- Comunità Montana Sondrio

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Abete bianco
SECONDA PARTE
LE SPECIE
Famiglia:
Pinacee
Nome scientifico: Abies alba
Nomi dialettali: avez, vez.
Caratteri botanici
L’Abete bianco è una conifera sempreverde che può
superare i 40 m di altezza e i 300 anni di età. Il
fusto è diritto e cilindrico, e la corteccia è grigia
e liscia nelle piante giovani, con delle caratteristiche bolle piene di resina, mentre diventa screpolata nelle piante mature. Gli aghi sono di forma
appiattita, verdi lucenti nella pagina superiore, e
con due linee bianche nella pagina inferiore. Le
pigne sono portate erette, e quando i semi sono
maturi si sfaldano sulla pianta: cadono le squame
ed i semi, mentre il rachide rimane solitario sui
rametti (ecco perché non si trovano pigne ai piedi
della pianta).
Le piante adulte hanno un caratteristico portamento
detto “a nido di cicogna”, dovuto alla progressiva
diminuzione della crescita del getto apicale, che provoca un addensamento dei rami sulla cima, come
se vi fosse costruito appunto un grosso nido.
Caratteri ecologici e note selvicolturali
L’Abete bianco è una specie che necessita di una
buona umidità del terreno e dell’aria, e pertanto si
trova bene sui versanti ombrosi con clima molto piovoso, dove si mescola all’Abete rosso e al Faggio.
Soprattutto in gioventù sopporta molto bene l’ombra, riuscendo a vivere anche sotto la copertura delle
piante adulte.
Si rinnova esclusivamente tramite i semi, che vengono dispersi dal vento grazie all’ala di cui sono forniti.
Nell’orizzonte montano l’Abete bianco può formare
boschi puri, o consociarsi in genere con l’Abete
rosso. Il taglio delle piante mature fatto su piccole
superfici (3-4 piante vicine) crea delle piccole
radure dove sono favorite la nascita e lo sviluppo
delle piantine di Abete bianco. Si possono formare
gruppi di novellame molto densi che, sebbene sopportino a lungo la concorrenza reciproca, devono
essere sfoltiti selezionando i soggetti migliori, fino
a lasciare solo un leggero contatto tra le chiome,
che permette un regolare accrescimento. Le giovani
piantine sono appetite dai mammiferi erbivori
(capre e caprioli) che si cibano volentieri dei germogli, rallentandone o compromettendone lo sviluppo. L’Abete bianco è pure soggetto agli attacchi
da parte di un fungo che ne causa il cancro, il quale
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si manifesta sul fusto con degli ingrossamenti
caratteristici; in corrispondenza dell’ingrossamento
i fusti vengono spesso spezzati dal vento. Coi diradamenti successivi agli sfolli si elimineranno le
piante rimaste soffocate, eccessivamente esili ed
allungate, o colpite dal cancro.
In genere è opportuno favorire la mescolanza di specie, che nel caso dell’Abete bianco si attua volentieri con l’Abete rosso e il Faggio.
Le produzioni del bosco di Abete bianco non differiscono sensibilmente dal bosco di Abete rosso.
Il legno
Massa volumica: 4,6 q/m3
Legno biancastro con alburno e durame indifferenziati. Gli anelli di accrescimento sono ben marcati;
i nodi sono scuri e molto duri. Il legno è privo di
resina, che invece è presente nella corteccia. Solitamente il legname viene commerciato assieme a
quello dell’Abete rosso, anche se rispetto a questo
è leggermente meno pregiato a causa dei nodi difficilmente lavorabili e delle deformazioni cui è soggetto durante la stagionatura. Il legno si usa in falegnameria ma non è considerato pregiato.
E’ ancora utilizzato nelle alberature delle barche in
legno.
I tronchi da sega si allestiscono generalmente di 4
m o più di lunghezza e di almeno 20 cm di diametro minimo, mentre i tronchi per travatura si allestiscono secondo le esigenze.
La legna da ardere non costituisce l’assortimento
principale. Si destinano a questo impiego i rami, con
alto potere calorifico.
Corteccia
Portamento
delle pigne
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Fronda
durante la fioritura
Pigna, squama e semi
Foglie
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Abete rosso
Famiglia:
Pinacee
Nome scientifico: Picea abies
Nomi dialettali: pesc, pescia
Caratteri botanici
L’Abete rosso è una conifera sempreverde che può
superare i 40 m di altezza e i 400 anni di età. Il
fusto è slanciato e diritto, con corteccia grigio-rossastra ruvida, che si sfalda in piccole placche nelle
piante più vecchie. Le foglie sono aghiformi, sottili, appuntite e a sezione romboidale, verdi scure.
Le pigne sono portate pendule sui rametti; a maturità disperdono i semi, ed in seguito cadono intere.
L’apparato radicale ha uno sviluppo tipicamente
superficiale, e per questo spesso le piante adulte
sono sradicate dal vento.
Caratteri ecologici e note selvicolturali
Tra le conifere nostrane è sicuramente la più diffusa, anche se genericamente ed erroneamente
indicata col nome di pino. Si trova sui versanti, dalla
zona del Castagno fino oltre i 2000 m. Predilige i
terreni freschi, ed è meno esigente di umidità
rispetto all’Abete bianco; è resistentissima al freddo,
ma tollera anche il caldo; nei riguardi della luce,
rifugge le esposizioni troppo luminose come pure
quelle eccessivamente ombreggiate.
Forma estesi boschi puri, ma si trova anche mista
alle latifoglie, o ad altre conifere come Abete bianco,
Larice e Pino silvestre.
Il legname migliore si ricava dai boschi dell’orizzonte
montano o subalpino, e a questi pertanto conviene
indirizzare gli sforzi, piuttosto che sui soggetti che
si trovano a quote inferiori. Questi ultimi crescono
molto velocemente e sono assai ramosi, a discapito
della qualità tecnologica del legname.
I giovani popolamenti densi necessitano di sfolli e
diradi per eliminare i soggetti più stentati, riconoscibili dal getto apicale molto ridotto. La potatura
dei rami verdi praticata sulle giovani piante, con l’intento di ottenere fusti slanciati e con pochi nodi,
in genere risulta dannosa. La regolazione della densità del bosco dosa la quantità di luce che colpisce
le chiome. Poca luce porta alla formazione di fusti
con buone caratteristiche, cioè molto allungati e con
pochi nodi, ma poco resistenti al vento; molta luce
porta alla formazione di piante tozze, con rami anche
nella parte bassa del fusto e quindi molti nodi nel
legno, ma più resistenti alle intemperie.
Nei boschi puri dell’orizzonte montano, con molte
piante mature, conviene impostare i tagli a gruppi
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di 4-5 piante, distanziati tra loro, per non scoprire
eccessivamente il terreno e stimolare l’invasione
delle infestanti. Nell’orizzonte subalpino i boschi
sono più radi, e le piante mature verranno tagliate
a gruppi più piccoli, di 2-3 piante ciascuno.
Il bosco di Abete rosso è tra i più produttivi tra
quelli del nostro ambiente. Un ettaro di pecceta
matura in condizioni medie può produrre, e anche
superare, 400 m3 di legname. Una pianta di 40 cm
di diametro misurati a 1,30 m da terra, di bell’aspetto, ha un volume del fusto di circa 1 m3.
Il legno
Massa volumica: 4,4 q/m3
Il legno, di colore chiaro, non presenta differenziazione tra alburno e durame, e gli anelli di accrescimento sono ben visibili. La tessitura fine, la fibratura diritta lo rendono ben lavorabile. E’ molto usato
in falegnameria nella costruzione di mobili ed
infissi, ed in carpenteria nella realizzazione di travi
e coperture per tetti.
All’aria aperta deperisce rapidamente.
Il legno di buona qualità dovrebbe avere non meno
di 3-4 anelli di accrescimento per ogni cm di spessore.
I tronchi da sega si allestiscono normalmente di 4
m di lunghezza, mentre quelli per travi secondo le
esigenze.
I rami forniscono un ottimo combustibile, ad alto
potere calorifico.
Pigna, squama e semi
Fronde
durante
la fioritura
Corteccia
Portamento
delle pigne
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Aceri
Famiglia:
Aceracee
Sul nostro territorio sono presenti allo stato spontaneo tre specie di aceri, e precisamente Acero di
monte, Acero riccio e Acero campestre.
Nome scientifico:
– Acero di monte: Acer pseudoplatanus;
– Acero riccio:
Acer platanoides;
– Acero campestre: Acer campestre
Nomi dialettali:
aser
Caratteri botanici
L’Acero di monte e l’Acero riccio sono grandi alberi
che possono raggiungere 40 m di altezza, con fusto
diritto, cilindrico e chioma ampia, molto longevi.
La corteccia è grigia e ruvida, e nelle piante mature
si distacca in grandi placche caratteristiche. La fioritura è poco appariscente; l’Acero di monte ha i fiori
pendenti, che compaiono dopo l’emissione delle
foglie, mentre l’Acero riccio ha i fiori eretti e compaiono prima dell’emissione delle foglie.
L’Acero campestre è un piccolo albero con tronco
spesso contorto e chioma globosa, a crescita lenta.
La corteccia è da grigia a marrone, ruvida e screpolata con creste lunghe qualche centimetro.
I frutti sono delle samare doppie, facilmente trasportabili dal vento grazie alle ali che li accompagnano.
Caratteri ecologici e note selvicolturali
L’Acero di monte si trova dall’orizzonte submontano
all’orizzonte montano nelle localizzazioni piuttosto
umide e non eccessivamente esposte al sole. Sopporta bene l’ombra soprattutto da giovane, e per
questo riesce a rinnovarsi anche nei castagneti da
frutto non più coltivati, all’ombra delle vecchie
piante. Grazie alla sua elevata traspirazione, contribuisce al prosciugamento dei terreni umidi.
L’Acero riccio ha esigenze simili all’Acero di monte,
ma risulta molto meno diffuso.
L’Acero campestre è diffuso, ma non molto frequente,
nei piani submontano e submontano; esige localizzazioni calde e più luminose rispetto agli altri due
aceri.
Gli aceri si riproducono normalmente da seme, ma
rigettano bene anche dalle ceppaie, e possono per
questo essere trattai anche a ceduo.
Raramente gli aceri formano boschi puri; più di frequente si trovano misti al altre latifoglie. L’Acero di
monte e l’Acero riccio si governano convenientemente a fustaia, poiché in tal modo è possibile la
produzione di fusti da lavoro. Si individuano i
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Samare di Acero di monte (sopra)
e di Acero campestre (sotto)
migliori soggetti, (fusto diritto e chioma raccolta
in alto) che a 50-60 anni di età potranno essere
pronti al taglio, potendo comunque vivere molto più
a lungo senza che intervengano deprezzamenti del
legno. Per ottenere fusti con pochi nodi, è necessario mantenere un certo grado di copertura che stimoli l’accrescimento in altezza e il raccoglimento
della chioma in alto. E’ necessario inoltre evitare
con cura di danneggiare la corteccia delle piante che
devono rimanere in piedi, poiché il legno è facilmente attaccabile, a partire dalle ferite, dai funghi
che provocano la carie.
Il legno
Acero di monte e Acero riccio
3
Massa volumica: 6,6 q/ m .
Il legno è di colore bianco, senza differenziazione
tra alburno e durame; la tessitura è fine e la fibratura diritta.
Il legno è molto apprezzato per la sua buona lavorabilità e per le ottime caratteristiche meccaniche.
