1
Generalità sugli spazi
affini
1.1
Spazi affini
Definizione 1.1. Uno spazio affine è una terna (A, V, ⌘), dove A è un insieme,
V è uno spazio vettoriale mentre ⌘ è una applicazione
⌘:A⇥A!V
de f
che ad ogni coppia ordinata (A, B), A, B 2 A, associa un vettore v = ⌘(A, B) ====
AB , tale che:
(i) per ogni punto A 2 A, l’applicazione ⌘A : A ! V definita, per ogni
B 2 A, da ⌘A (B) = ⌘(A, B) è una biezione;
(ii) per ogni A, B, C 2 A vale la relazione AB = AC +CB (regola di Chasles).
L’insieme A si chiama spazio dei punti, mentre lo spazio vettoriale V prende
il nome di spazio vettoriale associato allo spazio dei punti A o giacitura dello
spazio affine.
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Generalità sugli spazi affini
La dimensione di uno spazio affine (A, V, ⌘) è definita come la dimensione
dello spazio vettoriale V. Si osservi che quest’ultima potrebbe essere infinita.
In ogni caso in questo testo ci occuperemo esclusivamente del caso in cui la
dimensione sia finita ed, in particolare, del caso di dimensione 1, 2 o 3.
Dalla definizione di spazio affine segue immediatamente che, per ogni A, B 2
A, AA = 0 e AB = BA.
Esempio 1.2.
(i) L’insieme vuoto è uno spazio affine rispetto a qualsiasi spazio vettoriale
associato. Si conviene che in questo caso lo spazio affine non abbia
dimensione.
(ii) L’insieme formato da un unico elemento è uno spazio affine, con spazio
vettoriale associato V = {0}, di dimensione zero.
(iii) Uno spazio vettoriale V si può pensare in modo naturale (canonico) come
lo spazio affine (V, V, ⌘) con ⌘(u, v) = v u, u, v 2 V.
(iv) Se (A1 , V1 , ⌘1 ) e (A2 , V2 , ⌘2 ) sono due spazi affini si consideri il prodotto
cartesiano A1 ⇥ A2 . Definendo l’applicazione
⌘ : (A1 ⇥ A2 ) ⇥ (A1 ⇥ A2 ) ! V ⇥ V
come ⌘((A1 , A2 ), (B1 , B2 )) = (⌘1 (A1 , B1 ), ⌘2 (A2 , B2 )) è facile verificare
che ⌘ soddisfa la Definizione 1.1. Quindi la terna (A1 ⇥ A2 , V ⇥ V, ⌘)
definisce uno spazio affine chiamato spazio affine prodotto.
Da ora in poi, quando non vi è pericolo di ambiguità, indicheremo con A uno
spazio affine intendendo che è chiaro dal contesto lo spazio vettoriale associato.
Osservazione 1.3. Dato uno spazio affine A e fissato un punto O 2 A segue,
dalla definizione, che ad ogni punto B 2 A resta associato un unico vettore
v 2 V. Possiamo quindi introdurre sull’insieme dei punti A una struttura di
spazio vettoriale nel modo seguente. Dati A, B 2 A definiamo A + B = Q con
OA + OB = OQ, mentre dato un numero 2 R definiamo A come quel punto
di A tale che O A = (OA). Si noti, tuttavia, che la struttura di spazio vettoriale
introdotta su A dipende dal punto O 2 A che gioca il ruolo del vettore nullo.
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1.1 Spazi affini
1.1.1
3
Sottospazi affini
Definizione 1.4. Un sottoinsieme F ⇢ A di uno spazio affine (A, V, ⌘) è un
sottospazio affine se è vuoto o se contiene un punto A tale che ⌘A (F) è un
sottospazio vettoriale di V.
La definizione di sottospazio affine non dipende dalla scelta del punto A, infatti
si ha
Proposizione 1.5. Sia F un sottospazio affine di A. Allora esiste un sottospazio
vettoriale W di V tale che, per ogni B 2 F, ⌘B (F) = W.
