Vivere in piccole comunità – alla ricerca di un nuovo stile di vita Comunità in prospettiva psicologica e sociologica. 1. Approccio psicologico La psicologia sociale parte dal presupposto che l’uomo è sin dalla nascita un essere sociale. Per comprendere la persona umana è da considerare sempre in relazione con altre e con le strutture sociali. L’uomo è capace di vivere e di sopravvivere soltanto con gli altri. Perciò la psicologia sociale studia il comportamento umano in riferimento agli altri individui e gruppi come la famiglia, i coetanei, gli amici, i colleghi di lavoro ecc. La ricerca e la riflessione della psicologia sociale riguardano i temi come il gruppo, i ruoli, i processi del gruppo, le posizioni nel gruppo, la struttura del gruppo, i rapporti con altri gruppi e l’influsso reciproco tra gruppi sociali. La psicologia sociale studia inoltre i pregiudizi sociali, gli atteggiamenti e il loro cambiamento. 2. Approccio sociologico La comunità ha tre elementi importanti: 1° elemento: relazione – La persona umana si può sviluppare soltanto in relazione con gli altri. Anche la vocazione è relazione. 2° elemento: diversità e differenziazione – Relazione ci può essere soltanto, quando c’è diversità e differenziazione. Solamente attraverso la diversità si crea molteplicità. L’evoluzione non consiste in nient’altro. Per questo la diversità non è una minaccia o un pericolo. La diversità è un’evoluzione significativa della creazione. 3° elemento: unità – C’è bisogno di qualcosa che unisce la diversità e che fa entrare in un rapporto significativo il diverso. La nostra vocazione come francescani, clarisse o sacerdoti diocesani è questo elemento unificante. Questo ha però bisogno di una concretizzazione nella comunità. 1 Come funziona? Nei dizionari di psicologia e di sociologia non si trova la voce “comunità”. Sembra che non esisterà. Solamente in un testo di uno dei primi sociologi (1855) troviamo il termine “comunità”. Comunità è intesa come qualcosa che si è sviluppato organicamente. Oggi, il termine “comunità” è usato rifacendosi a delle entità strutturate. Nella sociologia viene usato il termine “gruppo”. La sociologia e la psicologia sociale tratterebbero la “comunità” come “gruppo sociale”. La comunità è intesa come gruppo che comunica e interagisce all’interno. Le interazioni possono essere anche conflittuali. Ci sono tante forme di gruppi sociali. Fondamentalmente si possono distinguere tra gruppi primari e gruppi secondari. Gruppi primari e gruppi secondari Il gruppo primario ha le seguenti caratteristiche: • ha un obiettivo comune • i membri si conoscono a vicenda • hanno un contatto immediato e diretto tra di loro (faccia a faccia) • le relazioni hanno una forte componente emotiva • i membri sviluppano un senso del “noi” • ogni membro è ben integrato nel gruppo Nel gruppo primario i membri hanno dei rapporti intimi e cordiali tra di loro. Prevale più l’aspetto emotivo che quello “economico”. I gruppi primari sono gruppi piccoli, nei quali ognuno ha contatto con ognuno. Le relazioni avvengono spontaneamente. I gruppi primari si dedicano a un obiettivo comune, che però non è lo scopo del loro stare insieme. Il prototipo del gruppo primario è la famiglia. La famiglia è normalmente il primo gruppo nella vita di una persona. Il gruppo secondario può essere caratterizzato come un’associazione con un determinato scopo o un’organizzazione nel senso largo del termine. Le caratteristiche del gruppo secondario sono: • i membri si conoscono poco o neanche tra di loro • le relazioni tra i membri sono superficiali e impersonali • l’organizzazione interna è ben definita con regole rigide • l’attività dei membri è orientata verso un fine La diocesi e la Congregazione assumono le caratteristiche di un gruppo secondario. Una comunità con oltre 50 membri assomiglia più a un gruppo secondario che a un gruppo primario. In una comunità con oltre 25 - 30 membri si riduce la possibilità di incontrarsi, di comunicare con tutti anche se ci si conosce. 2 3. Cosa significa l’apporto della psicologia sociale alle comunità piccole? La comunità come gruppo primario? 3.1 La formazione di piccole comunità: un paragone con i gruppi primari Con il Concilio Vaticano II la comunità è stata valorizzata. Dagli anni ’60 in poi si discute e si sperimenta come suddividere le grandi comunità in piccole. L’importanza del contatto personale e di avere relazioni “a tu per tu” tra i membri è stato motivo per tanti cambiamenti, esperimenti e progetti pionieristici. A volte si è fatto semplicemente una riduzione del numero dei membri appartenenti a una comunità. Una verifica di tali iniziative deve prendere in considerazione i seguenti criteri: La comunità non viene vista e vissuta soltanto come in servizio all’istituzione, cioè per realizzare il carisma, ma è diventato un valore in sé stesso e soprattutto un bisogno. Allora ci dobbiamo domandare: E’ stato soltanto un cambiamento quantitativo