34 Pianeta scienza IL PICCOLO MERCOLEDÌ 23 FEBBRAIO 2011 La proteina prionica ha doppia personalità Giuseppe Legname, responsabile del Laboratorio di biologia del prione È una molecola dalla doppia personalità. Quando la proteina prionica muta la sua struttura, si trasforma infatti in un micidiale agente patogeno, accumulandosi e proliferando nel cervello: e allora il prione provoca il morbo della mucca pazza e la sua variante umana, la malattia di Creutzfeldt-Jakob. Patologie neurodegenerative contro cui non abbiamo alcuna arma valida, anche se la scienza è riuscita a bloccarne la diffusione. Nella sua forma “normale”, fisiologica, la proteina prionica (prodotta da tutti i tessuti, ma molto più abbondante nel cervello) gioca invece un ruolo fondamentale nello sviluppo neuronale e nel funzionamento del sistema talamo-limbico. Vale a dire di quella regione del cervello che regola le funzioni ormonali, i ritmi veglia-sonno, le risposte allo stress, alla paura, al pericolo. Lo ha dimostrato una recente ricerca (che si è guada- gnata la copertina del “Journal of Comparative Neurology”) condotta al Laboratorio di biologia del prione della Sissa da parte del suo responsabile, Giuseppe Legname, e dei suoi collaboratori: «Abbiamo visto – spiega Legname – che topi transgenici privati della proteina prionica sono meno reattivi, hanno una minore percezione del pericolo. E quindi non fuggirebbero di fronte a un gatto...». Fabio Pagan Cancro dell’utero, fondi all’Icgeb Dalla fondazione Wellcome Trust 400mila euro per l’approfondimento sul virus del papilloma umano di Matteo Unterweger Il comportamento della proteina E6 sotto la lente d’ingrandimento dell’Laboratorio di virologia tumorale dell’Icgeb, nell’ambito di un progetto internazionale finanziato dalla fondazione Wellcome Trust con 400mila euro. L’E6 è una delle due principali proteine del virus del papilloma umano (Hpv) in grado di causare il cancro. L’Hpv è l’agente causale del tumore del collo dell’utero, seconda tipologia di cancro per incidenza mortale nelle donne che ne vengono colpite nel mondo. I vaccini sviluppati negli anni non proteggono però le donne che risultano essere già infette. A questo problema, se ne somma un altro: la distribuzione del vaccino nei Paesi in via di sviluppo incontra grandi problemi logistici. Quindi, «anche se tutte le donne suscettibili all’infezione fossero vaccinate oggi in maniera globale - spiega Lawrence Banks, esperto dell’Icgeb (Centro di ingegneria genetica e biotecnologie) -, ci sarebbe comunque un ritardo di oltre 20 anni prima di avere un impatto significativo sui tassi di sviluppo del cancro cervicale. Esiste quindi un’esigenza pressante di sviluppare terapie efficaci e di comprendere come la malattia si sviluppi». TECNICHE ORIGINALI Lawrence Banks all’interno del laboratorio all’Icgeb (Foto di Andrea Lasorte) Il lavoro di ricerca precedentemente avviato dal Laboratorio di virologia tumorale dell’Icgeb è stato incentrato sul meccanismo d’azione delle due principali proteine di Hpv in grado di causare il cancro. «Una di queste, precisamente la E6 - prosegue Banks -, ha un breve tratto di amminoacidi che sembrano essere strettamente legati alla capacità del vi- rus di causare il cancro. La mutazione di questa regione di E6 riduce la sua capacità di causare tumori in modelli di sviluppo del cancro e compromette la capacità del virus di replicarsi, promuovendo invece l’integrazione del Dna virale nel genoma dell’ospite». Si ritiene che questo evento giochi un ruolo fondamentale nella trasformazione tumorale delle cel- lule. Da qui è partito il progetto che, per quanto concerne l’Icgeb, è guidato per l’appunto da Lawrence Banks. L’ente scientifico che ha la sua sede principale a Trieste non è da solo in questa specifica missione. Il lavoro denominato “Il ruolo delle interazioni oncogeniche di Hpv E6-Pdz nel ciclo di vita virale e nelle neoplasie maligne indotte da Hpv” e dalla durata trien- FINANZIAMENTO FIRB nale, che ha ottenuto il grant, viene infatti portato avanti in collaborazione con Sally Roberts del Dipartimento di studi sul cancro dell’Università di Birmingham. L’obiettivo finale è quello di comprendere «se alcune donne infettate abbiano più probabilità di sviluppare il cancro - dice Banks - e quindi necessitino di una terapia più aggressiva». Gli esperti vogliono anche riuscire a definire le modalità dell’attività di E6 sia durante il normale ciclo di vita del virus sia durante lo sviluppo del cancro. La finalità è chiara: arrivare all’elaborazione di cure il più efficaci possibile, il cui specifico bersaglio molecolare siano proprio le funzioni di questa proteina virale. «Questo particolare progetto è iniziato quest’anno - spiega Banks -. Da quando sono arrivato a Trieste, all’Icgeb, nel febbraio del 1990, ho lavorato sul virus del papilloma umano». La Wellcome Trust è una fondazione senza scopo di lucro che è stata creata in Gran Bretagna da sir Henry Wellcome 75 anni fa. Si dedica al conseguimento di miglioramenti straordinari in materia di salute umana e animale. L’attività della Fondazione è quella di finanziare le menti più brillanti nella ricerca biomedica. ©RIPRODUZIONE RISERVATA LUNEDì LA FIRMA Sinapsi, primo studio in nanoscala Analisi matematica Accordo Sissa-Ictp Progetto