionali rotte commerciali verso l’Oriente, volte in particolare alla ricerca di spezie e tessuti
pregiati. Gli Ottomani divengono l’unico intermediario dei traffici mercantili tra Europa e Asia
Orientale, stabilendo pesanti imposte sui prodotti cinesi e indiani che transitano sul territorio
dell’Impero e sono diretti verso l’Europa. Inoltre, la scarsità di metalli preziosi costringe gli
europei ad acquistare l’oro, proveniente dall’Africa Nera, presso i mercati musulmani di Granada
e del Nord Africa in cambio di ferro, armi e tessuti di lana.
Sebbene, nonostante i divieti papali, gli scambi commerciali nel mediterraneo orientale non
siano mai interrotti (in particolare quelli tra i turchi e Venezia), la pressione economica e militare
esercitata dall’Islam spinge gli europei ad avviare quel lento processo che porterà, nei secoli
successivi, al definitivo superamento della tradizionale politica incentrata sul mediterraneo e alla
sua sostituzione con una politica incentrata sul commercio atlantico. Il superamento delle
“Colonne d’Ercole” (la navigazione oltre lo stretto di Gibilterra) diviene una pratica frequente, e
i contatti tra mercanti mediterranei e dell’Europa settentrionale presso i porti atlantici vanno
intensificandosi; allo stesso tempo, vengono effettuati i primi tentativi di stabilire un contatto
diretto con i mercati africani. Tuttavia, mentre inizialmente l’esplorazione della costa atlantica
del continente africano ha come obiettivo esclusivamente quello di porre fine al monopolio arabo
del commercio dell’oro africano, a partire dalla metà del XV secolo, essendo già stata messa in
discussione la concezione tolemaica relativa alla presunta chiusura a sud dell’oceano indiano, si
inizia a vagliare la possibilità di raggiungere i porti orientali attraverso la circumnavigazione del
continente.
Quello di definire una rotta marittima diretta tra Europa e Asia diventa così un obiettivo
costante della marina europea.
Il profondo rinnovamento culturale dovuto all’affermazione dell’umanesimo, e in
particolare la riscoperta della cultura classica, consente il recupero di conoscenze e ipotesi
geografiche note ai popoli antichi ma cadute nell’oblio in età medievale, tra cui quella relativa
alla sfericità della terra. Si inizia, dunque, a studiare anche la possibilità, fondata proprio sulla
certezza di tale sfericità, di raggiungere l’Oriente attraverso la navigazione atlantica verso
Occidente.
Tuttavia, il tipo di imbarcazioni tradizionalmente utilizzate nel mediterraneo, così come il
patrimonio di conoscenze sfruttato per la navigazione costiera, basata per lo più su pratiche
intuitive, non sono più sufficienti ora che si aspira alla navigazione in un mare aperto e
sconosciuto. Il regime dei venti e delle correnti lungo la costa atlantica africana, ad esempio, è a
lungo considerato un ostacolo insormontabile al superamento delle Canarie. La presenza degli
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alisei marittimi, venti regolari che spirano costantemente verso sud ovest, non solo rende difficile
la navigazione costiera, ma ostacola enormemente il viaggio di ritorno, durante il quale i marinai
europei si trovano a dover contrastare anche la corrente delle Canarie a loro contraria.
Il superamento di queste difficoltà è possibile soltanto grazie ai progressi dell’arte nautica.
Il perfezionamento delle tecniche e degli strumenti della navigazione, avviato già a partire dal
XIV secolo, subisce infatti un’accelerazione all’inizio del secolo successivo.
Si assiste innanzitutto al perfezionamento delle carte nautiche, che forniscono indicazioni
più dettagliate sulle rotte da seguire rispetto ai portolani, carte utilizzate per la navigazione
costiera costruite matematicamente grazie all’uso della bussola, introdotta nel mediterraneo dagli
arabi.
Anche il campo delle costruzioni navali subisce un’evoluzione, che consiste in
un’armonizzazione dei diversi modelli di imbarcazione esistenti dovuta ai contatti tra mercanti
mediterranei, dell’Europa settentrionale e mussulmani. Questa combinazione ha come risultato
la comparsa di nuovi tipi di imbarcazioni adatte ad affrontare l’oceano; tra queste si afferma in
particolare la Caravella, di piccole dimensioni, particolarmente maneggevole e rapida,
protagonista delle esplorazioni del ‘400 e del ‘500.
In questo contesto, la comparsa delle prime entità statuali moderne, che hanno la necessità
di assicurarsi le risorse necessarie per finanziare i nuovi apparati burocratici e gli eserciti, dà un
contributo importante all’espansione commerciale.
Promotori delle prime grandi esplorazioni geografiche sono in particolare due nuove realtà
statuali, ossia il Portogallo, in particolare grazie all’opera di Enrico il Navigatore, e
successivamente, una volta terminata la Reconquista dei territori occupati dai musulmani e
portata a compimento l’unificazione territoriale, la Spagna.
