CHE COSA E’ IL
CAFFE’ FILOSOFICO
Il Caffè filosofico è un luogo di dibattito dove vengono discussi argomenti di varia natura,
senza un filo conduttore o un programma predefinito. A questi incontri partecipano tutti coloro
che sono interessati, senza alcuna limitazione di cultura, di età, di formazione, di orientamento
personale.
L’origine del Caffè filosofico è piuttosto recente. A partire dal luglio del 1992, ogni
domenica mattina un filosofo francese, Marc Sautet, studioso di Nietzsche e docente
universitario, animava un dibattito che si teneva presso il Café de Phares a Parigi, in Place de la
Bastille. Come racconta lo stesso Sautet nel suo libro Socrate al Caffè, la cosa avvenne quasi per
caso e all’inizio i partecipanti erano una decina, ma settimana dopo settimana il numero
continuava a crescere fino ad arrivare a trenta/quaranta persone. E intanto cresceva anche il
numero dei Café philo che venivano aperti in Francia (oggi sono circa 180), e un po’ più tardi in
altre città europee e nel mondo (in Italia credo siano almeno una decina).
C’è da sottolineare che non tutti i Caffè filosofici che hanno assunto questa
denominazione mantengono il carattere del Café philo originario, nel senso che sono luoghi
dove vengono invitati a parlare su temi prestabiliti, secondo una modalità altrettanto
interessante ma più convenzionale, scrittori, filosofi, artisti, poeti.
Ciò che caratterizza, infatti, il Caffè filosofico nel senso proprio ha alcune caratteristiche
ben precise:
Non si fa storia della filosofia, né si analizza il pensiero di un filosofo
Gli argomenti possono essere i più svariati, nella convinzione che non vi sono questioni
filosofiche in sé, ma che ogni questione può essere trattata filosoficamente, sono le
domande e gli stimoli che nascono durante il dialogo a diventare filosofici.
Il filosofo che presiede al dibattito non è il protagonista; non sceglie il tema della
discussione, che viene stabilito dai partecipanti all’inizio dell’incontro; non è un
“esperto” dell’argomento, ma degli strumenti metodologici con i quali tale argomento
viene sviluppato; la sua funzione è quindi quella del “mediatore”, o del “facilitatore”
che ha il compito di coordinare e indirizzare la discussione verso un approfondimento
consapevole.
Il presupposto (ed è questa già una scelta filosofica) su cui si fonda questa attività è che la
filosofia nella sua sostanza non è un messaggio ma un metodo, non è una teoria ma una pratica.
E non è un caso che la nascita dei Café philo sia avvenuta negli stessi anni in cui si stava
affermando proprio la “rinascita della filosofia pratica”, cioè di quella parte della filosofia
accademica che riflette sugli aspetti etici e comportamentali delle persone.
Per gli antichi, filosofare significava essenzialmente prendersi cura di sé, imparando a
riflettere sui problemi della persona e della vita quotidiana, ma anche, e soprattutto, sui criteri
del pensare e dell’argomentare, cioè sui processi che portano al “ragionare bene”, poiché la
filosofia è l’unica disciplina che assume il pensiero come proprio contenuto e insieme come
metodo di ricerca.
Prima di studiare filosofia nelle scuole e nelle università, prima di leggere i classici e
appropriarsi di teorie e concetti, c’è un modo di filosofare che appartiene a tutti e che tutti
possono praticare, anche se privi di formazione culturale o predisposizioni particolari, che è
quello di esercitarsi ad un uso critico, cioè consapevole, del pensiero: come diceva Montaigne,
“è meglio una testa ben fatta, che una testa piena”E non dimentichiamo che la filosofia non è nata nelle scuole e nelle università, ma nelle
strade e nelle piazze (nell’ agorà), dove insieme alle merci, agli scambi, alla moneta,
circolavano idee, opinioni, linguaggi diversi. Il senso del Caffè filosofico è tutto qui: riscoprire il
senso delle domande universali sul perché delle cose come parte della nostra quotidianità;
recuperare il piacere dei momenti di socialità, dell’ascolto e del confronto, durante i quali
giocare a filosofare significa costruire un percorso nel quale il dialogo con gli altri si combina
con la riflessione personale, senza preoccuparsi di stabilire dove tale percorso ci condurrà.
Ma giocare, come si sa, è una cosa seria.