qui - Teatro Nuovo Giovanni da Udine

Testi di Gianni Ruffin
Andriy Yurkevych
Münchner Symphoniker
Non vedente dalla nascita, il pianista giapponese
Nobuyuki Tsujii, dopo aver conseguito la vittoria della medaglia d'oro al Van Cliburn International Piano
Competition 2009, sta collezionando un'enorme serie
di successi internazionali. Musicista dotato di una tecnica formidabile e di una naturale sensibilità timbrica,
Nobuyuki Tsujii si è già esibito con grandi direttori e
prestigiose orchestre sinfoniche, tra cui la Mariinsky
Orchestra e Valery Gergiev, la Philharmonia Orchestra
e Vladimir Ashkenaky, la BBC Philharmonic e Yutaka Sado, l'Orchestra della Svizzera Italiana e Thierry
Fischer. I prossimi impegni includono il debutto alla
Carnegie Hall con l'Orpheus Chamber Orchestra, il
debutto con la Seattle Symphony diretta da Ludovig
Morlot ed un importante tournée in Giappone con la
BBC Philharmonic diretta da Yutaka Sado. Nel mese di
aprile 2014 suonerà alla Scala di Milano con l'omonima Orchestra Filarmonica diretta da Valery Gergiev. Il
giovane pianista si è inoltre esibito in recital ai Festival
di Aspen, Ravinia, Washington DC, Boston, Berlino,
Monaco e presso lo Stern Auditorium alla Carnegie
Hall con una straordinaria performance sold-out che
è stata recentemente prodotta in video e distribuita
negli Stati Uniti dalla Naxos ed in Europa dalla Euroarts,
ricevendo il titolo di "DVD del mese" dal Gramophone Magazine. In Giappone Nobuyuki Tsujii si è esibito
con le maggiori orchestre giapponesi, tra cui la NHK
Symphony, Yomiuri Nippon Symphony, Tokio Symphony, Japan Philharmonic e l'Orchestra Ensemble
Kanazawa. Le sue incisioni discografiche in esclusiva
per Avex Classics stanno riscuotendo un grandissimo
successo di vendite con l'esecuzione del Secondo
concerto per pianoforte ed orchestra di Rachmaninov,
il Primo concerto per pianoforte ed orchestra di
ajkovskij ed un recital interamente dedicato a Chopin.
I tour internazionali di Nobuyuki Tsujii sono sostenuti
dalla All Nippon Airways (ANA).
Già direttore musicale del Teatro Nazionale di Odessa, Andriy Yurkevych è ospite presso alcune delle più
prestigiose istituzioni musicali internazionali, tra cui
Deutsche Oper Berlin, Münchener Staatsoper, Théâtre
Royal de la Monnaie di Bruxelles, Opéra di Montecarlo, San Francisco Opera, Opera Royal Wallonie di
Liegi, Theater an der Wien di Vienna, Gran Teatre de
Liceu di Barcellona, Teatro Municipale di Santiago del
Cile, Salle Pleyel di Parigi. In Italia ha diretto numerose
orchestre tra cui Maggio Musicale Fiorentino, Teatro
Lirico di Cagliari, Teatro dell'Opera di Roma, Teatro
San Carlo di Napoli. Vincitore del premio speciale al
Concorso Nazionale di Direzione d'Orchestra Turchak
di Kiev, Andriy Yurkevych inizia a lavorare come direttore d'orchestra presso il Teatro Lirico Statale d'Opera
e Balletto di Lviv. Nato in Ucraina, si è diplomato in
direzione d'orchestra all'Accademia Statale di Musica
Mykola Lyssenko di Lviv sotto la guida di Yuriy Lutsiv
e perfezionato successivamente con Jacek Kaspszyk
al Teatro Lirico Nazionale Wielki di Varsavia e con
Alberto Zedda e Gianluigi Gelmetti presso l’Accademia
Chigiana di Siena.
