Fenomenologia File - Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche

La scienza fenomenologica
Cos’è la fenomenologia?
La fenomenologia è una disciplina che nel corso degli anni ha interessato
molti aspetti della costruzione del mondo sociale. Essa si diffonde nel
XX secolo e interessa diversi autori in modo differente infatti assume
significati diversificati. Può essere definita come lo studio di “ciò che appare” , ciò che si
manifesta nei contenuti delle percezioni e della coscienza mettendo costantemente in dubbio
e riconsiderando tutto ciò che diamo per scontato. Il fondatore a cui la sociologia si rifà in
particolar modo è Edmund Husserl e tra gli esponenti principali troviamo Alfred Schutz.
SHUTZ :
La
“FENOMENOLOGIA
DEL MONDO SOCIALE ” (1932)
Schutz, filosofo delle scienze sociali di approccio fenomenologico e sociologo, è considerato
come il fondatore dell'idea di una sociologia fenomenologica; nasce a Vienna nel 1899 e muore
a New York nel 1959. Nella sua opera, la “Fenomenologia del mondo sociale”, apparsa a Vienna
nel 1932 e di cui la vera traduzione letterale dalla lingua d’origine sarebbe “La costruzione
del mondo sociale in quanto dotata di significato”, ha come oggetto del lavoro il rapporto
che unisce le strutture sociali alla comprensione del loro significato. Il tema è dato proprio
dal “comprendere” o ”intendere”, in quanto gli oggetti, le strutture sociali e il mondo sociale in
sé hanno all’interno dei significati nascosti che gli uomini devono cogliere.
Per Schutz la società si costruisce attraverso le relazioni tra gli individui che stabiliscono
relazioni anche con il mondo circostante; sarà l’individuo a dare un senso proprio agli oggetti e
ai simboli che conoscerà attraverso la socializzazione. La soggettività si costruisce tramite
l’interrelazione della propria esistenza con quella di tutti gli altri e tramite la costruzione di
senso e agire comune che porta l’individuo a comprendere il pensiero e l’agire di un altro in
relazione al proprio modo di comportarsi e alle proprie motivazioni. È proprio vivendo con gli
altri che noi orientiamo il nostro agire quotidiano e comprendiamo il comportamento degli altri
presupponendo che essi comprendano il nostro.
Schutz sviluppa il pensiero secondo cui gli individui fanno esperienza degli altri mediante la
comunicazione, i segni e i simboli che insieme al linguaggio costituiscono il mondo organizzato
in cui avviene l’agire quotidiano. Egli chiama questo mondo delle relazioni tra gli individui
“mondo della vita” e lo definisce nei seguenti modi:
“mondo della vita quotidiana dovrà indicare il mondo intersoggettivo che esisteva da molto
prima della nostra nascita, percepito e interpretato da altri, i nostri predecessori, come un
mondo organizzato. Ora esso è dato alla nostra esperienza e alla nostra interpretazione”
“il nostro mondo quotidiano è, fin dall’inizio, un mondo intersoggettivo di cultura… è un mondo
di cultura perché, fin dall’inizio, il mondo della vita è un universo di significati a noi diretti, uno
schema di significati che dobbiamo interpretare, e di interrelazioni di significati che
costituiamo attraverso la nostra azione in questo mondo della vita”.
Sociologia della famiglia
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Il mondo della vita è, quindi, il mondo delle certezze familiari, che sono ritenute
incondizionatamente valide nella vita umana, l’orizzonte dei sensi comuni e condivisi, cioè il
mondo dell’intersoggettività in cui non occorrono spiegazioni scientifiche.
Afferma infatti che la realtà è troppo complicata perché sia ricostruita nei minimi dettagli, ci
accontentiamo di sintesi e semplificazioni che ritroviamo nei sensi comuni. Il senso comune è
ciò che diamo per scontato, ciò che consideriamo indubbio e naturale, assodato ed acquisito
una volta per tutte, convinzioni cui si fa riferimento nella vita quotidiana; il senso comune
definisce uno sfondo socialmente condiviso di “naturalezza”, il substrato indiscutibile delle
interazioni sociali. Il bambino infatti alla nascita si trova in un mondo intersoggettivo già
organizzato, in un mondo di cultura costruito dall’attività umana. Tuttavia, anche se percepito
come naturale, il senso comune è culturalmente costruito, e quindi non risulta come un sapere
meramente oggettivo e semplicemente tramandato dai nostri predecessori, ma è soggetto ad
interpretazioni dell’uomo sempre nuove. Gli attori sociali pensano che le spiegazioni della
realtà non siano state costruite soggettivamente, ma hanno una base oggettiva; ciò che
Schutz vuole dimostrare è che noi attori sociali non ci rendiamo conto del fatto che siamo
proprio noi a partecipare alla costruzione dei sensi comuni e per questo motivo pensiamo siano
preesistenti. Noi diamo infatti per scontato che esistono oggetti e fatti singoli, isolati e
indipendenti da ogni elaborazione soggettiva. Tutto ciò è inesatto perché per cogliere un
fatto, è necessaria una selezione fra tutti gli altri fatti. Egli afferma:
“tutti i fatti sono fin dall’ inizio selezionati da un contesto universale delle attività della
nostra mente. Noi non cogliamo la realtà nella sua totalità ma cogliamo, di volta in volta, solo
certi aspetti di essa”
Non vi sono puri e semplici fatti: vi sono sempre fatti interpretati. Ciò non significa che, nella
vita quotidiana o nella scienza, noi non siamo capaci di afferrare la realtà del mondo ma
significa che afferriamo solamente una parte di essa.
