COME CURARE Il follow-up dei malati Dopo il cancro del seno è tempo di controlli Proprio quando si ha voglia di lasciarsi alle spalle la malattia e gli ospedali arriva invece il momento dei controlli periodici. Nel caso del cancro del seno la loro frequenza e modalità è stata studiata e codificata da linee guida internazionali a cura di DANIELA OVADIA l peggio è passato, il tumore del seno è stato trattato chirurgicamente, a volte con radioterapia o con una chemioterapia. Ora è tempo di lasciarsi alle spalle la malattia senza però dimenticare che, per i primi cinque anni, la ex malata di cancro è una sorta di “sorvegliata speESSUNO ciale”. “Il perioAMA I CONTROLLI do di cinque anni è ovviaCHE SONO mente arbiPERÒ NECESSARI trario: è un limite che nasce da studi epidemiologici che dimostrano come, nella maggior parte dei casi, se un tumore si ripresenta o dà I N , luogo a metastasi ciò avviene in questo lasso di tempo. Ma è ovviamente una media: ogni paziente ha una propria storia, che dipende anche dal tipo di malattia che l’ha colpita, dalla sua diffusione al momento della diagnosi e dalle cure alle quali è stata sottoposta” spiega Alberto Luini, direttore della Divisione di senologia dell’Istituto europeo di oncologia di Milano. RASSICURANTI MA FASTIDIOSI Esistono però domande che ogni donna si pone fin dalla dimissione e che riguardano proprio i controlli a cui si dovrà sottoporre. Da un lato, infatti, questi hanno anche una funzione di rassicurazione nei confronti di una eventuale recidiva e danno la certezza di poter contare eventualmente su una diagnosi tempestiva; dall’altro scandiscono, non senza apprensione, lo scorrere del tempo e rendono più difficile il voltare pagina. Proprio perché si tratta di una questione importante, le società scientifiche si sono poste il problema di uniformare gli esami e le visite sulla base di studi di costo-efficacia: in sostanza i ricercatori sono andati a vedere quanto è utile fare determinati esami e quanto, invece, può essere inutile, se non dannoso, esagerare con determinati controlli. “I protocolli di follow-up, cioè di frequenza dei controlli dopo un tumore, sono oramai ampiamente condivisi, pur nella variabilità individuale di cui si parlava prima e che garantisce alla paziente una cura personalizzata” continua Luini. Più che i controlli strumentali, però, quel che sembra contare è la visita del medico. “Uno studio multicentrico italiano effettuato in 26 ospedali e pubblicato già nel 1994 sulla rivista JAMA aveva suddiviso le donne in un gruppo sottoposto a serrati controlli con ecografie, mammografie e altri esami e in un altro in cui si facevano solo gli esami ritenuti necessari dal medico in seguito a controlli programmati. In pratica si eseguivano solo i test utili secondo la clinica” spiega Umberto Veronesi, direttore scientifico di IEO. “Al termine dei cinque anni di sorveglianza non vi erano differenze nella sopravvivenza tra i due gruppi. Questo risultato ha ispirato i nostri protocolli di controllo: fare il neces- La cadenza delle visite è stabilita da protocolli internazionali APRILE 2012 | FONDAMENTALE | 7 COME CURARE Il follow-up dei malati In questo articolo: controlli mammografia frodi s a r i o senza trasformare gli anni successivi alla malattia in un percorso a ostacoli tra un esame e l’altro, perché non serve”. LA VISITA ONCOLOGICA L’American Society of Clinical Oncology (ASCO) è una delle società scientifiche più prestigiose nell’ambito dell’oncologia clinica, che si occupa principalmente della cura dei malati. Le sue linee guida in materia hanno fatto da base per tutte le altre e sono molto chiare: nel corso del primo anno si incontrerà l’oncologo ogni tre-sei mesi, quindi ogni 6-12 mesi fino al quinto anno. Dopo tale termine i controlli potranno diradarsi, ma sarà comunque il medico