Le tavole radiali presentano caratteristici effetti sericei grazie alla presenza dei raggi, piccoli ma visibili. Particolari effetti cromatici possono derivare
dalla porzione basale del fusto delle piante mature
(tigratura, occhio di pernice). Il legno viene utilizzato nella costruzione di mobili, strumenti musicali e in lavori di torneria. Un tempo era assai impiegato nella fabbricazione delle stoviglie da cucina.
L’assortimento principale e più ricercato è il tronco
da trancia o da sfogliatura, soprattutto se marezzato; molto apprezzato è anche il tronco da sega,
che può essere assorbito anche dall’industria locale.
Fioritura
di Acero campestre
Acero di monte
Legno a venatura fiammata (a sinistra) e a rigatino (a destra)
Foglie e samare
di Acero di monte
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Bagolaro
Famiglia:
Nome scientifico:
Nomi dialettali:
Ulmacee
Celtis australis
fucarten, biscugin
Caratteri botanici
E’ una pianta che raggiunge 20–25 m di altezza, e
può vivere qualche secolo. Il fusto in genere è
diritto, e la corteccia è di colore grigio cenere e
liscia. La chioma è molto ampia e rotonda, con foglie
seghettate e appuntite, leggermente più scure
nella pagina superiore. I fiori sono poco evidenti,
piccoli e gialli. Il frutto è una piccola drupa quasi
nera, portata da un lungo picciolo, che matura in
autunno, ed è appetita dagli uccelli.
Caratteri ecologici e note selvicolturali
Il Bagolaro è originario dei paesi mediterranei, e
grazie alla sua coltivazione si è diffuso anche da
noi. Preferisce le posizioni soleggiate e calde, e si
adatta molto bene ai terreni poveri. Si rinviene frequentemente sulle zone rocciose che affiorano tra
i vigneti; le sue radici penetrano con forza tra le
fenditure, provocando non di rado il crollo di qualche blocco roccioso. Per questo motivo sulle zone
terrazzate non è una pianta gradita. Il Bagolaro si
trova spesso nelle alberature cittadine, dove si
adatta molto bene agli spazi ristretti e sopporta
altrettanto bene l’inquinamento atmosferico. E’
facilmente attaccabile dalla carie nel fusto e nelle
grosse branche, e pertanto la potatura deve essere
accuratamente eseguita in modo da ridurre al
minimo la possibilità di infezioni.
Il legno
Massa volumica: 7,2 q/m3
Il legno è di colore chiaro, duro e molto resistente.
Viene impiegato nella fabbricazione di manici e
oggetti torniti; talora viene pure segato ed impiegato in falegnameria. Grazie alla sua elasticità veniva
impiegato per la costruzione di ruote e stanghe per
carri.
Foglie e fiori
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Fusto
Foglie e frutti
Albero
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Betulla
Famiglia:
Nome scientifico:
Nomi dialettali:
Un betuleto maturo può contenere una massa di 80120 m3/ha.
Betulacee
Betula pendula
bedula, bedoi.
Caratteri botanici
La Betulla può raggiungere i 30 m di altezza e i 70
cm di diametro. Si caratterizza per la corteccia
bianca e liscia, che rimane tale per lungo tempo;
negli alberi più vecchi si ispessisce, diventa ruvida,
fessurata e di colore scuro. I giovani rametti sono
di colore bruno-rossiccio, spesso lunghi e pendenti.
I fiori maschili sono separati da quelli femminili: i
primi compaiono già dall’autunno, in forma di
amenti penduli, e liberano il polline giallastro a primavera, quando compaiono i fiori femminili, in
forma di amenti eretti. I fiori femminili formano l’infruttescenza allungata, che contiene e libera a maturità i piccoli semi, dotati di ala, che vengono dispersi
dal vento. La chioma è molto leggera e verde chiaro.
Il legno
Massa volumica: 6,5 q/m3
Il legno è di colore bianco, con alburno e durame
indifferenziati; la tessitura fine e la fibratura diritta
lo rendono di facile lavorazione, adatto alla costruzione di mobili, di oggetti intagliati e torniti, e si
presta anche alla sfogliatura. Il legno stagionato è
piuttosto duro e poco propenso a fendersi. Il legno
fresco è facilmente attaccato da funghi e insetti se
viene lasciato all’aperto.
La corteccia è facilmente infiammabile, e da secca
può essere impiegata come esca per il fuoco, e anche
il legno è un buon combustibile.
Caratteri ecologici e note selvicolturali
La Betulla è molto amante della luce, ed ha carattere pioniere; per questo si insedia facilmente
lungo le scarpate stradali e in genere sul terreno
smosso, sui coltivi abbandonati, nei boschi distrutti
dal fuoco, dall’orizzonte submontano all’orizzonte
montano, sempre in localizzazioni ben illuminate.
E’ molto resistente al freddo, e cresce bene anche
sui terreni poveri e ghiaiosi.
La Betulla può formare boschi puri, che tuttavia non
sono destinati a durare a lungo. Infatti attraverso
la chioma delle betulle filtra sempre una certa quantità di luce che giunge al suolo, e che permette la
crescita di alberi ed arbusti diversi, che si avvantaggiano della leggera ombra fornita dalle betulle.
Per questo si dice che la Betulla è una importante
specie preparatoria.
In genere la Betulla risulta meno gradita delle specie a cui spesso si accompagna, come il Frassino
maggiore, le querce o le conifere, e quindi generalmente la gestione del betuleto non mira alla sua
conservazione, ma a favorire la sostituzione con le
specie più gradite. La rinnovazione del betuleto si
può ottenere esclusivamente col taglio raso, che permette una buona illuminazione del suolo, accompagnato da una lavorazione superficiale del terreno,
che si attua involontariamente durante i lavori di
esbosco del legname. Si ricorda tuttavia che il taglio
raso è vietato dalla vigente normativa forestale, se
non preventivamente autorizzato.
Corteccia
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Amenti
maschili
Legno
Fronde e infruttescenze
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Carpino nero
Famiglia:
Nome scientifico:
Nomi dialettali:
Corilacee
Ostrya carpinifolia
carpen
Caratteri botanici
Il Carpino nero è un piccolo albero, con fusto spesso
dritto e regolare, e corteccia bruno-rossastra che si
screpola in lunghe scaglie. Le foglie sono simili a
quelle dell’Olmo campestre, ma a differenza di queste, sono simmetriche, rispetto alla venatura centrale, fino alla base. I fiori maschili sono amenti penduli e cilindrici lunghi fino a 8 cm, che compaiono
in autunno, mentre i femminili sono amenti più corti
e tozzi, simili a quelli del luppolo, che compaiono
in primavera.
Il Carpino nero ha una notevole capacità pollonifera, ed è molto indicato nella costituzione di boschi
cedui.
Caratteri ecologici e note selvicolturali
Il Carpino nero è una pianta amante del caldo, che
in Valtellina e Valchiavenna non è molto diffusa; si
trova nelle localizzazioni con temperatura mite, dove
può formare anche boschi puri, preferibilmente sui
versanti ombrosi. Si trova generalmente nei boschi
cedui dell’orizzonte montano inferiore.
Il legno
Il legno del Carpino nero ha durame ed alburno indifferenziati, è di colore rosso-bruno, ed è molto duro;
non si presta nelle costruzioni, a causa delle ridotte
dimensioni dei fusti, delle deformazioni che subisce durante la stagionatura e della scarsa durabilità all’aperto. Per la sua durezza e la fibratura contorta risulta di difficili segagione e piallatura.
Viene impiegato nella fabbricazione di piccoli
oggetti, e in passato, in parti meccaniche, come
ruote dentate e navette da telai. L’uso principale
del legno è come combustibile, per cui viene molto
apprezzato.
Infruttescenza
38
Legno
Foglie
Infruttescenze
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Castagno
Famiglia:
Nome scientifico:
Nomi dialettali:
Fagacee
Castanea sativa
castan, arbul
Caratteri botanici
Albero maestoso e molto longevo, può superare i
500 anni di vita. E’ stato largamente diffuso nei
secoli passati, grazie ai frutti commestibili e al
legname, che si presta a svariati impieghi.
Come per tutte le specie che si riproducono anche
per via vegetativa, l’aspetto dei polloni è in genere
diverso da quello delle piante nate dai semi. Gli
alberi di maggiori dimensioni sono quelli nati da
seme, che spesso venivano innestati, che si trovano
nelle selve, mentre i polloni hanno generalmente una
forma più slanciata e meno ramificata, dovuta
anche alla maggior densità dei boschi cedui rispetto
alle selve da frutto. La facoltà pollonifera è elevatissima.
Il Castagno ha i fiori maschili separati da quelli femminili, ed entrambi sono portati da infiorescenze.
Le infiorescenze sono di due tipi: alla base del
rametto di un anno si formano le infiorescenze che
portano solo fiori maschili, in forme di lunghi amenti
bianco-giallastri, mentre all’apice del rametto si formano le infiorescenze miste, che portano cioè sia
fiori maschili, sia fiori femminili. I fiori femminili
sono portati in gruppi di tre, verso la base delle
infiorescenze miste. Dopo la fecondazione, il fiore
femminile si trasforma nel riccio. Il seme, e non l’intero frutto, è la castagna.
Il Castagno è tra le principali piante mellifere della
nostra provincia.
e necessita di terreni freschi per poter crescere bene.
I fiori sono sensibili alle gelate tardive. Le castagne sono molto nutrienti, e sono appetite non solo
dall’uomo, ma anche da mammiferi, uccelli e insetti
che in autunno frequentano i castagneti.
Il seme ha buona capacità germinativa, e le giovani piantine necessitano di una leggera illuminazione per potere accrescersi bene.
Nell’ambito della specie esistono numerose razze e
varietà che si differenziano per la forma del frutto,
l’epoca di maturazione, il colore della corteccia, la
qualità del legno, la forma delle foglie ecc.. I castagni coltivati si raggruppano comunemente in marroni, con 1-2 castagne per ogni riccio, con pellicola sottile non penetrante nel seme, e castagne,
con 2-4 castagne per riccio, con pellicola che penetra ripetutamente nel seme.
Nelle selve destinate alla produzione di castagne la
Caratteri ecologici e note selvicolturali
Il Castagno occupa i versanti sia ombrosi che assolati, fino verso 1000 m di quota, dove è stato coltivato da lungo tempo. E’ moderatamente termofilo,
Infiorescenza maschile (in alto)
e infiorescenza mista (in basso)
Castagneto da frutto
40
Fioritura
Paleria segata
densità degli alberi deve essere mantenuta bassa,
con non più di 100 piante per ha, per consentire
una buona illuminazione delle chiome e una abbondante fruttificazione. Per la piantagione si ricorre
generalmente a trapianti già innestati con la varietà
desiderata; successivamente con la potatura si
devono eliminare le branche secche, quelle più vecchie e ombreggiate. Le selve devono inoltre essere
tenute libere dagli altri alberi e arbusti, per non
ombreggiare i castagni e per facilitare la raccolta
delle castagne.
I castagneti destinati alla produzione di legno sono
Legno
Innesto a doppio spacco
Fronde e frutti
41
generalmente cedui, e sono molto più densi delle
selve, per poter ottenere fusti slanciati e con pochi
rami. La rinnovazione avviene prontamente dopo il
taglio, col riscoppio di numerosi polloni. E’ importante regolarizzare la densità dei polloni sulle ceppaie, per eliminare quelli male inseriti e mal conformati. Attualmente i turni adottati sono piuttosto
elevati, tra 20 e 30 anni, e permettono di ottenere
fusti di diametro a 1,30 m da terra superiore a 30
cm. E’ consigliabile intervenire con un primo interventi di sfollo dei polloni sulle ceppaie entro 5-6
anni dopo il taglio, seguito da un diradamento verso
i 15 anni.
