Concept Economia, Lavoro, Cultura e Sviluppo

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Il concetto di mercato del lavoro
per le offerte e persone in cerca di lavoro!
Il valore reale di una impresa: la dignità.
Parlare di generazioni e sviluppo è ormai da diversi anni una delle priorità politiche che Amministratori,
Istituti Economici, Università, Società civile affrontano con grande determinazione con il risultato che pongono le giovani generazioni al centro delle azioni di intervento di ogni piano di sviluppo, pur dovendo poi
riscontrare di non riuscire, spesso, a restituire indicatori precisi circa il rendimento degli interventi in termini
di ricadute e miglioramento della condizione generale di un territorio, quello lucano, spesso foriero di tante
opportunità, ma da sempre espressione sintetica di un disagio, quello dei giovani e la loro voglia di restare,
di essere e vivere la propria terra e l’economia che la caratterizza, per esprimere con dignità la voglia di
desiderare un futuro, saper fare un mestiere, intraprendere .
La necessità, la richiesta dei più, è quella di rendere visibile il mercato e il valore di una scelta; sia di intraprendere che di continuare la tradizione familiare, nel caso di generazioni che si susseguono.
L’accesso al credito come bisogno chiaro di analisi per le aziende per evitare che lo stesso diventi con la
“farsa della trilogia di Basilea ”il vero “buco nero” dello sviluppo economico, in quanto generi tensioni economiche e crisi, che portino le stesse PMI ad essere strette in una congiuntura che non dia loro possibilità
di esprimere le proprie potenzialità, in quanto il sistema creditizio è foriero solo di annunci e proclami e
pronto solo a rinnovare i termini della speculazione, non certo i termini di un “mestiere”, quello di fare “La
Banca” come il codice di attività economica classifica con la sua “etica”.
Credere anche da parte degli Istituti di Credito nell’etica, nella società civile, intesa come luogo dove esercitare il proprio ruolo per generare le condizioni affinché ci sia sviluppo e crescita sociale, culturale, generazionale, genera quella leva economica reale di sviluppo.
Andare oltre il confine della maggiore scolarizzazione, ricordando la nostra tradizione e precisamente
come quando ai tempi della Riforma Fondiaria, gli Agricoltori scoprendo il passaporto e di conseguenza la
libertà di lasciare la loro terra, iniziarono la migrazione senza rendersi conto che questa era forse una finta
libertà.
La ricerca di una condizione paritaria, come quella che ricercano le “teste pensanti “ che scoprono la libertà del mercato, che dove è aperto e libero, recupera il valore della competenza , abbandonando qualsiasi
logica di appartenenza
L’integrazione diventa quindi, una necessaria capacità di dialogo aperto e di rapporto con le condizioni
di genere, in termini di pari opportunità, disagio, immigrazione, che possono sviluppare valore aggiunto
e positivo alla cultura di impresa, orientata al profitto ma anche ad una economia di qualità, intesa non
come bollino, ma come “atteggiamento imprenditoriale” in grado di dare attenzione alle politiche di genere, all’ambiente, alla stabilizzazione delle risorse umane ed alla qualificazione professionale mirate a
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fornire indicatori precisi e di facile lettura.
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Il valore di una idea di sviluppo così pensata è proprio nella capacità di fare rete, trasferire esperienza,
scambiare in modo concreto opportunità.
L’opportunità diventa una condizione importante per lo sviluppo.
Scegliere di restare ed essere imprenditori di se stessi in una piccola regione del Mediterraneo significa
credere nel potere di attrazione che ha la Regione Basilicata e nella capacità di proporsi ai mercati, con
strumenti di programmazione, iniziative tese a valorizzare le risorse umane, molto spesso qualificate e in
grado di occupare posizioni di riguardo all’interno di aziende, oltre che promuovere iniziative imprenditoriali volte a rendere dinamico il mercato della Basilicata.
Proprio questa condizione obbliga tutti, giovani e amministratori, a passare dalla “cultura della appartenenza” a quella della “competenza”.