Il mondo si forma tramite il vivere in comune e il soggetto si costituisce nelle relazioni socioambientali (condivisione dello stesso ambiente spazio-temporale) con altri ego da cui viene
fuori un mondo intersoggettivo, un mondo del “noi”. Infatti gli uomini che vivono nello stesso
spazio-temporale assumono significati ed interpretazioni della realtà condivise, ma la realtà è
vasta e multiforme per cui in base ai diversi contesti abbiamo diverse interpretazioni. Per
Schutz vi sono infatti molti mondi della vita poiché i significati attribuiti alla vita quotidiana
cambiano in base ai diversi contesti socio-culturali, dunque anche l’interpretazione della realtà
viene da noi elaborata in modi diversi in ogni momento delle nostre vite individuali. Egli chiama
questi molteplici mondi della vita “province finite di significato” (es: mondo dei sogni, mondo
dell’arte, mondo dei giochi dei bambini). Quindi coloro che appartengono ad uno stesso
contesto socio-culturale compongono un gruppo, il quale dispone di un insieme di esperienze
comuni che gli è stato tramandato e che costituisce la realtà della sua vita quotidiana. Noi ci
aspettiamo che tutti coloro che appartengono a questo nostro gruppo, condividano con noi le
medesime prospettive; si tratta però di un “tutti relativo” in quanto in realtà ciascun individuo
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ha una propria biografia, ha conoscenze più profonde in alcuni settori piuttosto che in altri
rispetto alla struttura significativa che costituisce il comune mondo della vita quotidiana.
Schutz inoltre introduce il concetto di tipizzazione, generalizzazioni che facilitano il nostro
rapporto con gli aspetti particolari dell’ambiente circostante: viviamo in un mondo di oggetti
tipizzati e solo sulla base di queste tipizzazioni è possibile la nostra esperienza degli oggetti
e delle persone. Tipizzare significa ridurre la complessità della realtà (cose, eventi, situazioni,
persone ed azioni) a “tipi” o “categorie” di oggetti. Queste tipizzazioni sono di origine sociale,
ci sono state tramandate e la tipizzazione fondamentale, quella che rende possibili le altre, è
il linguaggio. Grazie al linguaggio, ai simboli e ai segni gli uomini fanno esperienza degli altri.
Dunque, l’atteggiamento naturale che ci appare come realtà oggettiva, risulta invece essere
una struttura significativa, un insieme di significati correlati e tipizzati.
Schutz avendo un approccio fenomenologico sostiene che l’obiettivo della fenomenologia è
quello di cogliere le essenze o idee della conoscenza; e lo fa criticando le scienze sociali
definendole come “costrutti di costrutti” perché cercano di ricostruire ciò che già gli uomini
hanno interpretato attraverso costrutti intersoggettivi in termini di senso comune e sono
proprio questi oggetti di pensiero ad aiutarli a trovare le loro posizioni all’interno del loro
ambiente naturale e socio-culturale.
Egli fa inoltre una distinzione tra la scienza naturale e quella sociale. Afferma che lo
scienziato naturale si protende ad interpretare una realtà che proprio perché naturale non
risulta costruita dall’uomo, diversamente nelle scienze sociali lo scienziato reinterpreta un
mondo già costruito dall’uomo e da esso già interpretato. Il mondo sociale che noi insieme agli
altri formiamo nella vita quotidiana per le scienze sociali è invece già formato e costituito, ma
in realtà esso deve diventare oggetto di elaborazione scientifica nella sociologia e perciò deve
essere quest’ultima a mettere in discussione quanto appare “ovvio”.
Schutz e Weber
Schutz riprende Weber per quanto riguarda la teoria dell’agire sociale che egli sviluppa per
spiegare come avvengono le relazioni tra gli individui. Sappiamo che per Weber l’azione sociale
è quell’azione dotata di senso (l’uomo è un essere razionale e riflessivo) e orientata agli altri.