Da una pianta matura di Castagno destinato alla produzione dei frutti si raccolgono da 6 a 20 kg di castagne.
Un ettaro ceduo di 30 anni correttamente gestito
può contenere, nelle situazioni migliori, fino a 200
m3 di legname.
Il legno
Massa volumica 5,7 q/m3
Alburno bianco-giallastro, molto ristretto, e durame
da marrone chiaro a bruno. La tessitura è grossolana, e la fibratura è generalmente diritta, e permette una buona lavorabilità e finitura.
Dai fusti tagliati si ricava un gran numero di assortimenti: tra quelli ancora impiegati si ricordano la
paleria agricola o per recinzioni, travi per tetti, tondame per paravalanghe o per difesa dei versanti,
tronchi da sega. Di recente è stata condotta con successo la sperimentazione delle scandole di Castagno per la copertura dei tetti.
La paleria può essere tonda, o lavorata a spacco a
partire da tronchi di dimensioni superiori. Nella produzione di assortimenti da impiegare all’aperto, il
Castagno tra le specie nostrane si rivela estremamente adatto grazie alla notevole durabilità del
legno, soprattutto del durame. I tronchi da sega
costituiscono l’assortimento più pregiato ottenibile;
è necessario che siano sufficientemente diritti e con
cipollatura contenuta entro limiti accettabili. Dai
segati si ottiene legname per mobili, infissi e doghe
per botti; i tronchi migliori possono altresì essere
tranciati. La legna da ardere è poco apprezzata a
causa dell’elevato contenuto in tannino, che ostacola la combustione e forma depositi lungo i condotti dei fumi; la fascina, tuttavia, per il fatto di
essere formata da giovani rami, con basso contenuto di tannino, fornisce una fiamma vivace.
La combinazione dei tannini con certi metalli forma
composti di colore scuro che si possono diffondere
lungo le fibre del legno; tale fatto deve essere tenuto
in considerazione nel fissaggio del legname da lavoro
con viti e chiodi.
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Cembro
Famiglia:
Nome scientifico:
Nome dialettale:
Pinacee
Pinus cembra
gembro
Caratteri botanici
E’ un albero molto longevo e di lento accrescimento.
La chioma è sempreverde e globosa, e il fusto generalmente diritto. La corteccia è di colore grigio, liscia
e con bolle di resina nelle piante giovani, screpolata in squame nelle piante adulte. Le foglie sono
aghiformi, riunite a fascetti di cinque aghi ognuno.
I fiori compaiono a primavera; sia i maschili che i
femminili sono piccoli amenti rossastri. I femminili
si trasformano, dopo la fecondazione, nelle pigne,
che durano sulla pianta fino alla primavera del terzo
anno. I semi contenuti sono avvolti da un tegumento legnoso, e sono commestibili.
Caratteri ecologici e note selvicolturali
E’ una pianta tipicamente alpina, molto resistente
al freddo e poco sensibile alle esposizioni, anche
se gradisce una leggera copertura in gioventù. Cresce bene su terreni freschi, ma non vuole ristagni
idrici.
Il seme è molto appetito da mammiferi e uccelli che
frequentano le cembrete; gli scoiattoli e la nocciolaia sono veri specialisti nel cibarsi dei semi
estraendoli dalle pigne ancora chiuse. Alla loro
innata attitudine a creare scorte di cibo, si deve il
fatto che piccoli depositi di semi posti nel terreno,
e non utilizzati, germoglino, formando gruppetti di
piantine.
Si diffonde spontaneamente sui pascoli abbandonati,
tuttavia a causa della pesantezza del seme la rinnovazione è sempre concentrata attorno alle piante
madri.
Il legno
Massa volumica 4,5 q/m3
Il legno di cirmolo gode di una fama consolidata,
al pari di quella del Noce tra le latifoglie, a motivo
della tessitura fine e della fibratura diritta, che lo
rendono ben lavorabile. Il durame ha un bel colore
rosso salmone, mentre l’alburno è chiaro; le cerchie
di accrescimento sono generalmente molto ristrette
e regolari. I tronchi sono adatti ad essere scolpiti
e lavorati al tornio, mentre con i segati si realizzano mobili e rivestimenti interni. Il legno, leggero,
ha un caratteristico e gradevole profumo dovuto alla
resina.
Pigna,
squama e seme
Corteccia
Albero
Fronde e fiori
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Ciliegio
Famiglia:
Sottofamiglia:
Nome scientifico:
Nomi dialettali:
Rosacee
Prunoidee
Prunus avium
sciaresa, sceresa, sciaresera,
sceresera.
Caratteri botanici
Il Ciliegio selvatico è un albero che raggiunge e
spesso supera i venti metri di altezza; ha un fusto
diritto ricoperto da una corteccia grigio chiara con
lenticelle ben visibili, disposte orizzontalmente.
Nelle piante adulte gli strati più esterni della corteccia spesso si lacerano in striscioline orizzontali.
La chioma è espansa e globosa, con rami disposti
in palchi regolari. La fioritura, di colore bianco, è
caratteristica e particolarmente vistosa, ed avviene
prima dell’emissione delle foglie. Il frutto è una
drupa sferica di colore rosso scuro, liscia, con polpa
commestibile. Il seme, comunemente chiamato
nocciolo, è di consistenza ossea e liscio. Frutto e
seme costituiscono un’importante fonte alimentare
per gli animali selvatici. Gli uccelli si cibano volentieri dei frutti, contribuendo alla disseminazione e
diffusione della specie.
Caratteri ecologici e note selvicolturali
Il Ciliegio selvatico si trova dall’orizzonte submontano fino a 1200 – 1400 m di altitudine; la sua
distribuzione è facilmente individuabile durante la
fioritura. Si nota nei boschi di latifoglie formatisi
sui coltivi abbandonati e nei castagneti, sia sui versanti soleggiati che su quelli ombrosi.
La rinnovazione avviene prevalentemente da seme,
grazie soprattutto alla disseminazione operata dagli
uccelli; le plantule si sviluppano preferibilmente
nelle localizzazioni ben illuminate o sotto una leggera copertura. Il Ciliegio si riproduce anche per polloni radicali, formando piccoli boschetti molto
densi.
E’ molto resistente al freddo, ma la fruttificazione
viene spesso compromessa dalle gelate durante il
periodo della fioritura.
Non è un albero molto socievole, e perciò non forma
boschi puri, al contrario si trova volentieri frammisto
ai boschi dell’orizzonte submontano e dell’orizzonte
montano inferiore.
Il Ciliegio si trova sia in aperta campagna, come
albero isolato, generalmente piantato e non di rado
innestato per la produzione dei frutti, sia spontaneo in bosco. Per la produzione di legno l’interesse
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si concentra sulle piante in bosco, o comunque sui
soggetti selvatici.
Le giovani piantine di Ciliegio necessitano di una
buona quantità di luce per potersi sviluppare in
modo ottimale; le cure colturali devono essere indirizzate esclusivamente alle piante nate da seme e
non ai polloni radicali. Questi ultimi si riconoscono
per la loro disposizione a gruppi coetanei e densi,
e non sono in grado di fornire assortimenti con
buone qualità tecnologiche.
Le prime cure colturali devono eliminare la concorrenza degli arbusti, che possono soffocare le piantine togliendo loro la luce necessaria. Quando le
piante hanno superato l’altezza degli arbusti, si individuano quelle con buon portamento (fusto diritto,
non biforcato), e vengono allevate fino a maturità,
mantenendo sempre la chioma in sufficiente illuminazione. L’industria della trasformazione predilige
i tronchi dritti e senza nodi da destinare alla tranciatura e alla sfogliatura, è pertanto conveniente
praticare la potatura del terzo inferiore del fusto,
eliminando i rametti quando non superano i 3 cm
di diametro, per evitare di lasciare cicatrici troppo
ampie sul fusto, che deprezzano il valore degli assortimenti ritraibili. La potatura va eseguita a fin
inverno, poco prima della ripresa vegetativa, in
modo che la ferita venga rimarginata entro l’anno.
Il Ciliegio è considerato una specie a legname pregiato, ed è indicato nella formazione di impianti con
finalità produttive. E’ indispensabile impiegare
materiale vivaistico di buona qualità, con la specifica attitudine alla produzione da legno.
Il legno
Massa volumica. 6,2 q/m3
Il legno presenta una tipica differenziazione tra
alburno, di colore chiaro, e durame, rosso-bruno; i
raggi sono piccoli ma ben visibili, gli anelli di accrescimento sono ben marcati e conferiscono una venatura particolare alle tavole, la tessitura è fine e compatta.
Il legno è pregiato soprattutto per il colore e per
la buona lavorabilità e la possibilità di essere ben
rifinito, si utilizza esclusivamente il durame.
Stagiona senza difficoltà e si usa prevalentemente
al coperto; all’aria aperta è facilmente deperibile.
Viene impiegato nella fabbricazione di mobili, strumenti musicali, liste per pavimento, lavori di ebanisteria e di tornitura. Talora viene impiegato nella
fabbricazione delle botti, impiegate nella preparazione dell’aceto balsamico, nell’affinamento della
grappa ecc. Viene inoltre tranciato e sfogliato.
La legna da ardere non costituisce l’assortimento
principale, anche se il legno di Ciliegio ha un ele-
vato potere calorifico. Si destinano a questo impiego
le ramaglie e gli scarti della segagione.
I tronchi di dimensioni commerciali devono avere
diametro minimo di 30 cm e lunghezza di almeno
2 m. La maturità giunge a 40-50 anni di età, ed in
seguito la pianta invecchia rapidamente. In condizioni ottimali di illuminazione e sui terreni fertili
l’accrescimento è rapido, mentre declina col diminuire della luce a disposizione della chioma.
L’assortimento più remunerativo è costituito dal
tronco per tranciatura o sfogliatura. Sono pure ricercati i tronchi da sega, che vengono assorbiti anche
dal mercato locale.
Non è una specie che cresce in purezza su superfici estese, e quindi la produzione/ettaro è variabile con la densità dei soggetti. Le piante mature
superano generalmente 1 m3 di volume.
Corteccia
Foglie
Fusto
Fiori
Legno
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Faggio
Famiglia:
Nome scientifico:
Nomi dialettali:
Fagacee
Fagus sylvatica
fo, fagiöla
Caratteri botanici
Il Faggio è una latifoglia maestosa che può vivere
fino a 300 anni, e raggiungere diametri superiori
al metro. La corteccia è caratteristica, grigia e sottile, spesso macchiata di bianco per la presenza di
licheni. Le foglie sono a margine intero e ondulato.
I fiori maschili sono raggruppati in corti capolini
penduli, mentre i femminili sono riuniti due a due
e racchiusi in un involucro, detto cupola, coperto
di aculei. A maturità la cupola si apre in quattro
valve, e lascia cadere i due semi, detti Faggiole. La
fruttificazione avviene ogni anno, ma solo ogni 45 anni è particolarmente abbondante.
Il Faggio ha una discreta capacità di riproduzione
per polloni emessi dal fusto, cosicché può essere
governato anche a ceduo.