Con più di 100 concerti ogni anno presso i più importanti
centri musicali della Germania e regolari tournées in
Europa, Asia e Stati Uniti, i Münchner Symphoniker
sono una delle realtà musicali più interessanti di
Monaco di Baviera, con ben quattro serie di concerti
in abbonamento presso il Prinzregententheater, la
Herkulesaal e la Philharmonie. Fondata nel 1945
come Symphonie-Orchester Kurt Graunke, i Münchner
Symphoniker presentano un repertorio ampio e
variegato, realizzando collaborazioni con grandi artisti
internazionali, eccellenti solisti e direttori della nuova
generazione. Da dieci anni l'orchestra è anche partner
del Gut Immling Opera Festival con numerose produzioni
operistiche all'attivo. I Münchner Symphoniker sono
strettamente legati a Philippe Entremont con la carica di
“Direttore onorario” e a Ken-David Masur come “Primo
direttore ospite principale”. A partire dalla stagione
2014/15, succedendo a Georg Schmöhe che per
lungo tempo ha guidato l'orchestra, il giovane direttore
tedesco Kevin John Edusei sarà il nuovo "Direttore
principale" dei Münchner Symphoniker.
Print: La Tipografica srl (UD)
Nobuyuki Tsujii
PROSSIMO APPUNTAMENTO
STAGIONE MUSICA E DANZA
martedì 12 novembre 2013 · h 20.45
MUSICA >Concerto plus
Taiwan Philarmonic
Shao-Chia Lü direttore
Viviane Hagner violino
Berlioz Le carnaval romain, “Ouverture caractéristique”
Sibelius Concerto in re minore per violino e orchestra op. 47
Yen Breaking Through (première italiana)
Beethoven Sinfonia n. 7 in la maggiore op. 92
Fondazione
Teatro Nuovo Giovanni da Udine
Via Trento, 4 - 33100 Udine - I
Tel. 0432 248411 - Fax 0432 248452
[email protected] - www.teatroudine.it
sabato 9 novembre 2013 · h 20.45 MUSICA >Concerto plus
© studio patrizia novajra
di Beethoven: un rinvio palese ed altrettanto simbolico, tanto quanto quello alle, sempre beethoveniane,
Trentadue variazioni WoO 80 realizzato nella quinta
variazione del finale. Ma la Quarta fa rivivere anche altri nomi decisivi del personale pantheon brahmsiano:
l’incipit dell’Andante moderato suggerisce assonanze
con quelli delle sinfonie "Grande" di Schubert e “Primavera” di Schumann; ed ancor più perspicuo risulta
il rinvio a Bach, operato nel finale non solo nel nome
del ricorso alla citata forma della passacaglia, ma nello
stesso soggetto del basso ostinato: il medesimo, con
l’aggiunta di un cromatismo, del coro conclusivo della
Cantata BWV 150.
Brahms presentò la Quarta quando aveva 52 anni.
Di lì alla sua morte ne sarebbero trascorsi altri dodici:
tempo sicuramente bastevole, anche per un autore
“lento” come lui, a comporre almeno un’altra sinfonia.
Che non l’abbia fatto è significativo del valore che egli
riconosceva alla Quarta, perché – un po’ come nel
caso della "Jupiter" mozartiana – dopo un capolavoro
di tal peso e rilevanza è arduo concepire un prosieguo.
Per la sintesi delle problematiche tecniche che affronta
e dei referenti musicali che richiama, la Quarta rappresenta in effetti una summa dell’arte brahmsiana: una
vera e propria ultima parola.
Münchner Symphoniker
Andriy Yurkevych direttore
Nobuyuki Tsujii pianoforte
Münchner Symphoniker
Andriy Yurkevych direttore
Nobuyuki Tsujii pianoforte
Sergej Rachmaninov (1873-1943)
Concerto n.2 in do minore per pianoforte e orchestra op.18
Moderato
Adagio sostenuto
Allegro scherzando
***
Johannes Brahms (1833-1897)
Sinfonia n.4 in mi minore op.98
Allegro non troppo
Andante moderato
Allegro giocoso
Allegro energico e passionato
Rachmaninov Concerto n. 2 op.18
Il trionfale successo dell’esordio (Mosca, Società Filarmonica, 27 ottobre 1901) fu solo la prima manifestazione dello speciale favore che tuttora arride al secondo Concerto per pianoforte e orchestra di Rachmaninov: senz’altro tra i più celebri del repertorio, capace di
avvincere anche il pubblico meno familiarizzato con la
“musica classica”, non per caso a più riprese sfruttato dall’industria cinematografica in colonne sonore di
sicuro effetto. Tuttavia la godibilità delle sue memorabili melodie e la travolgente forza empatica della sua
espressività (non c’è quasi persona che, all’ascolto, non
si trovi gli occhi almeno inumiditi) non lasciano affatto
presagire che Rachmaninov lo aveva concepito in un
periodo assai critico della sua biografia artistica e privata, segnato dalla depressione seguita al fallimento, nel
1897, della prima Sinfonia: depressione dalla quale il
compositore si risollevò con fatica grazie al solerte aiuto
del professor Nikolaj Dahl, significativamente dedicatario del Concerto.
