IL DONO DELLA PERSEVERANZA Ci sono fratelli in Cristo che

IL DONO DELLA PERSEVERANZA
Ci sono fratelli in Cristo che sostengono che la salvezza è sì per grazia mediante la fede, dono di
Dio, ma che la perseveranza è “merito” del credente, del proprio libero arbitrio.
A tale proposito citano le parole del Signore Gesù, riportate da Matteo, in:
Matteo 10.22 e 24.13 ma chi avrà perseverato (hupomenô= non recedere, sopportare
coraggiosamente) fino alla fine, sarà salvato.
Deducendone così che ottemperando alla condizione imposta ovvero “la perseveranza fino alla
fine”, si “meriterà” la salvezza. Diversamente, il vero credente non sarà salvato, avendo egli reso
inutile la grazia di Dio per se stesso.
Leggendo il brano di Matteo (cap.24), vediamo che il Signore Gesù risponde ad un precisa
domanda fattagli dai suoi discepoli (v.3) e che, in risposta ad essa, li rende partecipi degli
avvenimenti futuri che riguardano sia loro sia tutti i credenti, fino al Suo ritorno, mettendoli così in
guardia circa i pericoli che dovranno affrontare successivamente al Suo ritorno al Padre, ovvero i
falsi profeti, la tribolazione, l’odio e, non ultima, anche la morte per mani assassine.
Leggiamo in
Matteo 24:4 E Gesù, rispondendo, disse loro: Guardate che nessuno vi seduca.
Matteo 24:9 Allora vi getteranno in tribolazione e vi uccideranno, e sarete odiati da tutte le genti
a causa del mio nome.
Matteo 24:5 e 11 Poiché molti verranno sotto il mio nome, dicendo: Io sono il Cristo, e ne
sedurranno molti. (ma non gli eletti v.24).
v.10 E allora molti si scandalizzeranno, e si tradiranno e si odieranno a vicenda.( Cf. Matt.13.21;
Giov.6.60, 66, 64; 1 Giov.2.19)
v.12 E perché l'iniquità sarà moltiplicata, la carità dei più si raffredderà.
Chi avrà perseverato fino alla fine, sarà salvato.
La perseveranza richiesta ad ogni credente è continua e per tutta la vita. Essa però non è
circoscritta al solo resistere, non recedendo dalla fede, in tempi difficili. Il credente infatti è
chiamato a perseverare nella fedeltà, nell’amore, nella santificazione, nella verità, nella
testimonianza, nella verità del Vangelo etcc.
Così è scritto in:
Apocalisse 2.10 Alla Chiesa di Smirne il Signore dice: «Sii fedele fino alla morte, ed io ti darò, la
corona della vita»
Apocalisse 2:25-26 (Alla chiesa di Tiatiri) Soltanto, quel che avete tenetelo fermamente(krateô =
essere padrone di, continuare a tenere, tenere attentamente e fedelmente) (cf. 2 Tim.1.13-14) finché
io venga. E a chi vince(nikaô= risultare vittorioso) e persevera (têreô= pensarci attentamente,
avere cura di, osservare) nelle mie opere sino alla fine io darò potestà sulle nazioni..
Romani 11:22 Vedi dunque la benignità e la severità di Dio; la severità verso quelli che son caduti;
ma verso te la benignità di Dio, se pur tu perseveri (epimenô= rimanere ancora, continuare,
perseverare) nella sua benignità; altrimenti, anche tu sarai reciso.
1Timoteo 2:15 nondimeno sarà salvata partorendo figliuoli, se persevererà (menô= rimanere) nella
fede, nell'amore e nella santificazione con modestia.
Ebrei 12.1 corriamo con perseveranza (hupomonê= costanza, perseveranza, pazienza) la
corsa…v.9 per avere vita
Colossesi 1:22 ora Iddio vi ha riconciliati nel corpo della carne di lui, per mezzo della morte d'esso,
per farvi comparire davanti a sé santi e immacolati e irreprensibili 23 se pur perseverate (epimenô=
rimanere ancora, continuare, perseverare) nella fede, fondati e saldi, e non essendo smossi
(metakineô = allontanare) dalla speranza dell'Evangelo che avete udito,
A questo punto chi sostiene il merito/capacità della perseveranza dovrebbe porsi queste domande:
Sarò capace di resistere alla seduzione?...e alla tribolazione?... e all’odio?….E davanti alla morte
sarò capace di testimoniare la mia fede? ….opererò tutte le opere di Cristo?... ….gli sarò fedele fino
alla fine?..... risulterò vittorioso?..... Ho in me la certezza che adempierò fino alla fine tutto quanto
mi è richiesto ottenendo così la vita eterna?