Dimostrazione. Essendo F un sottospazio affine esiste A 2 F tale che ⌘A (F) =
{AC : C 2 F} = W è un sottospazio vettoriale di V. Sia adesso B 2 F un altro
punto e si consideri ⌘B (F) = {BC : C 2 F}. Dalla regola di Chasles segue
che BC = BA + AC = AB + AC 2 W. Quindi ⌘B (F) ✓ W. Dimostriamo che
⌘B (F) è un sottospazio vettoriale di W. Siano v, w 2 ⌘B (F), dalla definizione
esistono C, C 0 2 F tali che v = BC e w = BC 0 . Siccome v + w 2 V esiste
C 00 2 A con v + w = BC + BC 0 = BC 00 . Per dimostrare che v + w 2 ⌘B (F)
bisogna verificare che C 00 2 F. Da BC 00 = BA + AC 00 = AC 00 AB, essendo
BC 00 , AB 2 W, segue che AC 00 2 W da cui, per definizione di W, C 00 2 F. Allo
stesso modo si dimostra che se v 2 ⌘B (F) e 2 R allora v 2 ⌘B (F). In fine,
AC = AB + BC = BC + BC 2 ⌘B (F) da cui W ✓ ⌘B (F).
⇤
Vice versa, si ha la seguente
Proposizione 1.6. Sia W un sottospazio vettoriale di V e sia A 2 A. Allora
esiste un unico sottospazio affine F contenente A con giacitura W.
Dimostrazione. Sia A 2 A e definiamo
F = {B 2 A : AB 2 W} = ⌘A1 (W) .
Chiaramente A 2 F e ⌘A (F) = W, quindi F è un sottospazio affine contenente
A il cui spazio vettoriale associato è W. Per l’unicità, supponiamo per assurdo
che esista F0 , F con ⌘A (F0 ) = W e A 2 F0 . Osserviamo per primo che F0 non
può essere un sottoinsieme proprio di F, essendo entrami in corrispondenza
biunivoca tramite ⌘A con W. Sia quindi C 2 F0 con C < F. Segue che ⌘A (C) 2
W e, per la biettività di ⌘A , si ha che C = ⌘A1 (⌘A (C)) 2 F.
⇤
Esempio 1.7.
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Generalità sugli spazi affini
(i) Tutti i punti di uno spazio affine sono sottospazi di dimensione zero.
(ii) Un sottospazio affine di dimensione uno si chiama retta affine.
(iii) Un sottospazio affine di dimensione due si dice piano affine.
Proposizione 1.8. Sia V uno spazio vettoriale visto come spazio affine e sia
f : V ! W un’applicazione lineare da V in un altro spazio vettoriale W. Per
ogni w 2 f (V), l’insieme delle contro immagini f 1 (w) ⇢ V è un sottospazio
affine di V con giacitura ker( f ).
Dimostrazione. Basta mostrare che, dato u 2 f 1 (w), si ha
⌘u ( f 1 (w)) = ker( f ) ,
dove, per definizione, ⌘u (x) = x u. Sia y 2 ker( f ), allora f (y + u) = f (u) = w,
quindi y + u = x 2 f 1 (w). Segue che y = x u = ⌘u (x) 2 ⌘u ( f 1 (w)),
cioè ker( f ) ✓ ⌘u ( f 1 (w)). Vice versa, sia y 2 ⌘u ( f 1 (w)), allora y = x u
per qualche x 2 f 1 (w). Segue che f (y) = f (x) f (u) = w w = 0, quindi
⌘u ( f 1 (w)) ✓ ker( f ).
⇤
Osservazione 1.9. La proposizione precedente dice che tutti i punti del sottospazio affine f 1 (w) si possono scrivere nella forma u0 + y dove u0 è un punto
fissato di f 1 (w) mentre y è un elemento del nucleo. Più in generale, si può mostrare che i sottospazi affini di uno spazio vettoriale V sono della forma W + v0 ,
dove W è un sottospazio vettoriale e v0 è un vettore di V. Si osservi che W + v0
definisce un sottospazio vettoriale solo se v0 2 W o, in altri termini, W + v0
definisce un sottospazio vettoriale solo se contiene il vettore nullo.
