AMLETO TRAMA ED ANALISI Atto I, scena 1 Al castello di Elsinore in Danimarca, le sentinelle Bernardo e Marcello hanno invitato Orazio a raggiungerli per parlargli dello spettro che è loro apparso le notti precedenti. Per le due sentinelle si tratta di un cattivo presagio che indica forse l'invasione imminente delle truppe di Fortebraccio, principe di Norvegia. Orazio rifiuta di credere loro fino a quando vede apparire lo spettro che egli identifica come il re Amleto, recentemente deceduto. Lo spettro non dice nulla e scompare quasi immediatamente. Riappare poco dopo e sembra sul punto di parlare quando il canto del gallo, che annuncia l'alba, lo costringe a scomparire. Orazio decide allora di informare Amleto dell'accaduto. Atto I, scena 2 In una delle sale del castello, Claudio re di Danimarca fratello del re defunto e dunque zio di Amleto, parla della sua ascesa al trono, in seguito alla morte del padre di Amleto, del suo matrimonio con Gertrude, la regina vedova, ed annuncia di avere scritto al vecchio re di Norvegia per chiedergli di porre fine alle ambizioni di suo nipote Fortebraccio che vuole riconquistare le terre perse da suo padre. Si rivolge in seguito a Laerte, figlio del suo consigliere Polonio, e gli dà il permesso di tornare a Parigi. Si gira allora verso Amleto e lo interroga sulle ragioni della sua malinconia. Gli consiglia di porre fine alla sua tristezza, che giudica irragionevole, e gli chiede di non riprendere gli studi all'università di Wittenberg. La regina unisce le sue preghiere a quelle del re ed Amleto promette di fare tutto il possibile per obbedirle. Dopo la partenza del re e della sua corte, Amleto, lasciato solo, esterna tutta la sua tristezza e la sua indignazione per il nuovo matrimonio della madre, che ha avuto luogo appena un mese dopo la morte di suo padre. Arrivano Orazio, Marcello e Bernardo. Orazio rivela a Amleto la comparsa dello spettro ed il principe decide di montare la guardia con loro la sera stessa e parlare allo spettro. Per la prima volta Amleto si interroga sulle circostanze reali della morte del padre e sospetta il tradimento e l’inganno. Atto I, scena 3 Laerte si prepara a partire per la Francia. Mette in guardia sua sorella Ofelia contro le dichiarazioni d'amore di Amleto. Anche se i sentimenti di Amleto possono essere autentici, quest'ultimo resta un principe e dunque non libero di sposare chi vuole. Arriva Polonio, che si prodiga in consigli a Laerte, quindi chiede a Ofelia di evitare Amleto. Ofelia promette di obbedirgli. Atto I, scena 4 Amleto, Orazio e Marcello attendono, sugli spalti del castello, la comparsa dello spettro. Sentendo gli echi dei festeggiamenti dati dal nuovo re al castello di Elsinore, Amleto commenta la reputazione di ubriaconi acquisita dai Danesi: un'inclinazione naturale in un popolo o in un individuo può spesso «guastare la sostanza più nobile». Lo spettro appare ed Amleto lo scongiura di parlare. Lo spettro gli fa segno di seguirlo ed Amleto accetta, disattendendo i consigli dei suoi compagni. Atto I, scena 5 Lo spettro dichiara di essere lo spirito di suo padre ritornato sulla terra per ingiungergli di vendicarlo. Confessa ad Amleto di essere stato assassinato da suo zio Claudio, che, approfittando del sonno, gli ha versato un veleno mortale negli orecchi. Dopo avere compiuto il suo misfatto, Claudio ha fatto credere a tutti che il vecchio re fosse stato punto da un serpente. Amleto padre, ucciso così senza potersi pentire dei propri peccati, ormai è condannato ad errare nei gironi del Purgatorio. Chiede pertanto ad Amleto di punire il fratello assassino ed incestuoso ma di non fare male alla madre che sarà, sempre e comunque, in preda ai rimorsi della coscienza. Lo spettro scompare. Arrivano Orazio e Marcello. Amleto finge indifferenza e per tre volte fa loro