Considerata nel difficile contesto descritto, risulta più
comprensibile la severissima autocritica espressa
dall’autore nell’autunno 1901 all’amico Nikita Morozov
- suo compagno di studi in composizione al Conservatorio di Mosca - che aveva espresso delle perplessità
sul primo tempo: «Hai ragione! Ho appena suonato il
primo tempo e soltanto ora ho compreso che la transizione dal primo al secondo tema non va bene; il primo non appare un tema ma piuttosto un’introduzione,
per cui nessuno riconoscerebbe come tale il secondo
tema: tutti penseranno che sia l’inizio del Concerto.
L’intero movimento ne riesce rovinato: da questo momento in poi lo trovo proprio ripugnante… Per quale
ragione al mondo mi hai turbato con la tua analisi a soli
cinque giorni dalla prima esecuzione?»
Fondato o meno che fosse, l’assillo che turbava il compositore nemmeno sfiorò il pubblico, avvinto da una
facilità comunicativa che proprio in quel periodo la
musica d’arte andava mettendo progressivamente in
forse. Nel Concerto, Rachmaninov in effetti sfruttava da
par suo collaudati ed efficacissimi espedienti mutuati
dal repertorio ottocentesco, in primis da ajkovskij, tali
da permettergli di sfruttare al meglio non solo il proprio
Brahms Sinfonia n. 4 op. 98
notevole dono melodico ma anche la sbalorditiva capacità tecnica che lo rese uno dei più celebri pianisti
al mondo.
Nel primo tempo, Moderato, virtuosistiche ondate di
note si alternano e compenetrano a temi fortemente
connotati in senso via via misterioso e drammatico
(l’introduzione), epico (il primo tema), intimo ed appassionato (il secondo tema). Impeto e ripiegamento
definiscono la dialettica interna al pezzo, “ ajkovskianamente” condotta a tempestose deflagrazioni dei temi
e a susseguenti, immancabilmente sconsolate, fascinose risacche, fra indugi lirico-meditativi che rinviano
anche a Schumann. Probabilmente il movimento più
celebre è l’Adagio sostenuto: un nostalgico idillio dove
il solista esordisce sopra il delicato accompagnamento degli archi con sordina e dei fiati, conducendo al
semplicissimo “gesto” melodico (tutto racchiuso in soli
quattro suoni contigui) affidato al flauto ed al clarinetto. Soggetto a perlopiù lievi increspature nella sezione
centrale, l’idillio torna a riaffermare il proprio ipnotico
incanto dopo la breve cadenza del solista, offrendo
una delle più celebri testimonianze dell’inclinazione
rachmaninoviana al lirismo, espressa del resto anche
nel celeberrimo secondo tema del Finale. Quest’ultimo,
Allegro scherzando, esordisce con un primo tema dalle
movenze irrequiete ed occasionalmente ironiche, che
per tali caratteristiche sarà poi protagonista dello sviluppo (dov’è sfruttato anche in un breve episodio fugato,
evidenziando la vocazione passatista di Rachmaninov).
Il fulcro ideale del brano è però rappresentato dal secondo tema, da taluni considerato il più bello dell’intero
opus rachmaninoviano e tuttavia forse - perlomeno
secondo il critico Leonid Sabane’ev - ideato non da
Rachmaninov ma dal citato Morozov, che lo avrebbe
gentilmente ceduto all’amico nel nome del suo carattere “genuinamente” rachmaninoviano. Sia come sia,
durante la ripresa la propensione lirica di Rachmaninov
si svela nell’enfatica rielaborazione del secondo tema;
rielaborazione la quale segna il “ ajkovskiano” punto
culminante del movimento, prima che nella coda ritorni
protagonista il primo tema in un clima definitivamente
rasserenato.