Ricordiamo per un momento cosa dovevano fare gli Israeliti per ottenere la salvezza.
Dio, per mezzo di Mosè, aveva ordinato al popolo d’Israele:
Levitico 18:5 Osserverete le mie leggi e le mie prescrizioni, mediante le quali chiunque le metterà
in pratica, vivrà. Io sono l'Eterno.
E Mosè aveva concluso il suo terzo discorso dicendo:
Deuteronomio 27:26 Maledetto chi non si attiene alle parole di questa legge, per metterle in
pratica! E tutto il popolo dirà: Amen.
Nella parabola del buon Samaritano, leggiamo della domanda che il dottore della legge pone a
Gesù, sul cosa fare per ottenere la vita eterna.
Luca 10:25 …un certo dottor della legge si levò per metterlo alla prova, e gli disse: Maestro, che
dovrò fare per ereditare la vita eterna? 26 Egli, rimandandolo alla legge, che sta scritto? Come
leggi? 27 E colui, rispondendo, disse: Ama il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore, e con tutta
l'anima tua, e con tutta la forza tua, e con tutta la mente tua, e il tuo prossimo come te stesso. 28 E
Gesù gli disse: Tu hai risposto rettamente; fai questo, e vivrai.
Il Signore Gesù dice la stessa cosa che il Padre, per mezzo di Mosè, aveva già detto agli Israeliti in
Lev.18.5 ovvero di osservare tutta la legge.
San Giacomo nella sua lettera, a proposito dell’osservanza della Legge, ricorda alle dodici tribù che
sono nella dispersione:
Giacomo 2:10 Poiché chiunque avrà osservato tutta la legge, e avrà fallito in un sol punto, si
rende colpevole su tutti i punti.
Ciò significa che: Sarà maledetto (Deut.27.26)
Ora, davanti all’impossibilità di mettere in pratica tutta la legge, e quindi all’impossibilità di
ricevere la vita, l’apostolo Paolo dice chiaramente che gli Israeliti, i quali avrebbero dovuto
implorare Dio perché facesse loro grazia, donando loro la Sua giustizia, poiché la loro era, come
dice il profeta:
Isaia 64.6 “Tutti quanti siamo diventati come l'uomo impuro e tutta la nostra giustizia come un
abito lordato; tutti quanti appassiamo come una foglia, e le nostre iniquità ci portano via come il
vento”;
mostrarono invece tutta la loro presunzione e arroganza, col voler presentarsi a Dio con una loro
propria giustizia, non vestendo, come dice il Signore Gesù in Matteo 22.11-13, l’abito di nozze,
dono di Dio, senza il quale non si può partecipare alle nozze dell’Agnello con la Chiesa.
Paolo così testimonia del peccato del suo popolo:
Romani 10:2 “Poiché io rendo loro testimonianza che hanno zelo per le cose di Dio, ma zelo senza
conoscenza. 3 Perché, ignorando (agnoeô= non capire, sbagliare) la giustizia di Dio, e cercando
di stabilir la loro propria, non si son sottoposti (hupotassô= sottoporsi, obbedire, "indica un
atteggiamento volontario di cedere) alla giustizia di Dio”.
Romani 1:17 poiché in esso la giustizia di Dio è rivelata da fede a fede, secondo che è scritto: Ma
il giusto vivrà per fede (Habacuc2.4).
Anche alla luce dell’esempio d’Israele e, a meno che non si vuole essere presuntuosi e arroganti,
rispondendo in verità alle poche domande di cui sopra col riconoscere la propria incapacità a
perseverare fino alla fine si dovrebbe temere della propria salvezza.
Continuando nello studio, consideriamo il brano seguente:
Luca 22:28 “Or voi siete quelli che avete perseverato (diamenô= rimanere permanentemente) meco
nelle mie prove; 29 e io dispongo che vi sia dato un regno, come il Padre mio ha disposto che fosse
dato a me”.
Gesù promette agli apostoli che erano rimasti, fino a quel momento, con Lui nelle sue prove, che
disporrà che sia dato loro un regno.