Comprendere le principali caratteristiche del processo di formazione dello stato portoghese
e di quello spagnolo è fondamentale per cogliere i diversi interessi che spingono i due stati
all’espansione commerciale e che conducono alla scoperta del continente americano, nonchè le
diverse modalità con cui verrà successivamente portata avanti la conquista.
Il Portogallo
Resosi indipendente dal regno di Castiglia nel 1142, già dalla fine del XIV secolo il
Portogallo inizia a costruire le condizioni che permettono quell’espansione commerciale che nel
giro di un secolo lo porterà a divenire la più grande potenza coloniale d’Europa.
L’impossibilità di un’espansione territoriale nella penisola iberica ai danni del Regno di
Castiglia, e la necessità di trovare vie di sviluppo e attività economiche alternative all’agricoltura
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e alla pastorizia, infatti, spingono presto i portoghesi verso la ricerca di un’espansione marittima,
che, non potendo aver luogo nel mediterraneo, controllato dai turchi, si svolge in direzione
dell’oceano atlantico.
Lo stimolo al commercio marittimo viene in un primo momento dal nuovo ceto borghese
che si è rafforzato acquisendo potere nelle grandi città già a partire dalla seconda metà del ‘300.
Attraverso il rafforzamento dei rapporti con i mercanti e i banchieri europei, il ceto mercantile
portoghese accresce la propria influenza tanto da giocare un ruolo decisivo nella risoluzione della
grave crisi dinastica apertasi nel 1383, alla morte di Ferdinando I: battendosi contro una soluzione
che significherebbe la rovina economica e la fine dell’indipendenza nazionale, la borghesia
cittadina designa re Giovanni, gran maestro dell’ordine militare degli Aviz, al posto di un
discendente della corona spagnola. La dinastia Aviz si mostra molto sensibile alle esigenze del
ceto mercantile e porta avanti una politica sistematica di esplorazioni.
La fortuna portoghese risiede in particolare nella capacità di sfruttare congiuntamente
l’esperienza dei marinai mediterranei e dell’Europa settentrionale e quella degli elementi
musulmani che vengono accolti nel regno, alla quale bisogna aggiungere l’apporto culturale e
finanziario degli ebrei.
Il progresso quattrocentesco dell’arte nautica portoghese è in gran parte dovuto alla
passione di Enrico il Navigatore, figlio di Giovanni I, per le esplorazioni. Dotato di ingenti
risorse in quanto amministratore dei beni dell’Ordine di Cristo, il principe Enrico crea una vera
e propria accademia di studiosi esperti della navigazione e dà impulso al perfezionamento della
navigazione scientifica basata sul calcolo astronomico e non più sui riferimenti costieri, che
permette di seguire rotte prestabilite anche in alto mare.
L’interesse portoghese verso l’Africa ha le sue radici nella volontà di proseguire la
Reconquista, che in Portogallo è terminata da tempo; l’obiettivo di raggiungere direttamente le
miniere d’oro africane diviene tuttavia presto preponderante, sebbene l’ideologia della crociata
rimarrà sempre viva durante l’espansione.
La conquista di Ceuta nel 1415 (seguita nel 1418 dalla presa di possesso di Madeira e di lì
a poco di quella delle Azzorre) segna l’inizio dell’egemonia portoghese nell’Africa atlantica.
Inizialmente ci si limita a fondare basi commerciali lungo la costa settentrionale africana
in grado di assicurare il controllo dell’oro e degli schiavi, e solo una volta superato Capo Bojador
prende corpo il progetto di creare una nuova via marittima per l’India attraverso la
circumnavigazione del continente.
Nel 1487 Bartolomeo Diaz doppia il Capo di Buona Speranza e raggiunge l’Oceano
Indiano, aprendo in questo modo la via orientale per l’India, che viene raggiunta nel 1498 da
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Vasco da Gama. Questo successo spiega perchè quando Colombo presenta il progetto di
raggiungere l’oriente navigando verso occidente i sovrani portoghesi rifiutano di finanziarlo,
preferendo insistere sul percorso già avviato.
Il monopolio portoghese della via orientale alle Indie è sancito dal papato attraverso due
bolle, la Romanus Pontifex del 1455 e la Aeterni Regis Clementia del 1481, che autorizzano la
corona portoghese ad insediarsi lungo le coste africane e vietano agli altri sovrani europei di
violare la sovranità portoghese su queste terre. L’economia-mondo tardo medievale avente il suo
centro nel mediterraneo e in Venezia viene così sostituita da un nuovo sistema economico
incentrato sul commercio atlantico e su Lisbona, che a sua volta viene soppiantata verso gli anni
’80 del secolo da Anversa.
