Barack Obama presidente d`America, Maman Alì

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Barack Obama presidente d'America, Maman Alì arbitro di Sicilia. "Siamo tutti nivuri
ma non pupi".
Inviato da Calogero Giuffrida e Pierpaolo Maddalena
Alì Maman Listì sul campo in terra battuta del Cianciana (campionato di Promozione) si è trovato a dover zittire
l’allenatore dello Sciacca, la squadra ospite, come spesso capita ad un arbitro. Accursio Galenci protestava
vivacemente , come succede anche in serie A a Novellino o Mazzarri. Ma ad un certo punto ha chiamato l’arbitro
pupu nivuru (pupo nero).
Nel momento in cui un nero diventa il presidente dello stato più potente della Terra, una storia in Sicilia ci racconta di
un’altra integrazione. C’è un arbitro nel calcio siciliano che si chiama Alì Maman Listì ed è di origine del
Niger. E così Alì Maman, che oggi ha 25 anni, vive a Palermo, lavora in un call-center, come tanti suoi coetanei e, nel
tempo libero, fa l’arbitro. Tutto ciò sarebbe dovuto passare inosservato, perché dal colore della pelle non si giudica
alcuno, tantomeno un arbitro. Ma domenica scorsa non è andata così. Alì Maman Listì sul campo in terra battuta del
Cianciana (campionato di Promozione) si è trovato a dover zittire l’allenatore dello Sciacca, la squadra ospite,
come spesso capita ad un arbitro. Accursio Galenci protestava vivacemente , come succede anche in serie A a Novellino
o Mazzarri. Ma ad un certo punto ha chiamato l’arbitro pupu nivuru (pupo nero). Il papà di Maman Listì si chiama
Martino, insegna matematica alle medie inferiori e ogni estate fa il missionario in Africa. Ha portato Alì Maman, insieme
ad un fratello, in Italia su desiderio espresso in punto di morte da un padre missionario. “Mi è sembrato giusto
esaudire quel desiderio – racconta -. Da 36 anni presto la mia opera in Africa in favore de ammalati, bambini
abbandonati e poveri”.Proviene dal Ghana, invece, Mario Balotelli Barwuah, il bravo attaccante dell’Inter
che vale la metà dell’Italia in maglia nerazzurra e certamente quella più a modo (l’altra è
Materazzi).Balotelli, nato a Palermo, fu salvato dalla morte dalle cure di medici e infermieri dell’ospedale Di
Cristina dove rimase il primo anno di vita; poi trovò altri genitori in Italia. Gruppi di tifosi del Cianciana sono insorti:
“Chiedi scusa, razzista”. Accursio Galenci si è difeso sostenendo che si tratta di un equivoco: “Le
mie espressioni – ha detto . non erano riferite al colore della pelle dell’arbitro ma alla divisa che indossa.
Mi sono rivolto a lui come a qualsiasi arbitro”. Sarà. Listì vestiva una divisa gialla. Galenci, se non si scusa, afferma
però che “ogni forma di razzimo è lontana dalla mia persona, tanto che a dicembre firmerà con noi un ragazzo
extracomunitario”.Il presidente dello Sciacca, Fabio Miraglia, da parte sua afferma che la sua società
“condanna ogni forma di razzismo” e sta per “organizzare una partita di solidarietà e beneficenza con
i ragazzi ospiti del centro di accoglienza di Sciacca contro ogni razzismo e a favore della piena integrazione degli
immigrati”.Il padre di Maman Alì racconta i due volti dell’esperienza di suo figlio: “Purtroppo cose
simili sono già successe in passato. Molti pensano di accettare chi è diverso da sé ma spesso non è così. In alcune
circostanze, come in una partita di calcio, tutto questo male può venire fuori. In serie A come tra i dilettanti. Mio figlio,
comunque, ha una vita normale e tanti amici, è un cittadino palermitano perfettamente integrato, con il suo lavoro e le
sue passioni. A certi atteggiamenti è superiore e guarda avanti”.L’arbitro subisce già una forma di
pregiudizio razzista: pochi accettano le sue decisioni, per i tifosi porta le corna in testa (anche se non è sposato), infine si
sospetta sempre che sia venduto agli avversari. Come minimo non ci vede (“arbitro, occhiali!”).Questa
storia di Cianciana ha dei simboli potenti, di direttori di gara da rispettare in quanto arbitri e in quanto persone. Ma
c’è anche tanta speranza. Maman Alì, e come lui tanti altri, è venuto in Sicilia per una scelta d’amore, vive
come uno di noi e qualcuno, per le sue capacità, gli ha consegnato un fischietto da arbitro. Gli studi sui genetisti del Dna
hanno confermato che non esistono le razze e che in ciascuno di noi c’è una goccia di sangue nero dei nostri
progenitori africani, i primi uomini. Insomma siamo tutti nivuri ma non certo pupi.Guido FioritoHanno collaborato Calogero
Giuffrida e Pierpaolo MaddalenaDa: Giornale di Sicilia
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