Poiché il Signore Gesù non può mentire, c’è da domandarsi:
1) il regno verrebbe loro dato indipendentemente da quella che potrebbe essere o meno la loro
perseveranza fino alla fine?
2) il Signore Gesù sapeva che avrebbero perseverato fino alla fine e per questo anticipa loro
che avrebbero “meritato” il regno?
3) Il Signore Gesù sapeva che loro avrebbero ricevuto da Dio “il dono della perseveranza” e
per questo avrebbero ricevuto per grazia il regno?
La grazia e il dono.
L’apostolo Paolo scrivendo a Timoteo dice:
2Timoteo 4:7 Io ho combattuto (agônizomai= lottare), il buon combattimento (agôn=lotta), ho
finito (teleô= finire, adempiere,eseguire) la corsa, ho serbata (têreô= avere cura di, proteggere,
custodire) la fede;
Queste affermazioni dell’apostolo potrebbero indurre a pensare che egli stia dicendo che “la
perseveranza” è un merito e quindi potrebbero essere prese a sostegno della tesi che la perseveranza
è merito del libero arbitrio dell’uomo. Ma l’apostolo in nessuna delle sue lettere ha mai scritto di
meriti personali da presentare a Dio e men che meno al fine di ottenere la salvezza.
Del perseverare nella fatica egli dice:
1Corinzi 15:10 Ma per la grazia di Dio io sono quello che sono; e la grazia sua verso di me non è
stata vana; anzi, ho faticato più di loro tutti; non già io, però, ma la grazia di Dio che è con me.
Del perseverare nel sopportare le sofferenze e le persecuzioni, egli dice:
2Timoteo 3:11 alle mie persecuzioni, alle mie sofferenze, a quel che mi avvenne ad Antiochia, ad
Iconio ed a Listra. Sai quali persecuzioni ho sopportato (hupoferô= sopportare pazientemente); e
il Signore mi ha liberato (rhuomai= liberare, salvare) da tutte.
Filippesi 4:13 Io posso (ischuô= essere forte, avere forza per superare), ogni cosa in Colui che mi
fortifica (endunamoô= dotare con la forza, fortificare).
Colossesi 1:11 essendo fortificati (dunamoô= rendere forte, confermare, fortificare) in ogni forza
secondo la potenza della sua gloria, onde possiate essere in tutto pazienti (hupomonê) e longanimi
(makrothumia= longanimi, tolleranti, pazienti);
L’apostolo afferma che Dio gli ha dato la forza e la pazienza, in ogni cosa e in tutto, per sopportare
e non solo le persecuzioni dalle quali è uscito vincitore, salvo, per la Sua Grazia.
Del perseverare nella fede nonostante le tentazioni, egli dice:
1Corinzi 10:13 Nessuna tentazione vi ha colti, che non sia stata umana; or Iddio è fedele e non
permetterà (eaô= permettere a qualcuno di fare come desidera, lasciare solo, abbandonare) che
siate tentati (peirazô = provare la fede con una seduzione a peccare, sollecitare a peccare) al di là
delle vostre forze; ma con la tentazione vi darà anche la via d'uscirne, onde la possiate
sopportare (upoferô= sopportare pazientemente)
2Tessalonicesi 3:3 Ma il Signore è fedele, ed egli vi renderà saldi(stêrizô= fortificare, rendere
stabili) e vi guarderà(fulassô= , proteggere qualcuno da una persona o cosa affinché rimanga sana
e salva)dal maligno.
2 Timoteo 4.18 "Il Signore mi libererà ancora da ogni opera malvagia e mi salverà (sôizô= tenere
sano e salvo, liberare da pericolo o distruzione) fino a portarmi nel suo regno celeste. A lui sia la
gloria nei secoli dei secoli. Amen".
E ancora l’apostolo Pietro in:
2Pietro 2:9 il Signore sa trarre (rhuomai= liberare, salvare) i pii dalla tentazione e riserbare gli
ingiusti ad esser puniti nel giorno del giudizio;
L’apostolo Paolo aveva fatto continuamente, nella sua vita da credente, esperienza della Grazia e
della fedeltà di Dio ed egli basava su essa le sue certezze e la sua fede, circa le Sue promesse e non
ultima quella della vita eterna.