Caratteri ecologici e note selvicolturali
Il Faggio è diffuso in Valtellina e Valchiavenna in
modo discontinuo, e non forma boschi puri molto
estesi. Al contrario, sulle Alpi orientali e sull’Appennino è una tra le specie forestali maggiormente
diffuse.
Il Faggio è una specie che ama l’umidità, soprattutto dell’aria, che lo protegge dalle gelate tardive,
verso cui le gemme sono molto sensibili, e predilige le esposizioni ombrose. Sembra che l’insufficiente umidità atmosferica sia il principale fattore
che ne limiti la diffusione in Provincia. Sul nostro
territorio prevale nettamente la forma di governo
a ceduo, puro o misto alle querce. Si trova pure
misto all’Abete bianco e all’Abete rosso, in posizione
sottoposta.
La scarsa vitalità delle ceppaie e il lento accrescimento, se paragonato a quello di altre latifoglie,
impongono una buona pratica nella gestione dei
cedui. Durante il taglio è opportuno rilasciare
alcuni polloni con funzione di tirasucchio, per mantenere alta la vitalità delle ceppaie. Inoltre il Faggio deve essere sempre tagliato “sul nuovo”, cioè
il taglio non deve interessare la parte di ceppaia
preesistente alla formazione dei polloni, pena la loro
mancata o ridotta emissione. Questo fatto porta nel
tempo all’innalzamento delle ceppaie. Una particolare forma di ceduazione, praticata in passato, prevedeva il taglio a più di un metro da terra, per evi46
tare il morso delle capre a danno dei giovani polloni. E’ importante curare la sostituzione delle ceppaie vecchie o esauste mediante la rinnovazione
naturale: le giovani piantine si instaurano successivamente alle annate in cui la produzione di seme
è cospicua. Il turno comunemente adottato va da
20 a 25 anni, e la massa a maturità oscilla da 80
a 100 m3 all’ettaro. Il legno proveniente dai cedui
è utilizzato come legna da ardere.
Le fustaie di Faggio da noi sono piuttosto rare, tuttavia è sempre possibile trovare individui nati da
seme, isolati o misti ad altre specie.
Il legno
Massa volumica 7,3 q/m3
Il legno non presenta differenziazione tra alburno
e durame, ed è di colore bianco. La tessitura è fine
e la fibratura diritta; sono ben visibili i raggi, che
conferiscono aspetti particolari alle tavole.
Il legno di Faggio è facilmente deperibile all’aperto;
il processo di vaporizzazione è in grado di renderlo
più durevole poiché asporta le sostanze più facilmente appetibili dagli agenti del degrado, e gli conferisce un’elevata durezza e un colore rossiccio.
Dai tronchi regolari provenienti dalle fustaie si ricava
legname da lavoro, destinato alla produzione di
mobili e oggetti vari; è pure adatto ad essere tornito e sfogliato. È di facile lavorazione e può essere
portato ad un buon grado di finitura, e inoltre si
presta ad essere piegato a vapore.
Il legno proveniente dai cedui fornisce un’ottima
legna da ardere, con elevato potere calorico, superiore a quello fornito dal legno di fustaia, perché
più denso. Il fuoco prodotto dal Faggio fa poco fumo
e non scoppietta, e lo rende adatto ai forni per
pizza.
Cupola e faggiole
Foglie e frutti
Legno
Corteccia
Gemme
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Frassini
Famiglia:
Nome scientifico
– Frassino maggiore:
– Orniello:
Nomi dialettali:
Oleacee
Fraxinus excelsior
Fraxinus ornus
frasen
Caratteri botanici
I frassini presenti nella nostra provincia appartengono a due specie: Frassino maggiore e Orniello.
Il primo è un albero che può raggiungere notevoli
dimensioni, con altezza fino a 40 m.
La corteccia è grigio-verde e liscia nelle piante giovani, e ruvida e screpolata nelle piante adulte. I fiori,
piccoli e riuniti in densi ciuffi, compaiono prima
dell’emissione delle foglie, e sono di colore viola.
I frutti sono samare appiattite, lunghe da 3 a 4 cm,
portati a grappoli vistosi. Le foglie sono composte
da 3-7 paia di foglioline, più quella apicale, e sono
portate opposte sui rametti. Il Frassino maggiore è
una specie che tollera l’ombra in
gioventù, mentre le piante adulte
crescono bene anche in piena
luce. E’ molto resistente alle basse
temperature, ma teme le gelate
tardive, che possono danneggiare
la gemma apicale.
L’Orniello è un albero di modeste
dimensioni, con corteccia grigia e
liscia anche a tarda età. I fiori
compaiono dopo l’emissione delle
foglie e sono riuniti in ciuffi bianSamare di Frassino
chi molto vistosi. Le foglie sono
maggiore
composte da 2-4 paia di foglioline,
più quella apicale, e sono portate
opposte sui rametti. E’ una pianta amante del caldo
e delle esposizioni luminose, e tollera molto bene
i terreni con poca disponibilità idrica.
Entrambi i frassini hanno una spiccata facoltà pollonifera, emettendo polloni sia dalla ceppaia che
dalle radici.
Il Frassino maggiore si diffonde spontaneamente nei
boschi di latifoglie ombrosi, si insedia nelle selve
di Castagno non curate e nei prati abbandonati dei
maggenghi; si trova per lo più come soggetto di alto
fusto, isolato o a piccoli gruppi.
L’Orniello si trova nei boschi cedui delle zone calde
e soleggiate, e forma di solito boschi misti con le
querce.
Albero
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Il legno
Massa volumica 7,5 q/m3
Legno ad alburno e durame indifferenziati, di colore
bianco-giallo lucente. Il legno proveniente dalle
fustaie appartiene alla specie Frassino maggiore. E’
un legno pregiato, duro e molto elastico, che si presta anche ad essere piegato al vapore. E’ adatto alla
costruzione di mobili, parquet, manici e piccoli
oggetti. Un tempo era ricercato per lavori da carradore.
Il legno ha un elevato potere calorico; alla combustione si destina soprattutto il legno proveniente
dai cedui di Orniello.
Fioritura
di Orniello
Legno
Fronde e frutti di Frassino maggiore
Fronde e frutti
di Orniello
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Larice
Famiglia:
Nome scientifico:
Nomi dialettali:
Pinacee
Larix decidua
lares
Caratteri botanici
E’ un grande albero che può raggiungere i 40 m di
altezza e superare il metro di diametro; è assai longevo, potendo superare i 400 anni di età. Dove le
condizioni di clima e terreno sono favorevoli, l’accrescimento è sostenuto, almeno in gioventù, e qui
il Larice può raggiungere le dimensioni maggiori;
dove invece le condizioni climatiche raggiungono
valori estremi per la vita del Larice, l’accrescimento
è lentissimo, e può raggiungere le maggiori età.
Il Larice è l’unica conifera presente sull’arco alpino
che non è sempreverde; infatti in autunno perde le
foglie, rimane spoglio in inverno, e torna a rinverdire a primavera. Durante il ciclo vegetativo le foglie
passano dal verde tenero al giallo-rossiccio, creando
delle suggestioni cromatiche uniche sui versanti.
Il fusto è generalmente diritto, e i rami sono distribuiti a palchi regolari. La corteccia è gialla sui getti
dell’anno, poi diventa grigia, dapprima liscia e poi
sempre più fessurata nel senso dell’asse del fusto,
formando delle placche che nelle piante adulte e vecchie possono superare 20 cm di spessore. Il colore
allora assume delle sfumature che vanno dal grigio
al rosso cupo e al nero. Sotto gli strati più superficiali di sughero, la corteccia ha sempre un colore
rosso cupo.
Sul fusto e sui rami possono vivere dei licheni anche
molto vistosi, a forma di crosta o di ciuffi grigioverdi.
La fioritura avviene poco prima dell’emissione delle
foglie; i fiori maschili sono dei piccoli amenti gialli,
mentre i femminili sono piccoli ovali rossicci, che
dopo l’impollinazione si trasformano gradualmente
nelle pigne. Si riproduce solo tramite i semi, che
vengono diffusi dal vento.
Caratteri ecologici e note selvicolturali
Il Larice si può trovare in ambienti altimetricamente
molto diversi: dal limite superiore della vegetazione
arborea, fino ai coltivi abbandonati di media montagna, abbracciando quasi interamente i versanti
delle montagne, ma solo negli orizzonti montano e
subalpino può formare estesi boschi puri.
Il Larice, come la Betulla, predilige le esposizioni
luminose: si può instaurare sui pascoli abbandonati,
sulle scarpate delle strade di montagna o nelle
50
tagliate sufficientemente ampie. I rami che non ricevono una sufficiente quantità di luce, cioè quelli più
bassi, seccano sulla pianta, e in seguito cadono.
Il Larice è’ molto resistente al freddo e per questo
riesce a vivere a quote assai elevate, dove il vento
pungente lo mantiene basso e contorto.
I Lariceti dell’orizzonte montano sono destinati lentamente a trasformarsi in altri boschi: infatti la leggera ombra proiettata al suolo dalle chiome permette
la diffusione di altre specie arboree, che si avvantaggiano di questa protezione. E’ assai poco probabile che la rinnovazione di Larice si instauri in
un Lariceto maturo, mentre l’Abete rosso è tra le specie che vi si diffondono. Per poter rinnovare il Lariceto, è necessario eseguire tagli raso piuttosto consistenti, che permettano una forte illuminazione del
suolo. Durante gli stadi giovanili molte piante soffrono per l’eccessiva densità, e sono stimolate ad
accrescersi in altezza a ritmo sostenuto, con lo scopo
di intercettare la luce solare diretta, di cui necessitano, col risultato di formare fusti sottili e molto
lunghi, assai poco stabili nei confronti dello sradicamento ad opera degli agenti atmosferici. E’ allora
opportuno diradare il Lariceto, eliminando i soggetti
con le caratteristiche sopra ricordate.
I Lariceti dell’orizzonte subalpino sono più stabili,
poiché all’aumentare della quota il Larice prende il
sopravvento sulle altre specie arboree, che si dimostrano meno competitive.
Un ettaro di Lariceto maturo può contenere oltre
500 m3 di legname; benché possa vivere molto a
lungo, i turni adottati variano da 80 anni alle quote
inferiori, a 120-150 anni alle quote superiori.
Periodicamente i Lariceti di alta montagna sono
defogliati da un parassita, la Zeiraphera diniana, tuttavia senza soccombere.
Il legno
Massa volumica 6,6 q/m3
Durame ed alburno sono ben differenziati: il primo
ha colore rosso-bruno, mentre il secondo, in genere
piuttosto ristretto, è bianco-giallo. Gli anelli di
accrescimento sono sempre ben visibili. Nel legno
ci sono numerosi canali resiniferi, e spesso anche
tasche di resina. La fibratura diritta e la tessitura
da fine a media lo rendono ben lavorabile. Al pari
del Castagno, il legno di Larice si fende facilmente,
e questa proprietà deve essere tenuta in considerazione durante la segagione, la stagionatura e il
successivo impiego.
Il legno del durame è molto resistente all’aperto,
nei riguardi degli agenti atmosferici e dei parassiti,
e per questo il Larice è la specie più usata nelle
costruzioni sulle alpi. Da secoli i tronchi squadrati
con la scure sono serviti per la costruzione di case,
stalle e fienili, spesso ricoperti di scandole, sempre di Larice. I tronchi di Larice, come quelli di
Castagno, si prestano ottimamente per realizzare
strutture di difesa del suolo e paravalanghe. I segati
si prestano alla realizzazione di pavimenti, rivestimenti, infissi, mobili. I rami, i tronchi difettosi e
gli scarti di lavorazione forniscono un’ottima legna
da ardere, che scoppietta durante la combustione.
