Ragioni e impatto di Valentina Pinna Funzionario delegato presso l’ufficio Unioncamere Lombardia a Bruxelles. L’imminente allargamento, pur non essendo il primo per l’UE, differisce molto da quelli precedenti sia in termini quantitativi che qualitativi. Innanzitutto il gruppo di Paesi candidati è molto più cospicuo rispetto al passato. In secondo luogo, questi Paesi possiedono delle differenze sostanziali rispetto agli attuali Stati membri: da un lato, sono molto più poveri, e dall’altro, hanno solo una breve esperienza con l’economia di mercato e con la democrazia parlamentare. Questo rende l’attuale allargamento più complicato dei precedenti ed implica, oltre agli adattamenti istituzionali in seno all’UE, anche dei costi per i Paesi candidati e per gli attuali Stati membri. Esaminando le ragioni che hanno indotto ad intraprendere la strada dell’ampliamento, osserviamo che, sia all’est che all’ovest, l’allargamento è associato ad un’attesa di sviluppo economico e di stabilità politica. Ma non solo. Esistono anche altre motivazioni legate, per esempio, all’esigenza di tutela dell’ambiente e alla stabilizzazione democratica, ma le ragioni più importanti, sono sicuramente quelle di tipo politico ed economico. L’allargamento è visto come uno strumento per rafforzare la crescita economica e per assicurare delle relazioni pacifiche in Europa. La motivazione più evidente è d’ordine strategico ed implica dei vantaggi legati ad una visione dell’integrazione che possa garantire una maggiore sicurezza europea. Così l’idea di pacificare e dare stabilità all’Europa centro orientale è diventata dominante nell’UE ed ha permesso di sviluppare un concetto regionale globale d’integrazione e sviluppo. Ci si è resi conto che i problemi di questa parte dell’Europa sono anche i problemi dell’intero continente e si è arrivati alla conclusione che l’allargamento è il solo mezzo per condurre una politica di prevenzione dei conflitti e di stabilità a lungo temine. Il rispetto dei criteri di Copenaghen permetterà all’Unione allargata di contare su una solida base democratica e su regole di diritto, indispensabili per la pace e la stabilità. Questi benefici d’ordine politico dovrebbero confermare il successo del modello d’integrazione pacifica e volontaria e porre le basi per un ruolo politico mondiale dell’UE. Le motivazioni economiche dell’allargamento sono più evidenti. Si tratta di un allargamento del mercato unico europeo che ingloberà 100 milioni di nuovi consumatori con redditi in crescita. Gli economisti prevedono un aumento degli scambi commerciali e delle esportazioni nei due sensi. Secondo gli studi d’impatto effettuati da Richard E. Baldwin(1), tutti i Paesi europei avranno dei vantaggi da quest’allargamento del mercato unico, anche se in misura diversa. I nuovi Stati membri guadagneranno maggiormente rispetto ai vecchi membri. Tra questi ultimi, la maggior parte dei benefici sarà riservata a tre Paesi: la Germania che guadagnerà più di tutti, circa due terzi dell’ammontare complessivo(2), seguita dalla Francia e dal Regno Unito. L’Italia dovrebbe guadagnarci, ma in misura inferiore. Soltanto il Portogallo potrebbe subire qualche perdita legata all’industria tessile, ma questo sarebbe compensato dal fatto che il Paese sarebbe meno esposto alla concorrenza dei PECO in altri settori. Gli effetti dell’allargamento sull’economia italiana Dall’esame dell’impatto dell’allargamento sulla struttura economica italiana, M. Grassini(3) conclude che alcuni settori andranno meglio di altri che subiranno gli effetti negativi dell’ampliamento. In particolare, la riduzione dei prezzi delle importazioni di prodotti agricoli e agroalimentari, causerà una temporanea perdita della competitività del settore latticini e prodotti freschi. Ma allo stesso tempo, il calo dei prezzi all’importazione dovrebbe ridurre la crescita dei prezzi interni, visto che i prodotti lavorati internamente