Quest’ultimo distingue quattro tipi di azione sociale:

Azione tradizionale: orientata dalla tradizione

Azione affettiva: dettata dalle emozioni e dall’umore

Azione razionale rispetto al valore: seguendo i valori condivisi, senza tenere conto delle
conseguenze

Azione razionale rispetto allo scopo: seguire uno scopo attraverso l’utilizzo di mezzi
razionali, tenendo conto delle conseguenze
Weber attribuisce all’azione un valore razionale e perciò afferma che l’azione va dritta allo
scopo senza prendere in considerazione la dimensione intersoggettiva dell’individuo.
Schutz critica questa prospettiva poiché egli ritiene che l’azione, si è razionale, ma che la
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dimensione intersoggettiva ne influisce molto il decorso e critica quindi l’oggettività di questa
azione ponendo maggiore rilievo sull’intenzionalità del soggetto.
Per Schutz quindi è importante il fattore dell’intenzionalità per comprendere a pieno
l’esperienza umana, ossia l’idea che la coscienza sia sempre intenzionale e diretta adun
determinato oggetto; infatti ogni fenomeno si ricollega tramite le nostre categorie mentali a
un oggetto chiamato appunto intenzionale e la soggettività è sempre complessivamente
implicata nella nostra comprensione del mondo.
Schutz parla, a differenza di Weber, di un azione prima individuale e poi sociale in quanto ogni
individuo sulla base delle proprie esperienze ha un vissuto significativo e ogni sua azione non
necessariamente è concepita in egual modo da parte degli altri. L’agente quindi deve
considerare il fatto che la sua azione può essere interpretata diversamente rispetto ai
significati che egli gli attribuisce. Ed è proprio questo che Weber non è riuscito a cogliere
parlando di azione sociale in cui da per scontata la comprensione dell’ azione da parte degli
altri.
Un altro aspetto che Weber ha sottovalutato, ma che per Schutz risulta fondamentale, è il
processo di “volontarizzazione dell’azione” in cui il soggetto mostra la volontà di raggiungere
un determinato scopo e quindi non ci può essere azione se non c’è un progetto preesistente
alle spalle poiché è la presenza di un progetto a indicare quando si ha azione e quali atti
particolari ne fanno parte. È la presenza di un progetto a dare senso all’azione, ma nello stesso
tempo il senso attribuito all’azione compiuta è sempre diverso da quello del progetto poiché da
prima a dopo del progetto sono mutate le nostre esperienze. Quando diciamo che vi è azione
solo in presenza di un progetto, ciò non vuol dire che sia sempre presente al soggetto che
agisce infatti noi non ce ne rendiamo conto quando l’azione è simile ad altre già compiute, cioè
ricade nella routine.
Proprio per questo Schutz fa anche una distinzione tra atteggiamento e comportamento: il
primo corrisponde al progetto, ai valori condivisi, alle esperienze personali che influenzano
l’azione, invece il secondo riguarda l’azione compiuta.
Schutz, inoltre, mette in discussione ciò che Weber identifica come relazione socialefacendo
coincidere questa con situazioni diverse; infatti, per Weber, si ha relazione sociale quando chi
agisce orientandosi verso l’altro pensa che quest’ultimo a sua volta orienti il suo agire verso di
lui e si ha ugualmente relazione sociale anche nel caso in cui l’osservatore reputa che vi sia un
orientamento reciproco. Secondo Schutz, invece, la forma di relazione sociale è quella che lui
chiama “relazione sociale ambientale” in cui gli interlocutori condividono lo stesso ambiente
spazio-temporale creando insieme un “noi” che si differenzia sia dall’”io” che dal “tu”.
Un ulteriore discussione riguarda la posizione che assume l’osservatoreche, diversamente da
come afferma Weber, è un osservatore esterno, cioè anche se inserito nel contesto sociotemporale dell’agente e dell’interlocutore non può capire a pieno i significati dell’azione svolta
perché non partecipa alla reciprocità degli atteggiamenti che costituisce il “noi”. Per Schutz,
infatti, non è possibile comprendere il mondo dei predecessori e successori in quanto ci si
allontana dal rapporto costitutivo del “noi” e una comprensione è possibile solo tramite le
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tipizzazioni; non si può assumere un atteggiamento efficace in quanto su di essi non si può
intervenire per modificare le loro azioni. Con ciò Schutz vuole dimostrare come sia sbagliato
cercare di spiegare il passato e profetizzare il futuro che può essere anticipato solo in
rappresentazioni vuote, e solo tramite le tipizzazioni si costituisce il procedimento che sia le
scienze sociali che noi utilizziamo nella conoscenza.
…il nostro pensiero:
“La nostra è l’epoca delle riscoperte. Sarà perché leggiamo in fretta, quindi male. Sappiamo
tutto ma non capiamo nulla. O sarà perché le novità son tante in apparenza, mentre in realtà si
riducono a poco: quel poco che vale la pena di riscoprire, ossia di incominciare a capire per il
giusto verso”.