Il legname migliore si ricava dai fusti con anelli di
accrescimento regolari e non troppo ampi, che sono
propri delle piante dei boschi di alta montagna; le
piante cresciute a bassa quota di solito hanno anelli
eccessivamente larghi e alburno molto ampio, a
discapito della qualità.
Dal Larice si ricava la resina, che si estrae con particolari fori praticati sul fusto, o più comunemente
si raccoglie dalle piante tagliate; trova impiego nella
medicina popolare come cicatrizzante e antisettico,
sia per gli uomini che per il bestiame domestico.
Corteccia
Fronde
Lariceto
Scandole
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Noce
Famiglia:
Nome scientifico:
Nomi dialettali:
Juglandacee
Juglans regia
nus, nughera
Caratteri botanici
E’ un grande albero, con chioma molto espansa, che
può raggiungere i 30 m di altezza e 1,5 m di diametro.
La corteccia è grigio chiaro, liscia nelle piante giovani, e screpolata secondo l’asse del fusto nelle
piante adulte e vecchie.
I fiori maschili sono amenti penduli di colore
verde-giallo, che si sviluppano sui rametti dell’anno
precedente, mentre i fiori femminili sono globosi e
poco appariscenti, portati sui rami dell’anno.
Le foglie sono composte da 2 a 4 paia di foglioline,
più quella apicale, di forma ellittica, ed emanano
un odore caratteristico se vengono sfregate.
Caratteri ecologici e note selvicolturali
Il Noce è un albero legato agli ambienti rurali piuttosto che forestali; viene spesso piantato nei prati
o attorno alle abitazioni, oltre che per la produzione
del legno, per la produzione dei frutti. E’ originario dell’Asia centrale e occidentale, ed è stato ampiamente diffuso dall’uomo nei secoli passati per il
frutto ed il legno, entrambi apprezzati e ricercati.
Necessita di piena luce, e sopporta male la vicinanza
di altre piante che lo mettono in ombra. Capita a
volte di trovare dei noci nati in bosco, grazie all’involontaria disseminazione operata da uccelli e piccoli mammiferi, ma si tratta in genere di piante esili
e sottoposte, a causa della concorrenza esercitata
dagli alberi circostanti.
Non teme il freddo durante il riposo vegetativo, ma
è piuttosto sensibile alle gelate primaverili. Per poter
crescere bene necessita di terreni fertili, profondi
e sufficientemente freschi.
Esistono numerose varietà che si differenziano per
le caratteristiche del frutto.
finitura; la fibratura può presentare caratteristiche
ondulazioni e deviazioni che, se sapientemente valorizzate, possono costituire elemento di pregio nei
manufatti.
Il durame in genere è resistente all’attacco degli
insetti lignivori, mentre l’alburno deperisce rapidamente. Da stagionato, il legno di Noce è tra quelli
più stabili; è indicato per mobili di pregio e liste
da pavimento, e si presta molto bene alla produzione di fogli tranciati.
Il Noce è impiegato assai di frequente in arboricoltura da legno, tuttavia capita spesso di osservare impianti con sesti eccessivamente fitti e
piante mal conformate, con inserzione della chioma
al di sotto dei primi due metri, e con brutte ferite
da potatura. Per ottenere tronchi da lavoro di buona
qualità, è necessario che il fusto sia privo di rami
grossi almeno fino a 3-4 m da terra, e per essere
destinato alla tranciatura deve essere sufficientemente diritto. E’ possibile effettuare la potatura per
innalzare il punto di inserimento della chioma, ma
questa deve essere fatta quando i rami sono di piccole dimensioni, meglio se dell’anno in corso.
Amenti maschili
Il legno
3
Massa volumica 6,3-7,5 q/m
Alburno e durame nettamente differenziati: il primo
è bianco, mentre il secondo va dal marrone chiaro
al bruno. La percentuale di durame aumenta con l’età
della pianta, tuttavia l’alburno è sempre ben presente, e contribuisce ad innalzare la percentuale di
scarto sulla segagione. Il legno ha tessitura fine,
si lavora bene e può essere portato ad un’ottima
Fronde e frutti
52
Albero
Fusto con cicatrici da potatura
Legno
53
Olmi
Famiglia:
Nomi scientifici
– Olmo campestre:
– Olmo montano:
Nomi dialettali:
Ulmacee
Ulmus minor
Ulmus montana
ulf
Caratteri botanici
Gli olmi spontanei nella nostra provincia sono
l’Olmo campestre e l’Olmo montano. Sono grandi
alberi che possono raggiungere notevoli dimensioni
e qualche secolo di vita. Il fusto è generalmente
diritto e la chioma globosa. La corteccia è grigia e
liscia in gioventù, e diviene spessa e screpolata con
l’avanzare dell’età; in certi soggetti di Olmo montano la corteccia, soprattutto sui rametti, presenta
delle creste di sughero alte anche più di 1 cm. Le
foglie sono ruvide e nettamente asimmetriche alla
base.
I fiori, poco vistosi, sono riuniti in ciuffetti rosso
porpora, e compaiono prima dell’emissione delle
foglie; la maturazione dei frutti è molto precoce, e
a maggio avviene la disseminazione. Il frutto è una
samara, con una larga ala che lo circonda completamente.
L’Olmo ha una spiccata facoltà vegetativa, potendo
emettere polloni dalla ceppaia e dalle radici.
Caratteri ecologici e note selvicolturali
L’Olmo campestre si può trovare nei terreni fertili
delle zone agricole, ai bordi dei prati o sui coltivi
abbandonati dell’orizzonte submontano e montano.
Veniva allevato per ricavare la frasca, utilizzata come
alimento del bestiame domestico. Per vegetare
bene necessita di esposizioni luminose; i polloni
radicali, a volte emessi in gran quantità, possono
formare dense macchie pure, mentre le piante nate
da seme si trovano isolate o a piccoli gruppi.
L’Olmo montano è specie tipicamente forestale, e si
trova misto nei boschi di latifoglie dell’orizzonte
montano, ove predilige le esposizioni non eccessivamente luminose.
Da qualche decennio gli olmi sono devastati da una
malattia fungina a decorso letale, lasciando indenne
solo qualche giovane pianta. La capacità di fruttificare sin da giovane e l’emissione di polloni garantiscono per ora la sopravvivenza della specie.
54
Il legno
Massa volumica 6,5 q/m3
Il legno presenta alburno e durame differenziati; il
primo è chiaro, mentre il secondo è marrone più o
meno scuro. La tessitura è grossolana e conferisce
ai segati disegni particolari; la fibratura talvolta è
deviata. Il legno stagionato è particolarmente duro,
tanto da rendere la chiodatura particolarmente difficile, e resistente all’usura. La stagionatura dei
segati comporta spesso notevoli deformazioni, che
ne limitano l’impiego. Le tavole più stabili possono
essere impiegate nella fabbricazione di mobili e di
liste da pavimento. Il legno si presta bene ad essere
piegato a vapore; è pure indicato nella produzione
di tranciati.
Samara di Olmo campestre (sinistra)
e di Olmo montano (destra)
Albero
Legno
Fronde
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Ontani
Famiglia:
Nomi scientifici
– Ontano bianco:
– Ontano nero:
Nomi dialettali:
Betulacee
Alnus incana
Alnus glutinosa
agnisc, unisc, nisc
Caratteri botanici
L’Ontano bianco è un albero che raggiunge modeste dimensioni e non è molto longevo. La corteccia è grigia e si mantiene liscia e lucida anche sugli
esemplari adulti. Le foglie sono ovali e appuntite,
più chiare nella pagina inferiore. I fiori maschili e
femminili si sviluppano prima dell’inverno, e la fioritura è molto precoce. I fiori maschili sono amenti
penduli, mentre i femminili hanno l’aspetto globoso;
questi ultimi si trasformano in infruttescenze ovali
composte da squame legnose contenenti i piccoli
semi alati, che vengono dispersi dal vento.
L’Ontano nero può raggiungere dimensioni di poco
superiori a quelle dell’Ontano bianco, e al pari di
questo è poco longevo. I fusti in genere sono diritti
e a sezione rotonda. La corteccia è marrone scuro,
e si screpola in piccole placche sugli alberi adulti.
Le foglie sono arrotondate all’apice; i fiori sono simili
a quelli dell’Ontano bianco; le infruttescenze sono
portate su un lungo picciolo.
Entrambi gli ontani hanno un’elevata facoltà pollonifera dalla ceppaia.
Caratteri ecologici e note selvicolturali
L’Ontano bianco accompagna i boschi di latifoglie
e di conifere dell’orizzonte montano posti nelle localizzazioni più umide e fresche, potendo formare
anche piccoli boschetti puri. In genere si comporta
da specie preparatoria, potendosi insediare anche
sui terreni nudi; è infatti una specie che arricchisce il terreno di azoto, grazie a simbiosi batteriche
che interessano le radici, e permette in seguito lo
sviluppo di altre latifoglie, come il Frassino maggiore e l’Acero, o dell’Abete rosso. Si instaura
spesso anche sui prati abbandonati e nelle aree golenali, dove contribuisce notevolmente al trattenimento del terreno in caso di esondazioni. E’ molto
resistente al freddo.
L’Ontano nero è strettamente legato alla presenza
di acqua nel suolo, e per questo vegeta bene lungo
i fossi e nelle aree con ristagno idrico.
Fusto
di Ontano nero
56
Il legno
Massa volumica: 5,4 q/m3 per Ontano nero
L’Ontano bianco ha legno leggero, tenero e di scarso
valore; si degrada molto velocemente all’aperto.
Il legno di Ontano nero presenta alburno e durame
differenziati, quest’ultimo di colore rosso salmone
da fresco, che degrada in giallo ruggine durante la
stagionatura. Il legno è leggero e tenero, a tessitura fine e fibratura diritta, molto ben lavorabile.
Si presta per la fabbricazione di piccoli oggetti
domestici e torniti, e anche alla produzione di segati
per falegnameria. Al pari di quello dell’Ontano
bianco, il legno si degrada facilmente all’aperto, ma
resiste molto bene sommerso in acqua. Per questo
motivo veniva impiegato per opere idrauliche e palificazioni sommerse.
Foglie
e infruttescenze
di Ontano bianco
Foglie
e infruttescenze
di Ontano nero
Legno
di Ontano nero
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Pino silvestre
Famiglia:
Nome scientifico:
Nomi dialettali:
Pinacee
Pinus sylvestris
teun, tiun, teo, pin
Caratteri botanici
E’ una conifera sempreverde che può raggiungere 40
m di altezza e 1 m di diametro.
La corteccia delle piante giovani e dei rami ha un
caratteristico colore arancione, ricoperta da sottili
pellicole, mentre sui fusti delle piante adulte varia
da grigio a bruno, screpolata in placche grossolane.
Gli aghi sono rigidi e pungenti, di colore grigioverde, portati solitari sui rametti dell’anno, e riuniti a coppie sui rami più vecchi.
I fiori maschili sono piccoli amenti gialli, mentre i
femminili sono globosi e rossastri; la pigna che si
forma è di consistenza legnosa, di colore grigio-marrone, e matura in due anni. Il seme, cadendo dalla
pigna, viene facilmente trasportato dal vento.