giurare di nulla rivelare dell’apparizione di questa notte. Ad ogni volta, lo spettro, ormai invisibile, grida «Giurate!» Giurano infine di nulla rivelare e di non lasciare nulla intendere anche se la condotta di Amleto sembra loro strana e singolare. Atto II, scena 1 Polonio sospetta che il figlio Laerte conduca una vita poco virtuosa e invia a Parigi un emissario, Reynaldo, per spiarlo. Sopraggiunge Ofelia che appare sconvolta per la condotta di Amleto. Quest'ultimo, che gli è apparso male in arnese, pallido e tremante, si è accontentato di tenerla a lungo in punta di mano e di osservarla lungamente, senza nulla dire. Polonio pensa che il comportamento di Amleto sia dovuto alla freddezza mostrata, su suo ordine, da Ofelia e decide di parlarne al re. Atto II, scena 2 Claudio chiede a Rosencrantz e Guildenstern, amici d'infanzia di Amleto, di sondare il principe per conoscere le cause della sua singolare "trasformazione". Entra Polonio che annuncia al re l'arrivo degli ambasciatori di ritorno della Norvegia. Il re della Norvegia ha convinto Fortebraccio di invadere la Polonia piuttosto che la Danimarca. Dichiara allora di avere scoperto la causa della pazzia di Amleto: il suo amore impossibile per Ofelia che ha respinto le sue avances. Per il re e la regina, queste spiegazioni non sono affatto convincenti. La regina pensa che sia stato il proprio affrettato matrimonio ad aver fatto perdere la ragione a suo figlio. Arriva Amleto, che finge la pazzia, cosa che gli permette di prendersi gioco delle osservazioni e delle insinuazioni di Polonio. Polonio esce, dopo avere accolto Rosencrantz e Guildenstern. Amleto scopre presto che sono stati inviati dal re per interrogarlo e volge la conversazione sull'arrivo di una compagnia di attori, sul teatro e sui principali ruoli che sono sempre più spesso affidati a bambini ed adolescenti. Amleto accoglie gli attori, introdotti da Polonio. Essi gli recitano qualche verso sulla morte del re Priamo di Troia e del lutto portato dalla moglie Ecuba. Polonio porta via gli attori, eccetto l'attore principale al quale Amleto chiede di rappresentare “L'omicidio Gonzaga” davanti alla corte e di inserire qualche verso scritto di suo pugno. Lasciato solo, Amleto si meraviglia del potere di evocazione del teatro e si tormenta sulla propria inerzia. Ha deciso di fare rappresentare l'assassinio di suo padre davanti allo zio e di osservarne le reazioni, al fine di smascherarlo e vendicare il padre. Atto III, scena 1 Per comprendere la ragione della triste follia di Amleto, il re e la regina decidono di metterlo a confronto con Ofelia. Polonio invita Ofelia a fare finta di essere sola mentre il re ed egli stesso aspettano, nascosti dietro una tenda. Entra Amleto, che pronuncia il monologo famoso «Essere o non essere» fino al momento in cui scorge Ofelia. Amleto nega il suo amore per lei e le consiglia di non sposarsi ma di entrare in convento. Claudio che è ora convinto che la pazzia del nipote non sia dovuta ad un dispiacere d'amore, inizia a vedere in Amleto un pericolo per la corona. Decide di sbarazzarsi di lui e lo invia in Inghilterra. Polonio suggerisce di tentare un'ultima volta di scoprire le ragioni della condotta di Amleto mettendolo a confronto con la madre, Gertrude. Atto III, scena 2 Dopo avere dato le sue istruzioni agli attori, Amleto incarica Orazio di spiare le reazioni del re durante la rappresentazione. Il re, la regina e la loro corte vengono ad assistere alla rappresentazione. Amleto, la testa sulle ginocchia di Ofelia, si prepara a commentarle la pièce che è preceduta di un riassunto mimato dell'azione, seguito da alcune parole indirizzate al pubblico da un personaggio chiamato "Prologo". La pièce propriamente detta comincia. Mette l'accento sui temi del tradimento, dell'omicidio e dell’ incesto. Nel momento