1.1.2
Intersezione di sottospazi affini parallelismo
Proposizione 1.10. Siano F1 e F2 due sottospazi affini di uno spazio affine A.
Allora l’intersezione F1 \ F2 è un sottospazio affine di A.
Dimostrazione. Sia V la giacitura di A. Se F1 \ F2 = ; allora è un sottospazio
affine. Altrimenti si scelga A 2 F1 \ F2 . Segue che ⌘A (Fi ) = Wi ⇢ V è la
giacitura di Fi per ogni i = 1, 2. Poniamo W = W1 \ W2 . Allora F1 \ F2 è
l’unico sottospazio affine passante per A con giacitura W.
⇤
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1.1 Spazi affini
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Definizione 1.11. Due sottospazi affini F1 e F2 di uno spazio affine A sono
detti paralleli (si scrive F1 F2 ) se hanno la stessa giacitura.
Osservazione 1.12. Si noti che due sottospazi possono essere disgiunti senza
essere paralleli, per esempio una retta affine la cui giacitura è un sottospazio
della giacitura di un piano affine non è parallela al piano. In ogni caso in uno
spazio affine di dimensione 2 due rette affini sono parallele se e solo se sono
disgiunte.
Qualche volta si utilizza una definizione di parallelismo più debole: due sottospazi affini F1 e F2 di uno spazio affine A sono detti debolmente paralleli
se la giacitura di uno è un sottospazio vettoriale della giacitura dell’altro. Con
questa terminologia ha senso parlare di retta affine parallela ad un piano affine.
Esempio 1.13. Se f : V ! W è una applicazione lineare, allora tutti i sottospazi f 1 (w), w 2 f (V), sono paralleli avendo la stessa giacitura ker( f ).
1.1.3
Coordinate affini
Sia (A, V, ⌘) uno spazio affine. Fissato un punto O 2 A, ad ogni altro punto A 2
A resta associato un unico vettore OA 2 V. Scelta una base B = {e1 , . . . , en }
dello spazio vettoriale V il vettore OA ammette un unica decomposizione rispetto alla base B:
OA = a1 e1 + · · · + an en =
n
X
ai ei ,
i=1
ai 2 R.
Definizione 1.14. Definiamo coordinate affini del punto A rispetto alla base
B ed al punto O la n-pla (a1 , . . . , an ) delle componenti del vettore OA rispetto
alla base B. La coppia (O, B) prende il nome di riferimento affine.
Al punto O resta associata la n-pla (0, . . . , 0) ed è comunemente chiamato
origine.
Quando l’origine O e la base B sono fissate useremo la notazione breve
A = (a1 , . . . , an )
per indicare un punto di uno spazio affine. Facendo riferimento alla struttura di
spazio vettoriale definita su uno spazio affine nella Osservazione 1.3, si vede
facilmente che le operazioni ivi descritte diventano:
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Generalità sugli spazi affini
A + B = (a1 , . . . , an ) + (b1 , . . . , bn ) = (a1 + b1 , . . . , an + bn )
A = (a1 , . . . , an ) = ( a1 , . . . , an )
A, B 2 A,
2 R.
Osservazione 1.15. Se A = (a1 , . . . , an ) e B = (b1 , . . . , bn ) rispetto ad un riferimento affine (O, B) su A, allora le componenti del vettore AB sono (b1
a1 , . . . , bn an ). Infatti, dalla regola di Chasles si ha
AB = AO + OB = OB
1.1.4
OA.
Cambiamenti di coordinate affini
Sia (A, V, ⌘) uno spazio affine. Siano (a1 , . . . , an ) le coordinate affini di un punto A 2 A rispetto ad un origine O 2 A ed ad una base B = {e1 , . . . , en } di V.
Vediamo come cambiano le coordinate affini se si cambia l’origine e/o la base
della giacitura.
Iniziamo cambiando solo l’origine. Sia O0 2 A un altro punto di A di coordinate affini (o01 , . . . , o0n ) e siano (a01 , . . . , a0n ) le coordinate affini di A rispetto al
riferimento (O0 , B). Dalla regola di Chasles si ha
OA = OO0 + O0 A
o, equivalentemente,
O0 A = OA
OO0
da cui segue che per un cambiamento d’origine le coordinate affini rispetto
alla nuova origine sono le vecchie coordinate meno le coordinate della nuova
origine rispetto alla vecchia. In formula
(a01 , . . . , a0n ) = (a1 , . . . , an )
(o01 , . . . , o0n ).