a consigliare la frequenza più adatta per il singolo caso. La visita comprende un’attenta anamnesi, la palpazione della mammella (se non è stata asportata interamente) e soprattutto la valutazione dello stato di salute del seno controlaterale, poiché è noto che chi ha avuto un primo cancro mammario ha un rischio più elevato della media di svilupparne un secondo. AMICA MAMMOGRAFIA Sia che il seno sia stato ricostruito con un intervento di chirurgia estetica sia che sia stato parzialmente asportato, la mammografia annuale è un obbligo per chi è già incappata una volta nella malattia. “Non c’è alcun pericolo nel sottoporsi a una mammografia anche se si è portatrici di una protesi mammaria” spiega Luini. “I materiali di cui sono fatte sono stati pensati per reggere a pressioni molto elevate, ben più intense di quelle a cui viene sottoposto un seno durante una mammografia”. In ogni caso, le portatrici di protesi sono sottoposte anche a un’ecografia annuale per verificare la posizione e la tenuta della protesi stessa. Talvolta il medico può ricorrere anche ad altre tecniche di imaging, come la risonanza magnetica, ma la mammografia rimane l’esame di base, imprescindibile. Solo le donne che hanno subito l’asportazione totale del seno e dei tessuti circostanti (mastectomia totale) sono esentate dall’esame (che però va comunque fatto sul seno sano). Le linee guida dell’ASCO prevedono anche che la donna pratichi l’autopalpazione mensile del seno, anche se questo esame non sostituisce in alcun modo la mammografia e può risultare, specie all’inizio, piuttosto complesso proprio per via della presenza di cicatrici e della eventuale protesi ricostruttiva. La mammografia è l’esame cardine anche nel seno operato 8 | FONDAMENTALE | APRILE 2012 UN QUADRO GENERALE Nel calendario dei controlli è necessario inserire anche la visita ginecologica annuale, specie se si assumono farmaci ormonali per la prevenzione delle recidive come il tamoxifene. In questo caso è bene rivolgersi al medico anche in presenza di sanguinamenti, poiché uno degli effetti collaterali di questa cura è un lieve aumento del rischio di incorrere in un cancro dell’endometrio, cioè del rivestimento interno dell’utero. Nella maggior parte dei casi il medico eseguirà una ecografia transvaginale, tecnica che consente di misurare lo spessore dell’endometrio e di confrontarlo con quello ottenuto nella visita precedente. “Il fatto che spesso si combinino due farmaci, cioè tamoxifene e analogo LHRH, serve anche a proteggere l’endometrio dal rischio tumorale, sia pur piccolo. Ciò non esime però dai controlli ginecologici, che sono comunque necessari” specifica Luini. Le linee guida internazionali prevedono anche (ma solo in alcuni casi) che alla scoperta di un cancro della mammella segua una valutazione del rischio genetico familiare. Ciò è necessario però solo se la malattia è insorta in età giovanile (prima dei 50 anni) o in almeno due membri femminili della propria famiglia (madre e sorella, figlia e sorella e così via), se il tumore ha colpito ambedue i seni oppure se c’è un membro maschile della famiglia che ha sofferto della stessa malattia. Tutti questi sono indizi di una possibile presenza di geni di predisposizione: scoprirlo consente di sottoporsi a programmi di prevenzione delle recidive più serrati di quelli previsti normalmente e che comprendono anche cambiamenti negli stili di vita e nell’alimentazione. “In linea generale, adottare stili di vita più salubri e un’alimentazione prevalentemente vegetale è un buon suggerimento per tutte le ex pazienti” afferma Luini, che segnala la necessità di prendere in considerazione anche i malesseri psicologici e non solo quelli fisici. È una raccomandazione condivisa dalle linee guida, che segnalano come il 30 per cento circa delle ex malate di cancro del seno