in cui Luciano versa del veleno nell'orecchio del re, Claudio si alza e lascia la sala, benché Amleto gli abbia garantito che si trattava di una pièce incentrata sull'omicidio del duca Gonzaga a Vienna. Ma Amleto in realtà è sicuro di avere ottenuto così la conferma dell'omicidio del padre. Il re invia Rosencrantz e Guildenstern, quindi Polonio, a comunicare ad Amleto il desiderio della madre di avere un incontro con lui. Amleto dichiara la sua intenzione di vendicarsi della morte del padre ma decide di procedere verso la madre solo con atti verbali. Atto III, scena 3 Claudio incarica Rosencrantz e Guildenstern di accompagnare Amleto in Inghilterra. Polonio s’appresta a spiare Amleto durante il colloquio con la regina. Rimasto solo, il re prova rimorsi. Si inginocchia per pregare ed ottenere il perdono dei suoi peccati. Entra Amleto. Potrebbe facilmente uccidere il re ma decide di risparmiarlo perché uccidere lo zio in preghiera avrebbe per risultato di fargli guadagnare il paradiso. Atto III, scena 4 Polonio, nascosto dietro una tenda, assiste all’incontro di Amleto con la madre. Il comportamento brutale di Amleto spaventa la regina che chiama aiuto. Polonio si muove e denuncia la sua presenza. Amleto lo uccide, credendo che sia il re. Rimprovera alla madre la sua condotta indegna e la sua mancanza di virtù. Lo spettro del re defunto appare allora e chiede ad Amleto di vendicarsi di Claudio ma di non aggiungere alle tante sofferenze anche quelle della madre. Amleto chiede alla madre di non andare più a letto con Claudio. Quindi, cambia parere e le consiglia di accogliere il re e di raccontargli quanto appena successo. Abbandona la scena trascinandosi dietro il cadavere di Polonio Atto IV, scena 1 Gertrude ha ormai la certezza che suo figlio è in preda alla pazzia. Mette il re a corrente della morte di Polonio. Claudio si rende conto che era lui stesso il vero obiettivo di Amleto e incarica Rosencrantz e Guildenstern di partire immediatamente per l'Inghilterra. Atto IV, scena 2 Rosencrantz e Guildenstern tentano di scoprire il luogo in cui Amleto ha nascosto il cadavere di Polonio. Amleto li canzona e rifiuta di rispondere loro. Accetta tuttavia di incontrare il re. Atto IV, scena 3 Amleto rifiuta di rispondere alle domande del re ma sembra contento di partire in esilio. Lasciato solo, Claudio rivela che ha ordinato che Amleto sia assassinato subito dopo il suo arrivo in Inghilterra. Atto IV, scena 4 Prima di partire per l'Inghilterra, Amleto incontra Fortebraccio che attraversa la Danimarca per andare a conquistare alcune sterili terre in Polonia. Pensando alla semplicità della posta in gioco - vendicare la morte di suo padre e l'onore di sua madre -, Amleto si rimprovera della propria inerzia. Atto IV, scena 5 Ofelia appare, resa folle dal dolore per la morte del padre e il rifiuto di Amleto. La regina tenta di condurla alla ragione ma Ofelia non risponde e si limita a cantare delle tristi canzoni d’amore. Arriva Laerte, di ritorno dalla Francia, ed esige che gli dicano la verità sulla morte del padre come anche le ragioni per le quali non gli abbiano tributato i funerali di stato. Al momento in cui il re si prepara ad offrirgli spiegazioni, Ofelia entra in scena. Rendendosi conto di ciò che è successo alla sorella, Laerte si promette di punire i responsabili della morte di suo padre. Atto IV, scena 6 Orazio riceve una lettera di Amleto. Amleto vi scrive che la sua nave è stata attaccata dai pirati e che questi lo hanno risparmiato dopo avere ottenuto l’impegno di farli ricevere dal re della Danimarca. Amleto informa Orazio che Rosencrantz e Guildenstern sono sempre in viaggio per l'Inghilterra. Atto IV, scena 7 Claudio imputa ad Amleto la responsabilità della morte di Polonio e della pazzia di Ofelia. Confida a Laerte le ragioni che lo hanno