Investire nei giovani e nella piccola e media impresa significa anche costruire un “patto di lealtà” dove ogni
misura a supporto dello sviluppo deve di fatto incentivare la motivazione dei giovani ad investire.
Investire significa dedicare tempo, entusiasmo, capitali, idee, alla costruzione di iniziative mirate a creare
una economia indotta che porti sviluppo, occupazione, apertura ai mercati, rinnovamento culturale.
Cambiare la cultura e l’atteggiamento imprenditoriale è la scommessa di tutti, come incentivare un approccio diverso all’utilizzo delle risorse.
Infatti, da un punto di vista quantitativo, le ingenti risorse destinate a misure nel supporto ai giovani , danno
una leva di sviluppo da non sottovalutare.
Da qui il plauso al coraggio di investire nelle giovani generazioni.
Dall’altro questo deve essere “strumento di libertà”, teso non a far apparire, ma a far sviluppare la capacità
di presentarsi ed essere protagonisti in una regione , dove il futuro delle generazioni, non deve essere il
disegno di un identità astratta o di una rete di interessi, ma la somma delle capacità e della voglia di far
bene dei tanti “piccoli uomini” e delle “sagge esperienze di donne”, che da sempre rendono la terra lucana
affascinante e ricca di opportunità.
Sono le storie di uomini e donne che indicano la strada giusta per crescere.
A questo fervore bisogna garantire il futuro e preservare le giovani generazioni, perché l’imprenditore del
nostro tempo non deve essere il “possessore di partita IVA”, che in attesa di un posto pubblico, prende e
sfrutta una legge, gli incentivi e poi fallisce nel suo progetto di impresa, favorendo solo il popolo dei consulenti di impresa o ancor meglio dei “consiglieri d’impresa“, che va assolutamente isolato e allontanato dal
mondo dell’Impresa.
Bisogna con forza ridare dignità alle persone.
Ogni mattina proprio i piccoli imprenditori sono quelli che animano il mercato libero, iniziando sin dalle
prime ore della giornata a costruire economia sul territorio, ed essendo queste imprese, vere, in una logica
di mercato, devono avere ed ottenere rispetto dalla società civile, non essere sempre viste come “ faccendiere“, avere la possibilità di tenere una “reputazione integra” , pur in presenza di un fallimento.
Il vero imprenditore è quello che nel silenzio della sua coscienza affronta il successo della sua intrapresa “rendendo disponibile il rendimento della sua iniziativa“, attraverso il miglioramento della condizione
dell’impresa, investendo sulle risorse umane, sulle ricadute sociali del proprio produrre, come l’imprenditore
(nel caso in cui sia in difficoltà) non deve essere un “macchiato “ indelebilmente segnato .
Oggi “Basilea” lo anagrafa nettamente, rendendolo debole spesso e preda di quell’accesso al credito che
genera con il suo diniego“utenti”, del bacino potenziale dell’usura.
Perchè vincerla significa far accedere al credito chi è in difficoltà, consentendogli di dichiarare il disagio, di
avere credito da con dignità e far si che sia congruo e accessibile il costo del denaro.
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Questo è il “Patto di lealtà” da generare.
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Bisogna impedire che i veri “inoccupati “ diventino le PMI , impedire che si perda il valore competitivo del
loro saper fare, consumato dalla quotidiana ricerca di una soluzione alla sopravvivenza.
Basti pensare che il Sud, spesso, è pensato come semplice posizione geografica, e se pur vero, nessuno la
associa al complesso tema del mezzogiorno che è un reale “tallone di achille” nella restituzione di identità
economica di una azienda, perché la marchia come azienda di fascia B; spesso è facile pensare così.
Ecco perché serve un cambiamento che porti la dignità di sentirsi tutti ugualmente imprenditori del paese
Italia, pensare che la condizione geografica , con il cambiamento dei “punti cardinali”, collegati all’ingresso
in Europa, che delineano un “nuovo nord , un centro ricco e trasversale ed un sud baricentrico con il
mediterraneo”, renda tutti consapevoli che è giunto il tempo del rispetto e del recupero dell’impresa che
propone un prodotto, propone una capacità di fare un mestiere, una intrapresa.