dovrebbero diventare più competitivi, e quindi, le esportazioni dovrebbero crescere. L’industria manifatturiera non dovrebbe essere toccata dall’allargamento, anzi: è prevista un’espansione relativamente importante dei macchinari industriali per l’agricoltura, degli elettrodomestici, dei veicoli a motore e dei prodotti metallurgici. Solo l’industria alimentare e quella del tabacco potrebbero subire delle conseguenze e perdere la loro importanza relativa nella struttura economica italiana. Rischi e benefici per i Paesi candidati Con l’allargamento, il Mercato Unico europeo diventerà il più gran mercato mondiale e permetterà di aumentare l’importanza dell’UE sulla scena economica internazionale e sul mercato globale. Sono previste delle grandi prospettive di crescita economica grazie alla possibilità di profittare delle economie di scala e dell’attrazione degli investimenti economici, in particolare nel settore industriale, dei trasporti, dell’energia e delle telecomunicazioni. Inoltre, l’armonizzazione della legislazione, il mutuo riconoscimento degli standards dei prodotti e l’eliminazione dei costi del controllo alle frontiere dovrebbe permettere di ridurre i costi di transazione. Oltre agli effetti precedentemente descritti, validi sia all’est che all’ovest, l’allargamento implica dei vantaggi economici specifici per i Paesi candidati. Questi benefici sono di due ordini. Da un lato, i futuri Stati membri saranno beneficiari netti, grazie alle risorse finanziarie provenienti dai Fondi regionali e di coesione, oltre ai capitali messi a disposizione da BEI, FEI ed altre istituzioni economiche internazionali. Dall’altro, l’adesione all’UE dovrebbe produrre un’accelerazione della crescita grazie agli Investimenti Esteri Diretti e permettere una riduzione delle disparità, nel corso di qualche decennio. Gli economisti hanno stimato che i nuovi membri avranno una crescita media annua superiore di almeno due punti a quella dei vecchi membri che, nel migliore dei casi, potrebbero arrivare al 5%. Questo offre, anche per l’Italia, delle grandi opportunità d’investimento e di trasferimento di know how verso i Paesi candidati. Ma per far questo, bisogna arrivare preparati ed essere capaci di competere in modo valido con gli altri Stati membri. Bisogna cercare, sin d’ora, di instaurare solidi ed affidabili rapporti di collaborazione con i Paesi candidati ed in particolare delle alleanze tra PMI dei due fronti. Il Progetto pilota sull’allargamento e la questione delle zone di confine Per questa ragione, il sistema camerale lombardo, sin dalla fine del 2001, tramite l’ufficio di Bruxelles di Unioncamere Lombardia, ha seguito con particolare attenzione le opportunità che potevano essere offerte dal progetto pilota sull’allargamento, di cui si era fatto promotore l’On. Pittella. Nato per permettere a tutte le PMI di prepararsi ad affrontare l’impatto dell’allargamento, ha poi avuto una sorte poco chiara. Doveva essere gestito da due direzioni generali, la DG Imprese e la DG Allargamento (rispettivamente 7,5 e 2,5 milioni di euro). Dopo aver impostato un primo schema d’esecuzione, che coinvolgeva gli Euro Info Centre di tutta Europa, quale collegamento tra le PMI di Stati membri e quelle dei Paesi candidati, la DG impresa, ha sollevato diversi problemi e, alla fine, ha “rinunciato” all’esecuzione del progetto “delegando” alla DG Allargamento l’esecuzione dell’intera somma. Probabilmente “è mancata la volontà d’attuazione da parte della DG Imprese”, che ha sollevato come pretesto il fatto che il progetto prevedeva fondi solo per le spese operative e non anche per le spese amministrative che gli EIC avrebbero dovuto affrontare per attuare il programma. Il problema è stato quindi sottoposto al servizio giuridico della Commissione che ha deciso di assegnare i 2,5 milioni di euro non spesi dalla DG Imprese, alla DG Allargamento. La DG Allargamento ha speso l’intera