spinto a risparmiare il nipote: oltre all'affetto che gli porta sua madre Amleto ha infatti il sostegno di tutto il popolo. Un messaggero entra ed annuncia loro il ritorno di Amleto. Il re pensa ad un inganno e suggerisce a Laerte di indurre il nipote in duello. Laerte accetta la proposta del re e gli comunica il proposito di cospargere la punta della propria spada di un veleno mortale. Anche il re pensa di offrire una coppa avvelenata ad Amleto durante il duello. Entra la regina ed annuncia la morte di Ofelia, che si è suicidata annegandosi. Atto V, scena 1 Amleto ed Orazio incontrano due becchini in procinto di scavare la tomba di Ofelia. Amleto parla loro e si interroga sul senso della vita e della morte. Esaminando i crani dissotterrati dai becchini, si commuove di trovare quello di Yorick, il buffone che lo ha tanto divertito da piccolo. Arriva il corteo funebre. Laerte maledice colui che considera l'assassino della sorella e salta nella fossa. Amleto lo raggiunge e iniziano a battersi. Li separano. Prima di partire, Amleto grida il suo amore per Ofelia. Atto V, scena 2 Amleto racconta ad Orazio come ha fatto a sostituire la lettera del re che chiedeva alle autorità inglesi la sua esecuzione con quella in cui si chiedeva invece di giustiziare Rosencrantz e Guildenstern, i latori del messaggio. In seguito, tenta di riconciliarsi con Laerte e gli porge le sue scuse per il dolore arrecatogli. Arriva Osric, un cortigiano, per assicurarsi della partecipazione di Amleto al duello. Amleto accetta la sfida. Laerte sembrerebbe accettare l'amicizia di Amleto tuttavia insiste per battersi in duello. Il duello comincia. Dopo i primi scambi, il re offre la coppa avvelenata ad Amleto, che la mette da parte. Amleto vince il primo assalto e la regina beve alla sua salute, bevendo dalla coppa avvelenata. Nella confusione che se ne segue, Amleto e Laerte si scambiano le armi e fatalmente ne restano entrambi avvelenati. La regina muore e Laerte rivela il suo stratagemma e quello del re. Amleto si getta allora sul re e lo trafigge con la punta della spada avvelenata quindi lo costringe a bere dalla coppa avvelenata. Laerte muore dopo essersi riconciliato con Amleto. Orazio vorrebbe anch’egli bere dalla coppa avvelenata ma Amleto lo dissuade e lo incarica di tramandare la sua tragedia. In quel mentre entra Fortebraccio di ritorno dalla Polonia ed Amleto esprime pubblicamente il desiderio che il principe della Norvegia regni sulla Danimarca. Amleto muore a sua volta. Gli ambasciatori entrano ed annunciano l'esecuzione di Rosencrantz e Guildenstern. Fortebraccio ordina che le onoranze funebri siano rese ad Amleto. I Temi Si può fare di Amleto una lettura superficiale e giudicarla come una semplice tragedia della vendetta. Il padre di Amleto, re di Danimarca, è stato ucciso da suo fratello, Claudio. Quest'ultimo, conculca i diritti di successione di Amleto figlio, appropriandosi a sua volta della corona e della moglie di Amleto padre. Lo spettro di Amleto padre rivela tutta la macchinazione al figlio; tutti gli elementi della tragedia della vendetta sono dunque presenti. Amleto ha un obbligo: vendicare l'omicidio, l’usurpazione e l'adulterio. Ciò che fa uccidendo Claudio alla fine della tragedia. Ma è chiaro che il tema della vendetta è soltanto un pretesto che Shakespeare utilizza per mescolare tutta una serie di temi universali, dei quali si può dare questo quadro sintetico: - le relazioni padre-figlio, madre-figlio; - le relazioni amorose nei suoi aspetti poetici ed angelicati (Amleto-Ofelia) e in quelli adulti e carnali (Claudio-Gertrude); - le relazioni di forza al vertice di uno stato; - la pazzia reale, la pazzia finta, la dissimulazione; - la giovinezza e la vecchiaia; - l'azione e l'inerzia; - il potere è corrotto o il potere corrompe? - le grandi