Vediamo adesso il caso in cui cambiamo la base dello spazio vettoriale V. Sia
dunque B0 = {e01 , . . . , e0n } una nuova base di V. La matrice M = (mi j ) del
cambiamento di base è definita da
ei = m1i e01 + · · · + mni e0n ,
8i = 1, . . . n.
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1.1 Spazi affini
7
Se le componenti del vettore OA rispetto alla base B sono (a1 , . . . , an ) allora le
componenti di OA rispetto alla base B0 sono date da
a0i
=
n
X
mi j a j .
(1.1)
j=1
Infatti, da una parte si ha
OA =
n
X
j=1
aj ej =
n
X
j=1
0 n
1
0 n
1
n BX
X
CCC
BBBX
C
B
BBB
C
0C
0
B
C
a j B@ mi j ei CA =
B@ mi j a j CCCA ei ,
i=1
i=1
j=1
dall’altra, scomponendo il vettore OA rispetto alla base B0 si trova
OA =
n
X
a0i e0i .
i=1
Per semplificare le notazioni da ora in poi indicheremo con
AO,B
0 1
BBBa1 CCC
B C
= BBBBB ... CCCCC
@ A
an
il vettore colonna delle componenti del vettore OA rispetto al riferimento affine
(O, B). Con questa notazione la (1.1) diventa
AO,B0 = M AO,B .
Combinando il cambiamento di origine con quello di base si ha:
Proposizione 1.16. Sia (A, V, ⌘) uno spazio affine e siano (O, B) e (O0 , B0 ) due
riferimenti affini. Allora per ogni A 2 A si ha
AO0 ,B0 = M(AO,B
O0O,B ),
dove M rappresenta la matrice del cambiamento di base (la i-esima colonna
di M rappresenta le componenti del i-esimo vettore di B rispetto alla base B0 ).
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8
1.2
Generalità sugli spazi affini
Trasformazioni affini
Siano (A, V, ⌘) e (A0 , V 0 , ⌘0 ) due spazi affini di dimensione n. Una trasformazione geometrica da A ad A0 è una applicazione biettiva
' : A ! A0 .
Le trasformazioni geometriche si possono comporre: se ' : A ! A0 e
A0 ! A00 sono due trasformazioni geometriche, la composizione
:
' : A ! A00
è definita da
'(A) = ('(A)), A 2 A. È facile mostrare che l’operazione
di composizione è associativa. Per definizione ogni trasformazione geometrica
' : A ! A0 è invertibile, cioè esiste la trasformazione inversa ' 1 : A0 ! A
tale che ' 1 ' = IdA e ' ' 1 = IdA0 .
Un caso molto speciale si ha quando la trasformazione ' è definita dallo spazio
affine in se stesso. Sia
Tras(A) = {' : A ! A : ' biettiva}
l’insieme di tutte le trasformazioni geometriche di uno spazio affine in se stesso. Dotando l’insieme Tras(A) dell’operazione di composizione segue, dalle proprietà viste sopra, che (Tras(A), ) è un gruppo algebrico. Tale gruppo
prende il nome di gruppo delle trasformazioni geometriche.
Sia ' : A ! A0 una trasformazione geometrica. Se introduciamo un riferimento affine (O, B) su A ed uno (O0 , B0 ) su A0 , e se indichiamo con (x1 , . . . , xn ) le
coordinate di un punto P 2 A e con (x10 , . . . , xn0 ) le coordinate di '(P) 2 A0 ,
segue che l’applicazione ' si scrive, in coordinate, come:
8 0
>
x1 = '1 (x1 , . . . , xn )
>
>
>
>
< ..
>
.
>
>
>
>
: x0 = ' (x , . . . , x )
n 1
n
n
per delle opportune funzioni 'i : Rn ! R, i = 1, . . . , n. Quindi per conoscere una trasformazione geometrica in coordinate è sufficiente conoscere le n
funzioni 'i .