Ovvero è il tempo di chiudere con la semplice idea che impresa al sud significhi esclusivamente delocalizzazione e diversificazione.
Bisogna creare le condizioni affinché le imprese, le giovani generazioni, quelle “teste pensanti”, possano
tradurre il sapere, il saper fare in interventi imprenditoriali.
La dignità è dare la possibilità all’intrapresa di presentarsi sul mercato, di avere la libertà di fallire e poter
ripartire, fare di un possibile incaglio, l’ esperienza su cui crescere e non la “truffa” su cui portare a casa una
fortuna.
Bisogna avere rispetto di chi si presenta così come è, con i suoi problemi e la sua reputazione, non solo con
una congrua documentazione per l’accesso al merito creditizio.
Fare Banca, come un tempo, significa far economia e accesso al mercato, perché dove anche il valore del
rapporto umano è considerato fondante per l’instaurazione di un rapporto fiduciario, si superano spesso
condizioni ostili, sempre nel rispetto reciproco dei ruoli .
Quest’impresa deve essere allontanata dall’immaginario di una società che relega l’imprenditore nella sfera
degli “invidiati sociali”, e recuperare quel rapporto e quel valore dell’”etica di impresa”.
Solo così anche il concetto di integrazione, tra generazioni diverse, imprenditori e imprenditrici, culture
diverse, diversabilità, potranno essere realmente compatibili e leve di crescita sociale ed imprenditoriale.
Bisogna semplificare procedure, burocrazia e pretendere dalle imprese correttezza e puntualità nella partecipazione fiscale, perché poche tasse in termini quantitativi, se pur impegnative, sono programmabili, gestibili e sicuramente dovute, ma al contrario se si continua a pesare sull’economia di una azienda per quasi
il 50%, aggiungendo il costo del denaro, rende inaccessibile ogni competizione, ed il “ made in italy” diventa
“il sogno italiano del tempo che fu”.
Bisogna recuperare sul tema della competitività reale dove il “made in italy” non è uno slogan, ma un
vero atteggiamento di storie di impresa trasmesse nel tempo, con innovazione, ricerca e applicazioni di
nuove strategie, che portano anche verso l’internazionalizzazione.
Per coniugare, però, questo fervore e l’incentivazione a restare, con le difficoltà collegate ad un isolamento
storico di una piccola regione con il resto del territorio nazionale, europeo, con il bacino del mediterraneo,
bisogna affiancare alle ingenti risorse ingenti misure di comunicazione e promozione.
Questo perché creare diventa nella fase dell’entusiasmo una vocazione naturale, ma successivamente,
l’affiancamento, il monitoraggio degli indicatori di impatto e sviluppo, la ovvia integrazione tra le misure di
incentivazione e l’apertura o la creazione dei mercati diventa la condizione necessaria per restare.
Essere piccolo imprenditore significa conoscere il sacrificio del fare ed avere l’ambizione di creare qualcosa
di grande dove i risultati sono il frutto di una costante interazione tra istituzioni, società e mercato.
In questa ottica le misure del Governo nazionale, la giusta apertura sulla liberalizzazione, la programmazione legata allo sviluppo che vede il Sud chiave di impatto tra la forza economica del bacino del Mediterraneo e le prospettive di una Europa ormai allargata e non solo in termini territoriali, ma su tutto di opportunità, diventano una forte leva incentivante che non può e non deve far venire meno la voglia di investire
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nel Sud.
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Investire nella Basilicata significa anche dare fiducia a tutti coloro che amministrano le Pubbliche Amministrazioni regionali, sia di maggioranza che di opposizione; allo sforzo messo in campo per elaborare
strumenti e proposte finalizzate a dare ai giovani una opportunità per crescere.