questioni esistenziali "To be or not to be"; l'esistenza di un dio; - il senso e il significato del teatro e la sua relazione paradigmatica con la vita: c'è tanta vita nel teatro quanto teatro nella vita. Amleto eroe umano e teatrale Tutti questi temi, ed altri ancora, si trovano in Amleto. Ma è importante ricordarsi che Amleto è al centro di ogni tema e che anzi è egli stesso che li affronta e li mette a fuoco. Non c’è nella storia della letteratura mondiale un personaggio così centrale, così ricco di sfumature, così complesso e sfuggente. Le letture dell’ Amleto sono innumerevoli e dipendono dalla personalità del lettore della tragedia, e trattandosi appunto di un’opera destinata alla rappresentazione-, dalla personalità del regista e soprattutto dell'attore chiamato a dargli vita. Amleto è allo stesso tempo un personaggio che si impone a noi con la sua complessità ed il suo carattere misterioso, al limite dell’indecifrabile, e sul quale la nostra personalità può venire a modellarsi. È uno dei personaggi rari del teatro, forse il solo, che permetta uno scambio costante. Ciascuno di noi, indipendentemente dalla sua età, può riconoscersi in Amleto e può lavorare al mito di Amleto, alla sua immagine. Laurence Olivier ha detto che potrebbe recitare Amleto per cento anni e trovargli un nuovo senso ad ogni rappresentazione; il personaggio è ambiguo, quasi inafferrabile, in effetti, come lo è la lingua della pièce. Ma quest'ambiguità rafforza la ricchezza tematica e polisensa dell’opera più di quanto la impoverisca; ed è precisamente questo mistero e questa ricchezza tematica che permette ad ogni lettore, ed ad ogni attore, di consegnarsi ad una lettura personale ed intima del personaggio, di fare propria la sua complessità, come avviene per ogni grande opera. Quali sono dunque le grandi caratteristiche di questo personaggio così affascinante e indimenticabile? Le interpretazioni sono millanta. Citeremo qui soltanto le principali. Il dilemma e l'indecisione Gli eroi delle grandi tragedie classiche sono tutti posti davanti a scelte e obbligati a prendere una o l’altra direzione. Ma una volta che la decisione è presa, il resto necessariamente segue, accompagnato da atti di nobiltà grandiosi o, per altro verso, di abiezione estremi. Nell’ Amleto, nulla è semplice, tutto è problematico. Il dilemma nel quale si inciampa è non di sapere quale scelta egli deve fare, ma all'opposto se la farà. Secondo alcune interpretazioni, Amleto non giunge ad alcuna decisione e diffonde così l'immagine dell'individuo indeciso, inattivo, passivo, l’inetto romantico incapace di agire: al limite, il chiacchierone senza costrutto che si compiace delle parole. Jean-Louis Barrault lo ha definito "l'eroe dell'esitazione superiore." È senza dubbio per questo che T. S. Eliot vedeva nell’ Amleto una tragedia mancata poiché, diceva, essa presenta un personaggio " dominato da un pathos incomprensibile in quanto eccede i fatti così come appaiono." Perché tanta emozione e così poca azione? È la sua natura, diranno alcuni: ossia l'opposto esatto di un Macbeth . Altri lo vedranno bloccato da un complesso di Edipo che fa di lui un adolescente attardato, un po' pazzo, calcinato in sterili ruminazioni esistenzialiste (nessuno osa immaginare Amleto re!) ; altri ancora lo vedono sofferente per un'overdose di castità. Dunque sospettano un dramma sessuale più che un dramma della volontà. Ma forse l’interpretazione che rende più giustizia ad un tale personaggio è affermare che questo dramma shakespeariano tende in effetti allo stesso tempo all'individualità estrema ed all'universalità e spinge a interpretare l’opera come una rappresentazione simbolica della lotta tra l'uomo ed il suo destino, le sue tentazioni e le sue contraddizioni. All' interpretazione di Amleto eroe inattivo se ne oppone