Oggi può stupire, ma è solo dopo il saggio di Arnold
Schœnberg Brahms il progressivo (1933) che, nella coscienza storico-musicale, la Quarta sinfonia è
entrata nel novero dei capolavori indiscutibili. Prima
della chiarificazione fatta dal capostipite della seconda
scuola viennese, essa aveva certo suscitato favore (fin
dall’esordio, il 25 ottobre 1885 a Meiningen, sotto la
direzione dello stesso autore) ma anche perplessità
per l’apparente eccesso d’intellettualismo che la informerebbe. Punti critici sarebbero stati la presunta
carenza di lirismo e la “bizzarra” decisione di concludere la partitura con una forma quale la passacaglia,
che si riteneva da tempo consegnata al museo della
storia musicale; una critica oltremodo ingiusta poiché
incapace di rilevare che Brahms gestisce l’arcaica
forma in modo assai più moderno del modello barocco: riuscendo, a modo suo, ad assimilare perfino
un brano con basso ostinato al più moderno schema
sonatistico.
Certo è miope misconoscere alla Quarta una carica
espressiva anche molto forte: la coda del primo tempo, ad esempio, è di estrema intensità, rara nell’intero
opus brahmsiano; ed il tempo lento possiede una vis
lirica che non ha nulla da invidiare a quegli Adagio di
altre sue opere che suscitavano l’estatica ammirazione
delle gentildonne presenti ai suoi concerti. Nell’Allegro
giocoso, brano dal tema incespicante dove tintinna
addirittura un triangolo, la Sinfonia reca persino tratti
comici: ad eccezione dell’Ouverture “Accademica” più
unici che rari entro il suo catalogo.
Ma l’importanza e storica e personale di questo capolavoro risiede altrove. Fu appunto Schœnberg a
spiegarlo, facendo comprendere come la Quarta rappresentasse uno snodo di centrale rilevanza per la linea
storico-musicale che collega Beethoven alla seconda
scuola di Vienna attraverso il filo rosso della ricerca
della massima coerenza di scrittura, sostanziata nel
cosiddetto lavoro motivico: principio secondo il quale
la creazione musicale deve prendere le mosse dalla
scomposizione dei temi nei loro minimi fattori costitutivi
(i motivi soprattutto, ma anche le armonie), destinandoli ad un’elaborazione serrata, tale da poter rinnovare
continuamente il discorso sonoro ma entro la cornice
di una solidissima unità strutturale. Di tale concezione
la Quarta offriva in effetti l’esito più significativo entro
il catalogo sinfonico del compositore amburghese,
costituendo al tempo stesso un caso esemplare della
così tipica assimilazione della sinfonia al genere che, in
Brahms, fu sintesi d’intimismo e complessità - la musica da camera - con significativi risvolti ricettivi: è il musicologo Carl Dahlhaus ad aver osservato come, grazie
alle sue caratteristiche, la sinfonia in Brahms rientri sì
nel comune orizzonte storico che la definisce un genere rivolto ad una moltitudine, ma ad una moltitudine
intesa non come massa bensì come somma d’individui
i quali, nel momento dell’ascolto, sono, uno per uno,
soli con se stessi.
Il lavoro sui materiali motivici ed armonici conosceva
in effetti nella Quarta esiti estremi per complessità e
diffusione all’interno della partitura, a partire dal tema
d’esordio, costruito per la prima metà attraverso concatenazioni discendenti di successivi intervalli di terza
e per la successiva metà attraverso l’inversione del
medesimo procedimento: l’intero tema è insomma interamente generato da un minimo nucleo generatore,
l’intervallo di terza, che tornerà in rilievo nei temi principali del secondo e terzo tempo, nonché nel passo
del finale evidenziato da Schœnberg, dove s’innesta
sul basso di passacaglia una catena di terze discendenti che del tema del primo tempo è, a sua volta, una
diretta variante. Nella musica tonale, inoltre, l’intervallo
di terza è anche la base costruttiva dell’accordo; fatto che Brahms avvedutamente sfrutta derivando dal
profilo armonico del primo tema vari spunti sfruttati
a diversi livelli di grandezza: dalla definizione delle tonalità dei quattro movimenti fino a svariati dettagli dei
collegamenti tonali interni ai brani.
Brahms mirava insomma ad una problematica tecnica
prima che lirico-espressiva: approfondire la tendenza,
fra le più rilevanti ravvisabili nel modello beethoveniano, a concepire l’intero edificio sonoro come se fosse
implicito nelle sue premesse. Non per nulla il tema d’esordio della Quarta riprende pressoché letteralmente
un episodio dell’Adagio sostenuto della Sonata op. 106