Al contrario bisogna condannare e allontanare quella politica sociale all’interno di ogni Rappresentanza
dello Stato, intesa non come “partitica”, ma come “responsabilità sociale” ed impegno civile, che mira alla
gestione a vario livello e in tutte le forme ipotizzabili, a mettere in crisi quella libertà delle” teste pensanti
e delle giovani generazioni all’intrapresa”, perché la libertà di essere è proprio quella capacità di sviluppare
concretamente il proprio progetto di vita e sapere che il contesto economico, sociale, culturale è attento
a recepire l’innovazione, la crescita, lo sviluppo, come leve competitive, non al contrario a demonizzare la
stessa intrapresa, come spesso accade, identificandola come rivalsa sociale.
Se questa politica sociale, vuole veramente essere protagonista del futuro, deve dimostrare che ha la capacità di riconoscere meriti a chi lavora, produce, sviluppa opportunità, creando le condizioni affinchè si
crei mercato, infrastrutture, reputazione e credibilità sul territorio.
Invece deve allontanare il clientelismo e la diffusa dipendenza dalla Pubblica Amministrazione; bisogna
riequilibrare la bilancia se si vuol davvero cambiare marcia.
Questo “piccolo sforzo sociale“ servirebbe a modificare la tendenza ed a portare l’attenzione al futuro di
chi vuol restare.
Ma per arrivare ad un significativo risultato, bisogna avere la forza di rinnovare il metodo, far crescere la
mentalità di tutti e la”politica sociale” prima richiamata, deve dare un segnale forte di rinnovamento e
trasparenza, far sentire liberi tutti di poter essere e crescere, non sentire di appartenere per avere, bensì
partecipare per avere la garanzia di una libertà di vivere nella propria terra, poter raggiungere il proprio
progetto di vita superare, con le capacità le difficoltà, non dedicare tempo alla raccolta di consensi diversi
che portano l’incapacità a decidere del futuro, e questo farebbe fallire tutti e tutto.
Questo deve essere, però, sempre affiancato al costante rapporto con l’Università di Basilicata che deve
continuare a consolidare il suo ruolo sul territorio, al rapporto con le aziende e con le piccole e medie
imprese, perché orientarsi al mercato significa ascoltare l’impresa e per ascoltare bisogna avere la capacità
di costruire giornalmente momenti di dialogo, per lo sviluppo di una costante sinergia tra analisi dei fabbisogni delle aziende ed interventi di programmazione.
Sviluppo, significa anche sacrificio e desiderio di concertare, per riequilibrare le diverse aree della nostra
regione, aprirle, trasferire e far circolare opportunità.
Modificare la cultura “dell’invidia sociale” in esperienza a cui guardare, da cui apprendere il caso di studio
e gli strumenti utilizzati per far bene, perché ragionare in termini imprenditoriali di sviluppo significa
fare rete e sistema, ed ogni rete ha bisogno delle sue certezze per trasmettere fiducia, voglia di fare e ricchezza.
A CHI SI RIVOLGE
Sotto questo auspicio, quello dei giovani attenti alla cultura del fare e scegliere di restare, la scommessa
del laboratorio per la sottoscrizione di un “patto di lealtà “ da portare all’attenzione dei decisori Nazionali
e regionali per dichiarare una nuova forma di consenso,quella delle Soluzioni per lo sviluppo del mercato
del lavoro, dell’intrapresa e sviluppo delle PMI e della Dignità di accesso al credito, una sfida per segnare la
fine di un’epoca,quella dei “rating”, una formula esclusiva di “esclusione sociale” , sviluppata per tutelare gli
interessi di chi fa del credito una occasione di speculazione.
La dignità di accedere al credito è un segno di civiltà a cui non si può sottrarre la costruzione di un patto
di lealtà.
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>> La scommessa è così semplificabile:
sviluppare misure rivolte a chi deve creare, ma su tutto iniziare a pensare a chi esiste e motivarlo nel
continuare, rinnovarsi, innovare, proporre stabilizzazione e consolidamento.