Nei boschi densi il fusto è diritto e slanciato, la
chioma è raccolta in alto e si appiattisce nelle piante
adulte; nei boschi radi può avere portamento basso
e tozzo.
Caratteri ecologici e note selvicolturali
Il Pino silvestre è amante della luce quasi quanto
il Larice, e sopporta molto bene i periodi siccitosi
anche durante la stagione vegetativa. Grazie a questa proprietà riesce a vivere anche su terreni difficili come i ghiaioni e gli accumuli detritici. E’ molto
resistente al freddo. Può formare estesi boschi puri
sui versanti soleggiati dell’orizzonte montano,
oppure mescolarsi col Larice e con l’Abete rosso. La
formazione delle pinete pure è favorita dai tagli raso,
che comportano una forte illuminazione del suolo:
il novellame è sempre molto abbondante, e le giovani formazioni necessitano di sfolli e diradamenti
per garantire una giusta illuminazione delle chiome.
Infatti per ricercare la luce nei boschi troppo fitti,
i pini sono stimolati ad accrescersi in altezza, formando fusti molto esili e poco resistenti al vento
e alla neve.
Le pinete di Pino silvestre sono molto infiammabili,
a causa della resina contenuta negli aghi, nelle
gemme, nelle pigne e nel legno; il fuoco si propaga
facilmente anche alla chioma delle piante in piedi.
Corteccia
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Il legno
Massa volumica 5,5 q/m3
Il legno presenta alburno chiaro e durame rossastro;
gli anelli di accrescimento sono sempre ben marcati. E’ leggero e presenta sempre un certo contenuto di resina. Le caratteristiche tecnologiche e
meccaniche possono variare di molto a seconda della
provenienza delle piante; il legname migliore si
ricava dalle piante adulte cresciute lentamente, con
fusto diritto, nodi piccoli e anelli di accrescimento
stretti e regolari. Con i tronchi migliori si producono segati per la fabbricazione di serramenti, mobili
e rivestimenti interni, mentre quelli scadenti vengono impiegati nella fabbricazione di imballaggi.
All’aperto il legno deperisce abbastanza rapidamente,
ma si presta bene ad essere impregnato con sostanze
preservanti, che lo rendono molto duraturo.
Il legno brucia molto bene, ma produce molto fumo
a causa dell’elevato contenuto in resina.
Pigna, squama
e semi
Tronco sottoposto
a resinazione
Fronde e pigna
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Pioppo tremolo
Famiglia:
Nome scientifico:
Nomi dialettali:
Betulacee
Populus tremula
albera
Caratteri botanici
E’ un albero poco longevo, che raggiunge al massimo un’ottantina di anni. Ha fusto diritto e slanciato; i rami bassi seccano progressivamente e
cadono, cosicché il fusto appare nudo per buona
parte del suo sviluppo. La corteccia è grigio-verde,
liscia nelle piante giovani, e screpolata per la presenza di numerose lenticelle col passare degli anni.
Le foglie sono di due tipi: la maggior parte è tondeggiante, con margini ondulati, e picciolo appiattito, mentre quelle che si sviluppano sui getti apicali e dai polloni sono più grandi, triangolari, con
picciolo cilindrico.
La pianta è dioica, ossia esistono individui maschili
e individui femminili. I fiori maschili e femminili
sono entrambi amenti penduli; i femminili si rivestono di una lanugine bianca quando i frutti sono
maturi. In seguito i frutti, molto leggeri, vengono
dispersi dal vento grazie alla peluria di cui sono
muniti.
Si riproduce facilmente per seme, ed anche per polloni radicali.
Caratteri ecologici e note selvicolturali
Il Pioppo tremulo è una pianta amante della luce
e molto frugale, e colonizza i terreni nudi esposti
al sole, spesso assieme alla Betulla, al Pino silvestre e ad altri alberi pionieri. E’ molto utile nella
ricolonizzazione di terreni nudi, come sui corpi franosi o su superfici percorse dal fuoco, formando
boschetti puri che garantiscono in poco tempo una
buona copertura; la diffusione è facilitata grazie alla
capacità di riprodursi anche per polloni radicali. La
lettiera prodotta dalle foglie viene decomposta molto
facilmente, riuscendo così a migliorare terreni
ghiaiosi e poveri di sostanza organica, e a consentire
gradualmente l’ingresso di altre specie arboree, che
in seguito prendono il sopravvento.
Si trova di frequente misto ad altre specie dell’orizzonte submontano e montano, soprattutto sui terreni ghiaiosi e detritici.
Oltre al Pioppo tremolo, specialmente sul fondovalle,
si possono trovare altri pioppi (nero, bianco, gatterino), con minore diffusione, presenti di solito ai
bordi delle zone coltivate, oltre naturalmente ai
pioppi euroamericani coltivati.
60
Il legno
Massa volumica: 4,8 q/m3
Il legno non presenta differenziazione tra alburno
e durame; è di colore bianco, leggero, a tessitura
media e fibratura diritta. E’ molto poco durevole
all’aperto. Non ha un utilizzo specifico, essendo
disponibile in quantità limitata e con diametri piuttosto ridotti, Un tempo veniva usato per la produzione di tavolame andante per la copertura di tetti,
e per la fabbricazione di scrigni per alimenti. I segati
possono essere impiegati per la produzione di
imballaggi, analogamente a quanto avviene per i
pioppi coltivati. Viene inoltre impiegato occasionalmente come legna da ardere.
Amenti
Fronde
Fusto
61
Robinia
Famiglia:
Nome scientifico:
Nomi dialettali:
Leguminose
Robinia pseudoacacia
rubin
Caratteri botanici
E’ un albero che può raggiungere 30 m di altezza;
la corteccia sui giovani rami e fusti è di colore
bruno-rossiccia e liscia, mentre diventa rugosa, con
costolature longitudinali intrecciate, prevalentemente grigia, sui fusti adulti.
Le foglie sono composte da 8-10 paia di foglioline,
più quella apicale; alla base delle foglie si sviluppano a coppie le robuste spine, che permangono per
molti anni.
I fiori sono raccolti in grappoli bianchi, molto profumati; sono ricchi di ghiandole nettarifere, che
costituiscono un’importante fonte alimentare per le
api. I fiori fecondati originano un legume bruno e
appiattito, che contiene i piccoli semi; i legumi
rimangono sui rami anche dopo la caduta delle
foglie.
Ha una notevole capacità di riproduzione vegetativa, potendo emettere polloni sia dalla ceppaia che
dalle radici.
Caratteri ecologici e note selvicolturali
La patria d’origine della Robinia sono gli Stati Uniti
del Sud-est, da cui venne importata in Europa nel
XVII secolo. Si diffuse e si adattò alle nuove terre
molto presto, tanto che oggi si considera una specie naturalizzata.
È molto comune nei boschi soleggiati del fondovalle
e dell’orizzonte montano inferiore, dove può formare
estesi boschi puri. E’ tra le prime specie che colonizzano i coltivi abbandonati, diffondendosi tramite
i semi o, più spesso, tramite i polloni radicali.
Nei boschi cedui si rinnova e si diffonde immediatamente dopo i tagli, quando il suolo è raggiunto
da molta luce; in poco tempo i polloni possono
coprire completamente lo spazio disponibile
Sulle radici si possono instaurare delle simbiosi con
batteri che arricchiscono il terreno di azoto.
L’emissione di numerosi polloni e la loro sostenuta
crescita impongono l’adozione di alcuni interventi
selvicolturali volti a mantenere il robinieto nelle condizioni migliori.
E’ necessario uno sfollo dei polloni attorno al
quinto anno, che ne rilasci circa un terzo. E’ necessario porre particolare attenzione a che l’inserzione
del pollone sulla ceppaia sia il più possibile diritta,
62
a favore della stabilità. I piccoli fusti tagliati
saranno molto spinosi e sottili, di nessun valore.
Al decimo anno si esegue un diradamento, durante
il quale si individuano i soggetti più promettenti,
che possono rimanere in piedi per un ulteriore
periodo; si potrà asportare fino la metà dei soggetti
presenti. I fusti tagliati potranno fornire legna da
ardere, e date le modeste dimensioni, potranno
essere movimentati manualmente.
A venti anni si potrà scegliere se eseguire il taglio
di utilizzazione, o se prolungare il turno per ottenere fusti più grossi: in questo caso si potrà effettuare un secondo diradamento leggero, a carico dei
soggetti mal conformati o inclinati, che non offrono
garanzie di stabilità. E’ opportuno inoltre tagliare
i rampicanti come la vitalba, che soffocano la pianta,
o causano una maggiore intercettazione della neve
da parte delle chiome, con pericolo di caduta della
pianta.
L’adozione di turni oltre i 20 anni deve essere giustificata dalla buona qualità del legname presente,
in vista di un suo utilizzo non solo ai fini energetici ma anche da lavoro.
A seconda della fertilità della stazione, un robinieto
di 15 anni può avere una massa che va da 75 a 150
m3/ha.
Il legno
Massa volumica 7,5 q/m3
Il legno presenta un’ampia zona di durame, di color
giallo tendente al verde o al bruno, e una sottile
cerchia di alburno, di colore chiaro. Presenta una
tessitura grossolana ed una fibratura generalmente
diritta, talvolta intrecciata.
E’ ben noto per la sua grande durabilità, grazie all’elevato contenuto di tannini nel durame; resiste bene
all’aperto, e anche in acqua, tanto da poter essere
utilizzato nella realizzazione degli ormeggi per le
piccole imbarcazioni.
Ha un elevato potere calorifico, grazie al quale
attualmente la legna da ardere costituisce l’assortimento principale dei robinieti; il basso contenuto
di umidità consente una rapida stagionatura ai fini
della combustione.
Dai tronchi sufficientemente diritti si può ricavare
paleria ad uso agricolo: pali da vigna e pali per frutteti. Per il primo utilizzo, si preferisce ricavare i pali
spaccando longitudinalmente i tronchi, analogamente a quanto si fa col Castagno.
I tronchi diritti aventi almeno 2 m di lunghezza e
18-20 cm di diametro possono essere segati, per la
produzione di manici, liste da parquet o assortimenti
da falegnameria; i tronchi migliori vengono pure
tranciati.
Fronde e frutti
Fioritura
Fusto
Alberi
Legno
63
Rovere
Famiglia:
Nome scientifico:
Nomi dialettali:
Fagacee
Quercus petraea
rul, rugul
Caratteri botanici
La Rovere è una quercia caducifolia che può raggiungere imponenti dimensioni e superare i 200 anni
di età.
La foglia è piuttosto coriacea e caratteristicamente
lobata; durante l’inverno alcune giovani piante
mantengono le foglie secche attaccate ai rami.
La corteccia è di colore grigio-marrone, liscia nelle
piante giovani, rugosa e screpolata nelle piante
adulte.
I fiori maschili sono amenti penduli, mentre i femminili sono uniti a piccoli gruppi. Il frutto è la
ghianda, molto pesante, e per essere diffusa necessita dell’aiuto degli animali.
Ha una buona capacità pollonifera dalla ceppaia.
Caratteri ecologici e note selvicolturali
La Rovere si rinviene sia sui versanti soleggiati, sia
su quelli ombrosi, dall’orizzonte submontano all’orizzonte montano, con una certa predilezione per
le esposizioni luminose; si mescola ad altre latifoglie eliofile o mesofile, ed è tra le specie che vegetano bene sulle rupi boscate, riuscendo ad approfondire il robusto apparato radicale tra le fessure della
roccia. Le ghiande sono appetite da mammiferi e
uccelli, che contribuiscono a diffondere la specie;
la fruttificazione avviene con abbondanza solo in
determinati anni, successivamente ai quali nasce un
gran numero di semenzali, che tuttavia si selezionano drasticamente se non ricevono una adeguata
quantità di luce solare. Anche l’emissione dei polloni è favorita dall’illuminazione delle ceppaie.