Questo è ciò che Enzo Melandri ci scrive nella sua prefazione al testo “La fenomenologia del
mondo sociale” per farci capire come davvero noi ogni giorno diamo per scontato molte cose;
cose importanti che in realtà si riducono a poco, a sensi comuni, a “regini di verità”, di
significati nascosti che ai nostri occhi divengono persino banalità. Il nostro mondo richiede
quello sguardo attento che in noi si manifesta in modo superficiale, lo sguardo che invece ci
aiuterebbe a scavare dentro al presente per coglierne i significati e al passato per ricavarne
insegnamenti. Uno sguardo attento per il futuro per aiutarci a crescere attraverso un agire
ancor più “dotato di senso” e non automatico e meccanico.
Interpretare la realtà e l’agire umano è quello che da tempo hanno fatto importanti autori con
diversi punti di vista, ma che spesso noi, gente comune, non ci mettiamo a fare. Un sapere che
rimane nei libri, una realtà rappresentata nei film. Bisognerebbe muovere i primi passi,
scavare dentro le mura famigliari, dentro il “mondo della vita” e della nostra vita quotidiana,
fatta di routine, di abitudini tramandate o anche nuove e cercare di ricavare quanto più
possibile per interpretare al meglio la nostra vita e quella degli altri.
Utilizzando una metafora possiamo dire che il mondo può essere identificato con una palla, e
noi i protagonisti di una partita di pallavolo. Il mondo viene, per cosi dire, sballottato da una
parte all’altra, da un epoca all’altra, da un attore a un altro attore, e ogni qualvolta ciò avviene
esso assume una forma diversa, mantenendo le caratteristiche principali di una palla, ma
assumendo aspetti sempre nuovi.
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La realtà come costruzione sociale
Quando nasciamo non siamo membri di una società ma dobbiamo effettuare un percorso, con
tappe prestabilite, che ci conduce all’integrazione sociale, essendo fin dalla nascita individui
predisposti alla socialità.
Il punto di partenza è il processo di interiorizzazione durante il quale “Io” interiorizzo la
realtà soggettiva di un altro e la trasformo in un oggetto significativo per me. Questo però
non significa che l’ “Io” capisca a pieno la soggettività dell’altro, ad esempio può confondere il
pianto di gioia con quello di dolore.
L’ “Io” riesce a capire i processi soggettivi dell’altro ( il pianto) e il suo mondo, trasformandolo
in proprio, solo nella forma complessa dell’interiorizzazione.
La socializzazione primaria:
Il bambino cattura i comportamenti degli adulti a lui vicini e li imita. La famiglia assume quindi
un modello per la costruzione del proprio io, ciò però non sarebbe possibile senza un
attaccamento emotivo con queste persone.
Il bambino si identifica in ciò che gli altri vedono in lui:
“il bambino impara che lui è veramente quello che lo chiamano”
Assieme all’identità gli viene assegnata una posizione nel mondo.
Il fanciullo durante questa fase, partendo da una regola familiare (imposta ad esempio dalla
madre) generalizza questa norma come imposta da tutti, un “tutti” inteso come società
(“altro” generalizzato), si genera quindi una simmetria tra la realtà soggettiva e quella
oggettiva. Lo strumento che permette che ciò avvenga è il linguaggio.
In questa fase l’individuo non ha potere decisionale sulla scelta delle persone che si
presentano a lui come modelli da seguire. D’altronde:
“ci si deve arrangiare con i genitori che la sorte ci ha dato”
Il mondo interiorizzato quindi non è scelto fra una moltitudine di mondi ma è l’unico
concepibile.
Durante questa fase si costruisce il primo mondo dell’individuo, il mondo dell’infanzia, il quale è
concepito come assolutamente veritiero; solo crescendo arriveranno i primi dubbi esistenziali.
Questo primo universo ha come obiettivo quello di far sentire al sicuro il bambino, non a caso
la madre ripete più volte al suo cucciolo “va tutto bene” nei momenti di crisi.
Esiste un programma di apprendimento con il quale si istruisce il bambino a seconda della sua
età, ovviamente questi programmi cambiano a seconda dei contesti socio-culturali nei quali i
bambini vengono percepiti in maniera differente (ex. “puri e innocenti” o “maligni”).
Nel trasmettere conoscenze al bambino bisogna prestare attenzione al linguaggio utilizzato,
ad esempio sarà più facile dire al bambino di non masturbarsi perché fa arrabbiare il suo
angelo custode piuttosto che dire che ciò danneggerà il suo adattamento sessuale.
Questa fase termina quando l’individuo, che ormai è divenuto membro della società a tutti gli
effetti, ha terminato di formare la propria soggettività.
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La socializzazione secondaria:
Non esiste socializzazione secondaria senza una precedente socializzazione primaria, che
abbia dato vita ad un “Io” e che abbia fatto interiorizzare un mondo.