Egli partecipa i Filippesi di questa sua ferma fiducia nella fedeltà e nella grazia di Dio, che
opera nel credente:
Filippesi 1:6, “ho questa fiducia (pepoithô= persuasione, convincimento) che colui che iniziato
una buona opera in voi la compirà (epiteleô= portare ad un fine, compiere, perfezionare, eseguire,
completare) fino al giorno di Gesù Cristo.”
E i Romani ricordando l’esempio di Abramo il quale:
Romani 4:21 ed essendo pienamente convinto (plêroforeô= essere persuaso, pienamente convinto
o sicuro) che ciò che aveva promesso, Egli era anche potente da effettuarlo (poieo= portare a
compimento, fare). 22 Ond'è che ciò gli fu messo in conto di giustizia.
Filippesi 2:13 poiché Dio è quel che opera (energeô = essere operativo, essere al lavoro, mostrare
potere) in voi il volere, e l'operare (energeô), per la sua benevolenza (eudokia= proponimento,
compiacenza).
Anche l’apostolo Pietro e San Giuda sono sulla stessa lunghezza d’onda dell’apostolo Paolo
sulla grazia di Dio che opera la perseveranza nei santi.
1Pietro 5:10 Or l'Iddio d'ogni grazia, il quale vi ha chiamati alla sua eterna gloria in Cristo, dopo
che avrete sofferto (paschô= soffrire, sopportare) per breve tempo, vi perfezionerà (katartizô=
rendere adatto, completo, rendere capaci, perfezionare) Egli stesso, vi renderà saldi (stêrizô=
rendere stabile, fortificare,rendere fermo), vi fortificherà (sthenoô= fare forte, fortificare).
Giuda 24 Or a Colui che è potente (dunamai= essere capace, forte e potente) da preservarvi
(fulassô= proteggere, proteggere una persona affinché rimanga sana e salva, proteggere qualcuno
da una persona o cosa) da ogni caduta e da farvi comparire (istêmi= causare o fare stare,
rendere fermo, stabilire) davanti alla sua gloria irreprensibili, con giubilo.
Se ancora si volesse rimanere nella convinzione che la perseveranza è frutto del libero arbitrio e non
un dono di Dio, l’apostolo Paolo ricorda:
1Corinzi 4:7 Infatti chi ti distingue (diakrinô= separare, fare una distinzione, discriminare,
preferire) dagli altri? E che hai (echô= possedere, essere in una tale condizione) tu che non
l'abbia ricevuto? E se pur l'hai ricevuto, perché ti glori come se tu non l'avessi ricevuto?
E l’apostolo Pietro, parlando dei doni della grazia nella sua prima lettera scrive:
1Pietro 4:10 Come buoni amministratori della svariata grazia di Dio, ciascuno, secondo il dono
che ha ricevuto, lo faccia valere al servizio degli altri. 11 Se uno parla, lo faccia come annunziando
oracoli di Dio; se uno esercita un ministero, lo faccia come con la forza che Dio fornisce (chorêgeô
= provvedere, fornire abbondantemente), onde in ogni cosa (en pas= in tutto) sia glorificato Iddio
per mezzo di Gesù Cristo, al quale appartengono la gloria e l'imperio nei secoli de' secoli. Amen.
E’ certo che quel “in tutto” non è limitato alle cose descritte, ma riguarda tutti i doni che il credente
riceve dalla grazia di Dio, compresa la perseveranza.
Un’ultima domanda per un’ultima riflessione.
Quando si prega il “Padre nostro” e, tra le altre cose, si chiede al Signore: non esporci alle
tentazioni! La richiesta è forse fatta perché esse potrebbero far sviare il credente dalla fede quindi
non permettergli di perseverare in essa? Non si chiede ciò perché non si ritiene di avere la capacità
di perseverare nella fede resistendo ad ogni tipo di tentazione?
Diversamente perché chiedere al Signore ciò che si possiede di per se, ovvero la capacità di
perseverare?
Conclusione
Ricordiamo le parole dell’apostolo Paolo in:
1Corinzi 1:29-31 affinché nessuna carne si glorî nel cospetto di Dio. E a lui voi dovete d'essere in
Cristo Gesù, il quale ci è stato fatto da Dio sapienza, e giustizia, e santificazione, e redenzione,
affinché, com'è scritto: Chi si gloria, si glorî nel Signore.
Chi sostiene che la perseveranza proviene da se stesso e non dal Signore, sostiene che la grazia di
Dio gli è data secondo suoi propri meriti, quindi si gloria di se stesso.
Biagio Travia