un'altra. Occorre osservare inizialmente che Amleto, per quanto loquace è in effetti molto attivo. Se è vero che il filo dell'azione, in generale, gli è imposto da altri personaggi o dagli eventi, egli nei fatti agisce. Ascolta lo spettro (ciò che i suoi amici rifiutano di fare), assume un atteggiamento al limite del disprezzo riguardo al re, rinvia violentemente Ofelia, sventa uno dopo l'altro gli intrighi che mirano a scoprire il suo gioco, e architetta uno spettacolo teatrale che è soltanto una trappola nella quale spera di fare cadere il re; aggredisce la madre in una scena dalla violenza inaudita; arriva alle mani con Laerte. Infine, e forse soprattutto per ciò che riguarda la violenza fisica, che non è poco per un uomo tacciato di inazione - uccide Polonio, invia i suoi amici Rosencrantz e Guildenstern alla morte, uccide il re ed è indirettamente responsabile della morte di Laerte. Non è impossibile che Shakespeare abbia così voluto rovesciare le convenzioni della tragedia classica, troppo carica di stereotipi e di parti assegnate una volta per tutte. Anche il suo Macbeth, il suo Otello o il suo Bruto, e il suo re Lear, fin dal primo atto, sono così bene imprigionati in atteggiamenti convenuti e dinamiche preordinate che ne risultano perfettamente prevedibili; l'intrigo progredisce dalla causa all'effetto, con una conclusione che ha dell’ inesorabile. Nulla di tutto ciò in Amleto; Shakespeare ci sorprende ad ogni snodo d’azione; l'imprevedibile domina ad ogni atto ed anche la scena della mattanza finale ha soltanto una relazione molto labile con gli elementi iniziali del teorema fornitici nel primo atto. Certamente, Amleto uccide il re ma lo uccide perché quest'ultimo, per sbaglio, ha appena ucciso Gertrude; ed è senz’altro curioso che in questo frangente non proferisca motto sull'assassinio del padre, che dovrebbe essere il movente e la conclusione logica della sua azione; com’ è altrettanto curioso che nessuno alla corte di Danimarca sembra commuoversi per questa enorme carneficina dove, in alcuni secondi, scompaiono tutti i personaggi principali del regno. Nessuno fuorché Shakespeare, il quale pur fingendo di mettere in scena i grandi temi della tragedia classica (la vendetta, la pazzia, la lotta per il potere, ecc.), forse ha voluto scuotere le certezze che procurano ogni volta questi temi e abbia scelto, in ultima analisi, di presentare il solo tema che per lui ha un senso: il dubbio, l'incertezza. In ciò, sarebbe stato un precursore del teatro del ventesimo secolo: il teatro dell'assurdo nel 1601! Amleto eroe tragico moderno Amleto é stato recentemente analizzato da Agostino Lombardo (vedi a lato) come figura chiave nella drammatica svolta epocale dal mondo classico ( a dalle supposte certezze di quello medioevale ) verso i dubbi e le angosce della modernità, o più precisamente di quella civiltà che i neostoricisti americani definiscono early modern. Al centro del dramma si posizione un eroe tragico, un eroe problematico, diviso e lacerato da contrasti interiori, posto in situazioni di irrisolta tensione e conflittualità. Quando Amleto scopre che la realtà non coincide affatto coi suoi ideali, rimane disgustato. E’ un giovane colto, puro, animato da grandi ambizioni spirituali. Incapace di sopportare il peso del male, offeso dal suo trionfo, egli nella malinconia trova rifugio, ma non riposo. La sua coscienza é fonte di innumerevoli pensieri, speculazioni sulla vita e sulla morte, dubbi, rimproveri, propositi. Egli dovrebbe obbedire al padre e alle leggi dell’onore, ma lo slancio é impedito dal pensiero malinconico della vanità del tutto, e la volontà é frenata da mille considerazioni. Il carattere nobile entra in conflitto con l’umore cupo: ciò che il primo accende, il secondo spegne. Il moralismo e il senso del dovere non riescono a