Durane questa seconda fase vengono interiorizzati “sottomondi istituzionali” che comportano
la conoscenza di ruoli. Questo ruolo può essere totalmente interiorizzato dall’individuo e
comporta modalità di azione legate a norme che lo stesso impone.
Una difficoltà che possiamo riscontrare durante la socializzazione secondaria è che la realtà
che è stata interiorizzata nella fase precedente rimane impressa nella mente e perciò ogni
nuovo contenuto che l’individuo deve interiorizzare viene fatto coincidere con la realtà già
esistente, creando però problemi di coesione tra “vecchi e nuovi contenuti”.
Durante questa fase a differenza della prima non viene tenuto conto dell’età dell’individuo, ma
le cose che esso deve apprendere sono scelte in base a quello che gli agenti socializzanti
ritengono sia necessario e più interessante.
Nella socializzazione primaria il bambino si identifica con la madre o con il padre, in quella
secondaria non è necessario che il suo io si identifichi con un “Io” legato ad un ruolo (ex.
maestra), infatti questi sono contraddistinti da un forte presenza di “anonimia”, cioè un lavoro
di un individuo può tranquillamente essere eseguito da un altro (intercambiabilità).
Come abbiamo detto sopra non esiste un socializzazione secondaria senza una precedente
(socializzazione primaria) ma l’individuo può annullare tutto ciò che ha appreso durante la
fanciullezza solo con un forte “choc biografico”, mentre risulta più facile cancellare ciò che ha
interiorizzato durante questa fase:
“il bambino, che gli piaccia o no, è costretto a vivere nel mondo come viene definito dai
suoi genitori,ma po’ lasciarsi dietro allegramente il mondo dell’aritmetica non appena esce
di classe”
Conservazione e trasformazione della realtà soggettiva:
La realtà si suddivide in: - comune (realtà quotidiana)
- emergenza (realtà in caso di crisi)
La comune si preserva tutti i giorni assumendo un carattere routinario e tramite l’interazione
tra “Io” e gli altri.
Le persone importanti per l’individuo assumono il ruolo di agente principale per la
preservazione della realtà, a far ciò partecipano anche le persone ritenute meno fondamentali
con cui ha rapporti meno stretti e questi vengono definiti “coro”.
Tra persone importanti e coro vi è un rapporto di dialettica : interagiscono tra loro per
preservare la realtà attraverso la conversazione. Meno si parla di una cosa più questa può
assumere un carattere vacillante lasciando posto al dubbio. Per rimediare a una conversazione
con bassa frequenza interviene il fattore dell’intensità (ex. vedo una volta al mese una mia
amica e in quella volta parliamo ininterrottamente di tutto; la nostra amicizia rimarrà stabile).
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Una realtà per essere preservata ha anche bisogno di “strutture di plausibilità”. L’individuo ha
la necessita di essere circondato da persone o frequentare luoghi che confermino la sua
soggettività.
Nel momento in cui si fa parte di queste strutture, ogni dubbio farà sentire ridicolo
l’individuo, infatti solo con la fuoriuscita da queste potranno accrescere ipotetiche
perplessità.
Nei momenti di crisi la società deve azionarsi e adottare procedimenti risolutivi.
Ristrutturazione della realtà: l’esempio più noto per comprendere questo processo è la
conversione religiosa. Quando un uomo si converte “demolisce” tutto ciò in cui credeva e
crea una nuova realtà.
Il percorso è molto simile a quello della socializzazione primaria . Si ha bisogno di persone
che offrono un’identificazione affettiva ma a differenza della prima fase, ora non si parte
più da zero ma bisogna sradicare la vecchia realtà per costruirne una nuova.
L’individuo ha inoltre bisogno di strutture di plausibilità in cui trovare conferma della nuova
realtà.
Interiorizzazione e struttura sociale:
La socializzazione può avere due esiti finali: - riuscita (quando tra realtà oggettiva e quella
soggettiva vi è una SIMMETRIA) ma è
impossibile in una società
- non riuscita (quando tra realtà oggettiva e
quella soggettiva vi è una ASIMMETRIA) ma il
suo verificarsi è limitato e raro.
La socializzazione è possibile che riesca in quelle società dove la divisione del lavoro è molto
semplice, in questi casi vengono prodotte identità con un aspetto bene definito in quanto
rappresentano in maniera precisa la realtà in cui esse sono state posizionate.
Quando la socializzazione non riesce è perché vi è stato un “incidente biografico, o biologico, o
sociale.”
Quando la socializzazione non è riuscita:
-quando il bambino ha un handicap che la società non approva (ex. storpio), quando viene
marchiato con un’etichetta disonorevole (ex. bastardo)
-quando la società risulta strutturata in maniera più complessa vi può essere:
”eterogeneità del personale socializzante”, ad esempio può accadere che
tutte le persone coinvolte nella vita del bambino hanno differenti opinioni sulla stessa
realtà
-“quando vi è asimmetria tra la vita pubblica e quella privata”: il bambino si ritrova ad
essere educato contemporaneamente da genitori e una tata di differenti opinioni.