I roveri adulti si trovano, nella nostra provincia,
soprattutto nei boschi cedui; l’allungamento dei
turni e l’abbandono di molte superfici boscate o agricole favorisce la diffusione del Rovere dal seme.
Il legno
3
Massa volumica 8,2 q/m
L’alburno è di colore bianco, ed è sempre piuttosto
ampio, mentre il durame è di colore marrone; la delimitazione tra le due zone non segue sempre un’unica cerchia di accrescimento. La tessitura è grossolana, con i raggi sempre ben visibili, e la fibratura è generalmente diritta. Il legno è pesante, e
nella zona del durame è ricco di tannini, che gli con64
feriscono un’elevata durabilità; bisogna ricordare che
i tannini reagiscono con i metalli ferrosi, formando
macchie nere che possono risultare antiestetiche.
Durante la stagionatura, che è piuttosto lenta, i
segati manifestano una forte tendenza a spaccarsi.
Il legno viene impiegato nella fabbricazione di
mobili, liste da pavimento, doghe per botti. Le botti
di Rovere sono molto pregiate (le barriques sono
botti particolari, di Rovere, con la superficie interna
tostata alla fiamma, e sono in grado di cedere determinati aromi al vino contenuto).
Il legno di Rovere è inoltre usato per la costruzione
di parti di imbarcazioni.
Il legno dei roveri nostrani risulta in genere poco
adatto alla lavorazione, a causa delle forti deformazioni cui è soggetto durante la stagionatura.
Il legno fornisce un ottimo combustibile, soprattutto
quello proveniente dai boschi cedui; un tempo era
molto ricercato per la produzione di carbone.
Ghiande e foglie
Fronde e frutti
Legno a venatura fiammata (a sinistra) e a rigatino (a destra)
Corteccia
65
Salici
Delle numerose specie e sottospecie presenti, vengono trattate le due che hanno maggior interesse
sotto l’aspetto forestale e della produzione legnosa.
Famiglia:
Nomi scientifici
– Salice bianco:
– Salicone:
Nomi dialettali
– Salice bianco:
– Salicone:
Salicacee
Salix alba
Salix caprea
salesc, salec
videsc, vedes
Caratteri botanici
Il Salice bianco è un albero che può raggiungere i
trenta metri di altezza, con fusto spesso diviso e
ampia chioma. La corteccia è di colore grigio, fessurata in strisce longitudinali sui fusti adulti,
liscia, da giallo a rosso-bruno sui rami e sui fusti
giovani.
Le foglie sono lanceolate e pelose nella pagina inferiore.
I fiori maschili e femminili sono portati da individui separati, e vengono emessi contemporaneamente alle foglie. I fiori maschili sono amenti che
a maturità si colorano di giallo, mentre i femminili
sono verdi, e a maturità producono i piccoli semi
piumosi.
Il Salice bianco ha una spiccata facoltà pollonifera,
potendo emettere numerosi polloni dalla ceppaia e
dal fusto, e inoltre si riproduce bene per talea.
Il Salicone è un alberello che al massimo raggiunge
i 15 m di altezza, con fusto spesso contorto. La corteccia è di colore grigio-verde, reticolata sui fusti
più vecchi.
Le foglie sono ovali, appuntite all’apice, pelose sulla
pagina inferiore.
La fioritura è molto precoce e avviene prima dell’emissione delle foglie; quella degli individui
maschili è molto appariscente per il colore giallo
assunto. Gli amenti femminili sono poco appariscenti, mentre lo sono assai di più le infruttescenze,
grigie e piumose.
Il Salicone è un’importante pianta per le api,
offrendo polline e nettare all’inizio della stagione.
La capacità pollonifera è meno spiccata che nel
Salice bianco, e la capacità di riproduzione per talea
è molto bassa.
Caratteri ecologici e note selvicolturali
Il Salice bianco è una specie tipica dei boschi planiziali che crescono lungo le rive dei fiumi o dei
66
torrenti. Predilige le esposizioni luminose e necessita di buona disponibilità di acqua nel suolo, e non
è resistente alle basse temperature. Negli ambiti
ripariali è una specie pioniera, riuscendo a diffondersi rapidamente per seme sui terreni sabbiosi o
ghiaiosi di accumulo o denudati dalle piene dei corsi
d’acqua.
La sottospecie vitellina è largamente diffusa e impiegata dall’uomo per la produzione di vimini.
Il Salicone è una specie rustica, che spesso si trova
nei boschi di latifoglie o di conifere dei suoli umidi;
si comporta da specie pioniera sui conoidi dei torrenti e in generale sugli accumuli detritici, sempre
sui suoli umidi. E’ diffuso dall’orizzonte submontano
a quello subalpino, ed è piuttosto resistente al
freddo. Necessita di una discreta illuminazione
della chioma, e per questo la sua permanenza nei
boschi che progressivamente si infittiscono risulta
poco duratura.
Il legno
Massa volumica 4,5 q/m3
Il legno dei salici è leggero, con alburno biancastro e durame rosato, fibratura generalmente diritta
e tessitura fine, poco propenso a fendersi. E’ molto
poco durevole se impiegato all’aperto, ed è facilmente attaccabile dagli insetti lignivori.
Come legno da lavoro è poco ricercato: può essere
impiegato nella fabbricazione di tavolame andante,
oggetti da cucina e giocattoli.
Nella combustione sviluppa poco calore, ma la
fiamma è vivace e produce poco fumo.
Per la produzione di vimini si capitozzano ogni anno
le piante in inverno-inizio primavera; in seguito i
vimini vengono puliti dai rametti secondari, e
assortiti per lunghezza. Si impiegano soprattutto per
la legatura della vite ai sostegni.
Fioritura di Salice bianco
Fioritura di Salicone
Salici bianchi capitozzati
Tronco di salice bianco
Ceppaia di Salicone
67
Tasso
Famiglia:
Nome scientifico:
Nome dialettale:
rinomato da sempre per la sua elasticità, e per
questo veniva impiegato un tempo nella fabbricazione di archi e balestre.
Taxacee
Taxus baccata
tas
Caratteri botanici
Il Tasso è un’aghifoglia sempreverde che si presenta spesso con fusto policormico, ossia diviso
in più fusti, dall’aspetto robusto e a volte maestoso. Non è una conifera.
Le foglie sono lineari e appiattite, non pungenti,
verde cupo sulla pagina superiore, e più chiare
sulla pagina inferiore.
La corteccia è liscia e rossiccia nei giovani esemplari, e si desquama in sottili placche con l’avanzare dell’età.
La pianta generalmente è dioica, ossia con individui maschili e individui femminili. I fiori maschili
sono piccoli, globosi, di colore giallo, raggruppati
sui rametti giovani; i fiori femminili sono poco
appariscenti, simili a gemme. Il frutto è una bacca
di colore rosso, di consistenza vischiosa, e racchiude il seme.
Le foglie, la corteccia ed il seme sono assai tossici per l’uomo e per molti animali erbivori, a causa
di un alcaloide contenuto, mentre la polpa del
frutto è commestibile, e ricercata da molti uccelli.
Caratteri ecologici e note selvicolturali
In bosco il Tasso è molto raro, probabilmente a
causa dei tagli intensi cui è stato soggetto, sia
per utilizzarne il legno, sia per eliminarlo come
pianta tossica.
Sopporta molto bene l’ombra, e necessita di terreni freschi, con buon apporto di umidità, e per
questo si può trovare nelle forre dei torrenti montani, e più raramente nei boschi ombrosi di
latifoglie. La crescita è molto lenta; si propaga per
seme, e talvolta rigetta dalla ceppaia.
Il Tasso viene piantato anche nei giardini delle abitazioni, dove tollera bene anche le esposizioni
soleggiate.
Il legno
Massa volumica 7,6 q/m3
Il legno si presenta con alburno chiaro, quasi
bianco, e durame rossiccio, con evidenti anelli di
accrescimento. E’ privo di resina, e la tessitura è
molto fine. E’ molto ricercato per la fabbricazione
di oggetti torniti e per lavori di ebanisteria. E’
68
Corteccia
Fronde e frutti
Albero
Legno
69
Tiglio
Famiglia:
Nome scientifico:
Nome dialettale:
Tiliacee
Tilia cordata
tei
Caratteri botanici
E’ un albero che può raggiungere notevoli dimensioni e molto longevo.
La corteccia è grigia sui fusti e rossastra sui
rametti, liscia nelle piante giovani, fessurata longitudinalmente nelle piante adulte e vecchie. Le
foglie sono a forma di cuore, e sulla pagina superiore hanno dei ciuffi di peli rossastri all’ascella
delle nervature.
I fiori sono portati da una foglia particolare, una
brattea allungata, che a maturità cade assieme
ai frutti. I fiori sono bisessuali e costituiscono
una importante fonte alimentare per le api all’inizio dell’estate. I frutti sono rotondi e grigi.
Il Tiglio possiede una spiccata capacità di riproduzione vegetativa, potendo emettere numerosi
polloni da ceppaia.
Caratteri ecologici e note selvicolturali
Il Tiglio nei riguardi della luce ha un temperamento intermedio, pertanto non si trova sui versanti eccessivamente soleggiati; gradisce i terreni freschi e fertili. Si trova frequentemente
misto ad altre latifoglie, quali Acero di monte e
Frassino, ma può formare anche boschi puri, dall’orizzonte submontano all’orizzonte montano.
Grazie alla sua capacità pollonifera si presta bene
al governo a ceduo, ma analogamente ad altre
specie, raggiunge le maggiori dimensioni se nato
da seme.
Il legno
Massa volumica 6,0 q/m3
Alburno e durame non sono differenziati. Il legno
si presenta di colore bianco opaco, a tessitura fine
e fibratura diritta. E’ molto poco resistente all’aperto, poiché viene facilmente attaccato dai funghi lignivori. E’ molto ricercato per la realizzazione di oggetti torniti, lavori di intaglio e sculture, essendo di facile lavorazione. Si presta anche
alla produzione di segati, impiegati in falegnameria fine e in liuteria.
Come legna da ardere ha poco valore.
Albero
70
Testa di tronco
Fioritura
Fronde e frutti
Ceduo invecchiato
71
Orizzonti vegetazionali
La successione degli orizzonti vegetazionali non dipende solo dalla quota altimetrica, ma anche dall’esposizione e dal clima. Il limite tra un orizzonte e l’altro pertanto non corrisponde ad una quota fissa,
ma varia a seconda del luogo.
ORIZZONTE
NIVALE
ZOLLE PIONIERE
2700 m circa
PASCOLI
ORIZZONTE
ALPINO
CESPUGLI CONTORTI
LIMITE SUPERIORE DEGLI ALBERI SINGOLI
2000 m circa
LIMITE SUPERIORE DEI BOSCHI DI CONIFERE
ORIZZONTE
SUBALPINO
PECCETA SUBALPINA
PRATI E PASCOLI
1500 m circa
LIMITE SUPERIORE DEI BOSCHI DI LATIFOGLIE
PECCETA MONTANA
ORIZZONTE
MONTANO
PINETE DI PINO SILVESTRE
SELVE DI CASTAGNO
500 m circa
BOSCAGLIE DI LATIFOGLIE TERMOFILE
ORIZZONTE
SUBMONTANO
VIGNETI E FRUTTETI
PRATI
72
200 m
Glossario
Nel glossario che segue vengono elencati e spiegati
i termini specifici adottati nel testo o comunque
che possono interessare le materie trattate. In parte
sono tratti dal glossario allegato alle Prescrizioni
di Massima e norme di Polizia Forestale (Regolamento Regionale 1/1993).