oppure qualitativo? Si parla di un cambiamento quantitativo, quando riguarda la riduzione del numero dei membri in una comunità. Si parla di un cambiamento qualitativo, quando riguarda il fine, l’obiettivo, lo scopo comune. a) Lo scopo comune Lo scopo comune è una caratteristica importante (ma non quella più importante) del gruppo primario. Nelle fasi iniziali la formazione di una struttura nuova era necessaria ed importante. L’esperienza iniziale poteva essere positiva, anche se non era ancora chiaro il fine. Il fine è la convivenza cristiana alla luce del rispettivo carisma. Questo fine unisce i membri in un impegno comune. Troppe attività individuali e un alto livello di stress fanno perdere di vista l’obiettivo comune. Queste avviene soprattutto, quando i membri operano in settori diversi. Se gli impegni, i diversi ambiti, ritmi e tempi di lavoro non permettono più di incontrarsi e di pregare insieme, il senso del noi si appiattisce. Una comunità con un obiettivo comune però senza comunicazione e senza un insieme di riti di condivisione corre il pericolo di disintegrarsi. Di conseguenza la comunità come fonte per i membri per vivere e realizzare il carisma viene meno e può incidere gravemente sull’apostolato e sul proprio cammino vocazionale. b) Spessore di comunicazione e vicinanza spaziale nelle piccole comunità Questa caratteristica è tipica del gruppo primario. La richiesta di maggiore contatto e comunicazione in una vicinanza spaziale è un desiderio naturale e lecito. La vicinanza in un piccolo spazio può essere fonte di tanti conflitti. Una piccola comunità non è una famiglia con madre, padre e bambini. E’ composta da persone adulte provenienti da diverse culture, orizzonti assiologici, contesti sociali ecc. Spesso le persone non si sono scelte tra di loro. La maturità affettiva dei membri gioca un ruolo cruciale, che non vuol dire che tutti i membri devono essere affettivamente maturi (che sarebbe illusorio). 3.2 Pericolo di un’eccessiva sfida emotiva C’è il pericolo di un’eccessiva sfida emotiva: viviamo in una società che ha delegato l’emotività nell’ambito privato. Questo spiega alcuni problemi della famiglia di oggi. La realizzazione di piccole comunità rispetto alle grandi tradizionali deve 3 prendere atto di questa sfida in quanto aumentano le aspettative circa una soluzione della sfida emotiva. Ai piccoli gruppi è richiesta una gestione adeguata e finalizzata. 3.3 Individualizzazione e comunità Le caratteristiche dell’individualizzazione sono: • la progressiva liberazione delle persone da forme sociali tramandate • la liberazione da diversi ambienti sociali e • la liberazione da orientamenti tradizionali L’individuo diventa sempre di più l’istanza centrale nel gestire la sua vita poiché ha perso la sicurezza comportamentale che prima era stata dettata dal ceto sociale, dal legame sociale e familiare, dall’appartenenza religiosa e socio-culturale con i rispettivi ambienti e orientamenti circa il comportamento, le norme ed i valori. Adesso la vita diventa un progetto, che è da sviluppare in modo autonomo e responsabile. 3.4 Le funzioni del gruppo primario per i membri della comunità (del gruppo) Il gruppo offre: • un appagamento emotivo e un incontro personale • remunerazione psichica o gioia • sostegno per il sviluppo dei singoli membri • un senso di appartenenza e perciò anche di identità Oltre a queste funzioni positive ci possono essere effetti deleteri o disfunzionalità. Essi possono restringere, ostacolare il singolo membro oppure anche soffocarlo nell’abbracciarlo troppo intensamente. 3.5 Le funzioni del gruppo primario per l’organizzazione Il gruppo primario ha inoltre una funzione importante per l’organizzazione: • rinforza il senso del dovere nei singoli membri e rinforza così tutta l’organizzazione • permette al singolo membro di affrontare i suoi compiti con energie nuove in quanto riceve un appagamento personale fuori dalla sfera dell’organizzazione formale – deve altrettanto riuscire a confrontarsi, ad affermarsi e dimostrarsi competente Possibili disfunzioni sono: • l’isolamento nel o del gruppo primario • il delegare la propria responsabilità all’organizzazione nel suo insieme 4. Presupposti per una comunità efficace • presupposto della libertà individuale e della giustizia intersoggettiva • presupposto della capacità di riconoscimento delle qualità individuali in generale (identità speciale e prassi individuale speciale doti, talenti, qualità, formazione, esperienza ...) • presupposto di una solidarietà emotiva attraverso l’esperienza comune di significato e di valori • presupposto della presenza e dell’esperienza di una prassi comune (una prassi che è strutturalmente comunitaria: vita comune, preghiera comune, apostolato, condivisione, verifica comune e correctio fraterna) • presupposto di un chiaro carisma condiviso e vissuto a livello individuale e comunitario sia all’interno che all’esterno della comunità (apostolato) 4