Ognuno di questi gli insegnerà nozioni diverse e a volte discordanti, ma comunque sarà
sempre il mondo dei genitori a prevalere (casi rari rispetto agli altri).
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Teorie sull’identità:
L’identità è una parte fondamentale del mondo soggettivo e elemento solido del mondo
oggettivo, caratterizzata da un rapporto dialettico tra l’individuo e la società. Questa è
composta da processi sociali, definiti dalle strutture sociali, e che aiutano la formazione e il
mantenimento dell’identità stessa.
Le “strutture sociali storiche” creano tipi di identità (ex. “un americano ha un’identità diversa
da quella di un francese”) che posso essere palesi nella vita di tutti i giorni da qualsiasi essere
umano che abbia giudizio. Questi tipi di identità sono “osservabili e “verificabili” senza bisogno
della scienza.
La dialettica nel mondo sociale: nel mondo vi è un continuo processo dialettico tra
natura e società, dialettica che compare già durante la fase della socializzazione primaria e
che continua ad operare per tutta la vita dell’individuo.
Secondo Berger e Luckmann questa dialettica, nel suo aspetto esteriore, si mostra come
una “reciproca restrizione tra organismo e società” , nel senso che molte volte il mondo
sociale impone dei limiti a ciò che è possibile biologicamente (ex. durata della vita) ma
anche il contrario, ovvero che i fattori biologici posso imporre limiti a ciò che è possibile
fare dal punto di vista sociale (ex. il parlamento può fare tutto meno che far partorire gli
individui).
“la società pone dei limiti all’organismo, come l’organismo pone dei limiti alla società”
La dialettica si manifesta come una resistenza tra gli istinti biologici dell’individuo e le
le regole che la società impone allo stesso.
L’individuo, crescendo, smetterà di resistere alle norme imposte nella socializzazione
primaria ma proverà frustrazione ogni volta che la società gli proibirà di fare qualcosa.
Problemi di questo genere si riscontrano anche durante la fase della socializzazione
secondaria, anche se è nettamente minore il grado di frustrazione dell’individuo.
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Il matrimonio come costruzione sociale
della realtà
Peter L. Berger e Hansfried Kellner pubblicano nel 1964 il saggio “ Il matrimonio e la
costruzione della realtà” in cui conducono uno studio approfondito, su base micro-sociologica,
sul matrimonio come istituzione e costruzione della realtà.
Per gli autori il matrimonio è un’istituzione nel quale i coniugi si impegnano a stare insieme per
ottenere un senso socialmente riconosciuto alla propria unione.
“Tutti noi conosciamo veramente la realtà se sappiamo come essa viene costruita”
Il matrimonio è il fondersi di due volontà individuali che formano dal loro miscuglio una “terza
realtà”, il “noi”.
Il matrimonio è definito a sua volta come costruzione della realtà in quanto esso avviene
attraverso reciproche azioni dotate di senso attuate dagli attori sociali e consolidate dalle
abitudini ritualizzate nella quotidianità; la produzione dei segni e le tipizzazioni delle azioni
consuetudinarie fanno in modo che il matrimonio abbia un carattere oggettivo.
Berger e Kellner parlano di de-istituzionalizzazione del matrimonio nella realtà
contemporanea, in quanto i tratti che la contraddistinguono sono le nascite fuori dal
matrimonio e gli incrementi dei divorzi che abbandonano la visione della famiglia come
istituzione.
Un padre paragonabile al capitalista della società è un padre che all’ interno della stessa si
prende cura della famiglia, nutre e protegge; il matrimonio in passato sanciva la costituzione
imprenditoriale mentre oggi il matrimonio viene identificato come un ostacolo alla libertà e
alla realizzazione del successo individuale. Con la nuova famiglia si abbandonano gli elementi
universali, racchiusi in questa parola finora, cominciando a pensare ad una famiglia che si crea
in base ai cambiamenti e alle circostanze della realtà momentanea. Un dibattito importante
ha riguardato l'equilibrio dei poteri all'interno della famiglia e l'interiorizzazione dei ruoli.
A proposito di ciò Cooper e Foucault hanno affermato che quando un uomo viene meno dai suoi
ruoli familiari può essere addirittura definito anche come malato di schizofrenia.
A differenza della famiglia borghese che ribadisce i fermi ruoli del marito e della donna, vista
prima come bambina dal padre e successivamente come moglie e bambina dal marito, nell’ età
contemporanea si ha un radicale cambiamento in quanto la donna non è più "succube" del
marito ed entrambi i coniugi devono assumere e rispettare il proprio ruolo.
Il matrimonio per gli autori del libro rende l’individuo “HOMO SOCIUS”, partecipando alla
socializzazione e all’esercizio dei propri ruoli.