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1.2 Trasformazioni affini
9
Dato un punto O 2 A una trasformazione geometrica ' : A ! A0 induce
un’applicazione biettiva f : V ! V 0 , chiamata applicazione indotta, definita
nel modo seguente. Sia v 2 V, con v = OA, allora f (v) = '(O)'(A) . Si osservi
che la funzione f non è necessariamente lineare.
Viceversa, fissati due punti O 2 A e O0 2 A0 , un’applicazione biettiva f : V !
V 0 (con f (0) = 0) induce una trasformazione geometrica ' : A ! A0 , tale che
'(O) = O0 , definita nel modo seguente: dato A 2 A, '(A) = A0 dove A0 2 A0 è
l’unico punto di A0 tale che f (OA) = O0 A0 .
Definiamo adesso un sottogruppo notevole del gruppo delle trasformazioni
geometriche. Per far questo diamo la seguente
Definizione 1.17. Siano (A, V, ⌘) e (A0 , V 0 , ⌘0 ) due spazi affini. Una trasformazione geometrica
' : A ! A0
è una trasformazione affine se esistono due riferimenti affini (O, B) e (O0 , B0 )
di A e A0 rispettivamente, tale che, per ogni A 2 A, le coordinate del punto A rispetto al riferimento (O, B) e le coordinate del punto '(A) rispetto al
riferimento (O0 , B0 ) coincidono.
In altre parole, la Definizione 1.17 dice che una trasformazione geometrica è affine se esistono due riferimenti affini (O, B) e (O0 , B0 ) di A e A0 rispettivamente,
tali che l’espressione di ' in coordinate diventi:
8 0
>
x1 = x1
>
>
>
>
< ..
>
.
>
>
>
>
: x0 = x .
n
n
Proposizione 1.18. Una trasformazione affine ' : A ! A0 si scrive, rispetto
a due riferimenti affini qualsiasi (O, B) e (O0 , B0 ) di A e A0 rispettivamente,
come
n
X
0
xi =
mi j x j + i i = 1, . . . , n
j=1
o, usando la notazione matriciale,
XO0 0 ,B0 = M XO,B + ,
dove M = (mi j ) rappresenta una matrice invertibile n⇥n e un vettore colonna
di componenti i 2 R , i = 1, . . . , n.
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Generalità sugli spazi affini
Dimostrazione. Siano (Ô, B̂) e (Õ, B̃) i riferimenti affini di A e A0 rispetto
0
ai quali la trasformazione affine si scrive come XÕ,
= XÔ,B̂ . Operando gli
B̃
0
opportuni cambiamenti di riferimento affine si ha che XÕ,
= M̃ XO0 0 ,B0 + ˜
B̃
mentre XÔ,B̂ = M̂ XO,B + ˆ con M̃ e M̂ matrici non singolari n ⇥ n (sono le
0
matrici del cambiamento di base). Dalla XÕ,
= XÔ,B̂ , segue che
B̃
M̃ XO0 0 ,B0 + ˜ = M̂ XO,B + ˆ
da cui
XO0 0 ,B0 = M̃ 1 M̂ XO,B + M̃ 1 ( ˆ
dove abbiamo posto M = M̃ 1 M̂ e
˜ ) = M XO,B +
= M̃ 1 ( ˆ ˜ ).
⇤
In particolare, si ha il seguente
Corollario 1.19. Siano V e W due spazi vettoriali di dimensione n pensati
come spazi affini. Allora una trasformazione geometrica ' : V ! W è affine
se e solo se esiste un vettore w0 2 W ed un isomorfismo f : V ! W tale che
'(v) = f (v) + w0 per tutti i v 2 V.
Si osservi che se ' : A ! A0 è una trasformazione affine, l’applicazione indotta f : V ! W è un isomorfismo. La dimostrazione che f è un isomorfismo
è lasciata per esercizio.