L’impero coloniale portoghese è costituito da una rete di centri e di basi fortificate edificate
lungo la costa, utilizzate come scali commerciali. Caratteristica fondamentale dell’espansione
coloniale portoghese, infatti, è l’assoluta preminenza di interessi di tipo commerciale, e
l’assenza della volontà da parte della corona di stabilire un’egemonia politica sul continente
attraverso la penetrazione verso l’interno e la creazione di colonie di popolamento, impedita per
altro dall’esiguità della popolazione della madrepatria.
La storiografia ha a lungo individuato le cause dello sgretolamento dell’impero coloniale
portoghese nel XVII secolo, sotto gli attacchi degli olandesi, nella struttura politica, economica,
sociale e culturale stessa del Portogallo, considerata arcaica e arretrata rispetto alla modernità
nordeuropea, mentre recentemente il dibattito storiografico ha rivalutato l’importanza dei
mutamenti avvenuti nel contesto asiatico.
Diversi, come si dirà meglio in seguito, sono gli esiti degli scontri tra Olanda e Portogallo
in Brasile, dove il dominio portoghese rimarrà intatto fino al XIX secolo.
La Spagna
Il processo di unificazione territoriale della Spagna viene avviato nel 1469, con il
matrimonio di Isabella di Castiglia e Ferdinando di Aragona e la conseguente unione dei due
regni più potenti della penisola iberica, e subisce una svolta importante nel 1492, quando
l’espugnazione dell’ultima roccaforte musulmana nella penisola mette fine alla reconquista
cristiana dei territori occupati dai mori; nel 1512 sarà inglobata anche la Navarra.
L’organizzazione del nuovo stato avviene all’insegna della prosecuzione delle forme
istituzionali maturate nell’ultimo periodo del medioevo, e dunque del riconoscimento e del
rispetto delle specificità e delle tradizionali autonomie dei diversi regni. L’aristocrazia, in
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particolare quella castigliana, può quindi consolidare l’ampia autorità giurisdizionale, il potere
economico e l’influenza politica conquistate nel secolo precedente.
Nel XVI secolo sono istituiti i Consejos, strutture amministrative organizzate sulla base
delle competenze, come ad esempio quelli delle Finanze e della Guerra, o su base territoriale,
come il Consiglio di Castiglia, di Aragona e, una volta terminata la conquista, delle Indie.
Secondo la visione dei sovrani, dunque, più che su un accentramento amministrativo l’unità del
regno, abitato da popoli diversi per lingua, organizzazione sociale e tradizioni, deve fondarsi su
una comune identità religiosa; il processo di costruzione della nuova identità nazionale, fondata
sull’idea della “limpieza de sangre”, deve attuarsi attraverso l’opera del Consejo de la Suprema
y General Inquisición, ossia dell’Inquisizione Spagnola (chiamata così perchè distinta e
indipendente da quella romana), la prosecuzione della lotta contro l’islam e una politica
fortemente discriminatoria nei confronti degli ebrei, la cui presenza viene considerata dannosa
per la difesa del cristianesimo e dunque dello Stato stesso.
In questo senso, il 1492 rappresenta un anno di svolta: alla riconquista del regno di Granada
segue infatti la promulgazione dell’editto di espulsione degli ebrei dalla Spagna. Più tardi, anche
la conquista delle nuove terre scoperte da Colombo verrà portata avanti in nome della diffusione
del cattolicesimo, del quale i sovrani spagnoli, i “re cattolicissimi”, si presentano come supremi
difensori.
Una volta terminata la reconquista l’interesse dei sovrani spagnoli può tornare a rivolgersi
verso l’espansione marittima. Preoccupati delle conquiste portoghesi in Africa, che vengono
riconosciute con il trattato di Alcaçovas-Toledo del 1479, in cambio del possesso delle Canarie,
i sovrani spagnoli accettano quello stesso anno di finanziare il viaggio di Colombo, volto a
“buscar el Levante por el Ponente”, per impedire che i portoghesi si assicurino il monopolio della
tanto agognata via delle Indie.
L’impresa di Colombo segna il momento d’avvio dell’espansione spagnola nel continente
americano, la quale, a differenza dell’espansione portoghese, finalizzata alla creazione di un
impero commerciale, è diretta alla conquista e al popolamento dei territori americani, che sono
giustificati in nome della missione evangelizzatrice della corona spagnola. I primi a partire per le
nuove terre sono, infatti, gli stessi protagonisti della reconquista, gli hidalgos, ossia i membri
della piccola nobiltà in cerca di gloria, onore e di quella ricchezza che il servire il re e la religione
gli procurerebbe e che in patria, una volta terminata la reconquista, gli è ormai preclusa.
In America i conquistadores, convinti della propria superiorità e forza derivanti dall’essere
cattolici e dall’aver contribuito all’eliminazione del pericolo musulmano ed ebraico dalla Spagna,
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porteranno avanti una conquista spirituale che, come si dirà in seguito, si rivelerà non meno feroce
e brutale di quella materiale.
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