Nella proposta bergeriana è considerato uno strumento che protegge l’individuo dal caos, ed
esso si consolida attraverso azioni abitudinarie, dotate di senso e orientate in conformità al
reciproco adattamento dei coniugi al proprio ambiente sociale( routine).
Da Durkheim in poi si è sostenuto che il matrimonio servisse all’individuo come protezione
contro l’anomia.
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Il matrimonio è considerato quindi uno strumento nomico, ovvero stabilisce delle norme che
aiutano l’uomo a rapportarsi con gli altri individui con cui condivide la società.
Le istituzioni pubbliche si presentano all’individuo come un universo esterno. Solo la sfera
privata, caratterizzata da scelte individuali e da autonomia, costituisce un mondo nel quale l’
uomo moderno può sentirsi a casa propria ed il coabitante più significativo di questo mondo è
l’altro partner.
La sfera privata include vari tipi di relazioni sociali dove quelle familiari occupano una
posizione centrale e servono da pilastro per le altre relazioni. Per la maggior parte degli adulti
la sfera privata si costruisce sulla base del matrimonio.
Nella società contemporanea il matrimonio ha perduto però diverse delle sue originarie
funzioni per assumerne di nuove e per i coniugi è comunque un grosso impegno cercare di
salvaguardare questo piccolo mondo sociale.
I coniugi attraverso la conversazione cercano di oggettivare e interiorizzare la realtà per
renderla il più possibile stabile. Anche una condivisione del futuro conduce ad una
stabilizzazione e definizione dei progetti futuri per ciascun partner. L’individuo sposato dovrà
quindi progettare il suo avvenire in accordo con il proprio coniuge.
Il matrimonio è sinonimo di stabilità.
La famiglia è utile quindi all’individuo per esercitare con sicurezza le proprie abitudini e per
costruire il mondo senza sconvolgere nessuno dei programmi sociali, economici o politici più
importanti.
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La vita quotidiana nel 2009
Indagine multiscopo annuale sulle famiglie
“Aspetti della vita quotidiana” anno 2009
Introduzione:
Questa indagine ha come obiettivo quello di rilevare i molteplici aspetti della vita quotidiana
degli individui e delle famiglie italiane.
Come? Raccogliendo informazioni su un campione di 19.127 famiglie distribuite in 851 comuni
italiani di diversa ampiezza demografica.
Le famiglie prese in esame devono essere “famiglie di fatto” (insieme di persone che dimorano
nella stessa abitazione legati da vincoli di matrimonio, parentela, affinità e vincoli affettivi).
Non vengono considerati parte della famiglia: ospiti, domestici, persone che condividono
l’abitazione per motivi economici (ex. studenti fuori sede) e le persone che hanno lasciato
definitivamente la famiglia.
Le aeree tematiche analizzate sono variegate:
-
Vita familiare e di relazione
-
Abitazione e zona in cui si vive
-
Impiego del tempo libero
-
La soddisfazione per l’anno trascorso
Sociologia della famiglia
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Vita familiare e di relazione:
Coppie con figli:
A prevalere sono le coppie con un solo figlio (46,6%), numero
poco inferiore è quello delle coppie con due figli (43%) mentre
solo il 10,5% ha tre o più figli.
A livello territoriali si nota una netta distinzione:
nel Nord e nel Centro Italia il numero di coppie con una sola prole supera il 49% mentre nel
Meridione e nelle isole le quote scendono di media al 37,5%.
Famiglie italiane
Figlio unico
Nord e
Centro
Figlio unico
Sud
Due figli
Isole
Tre o più figli
Coppie senza figli:
Le coppie senza figli, coabitanti celibi o nubili, sono il 30,7% dei nuclei
familiari.
Nel nord e centro Italia questa tipologia di famiglia rappresenta un
terzo dei nuclei familiari.
Coppie senza figli per classe di età della
donna
40
30
20
10
0
15-24
25-34
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35- 44
45- 54
55-64
65-74
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Famiglia monogenitoriale:
La maggioranza di essi è composta da persone che superano i 55 anni
(65,3% uomini e 48,2% donne) e soprattutto da donne (83,3 %).
Nuclei monogenitoriali per sesso e classe di età del genitore anno 2008-2009:
70
60
50
40
Uomo
30
Donna
20
10
0
meno di 35anni
35-44 anni
45-54 anni
55 anni e più
RIASSUMENDO:
Le famiglie
Coppie con figli
Coppie senza figli
Monogenitori
Persone sole
I giovani che vivono in famiglia:
Sono 7milioni i giovani tra i 18 e i 34 anni che vivono in famiglia (dal 2001 al
2009).
Si tratta di giovani occupati (42,5%), studenti (33,4%) e giovani in cerca di
occupazione (21,3%), rispetto agli anni precedenti il numero di giovani in
cerca di lavoro nel 2009 è aumentato notevolmente (di 2,6 punti percentuali).
