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Pianeta scienza
IL PICCOLO MERCOLEDÌ 23 FEBBRAIO 2011
La proteina prionica ha doppia personalità
Giuseppe Legname, responsabile del Laboratorio di biologia del prione
È una molecola dalla doppia
personalità. Quando la proteina prionica muta la sua struttura, si trasforma infatti in un micidiale agente patogeno, accumulandosi e proliferando nel
cervello: e allora il prione provoca il morbo della mucca pazza e
la sua variante umana, la malattia di Creutzfeldt-Jakob. Patologie neurodegenerative contro
cui non abbiamo alcuna arma
valida, anche se la scienza è riuscita a bloccarne la diffusione.
Nella sua forma “normale”,
fisiologica, la proteina prionica
(prodotta da tutti i tessuti, ma
molto più abbondante nel cervello) gioca invece un ruolo fondamentale nello sviluppo neuronale e nel funzionamento del
sistema talamo-limbico. Vale a
dire di quella regione del cervello che regola le funzioni ormonali, i ritmi veglia-sonno, le risposte allo stress, alla paura, al
pericolo. Lo ha dimostrato una
recente ricerca (che si è guada-
gnata la copertina del “Journal
of Comparative Neurology”)
condotta al Laboratorio di biologia del prione della Sissa da
parte del suo responsabile, Giuseppe Legname, e dei suoi collaboratori: «Abbiamo visto – spiega Legname – che topi transgenici privati della proteina prionica sono meno reattivi, hanno
una minore percezione del pericolo. E quindi non fuggirebbero
di fronte a un gatto...».
Fabio Pagan
Cancro dell’utero, fondi all’Icgeb
Dalla fondazione Wellcome Trust 400mila euro per l’approfondimento sul virus del papilloma umano
di Matteo Unterweger
Il comportamento della proteina E6 sotto la lente d’ingrandimento dell’Laboratorio di virologia tumorale dell’Icgeb,
nell’ambito di un progetto internazionale finanziato dalla
fondazione Wellcome Trust
con 400mila euro. L’E6 è una
delle due principali proteine
del virus del papilloma umano
(Hpv) in grado di causare il cancro. L’Hpv è l’agente causale
del tumore del collo dell’utero,
seconda tipologia di cancro per
incidenza mortale nelle donne
che ne vengono colpite nel
mondo.
I vaccini sviluppati negli anni non proteggono però le donne che risultano essere già infette. A questo problema, se ne
somma un altro: la distribuzione del vaccino nei Paesi in via
di sviluppo incontra grandi problemi logistici. Quindi, «anche
se tutte le donne suscettibili
all’infezione fossero vaccinate
oggi in maniera globale - spiega Lawrence Banks, esperto
dell’Icgeb (Centro di ingegneria genetica e biotecnologie) -,
ci sarebbe comunque un ritardo di oltre 20 anni prima di
avere un impatto significativo
sui tassi di sviluppo del cancro
cervicale. Esiste quindi un’esigenza pressante di sviluppare
terapie efficaci e di comprendere come la malattia si sviluppi».
TECNICHE ORIGINALI
Lawrence Banks all’interno del laboratorio all’Icgeb (Foto di Andrea Lasorte)
Il lavoro di ricerca precedentemente avviato dal Laboratorio di virologia tumorale dell’Icgeb è stato incentrato sul meccanismo d’azione delle due
principali proteine di Hpv in
grado di causare il cancro.