Segue che una definizione alternativa di trasformazione affine è la seguente
Definizione 1.20. Siano (A, V, ⌘) e (A0 , V 0 , ⌘0 ) due spazi affini. Una trasformazione geometrica
' : A ! A0
è una trasformazione affine se esiste un punto O 2 A e un isomorfismo f :
V ! W tale che per ogni A 2 A
f (OA) = '(O)'(A).
Osservazione 1.21. Si noti che se ' : A ! A0 è affine la definizione dell’isomorfismo indotto non dipende dal punto O. Infatti, sia O0 un altro punto, allora
si ha
'(O0 )'(A) ='(O0 )'(O) + '(O)'(A)
= '(O)'(O0 ) + '(O)'(A)
= f (OO0 ) + f (OA)
= f (OA OO0 ) (usando la linearità di f )
= f (O0 A).
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1.3 Esercizi
11
La stessa proprietà non vale se ' è una trasformazione geometrica qualunque
in quanto abbiamo utilizzato la linearità di f .
1.2.1
Il gruppo affine
Dalla Proposizione 1.18 segue immediatamente che la composizione di trasformazioni affini è una trasformazione affine ed allo stesso modo che l’inversa
di una trasformazione affine è affine. L’insieme delle trasformazioni affini da
uno spazio affine in se stesso forma quindi un sottogruppo del gruppo delle
trasformazioni geometriche denotato con A↵(A).
La geometria affine studia le proprietà delle figure in uno spazio affine che
rimangono invarianti per trasformazioni affini.
1.3
Esercizi
1. Siano A1 , A2 , . . . , An , n punti arbitrari di uno spazio affine. Un punto G si
chiama baricentro se
GA1 + GA2 + · · · + GAn = 0.
• Dimostrare che se G esiste allora è unico.
• Sia O un qualsiasi punto dello spazio affine. Dimostrare che OG è
caratterizzato dalla formula
1
OG = (OA1 + OA2 + · · · + OAn )
n
2. Dimostrare che le diagonali di un parallelogramma si intersecano nel
loro punto medio, cioè se AA0 B0 B è un parallelogramma e se M soddisfa
AB0 = 2AM, allora A0 B = 2A0 M.
3. Dati tre punti A, B e C di un piano affine si consideri il baricentro G.
• Dimostrare che G è il punto di incontro delle mediane del triangolo
A, B, C e che divide ogni mediana in due parti una doppia dell’altra.
• Dimostrare che noti due vertici del triangolo ed il baricentro è noto
il rimanente vertice.
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12
Generalità sugli spazi affini
4. Dimostrare che esiste un’unica retta affine contenente due dati punti A, B
di uno spazio affine.
5. Sia ' : A ! A0 una trasformazione affine. Dimostrare che l’applicazione indotta f : V ! V 0 è un isomorfismo.
6. Data una trasformazione affine ' : A ! A un punto M 2 A si dice fisso
se '(M) = M. Dimostrare che ' ha un unico punto fisso se e solo se
l’isomorfismo indotto f : V ! V ha solo il punto fisso 0 2 V.
7. Dimostrare che una trasformazione affine ' : A ! A0 manda tre punti
allineati in tre punti allineati. Allineati significa che appartengono ad una
stessa retta affine.
8. Determinare una trasformazione affine di un piano affine che mandi i
vertici di un triangolo A, B, C sui loro punti simmetrici rispetto ai punti
medi dei lati opposti. Dove dato P il suo simmetrico rispetto a M è il
punto P0 tale che MP+MP0 = 0. (Aiuto: fissare un sistema di riferimento
affine utilizzando i punti A, B, C).
9. Una trasformazione ' di un piano affine A in se stesso è una prospettività se ha una retta affine F di punti fissi e se per ogni punto A, B 2 A i
vettori A'(A) e B'(B) sono paralleli.
• Fissato un riferimento affine (O, e1 , e2 ) sul piano con O 2 F, e1
parallelo alla giacitura di F e e2 parallelo a A'(A), determinare le
espressioni x10 = '1 (x1 , x2 ), x20 = '2 (x1 , x2 ) della prospettività.
• Se rispetto ad un sistema di riferimento affine del piano una trasformazione è data da x10 = 4x1 + x2 5, x20 = 6x1 + 3x2 10, dimostrare
che è una prospettività.
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