somma a beneficio delle zone di confine. I principali beneficiari sono stati Germania, Austria ed in misura minima le altre zone di confine italiane, greche e finlandesi. Grazie ai precedenti, il progetto ha poi cambiato denominazione nel corso del 2002 (“progetto pilota sull’impatto dell’allargamento per le regioni di confine”) ed ha avuto un budget potenziato (20 milioni di euro). In questo contesto, l’ufficio di Unioncamere Lombardia si è fatto promotore di un coordinamento degli uffici camerali presenti a Bruxelles e si è adoperato assiduamente, per cercare di far capire che l’impatto dell’allargamento non sarà limitato alle sole zone di confine. Anche le zone con forti potenzialità d’investimento e suscettibili di attrarre grossi flussi migratori avrebbero dovuto essere eleggibili a partecipare al progetto, per consentire alle PMI di prepararsi adeguatamente a cogliere le sfide e le opportunità che l’allargamento avrebbe comportato. In seguito al colloquio con Helmuth Lohan, capo unità della Direzione D04, presso la DG Allargamento, e responsabile dell’esecuzione del progetto, si è redatta una nota che esaminava attentamente le indicazioni del PE riguardanti le finalità dello stanziamento. Sono state formulate delle osservazioni finalizzate alla modifica delle zone eleggibili, ma nonostante la disponibilità del funzionario, non è stato possibile ottenere una diversa interpretazione nell’individuazione geografica di queste aree. Numerosi sono stati i contatti con diversi europarlamentari, per creare una base di consenso attorno alla posizione difesa dall’On. Pittella. Vista l’impossibilità di far ampliare il concetto di regione di confine, il relatore generale del bilancio ha consigliato di lanciare un nuovo progetto pilota aperto alle PMI di tutti gli Stati membri, secondo lo spirito originale del progetto proposto da Pittella. La proposta è stata approvata a Strasburgo, durante la sessione plenaria di ottobre del Parlamento europeo. Per il 2003 si disporrà, quindi, di un nuovo importante strumento, da sfruttare al massimo per non farsi cogliere impreparati. Si potranno ammortizzare eventuali ripercussioni negative legate all’ampliamento preparando gli operatori dei settori economici che ne subiranno maggiormente i costi sociali ed economici. Sono previsti programmi di cooperazione transfrontaliera, eventi di business e la creazione di reti tra PMI degli attuali Stati membri, dei Paesi candidati (area Phare) e degli altri Paesi confinanti con l’Unione allargata (area Tacis(4), Cards(5) e Meda(6)). Queste partnership saranno basate su azioni concrete da realizzare tramite organizzazioni imprenditoriali, Camere di Commercio, Agenzie regionali di sviluppo ed altre autorità locali responsabili del supporto alle PMI. Tali attori forniranno un supporto allo sviluppo delle PMI, faciliteranno il flusso di informazione, permetteranno la creazione di opportunità di business. In tal modo si cercherà di migliorare la capacità delle PMI di reagire e di profittare al meglio delle opportunità che si apriranno a seguito del processo d’allargamento. Ma è importante tener presente una cosa: sarà necessario porre solide basi per competere validamente con gli altri Stati membri. Note 1. Baldwin R. e altri, 1997, The Costs and Benefits of Eastern Enlargement: the Impact on the EU and Central Europe, Economic Policy, vol. 24, April 1997, pp. 127-176. 2. Baldwin stima i benefici totali pari a 10 miliardi di euro per i 15 Stati membri di cui due terzi sarebbero per i Germania, Francia e Regno Unito. La Germania da sola dovrebbe beneficiare di circa un terzo del guadagno totale. 3. Maurizio Grassini ed altri, Eastern Enlargement of the EU: Economic Costs and Benefits for the EU Present Member States? The Italian Case, Study BUDG/B1/0001 - Final report - 10 dicembre 2001. 4. Paesi dell’ex Unione Sovietica. 5. Paesi Balcanici. 6. Paesi mediterranei del Nord Africa.