di ricerca Corso post-laurea guidato da Malchiodi Impegno triennale guidato dall’ingegnere dei materiali Denis Scaini di alta formazione C’è qualcosa oltre l’analisi? Sicuramente sì. “Analysis and beyond” è il titolo del progetto di ricerca che sta impegnando Andrea Malchiodi, qualche anno fa tra i 9 professori ordinari under 35 dell’università italiana, e oggi uno dei cervelli matematici più promettenti in forza alla Sissa di Trieste. Vincitore di un finanziamento di oltre un milione di euro, Malchiodi si sta mettendo in luce per l’originalità delle sue ricerche: «Usiamo tecniche di analisi matematica per studiare problemi motivati dalla geometria differenziale e dalla fisica matematica». (c.s.) Denis Scaini Poco più di 30 anni e una gran voglia di capire i meccanismi della plasticità neuronale – il modo in cui le cellule nervose formano miliardi di connessioni – sono valsi a Denis Scaini un prestigioso finanziamento Firb giovani di 500mila euro. Il progetto triennale sarà seguito in prima persona da Scaini, ingegnere dei materiali del Dipartimento di scienze della vita dell’Università di Trieste, e da una giovane collaboratrice nei laboratori di Sissa-Elettra e di Neurofisiologia dell’ateneo triestino. «Il numero di cellule nervo- Galileo. Koch. Jenner. Pasteur. Marconi. Fleming... Precursori dell’odierna schiera di ricercatori che con impegno strenuo e generoso (e spesso oscuro) profondono ogni giorno scienza, intelletto e fatica imprimendo svolte decisive al vivere civile. Incoraggiare la ricerca significa optare in concreto per il progresso del benessere sociale. La Fondazione lo crede da sempre. se del cervello non cambia», dice Scaini. «Cambia la quantità di sinapsi, cioè di collegamenti che le cellule formano e che permettono di riparare – parzialmente – certe lesioni del sistema nervoso, o di memorizzare le informazioni». La plasticità sinaptica non è mai stata studiata a livello di nanoscala (cioè del miliardesimo di metro). Lo farà Scaini, con la speranza di lasciare un segno che trovi applicazione nel campo delle malattie neurodegenerative o nella cura di lesioni neuronali. Cristina Serra Sissa e Ictp lanciano un nuovo corso di alta formazione per il conseguimento del titolo di dottore di ricerca in fisica e matematica per studenti africani, asiatici e latino-americani. Fernando Quevedo, direttore del Centro internazionale di fisica teorica “Abdus Salam” - Ictp, e Guido Martinelli, direttore della Scuola internazionale superiore di studi avanzati, firmeranno lunedì prossimo alle 10.30 un importante accordo per promuovere la formazione post-laurea e la mobilità di giovani ricercatori provenienti dai paesi emergenti o in via di sviluppo. questa pagina è realizzata in collaborazione con AL MICROSCOPIO Vaccino anti-Hpv un successo “promesso” di Mauro Giacca L o sviluppo di un vaccino in grado di proteggere contro l’infezione da parte virus del papilloma umano (Hpv) ha rappresentato, soltanto 5 anni fa, un traguardo prestigioso raggiunto dalla ricerca biotecnologica. Il virus, infatti, rappresenta l’agente causale del carcinoma della cervice uterina, un tumore che, secondo solo a quello della mammella, è responsabile della morte di più di 250.000 donne ogni anno. Un quarto delle donne tra i 14 ed i 19 anni e quasi metà di quelle tra i 20 e 24 anni risultano positive per l’infezione da parte di Hpv, che si trasmette per via sessuale. Una frazione di queste donne, a distanza di qualche decina di anni dall’infezione, svilupperà un tumore all’utero, tumore che dovrebbe risultare quindi prevenibile mediante la vaccinazione. Attualmente, soltanto in Italia, si ammalano di tumore dell’utero più di 3500 donne ogni anno, di cui più di 1000 soccombono alla malattia. L'Italia è stato uno dei primi Paesi europei a pianificare una strategia di vaccinazione pubblica contro Hpv. Il vaccino è basato sull’inoculazione di una delle proteine di superficie del virus, prodotta grazie alle tecniche dell’ingegneria genetica; i due tipi di vaccino attualmente in commercio proteggono, con un’efficienza vicina al 100%, l’uno dall’infezione da parte dei due sottotipi di Hpv maggiormente associati allo sviluppo di tumore (Hpv16 e 18) mentre l’altro da parte di questi sottotipi e di due altri molto diffusi. Sia il vaccino bivalente che quello quadrivalente sono sicuri e ben tollerati. In Italia, una campagna di vaccinazione gratuita è partita nel 2008, con l’obiettivo di ottenere, entro il 2012, la copertura vaccinale del 95% delle ragazze nate nel 1997. A tutt’oggi, circa il 60% di queste è già stato vaccinato, una percentuale non altissima che sottolinea ancora una volta l’importanza di sensibilizzare ulteriormente i medici di base ed i genitori. Che fare invece con chi è già stato infettato dal virus o con quell’80% dell’umanità povera che, nei Paesi in via di sviluppo, non sarà raggiungibile dal vaccino? È per questa grande fetta di donne che la ricerca di nuovi bersagli terapeutici, quale quella descritta nell’articolo a lato, è fondamentale: comprendere come il virus sfrutti le cellule dell’utero per replicarsi consentirà infatti di sviluppare farmaci innovativi. Rimane fondamentale, in ogni caso, la diagnosi precoce del tumore, oggi affidata, con successo, al Pap test. ©RIPRODUZIONE RISERVATA