LASTAMPA MERCOLEDÌ 27 MAGGIO 2009 TuttoScienze 27 Gli spericolati signori dei neuroni Neuroscienze. Test a Stanford e San Francisco: si usano raggi di fotoni per alterare le informazioni nel cervello “Condizioniamo anche i centri del piacere: è la strada per sconfiggere il Parkinson e le dipendenze dalla droga” PAOLA MARIANO Ecco una scoperta che piacerà agli amanti del «multitasking» - l’eseguire più compiti in contemporanea - non rassegnati al fatto che il cervello rallenta, e a volte si inceppa, se si impegna su troppe cose allo stesso tempo: i colpi di luce «sparati» sui neuroni migliorano l'efficienza di elaborazione dei dati. Così, un giorno, potrebbe bastare un banale dispositivo wireless portatile che invia raggi luminosi per diventare un po’ più intelligenti, quando se ne sente il bisogno. Un primo «prototipo» è Chi è Deisseroth Biochimico e Neuroscienziato RUOLO: E’ PROFESSORE DI BIOINGEGNERIA E SCIENZE COMPORTAMENTALI ALLA STANFORD UNIVERSITY - USA IL SITO: WWW.STANFORD. EDU/GROUP/DLAB/ già stato sperimentato su alcuni topolini e le ricerche pubblicate sulle riviste «Science» e «Nature» da due team Usa, uno dei quali guidato da uno scienziato italiano. I neuroscienziati hanno dimostrato che i fotoni, diretti in modo selettivo, permettono di modulare il flusso di informazioni, mentre altri, inviati su altri neuroni, consentono di condizionare comportamenti specifici. Tutto è stato reso possibile dall’invenzione di una tecnica - l’«optogenetica» - che rende le cellule cerebrali fotosensibili e permette di manovrarle a colpi di luce di intensità variabile. Il team di Karl Deisseroth della Stanford University, California, ha testato il metodo sui neuroni che producono parvalbumina, arrivando così a una seconda scoperta: sono i «timonieri» del cervello, in quanto producono onde gamma, quelle che danno il ritmo a tutti gli altri neuroni, proprio come nel canottaggio un membro della squadra scandisce i tempi di remata dei compagni. L'altra ricerca, guidata dall'italiano Antonello Bonci dell'Università di San Francisco, ha avuto invece come bersaglio i neuroni dopaminergici, che controllano la risposta a stimoli piacevoli, ne memorizzano la provenienza e mediano anche la ricerca di nuove esperienze appaganti. Bonci, negli Usa dal ‘98, dove è arrivato dopo una laurea in medicina all'Università Cattolica di Roma e la specializzazione in Neurologia all'ateneo di Tor Vergata, li ha stimolati con la luce, condizionando le reazioni di alcuni topolini. La tecnica di controllo è stata battezzata optogenetica, perché si compone di due ingegnosi sistemi, uno ottico e uno basato sull’ingegneria genetica: il segreto sta nell’aver inserito nel Dna dei neuroni che si vogliono controllare la proteina fotosensibile di un’alga, la canale-rodopsina 2. Il gruppo di Bonci, in particolare, ha osservato un fenomeno significativo: più intensamente sono stimo- lati i neuroni e più dopamina producono e questa «secrezione» si accompagna a differenti comportamenti dei topi in cerca di stimoli piacevoli. Anche in questo caso la scoperta è duplice. «Grazie al nostro studio, infatti, per la prima volta abbiamo ottenuto anche l'evidenza diretta che ondate di dopamina rilasciate nel cervello causano variazioni significative nelle azioni - spiega Bonci -. Ne consegue che, manipolando i ritmi di attività di queste cellule, potremo pensare a una molteplicità di azioni». Questa stimolazione selettiva - aggiunge - «è di per sé un passo avanti enorme in confronto alle ormai vecchie tecniche di stimolazione cerebrale, come la “deep brain stimulation”, vale a dire la stimolazione profonda, che richiede l'impianto di elettrodi e che oggi viene utilizzata nella cura del Parkinson e di altre malattie neurologiche». L'optogenetica potrebbe sostituire questo metodo ancora «indiscriminato» con una logica molto più «intelligente». E non solo. Un’altra possibilità è legata alla neutralizzazione di molte dipendenze, dall’alcol e dalla droga, cancellando con rilasci controllati di dopamina la sindrome acuta di astinenza, mentre si pensa di riuscire a controllare anche il comportamento delle onde gamma, distorto in malattie come l’autismo e la schizofrenia, riportandolo così alla normalità. Come condizionare il pensiero L’ESPERIMENTO LA TECNICA Karl Deisseroth nel laboratorio di Stanford I neuroni vengono «accesi» dai raggi di fotoni GLI EFFETTI Si alterano i flussi di informazioni nel cervello della cavia GLI SCENARI La stimolazione selettiva potrà essere usata nella cura delle malattie neurologiche Le montagne russe delle Borse si specchiano nelle onde cerebrali CAMILLO PADOA-SCHIOPPA WASHINGTON UNIVERSITY - ST.LOUIS Una questione fondamentale in neuroeconomia è se la neuroscienza possa dare un contributo alla teoria economica. In termini epistemologici la