Significa creare una misura specifica per lo sviluppo di imprenditorialità in tutti i settori di attività economica, ed una specifica linea di interventi concreti per favorire l’accesso al credito, direttamente condivisi
con il sistema del credito.
Il risultato sarebbe sorprendente, perchè si farebbe economia (favorendo la diminuzione dei concordati
preventivi o dei fallimenti aziendali), si eviterebbe la pressione del costo del denaro ormai elevatissima
a prescindere dalle note congiunturali collegate al PIL a cui vale la pena guardare con giusto spirito di
concertazione, ma a cui contrapporre forte un valore nominale ed un potere di acquisto dell’euro sempre
minore rispetto a quello dei beni, anche di prima necessità, con la conseguente perdita di peso della stessa
moneta rispetto ai mercati ed al sistema di consumo.
Si renderebbero le imprese, così, sane e monitorate e si consentirebbe loro di dare un valore alla propria
capacità di fare impresa ed essere innovatori e sviluppatori di economia sul territorio, piuttosto che perdere
il tempo a produrre documentazioni a corredo che di fatto servono a garantire un sistema creditizio, che fa
lauti guadagni sulla concessione del credito , per poi chiedere alle imprese le garanzie reali, e spesso far si
che le famiglie di tanti giovani ipotechino anche i sacrifici di una vita.
È una scommessa di chi vuole avere coraggio, rompere la catena degli interessi economici e schierarsi
con i giovani e con chi non vuol dir “buongiorno” a testa bassa ad un funzionario che spesso “vende solo
il denaro”, parlando dei sacrifici e delle idee altrui con scarsa sensibilità e capacità di analisi, dicendo che il
progetto è serio e va aiutato, solo per forma, mai per sostanza.
Coraggio significa creare una misura che aiuti queste imprese;
crederci significa togliere tanti disoccupati dalla strada, obbligando tutti a pagar sicuramente le tasse e
versare il giusto, ma anche operare per evitare forme di fuga dei giovani.
Si tratta di lavorare proprio con questo concorso di idee per normarlo tecnicamente e di dare ai giovani
un modo per credere nella loro terra, sentirsi ascoltati e su tutto dimostrare che qualcuno pensa alle loro
difficoltà.
Noi dobbiamo educare tutti al corretto uso delle risorse, chiederle solo se realmente servono, non per
renderle opportunità per i “consiglieri di impresa”.
Bisogna intervenire su queste imprese, perchè molte teste pensanti che hanno difficoltà economiche, alla
fine se ne andranno e per una nuova leva che si crea, ci notificheremo una mortalità imprenditoriale contrapposta, che bilancia inesorabilmente il dato di partenza, ovvero nulla cambia.
OBIETTIVI
Questo “concept” è sviluppato per far si che si crei un fervore culturale che sviluppi una iniziativa sulla seguente linea di azione:
1. fornire alle imprese una garanzia reale sul capitale e sugli interessi per consolidamento debiti e superamento della sottocapitalizzazione a fronte di un progetto di valorizzazione del Know How, delle risorse
umane, delle crisi aziendali,dell’accesso al credito, della lotta all’usura. In pratica si adotta un problema di
impresa in cambio dell’intrapresa di una esperienza a ricaduta concreta sul territorio per generare economia reale,risolvendo un problema,l’accesso al credito e facendo rendere il capitale.