Sociologia della famiglia
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L’uscita dalla famiglia segna una netta distinzione di genere, i maschi infatti rimandano
questa tappa vitale rispetto alle donne. Tra i 30 e i 34 anni i celibi ancora dentro la casa
natale sono il 37,8% rispetto alle nubili che sono solo il 19,8 %.
Giovani in famiglia
occupati
studenti
Giovani di 18-34 anni celibi e nubili che vivono con almeno un genitore per sesso e classe
di età nell’anno 2009:
120
100
80
uomini
60
donne
40
20
0
18-19 anni
Sociologia della famiglia
20-24 anni
25-29 anni
30-34 anni
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Abitazione e zona in cui si vive:
Abitazione in cui si vive:
Il 72,2% dei nuclei familiari vive in una casa di proprietà mentre il 18,3%
vive in affitto.
Nelle regioni del Sud e del Nord-ovest si ha la più bassa percentuale delle famiglie che
possiedono una casa di proprietà.
Tra i problemi riscontrati dalle famiglie, il più evidente sono le spese alte sostenute per la
casa (59,9% di gravità).
Un altro problema è la distanza della propria abitazione da quella dei propri familiari (22,1% di
gravità), risentito maggiormente dagli abitanti delle isole.
Tipologia abitativa anno
2009
proprietà
affitto
Zona in cui si vive:
Tra i problemi che una famiglia riscontra nella zona in cui vive troviamo:
-condizioni stradali
-traffico
-difficoltà di parcheggio
-difficoltà di collegamento con mezzi pubblici
-inquinamento dell’aria
-rumore
-criminalità
60
50
40
30
20
10
0
Nord
Centro
Sud
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Impiego del tempo libero:
Attività fisica e sportiva:
Il 21,5 % della popolazione italiana ha dichiarato di praticare
in modo continuativo uno o più sport, il 9,6% in modo saltuario.
Il 27,7% dichiara di svolgere qualche tipologia di attività
fisica come passeggiare, nuotare o correre mentre quota ben più alta è quella dei
sedentari che arriva ad essere pari a 40,6%.
Uomini e donne che praticano sport,qualche attività fisicà o sono sedentari nel 2009:
50
40
30
20
Uomini
10
Donne
0
Praticano sport in
modo continuativo
Praticano sport in
modo saltuario
Praticano solo
qualche attività
fisica
Sedentari
Le vacanze:
Tra i 6e i 44 anni oltre il 54% della popolazione dichiara di
essere andata in vacanza. A partire dai 45 anni la quota
diminuisce, fino ad arrivare al 18,8% dei vacanzieri che superano
i 75 anni. Nell’area metropolitana il 59,2% dei residenti va in
vacanza, mentre nei
comuni fino a 2000 abitanti la quota scende al 38,8%.
Motivi della non vacanza nel 2009:
60
40
20
0
Sociologia della famiglia
uomini
donne
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Gli amici:
Il 22,5% della popolazione dichiara di vedere gli amici
giornalmente(soprattutto i giovani fino a 19 anni, oltre il 50%), il
27,5% più di una volta a settimana e il 20,2% una sola volta a
settimana. Ad avere più difficoltà nelle relazioni amicali sono le persone che superano i 75 anni.
Nel Sud (30,7%) è maggiore l’abitudine nell’incontrare i propri amici, mentre al Nord-est la
frequenza degli incontri è nettamente più bassa (17,3%).
E’ importante tenere in considerazione la grandezza del comune di residenza, infatti nei comuni
fino a 2000 abitati il 25,7% della popolazione frequenta i propri amici tutti i giorni, nelle aree
metropolitane la percentuale scende al 16,2%.
Abitudine ad
incontrare gli amici
tutti i giorni
Nord-est
Sud
Isole
Frequenza incontri con gli amici per sesso nel 2009:
30
25
20
15
Uomini
Donne
10
5
0
Tutti i
giorni
Sociologia della famiglia
Più di una Una volta a Qualche
volta a settimana volta al
settimana
mese
Qualche
volta
all'anno
Mai
Non ha
amici
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La soddisfazione per l’anno trascorso:
Tra i vari aspetti della vita quotidiana che incidono sulla
soddisfazione dell’anno trascorso vi sono:
-stato di salute
-relazioni con gli amici
-tempo libero
-relazioni familiari
-situazione economica e lavorativa
Persone che si dichiarano molto e abbastanza
soddisfatte dei diversi aspetti della vita
quotidiana nel 2009
100
50
0
Situazione
economica
Salute
Famiglia
Amici
Tempo libero
Lavoro
La percentuale delle persone che si dichiarano molto soddisfatte è più bassa nel Sud e
nelle Isole rispetto a quella dei residenti del Nord Italia. Particolarmente rilevante è
la situazione economica e lavorativa che segna una netta distinzione di soddisfazione
tra Nord e Sud.
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