«Una di queste, precisamente
la E6 - prosegue Banks -, ha un
breve tratto di amminoacidi
che sembrano essere strettamente legati alla capacità del vi-
rus di causare il cancro. La mutazione di questa regione di E6
riduce la sua capacità di causare tumori in modelli di sviluppo del cancro e compromette
la capacità del virus di replicarsi, promuovendo invece l’integrazione del Dna virale nel genoma dell’ospite». Si ritiene
che questo evento giochi un
ruolo fondamentale nella trasformazione tumorale delle cel-
lule. Da qui è partito il progetto
che, per quanto concerne l’Icgeb, è guidato per l’appunto da
Lawrence Banks. L’ente scientifico che ha la sua sede principale a Trieste non è da solo in questa specifica missione. Il lavoro
denominato “Il ruolo delle interazioni oncogeniche di Hpv
E6-Pdz nel ciclo di vita virale e
nelle neoplasie maligne indotte da Hpv” e dalla durata trien-
FINANZIAMENTO FIRB
nale, che ha ottenuto il grant,
viene infatti portato avanti in
collaborazione con Sally Roberts del Dipartimento di studi sul
cancro dell’Università di Birmingham.
L’obiettivo finale è quello di
comprendere
«se
alcune
donne infettate abbiano più
probabilità di sviluppare il cancro - dice Banks - e quindi necessitino di una terapia più aggressiva». Gli esperti vogliono
anche riuscire a definire le modalità dell’attività di E6 sia durante il normale ciclo di vita del
virus sia durante lo sviluppo
del cancro. La finalità è chiara:
arrivare all’elaborazione di cure il più efficaci possibile, il cui
specifico bersaglio molecolare
siano proprio le funzioni di
questa proteina virale. «Questo
particolare progetto è iniziato
quest’anno - spiega Banks -. Da
quando sono arrivato a Trieste,
all’Icgeb, nel febbraio del 1990,
ho lavorato sul virus del papilloma umano».
La Wellcome Trust è una fondazione senza scopo di lucro
che è stata creata in Gran Bretagna da sir Henry Wellcome 75
anni fa. Si dedica al conseguimento di miglioramenti straordinari in materia di salute umana e animale. L’attività della
Fondazione è quella di finanziare le menti più brillanti nella
ricerca biomedica.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
LUNEDì LA FIRMA
Sinapsi, primo studio in nanoscala
Analisi matematica
Accordo Sissa-Ictp
Progetto di ricerca
Corso post-laurea
guidato da Malchiodi Impegno triennale guidato dall’ingegnere dei materiali Denis Scaini di alta formazione
C’è qualcosa oltre l’analisi? Sicuramente sì. “Analysis and
beyond” è il titolo del progetto
di ricerca che sta impegnando
Andrea Malchiodi, qualche anno fa tra i 9 professori ordinari
under 35 dell’università italiana, e oggi uno dei cervelli matematici più promettenti in forza
alla Sissa di Trieste. Vincitore di
un finanziamento di oltre un milione di euro, Malchiodi si sta
mettendo in luce per l’originalità delle sue ricerche: «Usiamo
tecniche di analisi matematica
per studiare problemi motivati
dalla geometria differenziale e
dalla fisica matematica». (c.s.)
Denis Scaini
Poco più di 30 anni e una gran
voglia di capire i meccanismi
della plasticità neuronale – il
modo in cui le cellule nervose
formano miliardi di connessioni – sono valsi a Denis Scaini
un prestigioso finanziamento
Firb giovani di 500mila euro. Il
progetto triennale sarà seguito
in prima persona da Scaini, ingegnere dei materiali del Dipartimento di scienze della vita dell’Università di Trieste, e
da una giovane collaboratrice
nei laboratori di Sissa-Elettra e
di Neurofisiologia dell’ateneo
triestino.
«Il numero di cellule nervo-
Galileo. Koch. Jenner. Pasteur. Marconi. Fleming...
Precursori dell’odierna schiera di ricercatori
che con impegno strenuo e generoso (e spesso oscuro)
profondono ogni giorno scienza, intelletto e fatica
imprimendo svolte decisive al vivere civile.
Incoraggiare la ricerca significa
optare in concreto per il progresso del benessere sociale.