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2. l’impresa si impegna a garantire per gli anni di contrazione della garanzia (oltre che onorare gli impegni economici derivanti), sul territorio anche una azione di insediamento di sede operativa, una produzione di iniziative ad economia indotta, capaci di sviluppare prodotti e ricadute concrete, affiancando risorse
umane dell’area in una logica di trasferimento di competenze per favorire la nascita o l’implementazione
di impresa,la circolarità di numero di utenti in grado di supportare l’economia derivante,la possibilità di far
crescere partnenariati attivi
3. l’intervento deve essere rivolto a tutte le imprese operanti sul territorio regionale prioritariamente
nei settori dei servizi, del commercio, della formazione, del turismo, della cultura, dell’artigianato artistico,
del tempo libero; fornire delle garanzie in forma similare agli “eurobond” ;
4. destinare del capitale alle imprese per consentir loro di operare, aver chiesto alle banche interessi
in linea con una modalità convenzionale derivante dalla rinuncia di alcuni punti percentuali sul tasso di
interesse che le somme appostate sulla banca a garanzia maturano;
5. creare un fondo rotativo auto-alimentato da rientri ed interessi a supporto delle imprese, gestito
con le banche che consentono aperture di finestre di volta in volta, ovviamente il fondo può anche essere
integrato.
E’ una esperienza da “prima pagina di giornale” per innovazione e creazione di reali risposte alla crisi di
mercato e su tutto dimostrazione della “fine della logica del fondo perduto” tutt’altro,aiuto e sostegno, ma
rimborso totale delle somme e solo capacità di fare mercato.
L’impresa deve pagare i propri debiti e rispondere delle proprie scelte
6. costituire un comitato paritario tra banche e imprese per monitorare i risultati dei soggetti beneficiari,
misurare il rendimento delle azioni, collaborare tra di loro per lo sviluppo di una cultura dell’integrazione,
ovvero le imprese devono rilevare subito eventuali difficoltà di alcuni beneficiari sia per motivi di difficoltà reali che di eventuali frodi, segnalarla in una logica di autotutela. Lo strumento non è un prestito di
denaro,non è un contributo, non è una forma di colonizzazione. E’ una espressa manifestazione di investimento sul sapere delle imprese e sulla capacità di creare sviluppo locale reale, non analisi di facciata
7. le imprese devono generare economia, ovvero collaborare con i territori per creare “appeal del territorio”, perché l’aumento dei numeri degli utenti e dei fruitori del territorio aumenta le richieste e quindi economia indotta. Qualora l’impresa venga meno agli impegni per evidente negligenza o volontà,si
provvederà alla revoca dei benefici derivanti,nei termini di garantire sempre il benefico della garanzia, ma si
rinegozia la tipologia di intervento sul tasso di interesse e autorizza la banca ad applicare un tasso dichiarato massimo nel bando, che è retroattivo, in quanto l’inadempienza dell’impresa è causa di una perdita da
parte del territorio di appel. Ovviamente, bisogna normare anche questo aspetto, perché il comune deve
avere certezza della revocatoria per tramite di perizie di parte similari a quelle dei tribunali, non può agire
in una “logica di strozzinaggio”finalizzato a tener le imprese con la fune per ottenere altri tipi di benefici.
8. soluzioni concrete perché si calibrano le risorse, superamento della discrezionalità delle banche, pieno
riconoscimento alle imprese di candidatura, creazione di una commissione di valutazione che tenga conto
delle imprese, degli istituti di credito e dei consorzi di garanzia, delle associazioni di categoria, ma su tutto
della dignità delle persone.
La modalità di stesura del documento finale a cui ispirare il “patto di lealtà” è quella laboratoriale, diviso
sempre per “proposte“ e “adozioni”, attraverso una metodologia degli incontri focus group, che mirano
a rendere metodologica la restituzione dei fabbisogni per consentire un incontro concreto tra decisori e le
tante esperienze e storie del territorio, per arrivare alla sottoscrizione di protocollo che sia utile a scrivere
una “Carta dello sviluppo e del mercato del Lavoro” a cui far riferimento per la scelta di una azione concreta
di tutela delle risorse e delle esperienze imprenditoriali del territorio.
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Il ruolo di chi decide di “adottare” le “proposte” è altresì straordinario, perché le porta ad avere degli stakeevents
holder a difesa delle soluzioni e della propria dignità, di proporsi , sapendo di poter contare sull’autorevolezza
della competenza e del ruolo di chi immagina che la rappresentanza sia anche una occasione di tutela
del futuro, quello di vivere il proprio territorio.