vada incontro a una qualche forma di depressione proprio quando il peggio sembra passato: è una reazione comprensibile, legata anche all’abbassamento delle difese psichiche e al rilassamento che segue la consapevolezza dello scampato pericolo ma che può, se trascurata, interferire con il benessere generale. Secondo uno studio condotto da un noto centro oncologico, lo Sloan Kettering di New York, le donne depresse tendono a tralasciare i controlli previsti e a non seguire con sufficiente costanza le prescrizioni del medico, esponendosi quindi a rischi elevati di ricaduta. Infine non bisogna dimenticare l’importanza dell’attività fisica, che agisce su più fronti: rinforza l’organismo dopo le cure, migliora la mobilità in caso di linfedema (il tipico gonfiore del braccio che può derivare dallo svuotamento del cavo ascellare e dall’asportazione dei linfonodi), riduce il rischio di ingrassare legato ad alcune terapie ormonali e aumenta il tono dell’umore. Si controllano tutti gli organi influenzati dagli ormoni IL CASO PIP H a suscitato grande al- tesi è più teorica che reale, larme nel pubblico il tanto che il Consiglio supecaso delle protesi al riore di sanità, in un comuseno di marca Pip, prodotte in nicato ufficiale del 22 dicemFrancia e ritirate dal mercato bre scorso, nega che esista, perché potenzialmente sog- pur affermando che il mategette a rottura dell’involucro riale scadente di cui sono che contiene silicone e quin- fatti questi ausili può indurdi, in teoria, cancerogene. re infiammazione. In realtà il Ministero È bene sapere che su 10 della salute italiano aveva milioni circa di protesi mamgià ritirato dal mercato que- marie di marche differenti ste protesi il 1 aprile del impiantate nel mondo (per 2010, quando dalla Francia è ragioni mediche ma anche – arrivata la notizia di un uti- anzi nella maggior parte dei lizzo di materiale non con- casi – per motivi estetici) forme alle regole per la loro sono stati descritti rarissimi fabbricazione. Già allora gli casi di linfoma originatosi ospedali italiani che ne ave- dalla capsula intorno alla vano fatto uso hanno richia- protesi (sia in silicone sia mato le donne per un contenente una bacontrollo ecografico. nale soluzione sali“È una vicenda negana): 75 casi totali con tiva soprattutto per quattro decessi, l’impatto che può senza relazione con avere sulle pazienti una specifica ditta con cancro del seno, produttrice. Per quel che potrebbero penche riguarda più in sare alla ricostruziogenerale i casi di rotne come a qualcosa di tura della protesi, il potenzialmente periMinistero della salucoloso. Invece è un LA VICENDA te ha fatto sapere che momento fondamen- NON DEVE ciò è accaduto in Itatale del percorso di SMINUIRE lia, dal 2005 a oggi, guarigione, e frodi L’IMPORsolo 24 volte (e con come questa non de- TANZA DI protesi di marche difvono intaccare il RICOSTRUIRE ferenti) e che solo in principio secondo il un caso l’organismo IL SENO quale la ricostruzione ha reagito alla rottudel seno è un pezzo della ra con lo sviluppo di segni di cura, non una velleità esteti- infiammazione. ca” afferma convinto UmIn ogni caso il Ministero berto Veronesi, direttore ha stabilito un protocollo scientifico dell’Istituto euro- di verifica per le circa 5.000 peo di oncologia. donne portatrici di protesi Ma queste protesi sono Pip in Italia, che comprendavvero rischiose? In realtà de un’ecografia di controllo si tratta di un rischio poten- e, nel caso in cui si dimoziale, poiché non si sono al strasse un’alterazione delmomento verificati casi di l’involucro o un qualsiasi rottura che configurino un rischio per la salute, la sopericolo immediato. Anche stituzione delle protesi stesla cancerogenicità della so- se a carico del Sistema sanistanza contenuta nella pro- tario nazionale. APRILE 2012 | FONDAMENTALE | 9