Amento:
infiorescenza composta da fiori unisessuali.
Arbusti:
piante perenni, legnose, con rami e fusto che si
dipartono da breve altezza, alte da 2 fino a 4-6 metri
(ontano verde, biancospino, pino mugo ecc.).
Bosco:
secondo la vigente normativa regionale si intende
un soprassuolo arboreo od arbustivo, a qualunque
stato di età, di origine naturale od artificiale, con
densità di copertura (superficie occupata dalle
chiome) a maturità non inferiore al 20%.
Conservano la destinazione a bosco i terreni che per
cause naturali (valanghe, incendi, trombe d’aria ecc.)
od artificiali (tagli a raso) siano rimasti temporaneamente privi di copertura forestale, ma in cui sia
comunque possibile un processo di rinnovazione
naturale entro 10 anni.
Sono considerati bosco:
– soprassuoli di superficie maggiore di 2.000 metri
quadri;
– soprassuoli di superficie minore, ma di larghezza
maggiore di 25 metri (misurati dagli estremi dell’area di insidenza delle chiome, considerati a 5
metri dal fusto), se posti a meno di 100 metri da
boschi propriamente detti;
– soprassuoli ad andamento longitudinale (fasce
alberate) purché aventi almeno per un tratto le
caratteristiche di bosco;
– soprassuoli costituiti da specie arboree od arbustive colonizzatrici di età media uguale o superiore a tre anni, formatisi su terreni destinati ad
altra qualità di coltura.
Bosco coetaneo:
popolamento formato da alberi di età uguale o poco
diversa. Le chiome si localizzano su un unico piano
spaziale.
Bosco disetaneo:
popolamento formato da alberi di età sensibilmente
diversa. Le chiome si localizzano su vari piani spaziali, anche sovrapposti.
Ceduo a Capitozza:
trattamento del ceduo applicato soprattutto ai
salici da vimini, in cui si recide il fusto ad una certa
altezza; in corrispondenza del taglio la pianta
emette polloni e reagisce con un ingrossamento dei
tessuti detto “capitozza”.
Ceduo a sgamollo:
modello in disuso di trattamento, tranne nelle alberature campestri, consistente nell’asportazione
periodica dei rami laterali lasciando intatta la parte
superiore della chioma. Veniva adottato per la produzione della frasca, per l’alimentazione del bestiame
domestico
Ceduo a sterzo:
trattamento nel quale su ogni ceppaia vi sono polloni di età e dimensioni diverse. Durante il taglio
vengono abbattuti i polloni più vecchi, e parte di
quelli più sottili.
Ceduo composto:
modello di governo in cui sulla medesima superficie convivono un ceduo ed una fustaia costituita
da matricine di età multipla del turno.
Ceduo matricinato:
al momento del taglio nel bosco ceduo viene rilasciato un certo numero di soggetti provenienti da
seme o di polloni scelti fra i migliori allo scopo di
disseminare e di sostituire le ceppaie esaurite. Le
matricine vengono tagliate nei turni successivi.
Ceduo semplice:
forma di trattamento del bosco ceduo in cui il
soprassuolo viene tagliato a raso, senza rilascio di
matricine.
Cespuglio:
piante perenni, legnose, a fusto policormico, con rami
eretti, prostrati o striscianti, alte non più di 1-2 metri
(mirtilli, ginestre, salici nani, rododendri ecc.).
73
Conversione:
operazione selvicolturale per cui si passa da una
forma di governo ad un’altra (ad esempio da ceduo
a fustaia). Il passaggio da ceduo a fustaia avviene
attraverso i tagli di rinnovazione e selezione attuati,
in genere, dopo un periodo di invecchiamento del
ceduo.
Dioica:
detto di pianta con individui maschili, cioè che portano esclusivamente fiori maschili, e individui femminili, cioè che portano esclusivamente fiori femminili. Alcune diciture di “maschio” o “femmina”
applicate a certe specie, come “ontano maschio”,
non sono corrette, poiché gli ontani sono piante
monoiche.
Diradamento:
taglio di parte dei fusti di un soprassuolo coetaneo e coetaneiforme immaturo, allo scopo di valorizzare le piante rilasciate. Il taglio si attua attraverso il prelievo delle piante dominate, di diametro inferiore, soprannumerarie, malformate, difettose,
ed anche delle piante dominanti di ostacolo a quelle
che si vogliono favorire.
Drupa:
frutto carnoso con seme (nocciolo) avvolto da un
guscio legnoso.
Eliofilo:
amante della luce.
Esbosco:
trasporto della legna e del legname abbattuti o concentrati fino al punto in cui può essere caricato da
mezzi di trasporto ordinari.
Fustaia:
bosco composto per lo più da piante nate da seme.
Governo:
sistema di rinnovazione del bosco.
Governo a fustaia o ad alto fusto: forma di governo
nella quale la rinnovazione del soprassuolo avviene
attraverso piante da seme, provenienti da disseminazione naturale, piantagione o semina naturale.
Governo a ceduo: forma di governo nella quale la
rinnova- rione del soprassuolo avviene per via agamica, cioè con polloni emessi, a seguito di un taglio,
dalla ceppaia o dalle radici.
74
Infiorescenza:
insieme di fiori riuniti su uno stesso asse, detto
rachide, semplice o ramificato.
Marezzatura:
particolare fibratura ondulata presente talvolta
nella porzione basale dei fusti, che conferisce al
legno un aspetto ricercato.
Matricina (o allievo):
fusto rilasciato dopo il taglio di un ceduo per uno
o più turni successivi, allo scopo di disseminare e
di sostituire, dopo il taglio, le ceppaie esaurite, nonché di produrre assortimenti di maggiore dimensione.
Mesofilo:
che predilige le condizioni intermedie, con riferimento ad un particolare fattore (luce, umidità
ecc.).
Monoica:
detto di pianta con fiori completi (o bisessuali),
oppure che porta, sullo stesso individuo, sia fiori
maschili che fiori femminili.
Novelleto:
il primo stadio evolutivo di una fustaia coetanea
che va dalla germinazione del seme all’età in cui le
chiome vengono a contatto e la copertura si chiude.
Periodo di curazione:
l’intervallo in cui si susseguono i tagli saltuari nel
trattamento delle fustaie disetanee.
Perticaia:
il terzo stadio evolutivo della fustaia coetanea che
comprende la fase di differenziazione dei fusti ed
il culmine dell’incremento diametrico; inizia il fenomeno della potatura naturale.
Policormico:
fusto che si divide in più parti, a portamento verticale.
Pollone:
fusto che si origina da gemme situate presso la base
o le radici di piante di latifoglie tagliate o che hanno
subito una lesione.
Provvigione:
la massa di materiale legnoso costituita dal volume
totale degli alberi in piedi in un determinato
bosco.
Rinnovazione:
insieme delle piantine che permette la perpetuazione
del bosco. La rinnovazione può essere di origine artificiale, quando le piantine provengono dai vivai e
vengono messe a dimora in bosco, o naturale,
quando si instaura senza l’intervento diretto dell’uomo. La rinnovazione naturale può essere di origine gamica, ossia provenire dalla germinazione dei
semi, o agamica (detta anche vegetativa) ossia
costituita da polloni.
Samara:
frutto non carnoso e munito di ala, come in acero
e frassino.
Selezione naturale:
processo naturale che, nel caso del bosco, elimina
gradualmente gli individui meno adatti a vivere in
un certo luogo.
Sfollo:
taglio di selezione applicato ai popolamenti coetanei allo stadio di novelleti o di giovani spessine.
nei, allo scopo di assicurare l’apertura permanente
della copertura, secondo modalità legate alle caratteristiche delle singole specie, per consentire il
pronto insediamento della rinnovazione naturale.
Taglio di sgombero:
l’ultimo dei tagli di rinnovazione a carico dei popolamenti coetanei, che elimina le piante del vecchio
ciclo quando la rinnovazione risulta assicurata.
Taglio raso:
forma di trattamento attraverso la quale si prelevano, contemporaneamente, tutti i fusti di un alto
fusto coetaneo.
Taglio saltuario:
forma di trattamento delle fustaie disetaneiformi,
che unisce le caratteristiche dei tagli di maturità e
dei tagli intercalari allo scopo di imporre al popolamento una struttura disetanea, di favorire lo sviluppo di tutte le classi di età e della rinnovazione.
Spessina:
il secondo stadio evolutivo della fustaia coetanea,
dalla chiusura delle chiome fino alla culminazione
dell’incremento in altezza.
Tagli secondari:
tagli che seguono il taglio di sementazione, eseguiti
a carico dei popolamenti coetanei, allo scopo di
favorire, con l’ulteriore apertura della copertura, l’affermazione della rinnovazione già insediata e l’insediamento di altro novellame.
Stadi evolutivi della fustaia coetanea o
coetaneiforme:
– novelleto;
– spessina;
– perticaia;
– fustaia adulta;
– fustaia matura.
Tagli successivi:
forma articolata di trattamento dei soprassuoli
coetanei mediante il quale, con interventi successivi, vengono attuati tagli di rinnovazione che hanno
lo scopo di consentire lo sviluppo della rinnovazione
sotto la protezione di parte delle piante del vecchio ciclo. Possono essere preceduti dai tagli di preparazione e comprendono il taglio di sementazione,
tagli secondari e taglio di sgombero.
Struttura:
modo di presentarsi del bosco nello spazio aereo;
coetanea, disetanea, irregolare.
Termofilo:
amante del caldo.
Taglio di preparazione:
taglio di fusti di un soprassuolo prossimo ai tagli
di maturità all scopo di aprire la copertura, di consentire migliore sviluppo alle piante portasemi e di
preparare il terreno e la lettiera al ricevimento del
seme.
Taglio di sementazione:
il primo dei tagli di rinnovazione nel trattamento
a tagli successivi a carico dei popolamenti coeta-
Tipi di ceduo:
I diversi tipi di trattamento originano i seguenti tipi
di bosco ceduo:
– ceduo semplice
– matricinato
– composto
– a sterzo
– a capitozza
– a sgamollo.
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Tipi di taglio:
Tagli intercalari: qualsiasi taglio effettuato in boschi
coetaneiformi in un momento intermedio fra il suo
insediamento e la maturità; comprendono sfolli nei
novelleti e diradamenti nelle spessine, perticaie e
fustaie.
Tagli di maturità o principali: taglio del soprassuolo
a maturità, applicando le più opportune forme di
trattamento.
taglio a raso (su soprassuoli coetaneiformi);
tagli successivi (su fustaie coetaneiformi) che comprendono:
– taglio di preparazione
– taglio di sementazione
– taglio secondario
– taglio di sgombero
– taglio saltuario (su fustaie disetaneiformi).
Trattamento:
Turno:
Sistema di operazioni destinate a regolare l’evoluzione e la rinnovazione del bosco; le forme fondamentali sono:
il numero di anni che deve intercorrere tra l’impianto
o la rinnovazione di un soprassuolo coetaneo ed il
taglio di maturità.
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