prevalere perché, a parte l’effetto avvilente della malinconia, esigono il compimento di un’azione pur sempre orribile, un omicidio, per di più di difficile attuazione. Nessuno conosce infatti la colpa di cui si é macchiato re Claudio nei confronti del padre di Amleto, e quindi non si spiegherebbe un atto così turpe da parte del giovane. L’omicidio apparirebbe sospetto, interessato, dal momento che non troverebbe sostegno in una motivazione plausibile: l’onore del principe verrebbe infangato, e la vendetta, lungi dall’essere considerata come un doveroso atto di giustizia, assumerebbe l’aspetto di un volgare assassinio. Amleto viene a conoscere dal fantasma del padre le circostanze della sua morte, mentre versa in uno stato di afflizione e di amarezza. Claudio, in un colpo solo, ha spodestato il vecchio sovrano e il legittimo erede al trono, ha distrutto una famiglia, attirando a sé una donna che il figlio non immaginava capace di tanta insensibilità. Tutto ripugna ormai l’animo di Amleto, che, deluso e impotente, generalizza, rivestendo di pessimismo e di sospetto ogni persona ( escluso il suo amico Orazio ), lui che pure per natura sarebbe un fiducioso. La repulsione per il vizio e l’ipocrisia imperanti nel mondo si fa repulsione per la vita stessa. Ma il suicidio é punito dalla religione e il senso del dovere assume le sembianze dello spettro paterno, che prima gli fa intendere e poi gli ricorda la necessità di consumare la vendetta. Amleto è un uomo che ama e che pensa, e che intanto però non agisce, e se agisce lo fa con ingegno ( la finzione della follia e la recita dei commedianti) o per impulso ( l’uccisione di Polonio e la lite con Laerte nella fossa). Non c’è pertanto una vera e propria connessione tra pensiero e azione: é evidente il suo stato di crisi. Si sente chiamato ad un compito per cui non è tagliato, e tuttavia è dotato di un animo nobile che gli impedisce di negarsi all’impresa. Non è che Amleto non sia capace di azione in assoluto, come la critica romantica per lungo tempo ha sostenuto con ostinazione: non é capace di compiere “quella” azione in quella particolare “ circostanza”. Egli ha in sé un desiderio di purezza così alto che la prospettiva di un eventuale scontro con il vizio, sia pure al fine di eliminarlo, gli appare difficile da accettare. Eppure sa bene che così non dovrà essere; perciò non si sottrae, pur avendone la tentazione: ma intanto rimanda il momento risolutivo. Se Amleto dopo quattro secoli continua ad attrarre e a commuovere é perché non é altro che la summa della vita. Forza e debolezza, impulsività e calcolo, sensibilità e riflessione: tutto é estremo in lui, che con la sua bontà d’animo e il suo idealismo si pone sulla scena a testimoniare, assieme a un dramma personale, i conflitti e le aspirazioni di ogni uomo che abbia una concezione alta dell’esistenza e intanto debba sperimentarne la corruttibilità. Amleto è uomo moderno perché dubita, facendo suo quel principio che valse a Cartesio la prerogativa di fondatore del Razionalismo. Il genio di Shakespeare, lavorando sul racconto di Belleforest e sulla tragedia di Kyd, ne ha fatto una figura più tormentata, una figura della vita interiore ricca e sfumata: moderna quindi. L’autore é consapevole del profondo mistero della vita e della morte, e lo mette in scena. La sua arte sa essere impetuosa e delicata, e loquente e scarna, arguta e commuovente. Non c’é corda che non tocchi, non c’é registro che non usi. Perchè la vita é complessa, appunto, e non riducibile ad una forma fissa. Amleto, personaggio storico rivestito di tante leggende, é giunto fino a noi per chiederci di interpretarlo, per sfidarci ad un confronto. Con la sua debolezza, con i suoi dubbi, ci rispecchia. Morendo, come ogni eroe, ci induce a domandarci una volta in più che cosa sia mai la vita.