La Fondazione lo crede da sempre.
se del cervello non cambia», dice Scaini. «Cambia la quantità
di sinapsi, cioè di collegamenti che le cellule formano e che
permettono di riparare – parzialmente – certe lesioni del sistema nervoso, o di memorizzare le informazioni». La plasticità sinaptica non è mai stata
studiata a livello di nanoscala
(cioè del miliardesimo di metro). Lo farà Scaini, con la speranza di lasciare un segno che
trovi applicazione nel campo
delle malattie neurodegenerative o nella cura di lesioni neuronali.
Cristina Serra
Sissa e Ictp lanciano un nuovo
corso di alta formazione per il
conseguimento del titolo di dottore di ricerca in fisica e matematica per studenti africani,
asiatici e latino-americani. Fernando Quevedo, direttore del
Centro internazionale di fisica
teorica “Abdus Salam” - Ictp, e
Guido Martinelli, direttore della
Scuola internazionale superiore
di studi avanzati, firmeranno lunedì prossimo alle 10.30 un importante accordo per promuovere la formazione post-laurea
e la mobilità di giovani ricercatori provenienti dai paesi emergenti o in via di sviluppo.
questa pagina è realizzata in collaborazione con
AL MICROSCOPIO
Vaccino anti-Hpv
un successo
“promesso”
di Mauro Giacca
L
o sviluppo di un vaccino in grado di proteggere contro l’infezione da
parte virus del papilloma
umano (Hpv) ha rappresentato, soltanto 5 anni fa, un
traguardo prestigioso raggiunto dalla ricerca biotecnologica. Il virus, infatti, rappresenta l’agente causale del
carcinoma della cervice uterina, un tumore che, secondo solo a quello della mammella, è responsabile della
morte di più di 250.000 donne ogni anno. Un quarto delle donne tra i 14 ed i 19 anni e
quasi metà di quelle tra i 20 e
24 anni risultano positive per
l’infezione da parte di Hpv,
che si trasmette per via sessuale. Una frazione di queste
donne, a distanza di qualche
decina di anni dall’infezione,
svilupperà un tumore all’utero, tumore che dovrebbe risultare quindi prevenibile
mediante la vaccinazione. Attualmente, soltanto in Italia,
si ammalano di tumore
dell’utero più di 3500 donne
ogni anno, di cui più di 1000
soccombono alla malattia.
L'Italia è stato uno dei primi Paesi europei a pianificare una strategia di vaccinazione pubblica contro Hpv.
Il vaccino è basato sull’inoculazione di una delle proteine
di superficie del virus, prodotta grazie alle tecniche
dell’ingegneria genetica; i
due tipi di vaccino attualmente in commercio proteggono, con un’efficienza vicina al 100%, l’uno dall’infezione da parte dei due sottotipi
di Hpv maggiormente associati allo sviluppo di tumore
(Hpv16 e 18) mentre l’altro
da parte di questi sottotipi e
di due altri molto diffusi. Sia
il vaccino bivalente che quello quadrivalente sono sicuri
e ben tollerati. In Italia, una
campagna di vaccinazione
gratuita è partita nel 2008,
con l’obiettivo di ottenere,
entro il 2012, la copertura
vaccinale del 95% delle ragazze nate nel 1997. A tutt’oggi, circa il 60% di queste è già
stato vaccinato, una percentuale non altissima che sottolinea ancora una volta l’importanza di sensibilizzare ulteriormente i medici di base
ed i genitori. Che fare invece
con chi è già stato infettato
dal virus o con quell’80%
dell’umanità povera che, nei
Paesi in via di sviluppo, non
sarà raggiungibile dal vaccino? È per questa grande fetta
di donne che la ricerca di
nuovi bersagli terapeutici,
quale quella descritta nell’articolo a lato, è fondamentale:
comprendere come il virus
sfrutti le cellule dell’utero
per replicarsi consentirà infatti di sviluppare farmaci innovativi. Rimane fondamentale, in ogni caso, la diagnosi
precoce del tumore, oggi affidata, con successo, al Pap
test.
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