mia risposta è affermativa e la tesi segue da un semplice sillogismo. Tra economia, psicologia e neuroscienza esiste un ménage à trois. Sono scienze naturali che studiano rispettivamente il comportamento di scelta, il pensiero e il cervello. Chi è Padoa-Schioppa Neuroscienziato RUOLO: E’ RICERCATORE AL DIPARTIMENTO DI ANATOMIA E NEUROBIOLOGIA DELLA WASHINGTON UNIVERSITY - USA RICERCHE: PROCESSI DECISIONALI ED ECONOMICI Le premesse del sillogismo sono: (1) informazioni sui meccanismi cerebrali possono migliorare le teorie psicologiche (la neuroscienza può contribuire alla psicologia) e (2) nozioni sui processi cognitivi possono generare modelli economici più accurati (la psicologia può contribuire all'economia). Ne segue che informazioni sul cervello possono contribuire a modelli economici. Questa è però una affermazione di principio; se tale contributo effettivamen- te verrà, è una domanda empirica alla quale è oggi prematuro rispondere. Economia e psicologia. Citerò alcuni fatti a supporto delle due premesse. Il rapporto tra economia e psicologia è cambiato nel tempo. Gli economisti dell'Ottocento si interessavano tanto della Ricchezza delle nazioni quanto della Teoria dei sentimenti morali (le due opere di A. Smith). Nel corso dei decenni, però, la teoria economica si è affrancata dai concetti di valore soggettivo, piacere e dolore. A partire dagli Anni 30 l'economia si fonda sulle preferenze rivelate; importano solo le scelte e non i motivi che le generano. In questo senso l'economia neoclassica abbraccia il behaviorismo, teoria psicologica secondo la quale i comportamenti sono dovuti a fattori esterni all'individuo. In psicologia, d'altra parte, il behaviorismo è oggi largamente superato. E' quindi lecito chiedersi se una teoria economica fondata su modelli cognitivi più moderni porterebbe a previsioni economiche più accurate. In effetti, diversi modelli sviluppati negli ultimi decenni, per esempio la Prospect Theory di Kahneman e Tversky, usano concetti di psicologia cognitiva per spiegare scelte economiche che per la teoria neoclassica Come governare le decisioni di fronte alla globalizzazione? sono anomale. Ciò mostra che la psicologia può certamente contribuire all'economia. Psicologia e neuroscienze. Dato l'entusiasmo per le tecnologie di neuroimmagine, può sembrare futile chiedersi se la neuroscienza possa contribuire alla psicologia. D'altra parte, è ragionevole dubitare che i processi mentali siano interamente descrivibili come attività di singoli neuroni. Infatti, il cervello è composto da 100 miliardi di neuroni e migliaia di miliardi di sinapsi: tale complessità rende impossibile una semplice equivalenza mente-cervello. Dal mio punto di vista, il problema non è tanto ridurre la mente al cervello quanto riconoscere che i processi mentali sono attività cerebrale, e tentare di capire i meccanismi dell'una e dell'altro come aspetti di una stessa realtà. In effetti, progressi scientifici ad un livello descrittivo spesso portano a sviluppi scientifici all'altro livello descrittivo. Un esempio è il modello psicologico di visione proposto da Marr, fondato sulle misurazioni di attività neuronale nella corteccia visiva fatte da Hubel e Wiesel. La neuroscienza può dunque contribuire alla psicologia. Uno sguardo di ottimismo. In che modo può la neuroscienza contribuire all'econo- mia? Un'analogia con la fisica mi pare esplicativa. Vari fenomeni empirici di deviazione dalla razionalità, quali gli effetti di «framing» o le preferenze temporali, rappresentano una sfida per l'economia. I modelli proposti per spiegarli «aggiustano» la teoria neoclassica, inserendo un parametro che descrive di volta in volta il fenomeno da spiegare. Pur inizialmente utile, questo approccio soffre di gravi limiti, come quello di invocare nuovi parametri ad hoc ogni volta che si tratta di spiegare un nuovo fenomeno. In questo senso, l'economia si trova oggi in una situazione analoga a quella nella quale si trovava la fisica all' inizio del secolo scorso. Per spiegare fenomeni quali la radiazione del corpo nero o l'effetto fotoelettrico, che contraddicevano la meccanica newtoniana e l'elettromagnetismo, i fisici tentarono di «aggiustare» le teorie classiche, inserendo parametri che spiegavano di volta in volta i diversi fenomeni. In pochi decenni, però, emerse una teoria nuova e più generale, nella quale quei fenomeni trovarono una cornice teorica appropriata. Come noto, la meccanica quantistica si basa su concetti qualitativamente diversi e impensabili in fisica classica, come il principio di indeterminazione e il dualismo onda-particella. Non so se nei prossimi decenni emergerà un'analoga «economia quantistica». Ma se avverrà, tale teoria potrebbe basarsi su concetti «impensabili» quali i processi cognitivi e l'attività cerebrale.